di Sabatina NAPOLITANO
Se pensate che non esiste un artista italiano capace a mescolare l’esotismo dei dervisci, dei sultani e dei rabbini del mondo orientale trapiantandoli nel mondo orientale è perché non conoscete ancora Aldo Mondino. Al quarto livello di Palazzo Squarcialupi è stata allestita la mostra “Start. Un incessante inizio”, questa è la mappa per consultare le opere esposte. (Cfr https://www.santamariadellascala.com/wp-content/uploads/2022/03/SCARICA-LA-MAPPA-CON-LE-OPERE.pdf )
Dall’8 aprile al 9 luglio 2023 è possibile ammirare 35 opere che vanno dagli anni Ottanta ai primi anni del Duemila, e una proiezione del video “Dervisci” (Venezia 1992, Archivio Garghetti Milano). La mostra è organizzata dalla Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala in collaborazione con Alessandro Bagnai, l’Archivio Aldo Mondino ed è realizzata grazie al contributo di Ars Movendi, a cura di Vittoria Coen.
L’artista torinese è nato nel 1938 e morto nella stessa città nel 2005 contemporaneo di Severini e Licata coi quali frequenta a Parigi l’atelier di Stanley William Heyter, l’Ecole du Louvre, per il corso di mosaico dell’Accademia di Belle Arti, (nell’atelier lavoravano anche Picasso, Chagall, Giacometti, Pollock) e dove entra anche in contatto con artisti come Jouffroy, Errò, Lebel, Sebastian Matta, Wilfredo Lam dalla cui esperienza surrealista trarrà ispirazione soprattutto per le opere degli anni Settanta.
L’originalità di Mondino però non sta solo nella scelta dei contesti e dei soggetti ma anche nell’uso dei materiali e della sperimentazione. Basti sapere che Mondino accanto al bronzo, al ferro e alla ceramica era solito utilizzare per le sue opere materiali mai investigati prima come lavori con zucchero, torrone, caramello al cioccolato, semi su tappeti, la pittura ad olio su linoleum, cioccolatini su linoleum.
Con la stessa originalissima voce e il tocco incantevole Mondino viaggia molto, sperimentando usi e costumi di altre culture che assorbe e rilegge con gli occhi occidentali e dagli occhi orientali.
Poetico, intenso, curioso, eccentrico, un po’ dandy, l’artista si pone come interprete trasversale e sensibile di una storia che vede protagonisti delle sue opere pittori come Boccioni, personaggi storici come Gandhi, poeti come Ezra Pound. La sua visione della storia è sorprendente: l’oriente ci può ancora raccontare, come già accadeva dagli anni bizantini, echi grandiosi e liberatori vengono da Gerusalemme, da feste arabe e mangiafuochi che non si possono non ricordare.
Ma oltre ai sufi e ai matronei, accanto ai danzatori con le giare, si trovano allora come oggi, attualissimi gli echi del Nord Africa, dell’India e della tradizione ebraica.
Nel 1960 Mondino rientra in Italia per il servizio militare, qui comincia ad esporre alla Galleria Immagine di Torino, e alla Galleria Alfa di Venezia. Nella sua vita importantissimo è stato l’incontro con il gallerista Gian Enzo Sperone, direttore della Galleria il Punto, il quale organizza la sua prima personale nel 1963. Il tema arabo in Mondino è forte a partire dal 1984, in cui assistiamo alle scene delle donne algerine, mercanti ebrei, venditori marocchini che espongono lana e souvenir per venderli. Allora come oggi, i dervisci danzano in una esperienza insegnata dai rabbini, dai maestri orientali. D’altro canto nelle opere di Mondino non mancano citazioni da pittori, come Castrati e Capogrossi, e scritte, parole, passando per il ritrarre un fantoccio a lui somigliante, anche in questo caso con una poetica ironica e legata al senso dell’arte e dell’esistenza.
Il ciclo dei viaggi dal 1985 è costellato di geografie marocchine, turche, indiane. Il mangiafuoco [1] è una figura importante del folklore orientale: un uomo in ginocchio sulla destra del dipinto vestito con dei pantaloni neri e una semplice t-shirt tiene con la mano sinistra la torcia su cui andrà a gettare il combustibile dalla bocca. Un’arte dei giocolieri e degli incantatori estremamente pericolosa, soprattutto quando si sputano liquidi, come in questo caso, e non polveri. Come si accennava Mondino è un artista profondo e pervasivo, curioso e estremamente attento a evidenziare i soggetti e gli elementi più caratterizzanti di una cultura.
