“A di 2 d’Aprile Venerdì Santo fu scoperto il Corpo di S.ta Francesca Romana … essendo passati doppo la sua morte 188 anni finiti alli 9 di Marzo” La ‘compatrona’ di Roma e l’Angelo di Gian Lorenzo Bernini.

di Claudia RENZI

Quando il 29 maggio 1608, nel secondo anniversario della sua ufficiale salita al soglio pontificio, con la bolla Acquae coelestis flumen, Paolo V proclamò santa Francesca Bussa dei Ponziani († 1440), a tutti nota con l’appellativo di “Romana”[1], Gian Lorenzo Bernini era ancora un bambino, trasferito a Roma da circa due anni, quando lo stesso papa Borghese aveva chiamato nell’Urbe suo padre Pietro per lavorare nel cantiere di Santa Maria Maggiore.

La cerimonia di canonizzazione di Francesca Romana si svolse in una San Pietro ridondante del fasto di incredibili apparati effimeri, che sarebbero stati poi ampiamente evoluti dal piccolo enfant prodige, intervallati da teli e arazzi con immagini della santa e scene della sua vita:

Giovedì 29 di maggio 1608, che era il giorno anniversario della coronazione di Papa Paolo V fu da lui nella basilica di san Pietro dichiarata Santa la beata Francesca Buxi de Ponziani Romana Vedova, fondatrice delle monache di Tor de’ Specchi, il che fu fatto con grandissima solennità e pompa, et per l’avvenire fu ordinato che il giorno della sua festa, che è alli 9 di Marzo, fosse solennemente riguardato” scrive Giacinto Gigli nel suo Diario[2];

altri dipinti analoghi rivestivano poi interamente la navata e la facciata, mentre cinque grandi drappi con l’effige della santa scendevano dal soffitto a formare una croce[3].

Molti anni dopo, sarebbe stata la sorella di un altro papa, Innocenzo X, a commissionare a Gian Lorenzo, ormai affermato e indiscusso maestro, una statua raffigurante la santa affiancata dal suo angelo custode.

Francesca Bussa (Roma 1384-1440) aveva tutte le caratteristiche della predestinata: manifestò sin dall’infanzia la volontà di dedicare la sua vita a Dio ma dovette obbedire al padre andando in sposa appena dodicenne al diciassettenne Lorenzo Ponziani, dal quale avrebbe avuto tre figli, Giovanni Battista, Evangelista e Agnese. Con la solidarietà del marito, Francesca si dedicò all’assistenza dei bisognosi che si presentavano alla porta del palazzo di Trastevere a tutte le ore: “Ceccolella” non soltanto era munifica, ma sapeva operare con le sue mani guarigioni inspiegabili, leggeva le anime, risuscitava i morti, vedeva il futuro, portava conforto spirituale ancor prima che materiale. La fama dei miracoli che Dio le concedeva di fare divenne cosa nota in tutta Roma; la sua santità la rese ben presto vittima di assalti da parte del Maligno, cui lei resisteva grazie all’incrollabile fede e all’assistenza del suo angelo custode, che era per decreto divino visibile a lei soltanto.

L’amore dei romani nei suoi confronti si manifestò sin da subito prepotente e incrollabile, attraversando secoli fino ad oggi, tanto da soprannominarla già in vita “Romana” e poi “Advocata Urbis”. Proclamata, non a caso, con san Filippo Neri e i SS. Pietro e Paolo, compatrona della città eterna, la sua vita fu costellata da segni e prove ma né lutti né disgrazie – i due figli più piccoli morti in tenera età, il terzo ostaggio, la casa saccheggiata e i beni confiscati durante l’invasione di Roma da parte di re Ladislao, il marito infermo in seguito a una ferita riportata durante l’esilio, ecc. – le impedirono di dedicarsi al prossimo spendendosi indefessamente in prima persona.

