di Giovan Battista FIDANZA
Giovan Battista Fidanza (Perugia, 1967) è professore ordinario di Storia dell’arte moderna nell’Università di Roma “Tor Vergata”, dove attualmente è coordinatore del Dottorato di Ricerca di Interesse Nazionale in Scienze del Patrimonio Culturale. Si occupa prevalentemente di storia della committenza artistica nel Seicento, con particolare riferimento allo Stato della Chiesa. Ha pubblicato le sue ricerche sulle principali riviste internazionali, come The Burlington Magazine, Renaissance Studies, Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte.
E’ la prima volta, nel corso della mia carriera, che mi occupo di un artista vivente. è sicuramente, per me, un’eccezione, avendo studiato – sinora – il Rinascimento e il Barocco.
Questo è accaduto perché Rodolfo Papa (Roma, 1964) mi incuriosiva e mi interessava, a volte come un artista rinascimentale, a volte come un artista barocco. La sua arte racchiude in sé, infatti, la teoria e la scienza del Rinascimento e lo meraviglia e lo stupore del Barocco.
Questo articolo non indaga gli aspetti di Rodolfo Papa pittore, argomento già noto per l’importanza delle sue commissioni nell’ambito dell’arte sacra in Italia e all’estero, ma un settore meno conosciuto della sua produzione, cioè le sue incisioni.
Iniziamo intanto col dire che le tirature delle incisioni di Papa sono state sempre molto basse (20-30 copie di media). Questo significa che per lui questa forma d’arte è caratterizzata solo in parte dal concetto di serialità, che in genere invece la contraddistingue. Altra cosa da ricordare, prima di esaminare alcune delle sue opere più belle e significative, è l’approccio dell’artista con le tecniche grafiche, da lui abbracciate in giovane età, a circa venti anni. In più di un caso le acqueforti da lui eseguite sono state usate come modello (o sperimentazione) per un dipinto e non come mezzo per una sua diffusione successiva. Partendo da qui, ci accosteremo alle stampe di questo artista ribaltando completamente il criterio che è alla base dell’incisione: sia essa prodotta o fruita.
Papa iniziò ad incidere il rame sulla scorta del fascino esercitato su di lui dalle vecchie stamperie romane, che egli frequentava da ragazzo e dove imparò le tecniche grafiche. Lo spirito di osservazione, la curiosità giovanile, lo studio della trattatistica e il confronto con alcuni dei grandi maestri romani hanno fatto il resto, formando Rodolfo come un vero incisore. La Stamperia di Vicolo del Cedro, una delle più gloriose (chiusa alla fine degli anni novanta del Novecento) fu la sua “palestra”.
Abbiamo accennato in precedenza come per Papa l’incisione costituì, nella maggioranza dei casi, la fase ideativa da tradurre in pittura, seguendo un processo inverso rispetto al tradizionale ruolo di questa tecnica, che è quello della diffusione di un dipinto già compiuto. Un esempio di questa dinamica è offerto da un’acquaforte del 1993: Origine della pittura (fig. 1).
Una finestra aperta sul nulla, un uovo. In una parola, una rievocazione della pittura dell’Umanesimo, caratterizzata dalla prospettiva. Non si capisce se la finestra è raffigurata dall’interno o dall’esterno, il messaggio da veicolare è il punto di vista, incarnato dalla finestra stessa, e l’origine delle cose, rappresentata dall’uovo. Da questa acquaforte, tirata in 20 esemplari, è nato un dipinto. Così come da altre acqueforti, le quali assumono in questo modo una funzione sperimentale, di prova, di modello. E’ il caso di due esemplari della serie dedicata ai filosofi antichi, intitolata Animum reflectere (1993). Si trattava di una riflessione sulla morte, di cui un filosofo benedettino (fig. 2) e un filosofo antico (fig. 3) sono i casi più interessanti.
2. Rodolfo Papa, Animum Reflectere II, acquaforte, 1992; 3 Rodolfo Papa, Animum Reflectere I, acquaforte 1992
Quest’ultimo ha un dettaglio che rimanda ad aspetti autobiografici dell’artista, e non è l’unica volta. Nella sfera che il filosofo ha davanti è raffigurato, deformato, il cimitero dell’Abbazia di San Nilo di Grottaferrata, dove l’autore fu alunno nel liceo classico annesso al prestigioso seminario abbaziale.
Le incisioni Papa sono talvolta anche delle provocazioni, attraverso le quali egli cerca di fare qualche iperbole o paradosso all’interno della nostra tradizione iconografica. Nel 1992 esegue una “irriverente” acquaforte raffigurante un angelo con ali di libellula (fig. 4), il cui riferimento sono le ali di farfalla di un angelo di Beato Angelico.
Il chiaroscuro evidente e grafico dell’incisione mette in evidenza la volumetria del corpo tornito di quest’angelo, che rivela un’anatomia e una fisicità particolarmente marcate, non proprio in linea con i corpi eterei degli angeli del pittore domenicano. In Papa il Rinascimento è sempre un base di riflessione, di manipolazione delle idee, di selezione di spunti, ma sempre concepita partendo da una profonda conoscenza, critica e consapevole, di questo periodo d’oro dell’arte italiana.
