A Santa Cecilia la 7^ – ‘Leningrado’ – di Šostakóvič ricordo della barbarie della Seconda Guerra Mondiale

di Claudio LISTANTI

Quando si parla della Sinfonia n. 7 in do maggiore “Leningrado” op. 60 di Dmítrij Šostakóvič ci si riferisce ad una composizione ‘monumento’ della storia della musica, un capolavoro che riesce a coniugare l’indiscutibile pregio musicale all’elemento ‘storico’ del contesto nel quale questa sinfonia ha preso forma.

Questa particolarità è emersa anche qui a Roma per l’esecuzione della “Leningrado” inserita nella Stagione Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ha richiamato presso l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone un numerosissimo pubblico attratto certamente dal valore storico-musicale della composizione, un interesse accresciuto anche dalla presenza del direttore russo Tugan Sokhiev che, come vedremo, è stato protagonista di una interpretazione intensa e affascinante.

Fig.1 Una immagine del 1942 del compositore Dmítrij Šostakóvič.

La particolarità della Settima Sinfonia di Šostakóvič è che fu composta per una parte durante il lungo assedio della città di Leningrado operato dalle armate di Hitler che fu uno dei tre obiettivi principali dell’Operazione Barbarossa predisposta dal dittatore nazista come iniziativa di guerra anticomunista e di annientamento.

L’assedio fu duro ed interminabile, dall’8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944 per un periodo di 2 anni e 5 mesi, poco meno di 900 giorni che misero a dura prova la resistenza della popolazione di Leningrado che nonostante le numerose vite perse per gli stenti e per la fame (i numeri parlano di circa 1,5 – 2 milioni di persone tra civili e militari) riuscì a cacciare dalla propria città l’invasore tedesco.

Fig. 2 Una immagine del 1941 di Dmítrij Šostakóvič come ausiliario dei vigili del fuoco di Leningrado.

Dmítrij Šostakóvič, leningradese di nascita, innamorato come tutti i concittadini della propria città, fin dal giugno del 1941 quando furono recepite le prime minacce naziste, si rese subito disponibile ad essere parte attiva di questa resistenza chiedendo di essere arruolato nell’esercito. La cosa non si rese possibile per suoi problemi di salute ma comunque fu nominato ausiliario nei vigili del fuoco per la sorveglianza del palazzo del Conservatorio. All’epoca già si erano verificate frizioni con il potere sovietico con le accuse di comporre musiche non in linea con le prescrizioni del realismo socialista che influirono la sua Quarta Sinfonia che fu ritirata da esecuzioni pubbliche.

Da quel momento però Šostakóvič sentì la necessità di creare una musica di carattere eroico in vista della possibile mobilitazione bellica. A luglio iniziò la composizione che avvenne in tempi rapidi. ll 3 Settembre concluse il primo movimento e di seguito il secondo e terzo il 17 e il 29 settembre il terzo. Poi su disposizione delle autorità sovietiche i principali artisti furono spostati per sicurezza fuori dalla città di Leningrado e Šostakóvič fu trasferito assieme a moglie e figli negli Urali, a Kujbyšev dove la partitura fu ultimata il 27 dicembre del 1941 e dedicata appunto alla Città di Leningrado.

Il 16 Settembre 1941 Šostakóvič alla radio di Leningrado pronunciò un discorso nel quale sono comprese queste illuminanti parole:

Tra qualche tempo ultimerò la mia Settima sinfonia. Sto lavorando in fretta e con facilità. Il mio pensiero è chiaro e creativo. La mia opera si avvicina alla conclusione. E allora di nuovo prenderò la parola nell’etere con la mia composizione e con grande agitazione attenderò il giudizio severo e amichevole sul mio lavoro. Vi assicuro, a nome di tutti i leningradesi, operatori della cultura e dell’arte, che siamo invincibili e che resteremo sempre al nostro posto di lotta”. (Fig. 3)
Fig. 3 Una immagine della contraerea sovietica durante l’assedio di Leningrado.

il 5 marzo 1942, presso il Palazzo della Cultura di Kujbyšev, fu eseguita per la prima volta con l’Orchestra del Teatro Bolscioi, anch’essa ospitata nella città, sotto la direzione di Samuil Abramovič Samosud. Nei mesi successivi fu eseguita a Mosca e in altre città sovietiche e il 9 agosto del 1942 anche a Leningrado in uno dei momenti più duri della città. Per l’occasione furono richiamati dal fronte i musicisti dell’Orchestra della Radio diretti da Karl Eliasberg. Nella periferia della città furono sistemati degli altoparlanti rivolti verso i soldati tedeschi, per far sentire loro che, nonostante tutto, la vita a Leningrado continuava.

Da qui è facile comprende i valori eroici e antinazisti che caratterizzano la Settima e che la rendono famosa al mondo come inno patriottico. Un valore che fu amplificato anche dall’avventurosa spedizione della partitura negli Stati Uniti tramite una copia microfilmata che partì da Kujbyšev e trasportata in areo a Teheran e poi a New York; copia richiesta dalla NBC per interessamento di Leopold Stokowski.