Il tema degli angeli [3] non è nuovo in Mondino, nel 1983, allo studio di De Ambrogi di Milano, allestisce una mostra sul tema degli Angeli. Per ricominciare ad amare sempre è necessario il fuoco, ma anche la preghiera è una associazione mentale e spirituale molto forte. Non a caso Mondino sceglie come soggetti per l’opera “Festa e angeli” due figure appese a due fili mediante dei ganci, vestiti di piume e calzari. È chiaro che non si tratta di figure metafisiche ma di due uomini vestiti di piume. Ai piedi dei due attori volanti delle figure decorative, che fanno da contrasto alla sacralità dei dervisci rotanti. Uno degli intenti di Mondino era quello di sovvertire i canoni tradizionali per una nuova natura dei simboli, a volte usava desacralizzare, altre rifiutando le avanguardie del Novecento italiano e il minimalismo dell’arte povera, riusciva a sintetizzare una lezione evocativa che da lettura privata diventava “lezione di festa”.
Come si può associare il volo di due uomini vestiti da angeli ad una festa? Si tratta di rimandi concettuali, ipnotici, che sanno ricostruire il mondo con nuovi miti. Tra gli elementi di un volo angelico c’è l’esperienza artistica come conoscenza, ma soprattutto il fantastico come risposta al modernismo e al post-modernismo che offre alternative nuove.
I protagonisti dei viaggi orientali sono personaggi dalla vita araba come rabbini, ortodossi, sultani turchi e le danze dei dervisci. Se quindi la risposta al modernismo europeo in Mondino è anche la ricerca del mistico, nel “Grande rabbino di Costantinopoli” [4] sembra quasi di intravedere l’enorme possibilità che deriva dall’ascolto del mondo orientale. Non dimentichiamo le origini ebraiche della famiglia dell’artista che giocano un ruolo importante nella sua produzione. Le speranze, le glorie umane, sono lette come domande e dubbi a cui gli uomini non sanno che rispondere attraverso l’arte, di fronte alla “commedia umana” si può cercare di comunicare l’abbandono, l’ascolto. Il grande rabbino è come molte altre figure, una immagine archetipica, tenebroso, pensieroso, come intento in una indagine psicologica, si sfiora con la mano destra il collo. Se i dervisci, danzando, cercano di raggiungere dio, il rabbino si muove con riserbo, lo sguardo assorto, come se dentro di lui il rapporto spirituale con le altezze dovesse passare per una preziosa amarezza o anche una malinconia innamorata.
Non bisogna scordare che anche i semplici venditori e i bazar vengono raccontati nei ritratti di Mondino. È il caso del “venditore di lana” [5]: un uomo sta seduto con delle scarpe gialle e dei pantaloncini corti bianchi guardando dietro di lui alla sua sinistra. Sul suo capo dei pezzi di lana. Sembra che nessuno si accorga di lui, non c’è compiacimento nella scena, non c’è convinzione.
Eppure i venditori di lana portano una tradizione, che Mondino coglie come un atto sacro, anche in questo caso. Bisogni grossi di tendere a dio. Lontani dal mondo pop, il venditore di lana occupa lo spazio quasi intralciando le sue stesse merci che finiscono per nascondergli parte del capo. Se quindi la merce escogita stratagemmi per nascondere l’uomo contemporaneo, l’arte estrae dall’uomo le sue vere intenzioni.
Tra surrealismo, neo orientalismo, kitsch e pop, ci sono anche le sculture di Mondino, come “Iniziazione”, centrale nella grande sala del Museo della Scala: un pesce di bronzo patinato sorretto da quelle che sembrano due lunghe gambe. Un’opera apparentemente semplice rinfrancata dall’ostinazione dell’artista alla provocazione, noi spettatori veniamo iniziati a cosa?
Un pesce è simbolo della trasgressione, dell’elogio o dell’allontanamento dell’arte povera? Sicuramente siamo iniziati allo sconvolgimento delle ideologie: il pesce che di solito vive nell’acqua viene esortato a vivere nell’aria, consci del fatto che senza un adeguato coinvolgimento della fantasia sarà destinato a morire più che essere simbolo dell’iniziazione.