Ma Papa “gioca” con i celebri esempi del Rinascimento anche in altre occasioni. Come nel caso della riproduzione grafica di una delle più celebri mani della storia dell’arte, quella della dama leonardesca che accarezza l’ermellino (fig. 5), qui isolata e decontestualizzata da tutto il resto per amplificarne la potenza evocativa. In essa sembra che Rodolfo voglia metterci tutto: speculazione, empirismo, feticismo, esaltandone anche la sottile, intrigante sensualità.
L’incisione – e l’acquaforte in particolare – permette all’artista di riprodurre solo l’essenziale, senza sfondi, senza ambientazioni, senza prospettive. Circoscrivendo ed esaltando l’idea. Le tecniche grafiche sono forme d’arte più veloci della pittura, che consentono di tradurre più rapidamente l’invenzione su un supporto. Questa immediatezza la riscontriamo anche nelle incisioni di Papa.
Un ulteriore esempio di una sua provocazione iconografica è costituito da un’altra acquaforte del 1992, intitolata Annunciazione (fig. 6). Prima di parlarne, guardiamo con attenzione l’immagine e cerchiamo di capire come può riferirsi ad essa questo titolo. Nella nostra cultura iconografica cattolica occidentale, alla parola “Annunciazione” colleghiamo immediatamente il momento in cui l’Angelo comunica a Maria la sua gravidanza. Per Papa tutto questo è straordinariamente riassunto nel cordone ombelicale, che rappresenta il momento dell’incarnazione, è questa una rara raffigurazione di Gesù come feto; è un’immagine forte, di una religiosità non proprio edulcorata o rassicurante. Ma il cordone ombelicale avvinghiato alla Croce innalza tutto verso il Divino. Come in altri casi, ma qui in modo particolare, l’acquaforte (intesa come tecnica) permette al fruitore di questa immagine di coglierne l’essenzialità, non solo per l’assenza dei colori, ma soprattutto per la forza delle tracce grafiche dei chiaroscuri. In questo contesto, e grazie anche al potere della tecnica artistica utilizzata, il messaggio anti-abortista è particolarmente efficace. Più di tante parole…
Mi piacciono molto anche le nature morte di Rodolfo Papa, oltre che le conchiglie immerse nel silenzio, a ricordarci – in una riflessione simbolica – l’origine del mondo, come quelle, bellissime, raffigurate in due acqueforti del 1993 (figg. 7-8).
7 Rodolfo Papa, Conchiglia, acquaforte 1993; 8 Rodolfo Papa, Conchiglia, acquaforte 1993
La natura morta più intensa è un’acquaforte del 1993 (fig. 9).
Guardandola si riflette non solo sul tempo (la clessidra), ma anche sull’origine di tutto (la conchiglia) e sullo spazio (il barattolo).
Dello stesso anno sono i due melograni che formano una natura morta che simboleggia non tanto la condizione immota della natura, né tantomeno la fertilità che questo frutto spesso incarna, quanto le due chiese, quella orientale e quella occidentale, che dialogano tra loro (fig. 10).
Lo stesso significato (la Chiesa) è legato a un altro melograno, caratterizzato da una particolarità tecnica (fig. 11).
Non si tratta infatti di un’opera seriale, ma di una puntasecca acquerellata a seppia, che fa di quest’opera un pezzo unico. Così come il San Francesco (fig. 12), rielaborazione visionaria e libera del modello di Zurbaran.
Altri effetti visionari, oltre che onirici, si scorgono in una puntasecca – non acquerellata – del 1995: un’immagine che evoca l’inferno, mista di surrealismo e reminiscenze medievali, affascinanti e inquietanti al tempo stesso (fig. 13).
Per chi vuole vedere Rodolfo Papa in faccia, ecco il suo autoritratto realizzato in un’acquaforte del 1995 (fig. 14).
Bisogna conoscere la storia della pittura per riconoscere il contesto in cui l’artista si è autorappresentato. è infatti nella positura e nelle vesti di una delle più celebri Maddalene, quella di Giovanni Gerolamo Savoldo. Forse è una provocazione o forse il gusto di “giocare” con la storia dell’arte dandole del tu, ma il risultato va oltre la semplice citazione. Il travestimento ci riporta a Ulisse, definito in più occasioni distruttore di rocche (o di torri). La torre per eccellenza è quella di Babele, simbolo della confusione…
La produzione grafica di Papa ha una caratteristica su tutte: l’assenza di banalità. Lui è uno di quegli artisti che mettono in azione mani e cervello solo quando hanno qualcosa da dire. E Rodolfo da dire ha molto. è un pittore colto, che unisce teoria e prassi, manualità e idee. Le tecniche grafiche amplificano tutto questo, in un’atmosfera di silenzio e di riflessione. Guardando le sue acqueforti, i suoi inchiostri, la sua grafica il nostro cervello di spettatori si mette in moto, andando a cercare a ritroso nei meandri della nostra memoria, e della nostra immaginazione, storie, riferimenti, citazioni.
Giovan Battista FIDANZA Roma 14 Aprile 2024