Il 15 agosto 1425, assieme ad altre nove nobildonne romane, si offrì come “oblata” (offerta) alla Vergine Maria nella chiesa di Santa Maria Nova al Foro (Fig. 1), che frequentava sin da bambina: le oblate, pur rimanendo per il momento a vivere con le loro rispettive famiglie, avrebbero praticato carità e assistenza in nome della Vergine.

1. Giambattista Falda, Santa Francesca Romana, incisione.

Nel 1433 l’acquisto di un edificio in via Tor de’ Specchi, non distante dal Campidoglio e oggi sede del monastero intitolato alla santa, permise loro di avere anche una sede fisica comune, dove si sarebbero riunite a partire dal 25 marzo (giorno dell’Annunciazione) di quello stesso anno, all’insegna di una spiritualità modellata sulla regola di San Benedetto, indicata alla santa da San Paolo in una visione.

Francesca avrebbe raggiunto le consorelle soltanto tre anni dopo, una volta rimasta vedova, e avrebbe continuato la sua missione terrena fino al 9 marzo 1440, quando morì, nella sua casa di Trastevere, assistita dal figlio Battista e dalla nuora, e fu sepolta nella chiesa di Santa Maria Nova al Foro mentre il popolo l’acclamava già santa.

Nell’aprile del 1638 il corpo di Francesca Romana, di cui si era nel frattempo persa l’ubicazione, fu rinvenuto:

«A di 2 d’Aprile Venerdì Santo fu scoperto il Corpo di S.ta Francesca Romana in Santa Maria Nova, sepolto a piè delli scalini dello Altar Maggiore per il traverso, cioè con la testa dalla parte dell’Evangelio, et i piedi dalla parte dell’epistola. Fu trovato per opera del sig. Mario Gabrielli, il quale con i suoi denari lo fece cercare, essendo passati doppo la sua morte 188 anni finiti alli 9 di Marzo»[4]
2. Ubicazione originale sepoltura santa Francesca Romana

In seguito al ritrovamento Urbano VIII ordinò si erigesse una cappella per la santa, stanziò di tasca propria 1.800 scudi e le intitolò la chiesa, chiamata oggi appunto Santa Francesca Romana.

Nove anni dopo, nel 1647, suor Agata Pamphili, sorella di Innocenzo X, commissionò a Bernini una statua raffigurante la santa e un’urna dove riporre l’arca, in quanto ella stessa era oblata a Tor de’ Specchi.

Oltre alla presenza della sorella, Innocenzo X aveva altri motivi per essere legato a santa Francesca Romana: più di trent’anni prima aveva fatto parte del Collegio degli Uditori di Rota chiamati a esaminare le risultanze dei processi per la sua canonizzazione e nel 1645, pochi mesi dopo essere stato eletto al soglio pontificio, aveva celebrato messa in Santa Maria Nova componendo l’orazione ancora oggi recitata dalle oblate e inaugurando la consuetudine papale di recarsi a Tor de’ Specchi per la festa della santa, il 9 marzo[5]. Infine, papa Pamphili aveva cara la santa anche perché nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, la chiesa “di famiglia” da lui fatta restaurare da Borromini, Francesca era stata battezzata (non a caso, chiamò la sua unica figlia femmina Agnese): oggi il piccolo ambiente dove si trova il fonte battesimale di santa Francesca Romana è accessibile al pubblico.

Nel 1648 Bernini progettò per Francesca Romana una confessione a forma di tempietto semicircolare, un’edicola con quattro colonne di diaspro siciliano con capitelli in bronzo dorato, architrave in portasanta e pavimento in marmi preziosi (Fig. 3), collocandovi al centro un gruppo bronzeo raffigurante la santa affiancata dal suo angelo custode eseguito, su suo modello, dall’allievo Giovanni Maria Fracchi.

3. Gian Lorenzo Bernini, Confessione, Roma, Santa Francesca Romana

La statua andò perduta nel 1798 durante l’occupazione napoleonica ed è oggi sostituita da un gruppo marmoreo opera di Giosuè Meli del 1866 (Fig. 4), ma la sua composizione è nota da un’incisione di Giovanni Giacomo de’ Rossi (Fig. 5) e da un frammento in terracotta in collezione privata, di mano del maestro[6] (Fig. 6).

