di Nica FIORI
OPERA LIBERA a Villa Giulia (fino al 30 luglio)
Cosa ci fa l’immagine della città siriana di Palmira dietro il Sarcofago degli Sposi a Villa Giulia? A ben pensare, entrambe le opere esprimono, ognuna a suo modo, la bellezza di un passato lontano nel tempo e nello spazio. Una bellezza fragile che si cerca di salvaguardare dalle calamità naturali, dalle guerre e dall’incuria, ma che è pur sempre a rischio, e talvolta solo l’immagine fotografica ce la può restituire al ricordo. Le immagini di capolavori artistici del passato, ma anche del mondo contemporaneo, dialogano fino al 30 luglio con la collezione permanente del Museo Etrusco di Villa Giulia nell’ambito della mostra fotografica “Opera libera”, il cui significato va al di là della bellezza delle singole immagini esposte.
Si tratta, in effetti, di fotografie che vengono condivise liberamente e senza restrizioni, con l’intento di far conoscere il patrimonio artistico e archeologico dell’umanità, in quanto bene appartenente a tutti, così come Wikipedia fa conoscere sul web lo scibile umano grazie a volontari ed esperti che hanno cambiato il modo di concepire la cultura.
La mostra, promossa da Wikimedia Italia ed Enegan Art, oltre che dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, diretto da Valentino Nizzo, è stata curata da Maria Pia Bevilacqua e Sara Maria d’Onofrio, che hanno selezionato nuclei di foto relativi a tre differenti iniziative, la prima delle quali è Wiki Loves Monuments, ovvero il concorso fotografico che, su invito di Wikimedia, ha visto i cittadini di tutto il mondo fotografare i beni del loro paese, da condividere su un grande database multimediale. L’Italia ha contato in cinque edizioni un totale di 70000 scatti liberi, dei quali vediamo in mostra quelli premiati nell’edizione del 2016. Alla foto di Enrico Rubicondo, raffigurante La Sala Almeyda, nell’Archivio storico comunale di Palermo è andato il primo premio, ma molte altre immagini di monumenti, castelli, chiese, ponti (come il Ponte romanico di Serravalle presso Bibbiena, fotografato da Beppe1968 e primo classificato per la Toscana) suscitano la nostra ammirazione e curiosità. Altre foto, invece, rievocano tristi ricordi, perché relative ai danni dovuti ai terremoti, come quello che ha danneggiato Ferrara nel 2012.
La seconda iniziativa è Connected Open Heritage, un progetto dell’Unesco in connessione con Wikimedia, che riguarda i beni culturali mondiali da scoprire, preservare, trasmettere. Le fotografie selezionate mostrano non solo monumenti, ma anche tradizioni, usi e oggetti peculiari di un popolo (ad esempio il cappello di paglia taquilla in Ecuador o il pane fermentato del Sudan chiamato Kisra). Una sezione particolare è dedicata agli scavi illegali e ai saccheggi, che purtroppo rappresentano un problema rilevante a livello mondiale. Una foto risalente ad aprile di quest’anno è relativa a Ninive, città pesantemente saccheggiata dall’Isis. La terza iniziativa, infine, è il concorso di arte contemporanea Enegan Art.