“Mamma di Boccioni” [7] è una scultura in bronzo dove i seni della donna sono verosimilmente due bocce da bowling. Anche questa versione è riconducibile alla straordinaria ironia di Mondino, una scelta controcorrente che sottolinea il suo spirito libero e la sua autonomia dai modelli, pur non tralasciando di citarli. La maternità degli artisti del Novecento sta nell’assistere a una dimensione di libertà e passione, erotismo e spiritualità. Il passaggio decisivo nella genitorialità sta anche nel non lasciarsi condizionale dai modelli, ma restare abbandonati all’istinto e all’individuazione, all’osservazione piacevole della vita liberandosi soprattutto dal ricatto del consumismo, della propaganda e pubblicità.
Rimettersi continuamente in gioco, restare vivi e vitali, profondi ma leggeri, ecco il senso di una festa araba come ce la racconta Mondino. Anche il Palio in un certo senso in Mondino rappresentava un miscuglio di colori magnetici e incantevoli. La festa celebrata dall’artista era quella della distanza dall’ortodossia pop: il senso dell’arte sta anche nel riappropriarsi del fine del desiderio.
La festa celebrata con il fuoco e gli angeli, tra i rabbini e in venditori, sta in questa iniziazione: la visione a sintonizzarsi a una spinta forte, una sorgente dove attingere forza e originalità, autonomia e spirito di iniziativa, superare l’angoscia informale e dada per un compito superiore dell’artista del Novecento: rendere fattivo il discorso dell’impertinenza dello spirituale che permea le nostre esistenze ed in questo Mondino è il più spirituale di tutti gli artisti italiani del Novecento.
Dopo la prima serie di quadri dal mondo arabo del 1985 Mondino farà dei nuovi viaggi in Marocco, Palestina e in Turchia agli inizi degli anni Novanta. I sufi sono fonte di ispirazione per l’artista che gli permettono con ironia di ammiccare ad un mondo talvolta pop oltre che concettuale, dada, e surreale. L’uso dei cioccolatini fa parte di un progetto legato a delle ricerche dell’Arte Povera, l’artista si chiedeva quale poteva essere l’utilizzo di nuovi materiali in una chiave ironica. Su linoleum vediamo otto sufi ballare in uno spazio non organizzato su fondo scuro, in basso la scritta “SUFI” in rosso e alle estremità destra e sinistra negli angoli alti, dei cioccolatini.
Come interprete del post-modernismo Mondino non poteva tralasciare di ritrarre un poeta come Pound. Lo fa con la sua tipica schiettezza, con un olio su linoleum. È chiaro che il tentativo di Mondino stava anche nel creare distanza da quello che accadeva in Europa con Warhol quindi anche la memoria intitolata ad un poeta abile a raccontare l’umanità fungeva come brillante trampolino per una reinvenzione dell’evento artistico.
Alessandro Bagnai nel 1996 organizza a Siena una mostra in cui Mondino espone opere che hanno per soggetto la Corrida e il Palio. Nel 1991, Mondino dedica a Siena un dittico eclettico. Sia la corrida che il palio erano due eventi estremamente interessanti per l’artista torinese: non dimentichiamo l’opera “Progetto Siena” del 1995, frutto di un seminario di pittura sul legno che Mondino aveva tenuto vicino al lago di Costanza, in Austria. Durante gli anni della seconda guerra mondiale le barche sul lago di Costanza che confina con la Svizzera e la Germania oltre che con l’Austria, venivano usate per la fuga dei perseguitati politici. Mondino scelse una di queste barche che fece riempire ai suoi allievi di tessere dipinte coi colori del Palio di Siena. [11]
In conclusione l’incessante inizio che ci lascia Mondino è un viaggio che si ripete e mai uguale, come un vademecum per una crescita personale verticale: tornare a casa non dimenticando che abbiamo riscoperto il nostro Oriente ma vogliamo ancora tornarci, abbiamo ammirato uomini e donne in festa, magnifici dervisci danzanti, ci hanno provocato e abbiamo risposto, volevano manipolarci e ci siamo liberati, volevano ingabbiarci e abbiamo saputo spuntarla con ironia e curiosità intellettuale. In questo viaggio che passa attraverso il nostro mondo etnico, l’incontro con altre famiglie pittoriche, con uomini della storia e poeti, non possiamo non prendere parte alla festa cosmica che attraverso l’arte dichiara chi siamo, ma anche rende effimero tutto il brutto esaltando quegli attimi ludici e illuminati che passando per la nostalgia dell’esotico ci stampano nell’anima le preghiere dei dervisci, l’umiltà dei venditori e dei rabbini, la forza dei poeti.
Sabatina NAPOLITANO Asciano (SI) 2 Luglio 2023
Fonti