4. Giosuè Meli, Santa Francesca Romana e l’angelo, Roma, Santa Francesca Romana
5. Giovanni Giacomo de’ Rossi, Confessione e statua berniniana in Santa Francesca Romana, incis.
6. Gian Lorenzo Bernini, Testa di santa Francesca Romana, Roma, coll. priv

La confessione venne consacrata il 9 marzo 1649.

Qualche giorno prima il corpo della santa era stata traslato nella nuova sepoltura, alla presenza di notabili, tra i quali Gigli menziona il Cavalier Bernino Architetto del Papa. Il diarista riporta che a tutti i presenti, quindi anche al maestro, fu data una piccola reliquia, ma testimonia anche di un singolare avvenimento:

A di 9 di marzo era la Festa di S.ta Francesca Romana, il corpo della quale alcuni giorni prima era stato collocato nella Sepoltura, edificata a posta con bellissimi ornamenti nel medesimo loco dove già anticamente giacque riposto. A questa traslazione, che si fece del suo corpo, si trovorno presenti Monsig. Ascanio Rivaldi Viceregente, il Card. [Mario] Theodolo Protettore, il Magistrato Romano, et Mario Gabrielli, et il Cavalier Bernino Architetto del Papa, et alcuni altri pochi, et ciò fu fatto su le 24 hore et Monsignor Viceregente per ordine del Papa tolse una spalla di detta Santa Francesca per portarla a Sua Santità, et gli altri hebbero tutti qualche cosa, o della veste, o fiori, o altro, che giù vi furno poste nell’Anno 1638 quando fu primieramente scoperto et riposto in una cappella, come allora ho notato. Hora avvenne che le monache di Tor de’ Specchi furno intimate che andassero a S.ta Maria Nova alle 24 hore per trovarsi presenti a questa traslazione, le quali si posero in viaggio su le 24 hore, et processionalmente andorno tutte a S.ta Maria Nova et consumorno in andare tanto tempo che quando giunsero era appunto un hora di notte, accompagnate da gran numero di torce accese. Ma quando arrivorno, già la traslazione era stata fatta, et il corpo, toltane una spalla, era già stato riposto nel loco destinato e la cassa impiombata. Ciascuno adunque si può immaginare il dispiacere che sentirno le Monache, il pianto, i gridi, i lamenti, che si sentivano in tutto il Campo Vaccino et dicevano che pensando loro per amor di suor Agata sorella di Papa Innocentio dover essere più rispettate et honorate, gli avveniva il contrario. Ma Monsig. Viceregente, o perché come dicevano, era convalescente del male, et perciò non voleva tardar tanto di notte, o perché doveva levar dal corpo della santa una spalla et non voleva perciò sentir i gridi delle monache che haverebbero ciò sopportato mal volentieri, non si curò di essere tenuto scortese et malcreato. Delle quali cose la mattina seguente andò suor Agata Pamphili a lamentarsi et querelarsi col Papa suo fratello, il quale ad istanza di Donna Olimpia [Maidalchini, sua cognata] mandò la Spalla di Santa Francesca ad una terra chiamata San Martino presso Viterbo della quale è padrone Andrea fratello di essa Donna Olimpia con titolo di Marchese[7].

Oggi santa Francesca Romana è ancora nella cripta, a poca distanza dal luogo originale, ma il suo corpo è esposto alla devozione dei fedeli (Fig. 7).

7. Tomba di santa Francesca Romana, Roma, Santa Francesca Romana, cripta

Stando alle fonti [8] anche questa parte ctonia era stata sistemata da Bernini e perciò non è privo di significato che, di fronte alla santa, è murato un ovale in bassorilievo opera del 1649 di Ercole Ferrata, allievo di Gian Lorenzo, raffigurante Santa Francesca Romana e l’angelo[9] (Fig. 8).