Nell’ambito del traffico illecito dei Beni culturali in Italia un grande contributo al recupero delle opere d’arte è dato dai Carabinieri del Comando TPC (Tutela Patrimonio Culturale), che nel 2016 hanno recuperato i gioielli Castellani rubati proprio a Villa Giulia nella notte di Pasqua del 2013. Il 4 luglio, in contemporanea con l’inaugurazione della mostra, sono stati restituiti al museo gli Ori Castellani, il cui ritorno, come ha dichiarato il direttore del museo Valentino Nizzo “ha un significato particolare se inserito nel contesto più ampio della mostra Opera libera, perché è difficile immaginare qualcosa che esprima meglio di questa il concetto stesso di liberazione”. Il colonnello dei Carabinieri Antonio Coppola ha illustrato nel corso della presentazione la complessa indagine che ha permesso di risalire ai gioielli, il cui furto era stato commissionato da una ricca cittadina russa. Nel corso dei primi accertamenti riguardanti un antiquario romano implicato nel caso, furono fermate all’aeroporto di Fiumicino la figlia dell’antiquario e la cittadina russa, che era in possesso di un catalogo della collezione e di foto delle vetrine degli ori e dell’impianto di videosorveglianza del museo di Villa Giulia. Venuto meno l’acquisto da parte della russa, gli autori materiali del colpo cercarono quindi di piazzare altrove i preziosi monili e proprio nel momento in cui gli ori stavano per essere ceduti a facoltosi acquirenti, i carabinieri sono riusciti a recuperarli. In realtà ne mancano alcuni all’appello, ma si tratta di quelli meno importanti, forse perduti nel corso della fuga. Comunque le indagini, che hanno portato all’identificazione dei ricettatori e all’arresto di due indagati, sono ancora in corso e non si esclude di poter riavere ciò che manca.
I 23 gioielli recuperati (su 27 rubati), sapientemente disposti in due vetrine nella Sala di Venere, sono accanto a una terza vetrina con gli ori di Palestrina e dialogano anch’essi con le immagini fotografiche in mostra. È difficile sottrarsi al fascino dell’aureo fulgore e delle gemme (dalle ametiste agli smeraldi) delle creazioni Castellani, che ci incantano soprattutto per la loro particolare interpretazione dell’antico, come per esempio nel gioiello con il micromosaico della civetta di Atena, nel bracciale con le scritte in greco Psyche ed Eros (Anima e Amore), o nelle collane realizzate con pietre incise. Straordinari poi sono i cristalli di rocca intagliati a forma di testine o con motivi sacri.
Il loro furto suscitò all’epoca notevole scalpore e la sala che accoglieva la collezione venne chiusa per due anni, prima di ripresentare i materiali al pubblico con un nuovo blindatissimo allestimento nella cinquecentesca Sala delle Arti e delle Scienze, ribattezzata con il nome di Camera delle Meraviglie. Il periodo di chiusura ha permesso di restaurare i gioielli e studiare a fondo le tecniche e le leghe usate dalla famosa famiglia romana di orafi, collezionisti e antiquari dell’Ottocento, il cui ultimo discendente donò allo Stato nel 1919 la preziosissima collezione, ricca di migliaia di pezzi, compresi alcuni reperti antichi provenienti da scavi.
Proprio perché appassionati di arte antica, Fortunato Pio Castellani (Roma 1794-1865) e i figli Augusto e Alessandro si ispirarono per molte delle loro creazioni agli ori riportati alla luce durante gli scavi archeologici dell’epoca, creando un nuovo stile che si affermò rapidamente. Si lasciarono influenzare, in particolare, dalle raffinate oreficerie orientalizzanti delle necropoli di Cerveteri, Veio, Vulci e Tarquinia, soprattutto per la tecnica della granulazione e della filigrana. Ma, oltre allo stile “etrusco”, in queste creazioni ottocentesche figurano anche il periodo tirreno, il siculo, il romano, il medievale (con straordinari smalti e pietre preziose), il rinascimentale e infine il moderno.
Il successo delle oreficerie Castellani fu tale che ancora oggi ispirano i più noti creatori di gioielli, tra cui Bulgari, e il loro marchio della doppia C è stato imitato da Cartier e Chanel. La doppia C è legata, oltre che al cognome di Castellani, a quello del duca Michelangelo Caetani (Roma 1804-1882), appassionato disegnatore di gioielli per l’atelier Castellani, oltre che dantista e uomo politico.
di Nica FIORI
OPERA LIBERA
Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (Dal 4 al 30 luglio 2017)
Piazzale di Villa Giulia 9 – Roma
Orario: 8.30-19.30, chiuso il lunedì (Biglietto: intero 8€, ridotto 4€, gratis per gli aventi diritto)