di Alessandra IMBELLONE
Lou Dematteis. A Journey Back/Un viaggio di ritorno (fotografie in Italia 1972-1980),
Roma, Museo di Roma in Trastevere, fino al 24 marzo 2024
Con oltre cento fotografie la mostra Lou Dematteis. A Journey Back/Un viaggio di ritorno (fotografie in Italia 1972-1980) allestita presso il Museo di Roma in Trastevere è la più grande rassegna mai dedicata al fotoreporter statunitense. (fig. 1)
Nato nel 1948 a Palo Alto, Lou (al secolo Louis Frank) Dematteis vive e lavora a San Francisco e ha iniziato a fare il fotografo in seguito al suo primo viaggio in Italia, paese d’origine dei suoi nonni emigrati in California del quale sentiva sempre parlare quand’era bambino. “Mi piaceva ascoltare le storie sull’Italia raccontate dai miei nonni e dai miei zii”, racconta nel documentario realizzato per la mostra da Paolo Pisanelli e Matteo Gherardini, e così, dopo aver fantasticato a lungo di compiere un viaggio alla ricerca delle proprie radici, dopo la laurea in Scienze politiche “finalmente l’ho fatto, sono partito e sono arrivato in Italia”, a Firenze nel 1971. L’impatto con una realtà fino ad allora solo immaginata sulla scorta dei racconti familiari fu fortissimo: “è stato come un’esplosione di luce nella testa”, ricorda, e da quell’esperienza è scaturita la decisione di acquistare una macchina fotografica con la quale l’anno successivo sarebbe tornato in Italia per girarla in lungo e in largo e scattare fotografie.
Curata da Claudio Domini e Paolo Pisanelli in stretta collaborazione con lo stesso Dematteis, la mostra raccoglie più di cento fotografie, in gran parte inedite, selezionate fra le migliaia scattate nei soggiorni in Italia compiuti nel 1972, 1977, 1979 e 1980 e stampate ai sali d’argento. A Journey Back/Un viaggio di ritorno è il diario visivo di questi quattro viaggi, nei quali il fotografo ha attraversato la Penisola in treno, recandosi a Montezemolo, il paese d’origine del nonno paterno, in Piemonte, Liguria, Milano, Venezia, Bologna, le spiagge di Rimini e Livorno, la Toscana con Firenze, Siena e Tavernelle Val di Pesa dov’era una residenza di artisti, Roma, Napoli e la costiera amalfitana, la Lucania e la Calabria, fino a Palermo e la Sicilia. (figg. 2-3)
Offrendo uno spaccato di un decennio caldo e “molto, molto interessante”, di rapide trasformazioni, gli scatti di Dematteis documentano la società italiana degli anni Settanta in molti suoi aspetti, gli eventi politici (l’uccisione di Giorgiana Masi da parte della polizia (fig. 4)
e quella di Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse), le battaglie popolari per i diritti alla casa, le manifestazioni sindacali, la vita nelle strade, il quotidiano della gente comune, i fedeli dal Papa, il perdurare della povertà (figg. 5-6) e dell’immigrazione interna dal Mezzogiorno al Nord nella serie delle Stazioni (fig. 7);
le villeggiature al mare, il mondo della fabbrica (da Zingonia (fig. 8) a Bergamo) e quello della scuola,
il commercio (figg. 9-10), il lavoro nero e quello nei campi, in un carosello di volti e luoghi che sollecitano memoria e immaginario collettivo.
“Prima ascoltavo le storie, adesso sono un narratore di storie per mezzo della fotografia (…) Mi interessava molto fotografare i lavoratori, come vivevano e quali erano le condizioni di lavoro (…) Era una situazione in cui molte cose stavano cambiando, era un luogo dove volevo essere per documentarlo (…) Stavano accadendo molte cose a livello politico”.
“Durante i sei mesi in cui sono stato in Italia nel 1972 – dichiara in un’intervista a Francesca Orsi -, ho iniziato a lavorare seriamente come fotografo documentarista. La mia idea era quella di vedere se avevo le capacità per guadagnarmi da vivere come fotografo professionista. Quando sono tornato negli Stati Uniti, all’inizio del 1973, ho iniziato a seguire corsi di fotografia e ho esteso il mio lavoro al fotogiornalismo”[i].
Influenzato dalla fotografia sociale di Jacob Riis e Lewis Hine, dall’esperienza della Farm Security Administration, dai fotografi di “Life” e della Magnum e dai grandi maestri quali Robert Capa e Robert Frank, dalla metà degli anni Settanta Dematteis inizia a collaborare con diverse testate internazionali per poi entrare nel 1985 nello staff dell’agenzia Reuters ed essere inviato in Centroamerica come fotografo di guerra.
La foto scattata in Nicaragua di un mercenario al soldo della C.I.A. catturato dall’esercito locale divenne la prova del coinvolgimento del governo statunitense nelle attività tese a rovesciare gli esiti della rivoluzione sandinista, facendo scoppiare lo scandalo dei contras e valendogli numerosi riconoscimenti internazionali.
“Uno dei compiti del giornalista – dichiara Dematteis – è quello di scoprire la verità. Credo che le mie foto abbiano salvato migliaia di vite”.
Ricorda a proposito di questi scatti di essere stato
“molto influenzato dal grande fotografo francese Henri Cartier-Bresson: cerco sempre di cogliere il momento decisivo in ogni situazione, quel secondo, o meno, che cattura il momento più drammatico in ogni situazione”.
“Ho fotografato una società italiana che non esiste più”, dice Dematteis delle sue fotografie degli anni Settanta, lavoro che non ha voluto rivedere per tanto tempo fino a quando, intorno al 2018, lo mostrò in parte a una giovane coppia di italiani che ne rimase entusiasta dicendogli che quello era il Paese del quale avevano soltanto sentito parlare dai propri genitori.
“È fantastico fare una mostra qui a Roma – conclude con emozione -.…è assolutamente fantastico. È essa stessa parte del mio viaggio di ritorno (…) Questa mostra parla del mio personale viaggio di ritorno e del mio legame e identificazione con le mie radici Spero che questa mostra ispiri le persone a conoscersi meglio gli uni con gli altri”, perseguendo il fine ultimo “di fare del mondo un posto migliore”[ii].
Alessandra IMBELLONE Roma 4 Febbraio
[i] https://fotocult.it/mostra-a-journey-back-lou-dematteis/
[ii] Per saperne di più: Il progetto – A journey back