8. Ercole Ferrata, Santa Francesca Romana e l’angelo, Roma, Santa Francesca Romana, cripta

Oggi nella chiesa di Santa Francesca Romana sono esposti anche ben tre angeli in marmo con attribuzione al maestro, che vanno tuttavia ragionevolmente ricondotti ad altra mano: uno, molto bello e di piccole dimensioni, si trova nella cappella dedicata alla santa fatta erigere in suo onore dalla nuora, Mabilia Papazurri moglie di suo figlio Battista e reca un’acquasantiera (Fig. 9);

9. Anonimo berniniano, Angelo acquasantiera, Roma, Santa Francesca Romana, cappella di Santa Francesca Romana

mentre i restanti due, decisamente più ciclopici, si trovano ai lati dell’altare maggiore e sono dadofori (Fig. 10).

10. Anonimo berniniano, Angeli dadofori, Roma, Santa Francesca Romana, altare maggiore

Infine, anche sul portone del monastero di Tor de’ Specchi c’è un tondo lapideo che pur essendo opera di Andrea Bergondi e Paolo Campi (1756 ca.), ha sapore berniniano: raffigura la Santa in piedi affiancata dal suo angelo reggente il libro della Regola di San Benedetto (Fig. 11), ancor oggi come ieri testimone appassionata e rivoluzionaria del Vangelo nel nome di Maria, esempio di apostolato incessantemente amato e ammirato da oltre cinque secoli.

11. Ingresso monastero Tor de’ Specchi con tondo Santa Francesca Romana e l’angelo, Roma, veduta dal terrazzo dei Musei Capitolini

©Claudia (Francesca Romana) RENZI, Roma, 9 marzo 2025

NOTE

[1] Le notizie su santa Francesca Romana (Roma, 1384-1440) si ricavano principalmente dalla cronaca scritta dal suo padre spiritale Giovanni Mattiotti, il cui manoscritto, pervenuto sia in volgare romanesco che in latino, è conservato nel monastero di Tor de’ Specchi, e dai quattro processi (del 1440, del 1443, del 1451 e del 1604) per la canonizzazione riportanti le dichiarazioni di testimoni oculari. Per una biografia più moderna, si vedano: Angelo Montonati, Francesca Romana, un segno dei tempi, Roma, 1983; Giorgio Picasso (a cura di), Una santa tutta romana: saggi e ricerche nel IV centenario della nascita di Francesca Bussa dei ponziani (1384-1984), Monte Oliveto Maggiore, 1984; AA. VV., Francesca Romana ieri e oggi segno dei tempi 1384-1984, Roma, 1984; Alessandra Bartolomei Romagnoli, Santa Francesca Romana. Edizione critica dei trattati di Giovanni Mattiotti, Città del Vaticano, 1994; Alessandra Bartolomei Romagnoli, S. Francesca Romana, San Benedetto Po, 2004; Alessandra Bartolomei Romagnoli (a cura di), Francesca Romana. La santa, il monastero e la città alla fine del Medioevo, Firenze, 2009; Alessandra Bartolomei Romagnoli, Giorgio Picasso (a cura di), La canonizzazione di santa Francesca Romana. Santità, cultura e istituzioni a Roma tra Medioevo ed Età Moderna, Firenze, 2013.
[2] Giacinto Gigli, Diario di Roma, Roma, 1994, 2 voll., I, p. 4.
[3] La principale fonte circa la cerimonia è Giulio Orsino, Vita della B. Francesca Romana raccolta da quello che di lei lasciò scritto Gio. Mattioti canonico di Santa Maria in Trastevere confessore della medesima Beata e da quello che si trova prodotto negli Atti per la Canonizzazione di lei dal P. Giulio Orsino Romano Sacerdote della Compagnia di Gesù con Privilegio di N. S. Papa Paolo V, Roma, 1608; per un approfondimento si veda A. Bartolomei Romagnoli, op. cit., 2009, pp. 286-287.
[4] G. Gigli, op. cit., I, p. 307.
[5] Per volontà di Pio XI dal 1925 Francesca Romana è anche patrona degli automobilisti perché secondo la tradizione, quando la santa usciva anche di notte per andare ad assistere i bisognosi, il suo angelo la proteggeva e le rischiarava la strada. Il 9 marzo il monastero è visitabile e si possono far benedire le autovetture.
[6] Francesco Petrucci, Novità sulla pittura di Bernini, Pietro da Cortona e Baciccio, in: Marcello Fagiolo, Paolo Portoghesi (a cura di), Roma barocca, Milano, 2006, pp. 114-143, p. 132 (Testa di santa Francesca Romana, scheda).
[7] G. Gigli, op. cit., II, p. 554.
[8] Filippo Baldinucci, Vita del Cavaliere Gio. Lorenzo Bernini, Firenze 1682, p. 106-7. cita: “Santa Francesca Romana, angiolo e cassa” e alla voce “architettura e miste” aggiunge: “Il sotto altare, dov’è il sepolcro di Francesca”; Domenico Bernini, Vita del Cavalier Gio. Lorenzo Bernini, Roma, 1713, p. 93: “Il Modello dell’Altare di Santa Francesca Romana”.
[9] L’attribuzione a Ferrata è in Leone Pascoli, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Roma, 1730, p. 241. Anche un altro allievo di Gian Lorenzo, Giambattista Gaulli detto Baciccio, le ha dedicato un dipinto: Elemosina di santa Francesca Romana (1670 ca., Los Angeles, J. Paul Getty Museum). L’attuale allestimento della sepoltura della santa è del 1869 e si deve ad Andrea Busiri Vici: ai lati due lesene con mosaico sorreggono una lunetta entro la quale è raffigurata Santa Maria Maddalena tra i SS. Paolo e Benedetto, santi cui Francesca era particolarmente devota.

BIBLIOGRAFIA

  • VV., Francesca Romana ieri e oggi segno dei tempi 1384-1984, Roma, 1984
  • Alessandra Bartolomei Romagnoli (a cura di), Francesca Romana. La santa, il monastero e la città alla fine del Medioevo, Firenze, 2009
  • Alessandra Bartolomei Romagnoli, Giorgio Picasso (a cura di), La canonizzazione di santa Francesca Romana. Santità, cultura e istituzioni a Roma tra Medioevo ed Età Moderna, Firenze, 2013
  • Alessandra Bartolomei Romagnoli, Francesca Romana, San Benedetto Po, 2004
  • Alessandra Bartolomei Romagnoli, Santa Francesca Romana. Edizione critica dei trattati di Giovanni Mattiotti, Città del Vaticano, 1994
  • Angelo Montonati, Francesca Romana, un segno dei tempi, Roma, 1983
  • Domenico Bernini, Vita del Cavalier Gio. Lorenzo Bernini, Roma, 1713
  • Filippo Baldinucci, Vita del Cavaliere Gio. Lorenzo Bernini, Firenze, 1682
  • Francesco Petrucci, Novità sulla pittura di Bernini, Pietro da Cortona e Baciccio, in: Marcello Fagiolo, Paolo Portoghesi (a cura di), Roma barocca, Milano, 2006, pp. 114-143, p. 132 (Testa di santa Francesca Romana, scheda)
  • Giacinto Gigli, Diario di Roma, Roma, 1994
  • Giorgio Picasso (a cura di), Una santa tutta romana: saggi e ricerche nel IV centenario della nascita di Francesca Bussa dei ponziani (1384-1984), Monte Oliveto Maggiore, 1984
  • Giulio Orsino, Vita della B. Francesca Romana raccolta da quello che di lei lasciò scritto Gio. Mattioti canonico di Santa Maria in Trastevere confessore della medesima Beata e da quello che si trova prodotto negli Atti per la Canonizzazione di lei dal P. Giulio Orsino Romano Sacerdote della Compagnia di Gesù con Privilegio di N. S. Papa Paolo V, Roma, 1608
  • Lione Pascoli, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Roma, 1730
  • Marcello Fagiolo, Paolo Portoghesi (a cura di), Roma barocca, Milano, 2006

Claudia RENZI  Roma 9 Marzo 2025