Fig. 4 Una immagine del direttore d’orchestra Leopold Stokowski in un concerto del 1947 alla Carnegie Hall.

Qui ci furono discussioni tra il direttore britannico e il nostro Toscanini, entrambi in attività con l’orchestra delle NBC. Toscanini chiese a Stokowski la cortesia di poter essere il primo direttore in occidente ad eseguire questa sinfonia. Lo fece tramite una lettera chiedendo

“Non pensa caro Stokowski, che sarebbe molto interessante per tutti e anche per Lei, sentire il vecchio direttore d’orchestra italiano (uno dei primi artisti a combattere strenuamente il fascismo) eseguire questo lavoro di un giovane compositore russo antinazista?”.

Toscanini riuscì a ottenere questo ‘privilegio’ e il 19 Luglio 1942 a New York diresse la Settima Sinfonia di Šostakóvič con l’Orchestra della NBC in un concerto trasmesso via radio che raggiunse diversi milioni di ascoltatori contribuendo ad accrescere la fama di inno eroico contro la brutalità delle invasioni e della guerra. Questo concerto è confluito anche in una incisione discografica ancora oggi reperibile e di straordinario fascino musicale.

Fig. 5 Una immagine di Arturo Toscanini durante un concerto del 1944.

La Settima di Šostakóvič è senza dubbio un’opera sinfonica monumentale. Costruita per un organico orchestrale veramente sterminato che prevede un cospicuo numero di archi (violini, viole, violoncelli e contrabassi) e di legni (3 flauti, 3 clarinetti, 2 oboi, corno inglese, 3 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, ottoni (8 corni, 6 trombe, 6 tromboni, tuba), 2 arpe, pianoforte ed un sostanzioso numero di percussioni (5 timpani, da 1 a 3 tamburi rullanti, piatti, triangolo, grancassa, tam-tam, xilofono, tamburello), è da molti giudicata musica ‘a programma’ con un contenuto che parte dall’eroismo popolare che irradia lo splendido Allegretto iniziale che ingenera all’ascolto una certa tensione nella percezione del pubblico che è stemperata dai due mirabili movimenti centrali, che alcuni critici giudicano di stampo mahleriano per le sue sonorità spesso eleganti e attutite, il Moderato (poco allegretto) che stimola riflessioni ed un senso di pace e l’Adagio inteso quasi come un compianto funebre, riflessioni su tutte le brutture della guerra. Ma il colpo di genio è nel quarto movimento, Allegro non troppo, che riesce a compendiare quanto espresso nei primi tre movimenti che al di fuori di ogni retorica concentra i temi della guerra del sangue, delle sconfitte, della sofferenza, dei lutti e delle devastazioni per giungere alla pace come vero strumento di interconnessione tra i popoli.

Ma con il tempo questa idea di assoggettarla alla musica ‘a programma’ e, quindi, una sorta di poema sinfonico, è progressivamente venuta meno per virare verso una concezione di carattere epico che parte dall’esperienze personali dell’autore maturate al tempo della guerra, per scavalcare gli steccati dell’idealismo ed approdare verso una vera e propria critica di tutti gli assolutismi e di tutti quei movimenti che con i loro estremismi, la loro ferocia e la loro bruttura limitano le libertà. Anche se dobbiamo ammettere che, per quanto ci riguarda, la ”Leningrado” è chiaramente dedicata alla tragedia di quei giorni degli anni ’40 dello scorso secolo in Russia, la seconda soluzione che abbiamo esposto non è poi così peregrina ed un musicista di larghe vedute, come in effetti era Šostakóvič, poteva nel suo intimo pensare ad una cosa del genere.

Su questa concezione si è basata l’interpretazione del direttore russo Tugan Sokhiev che ci ha dato una interpretazione certamente di carattere eroico soprattutto nel famosissimo primo movimento ed al suo straordinario senso ritmico al quale ha alternato una visione più poetica nei due movimenti seguenti esaltandone la cantabilità e la preziosa strumentazione per giungere a quella isola di pace che l’ultimo movimento evoca con forza ma ricordando sempre quali e quante siano le brutture e le ferocie della guerra.

Fig. 6 Il direttore d’orchestra Tugan Sokhiev © Patrice Nin.

Una esecuzione intensa che Sokhiev ha condotto con sicurezza ed intensità, ben coadiuvato dall’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che si dimostra sempre pronta per i grandi appuntamenti musicali dei quali, questo con la Settima di Šostakóvič, è stato uno dei più significativi di questa stagione. La recita (6 giugno) al quale abbiamo assistito si conclusa con un vero e proprio successo a dimostrazione non solo della validità dell’interpretazione di Sokhiev ma, anche, della sempre più avanzata e consilidata professionalità dei singoli strumentisti dell’orchestra ceciliana.

Claudio LISTANTI  Roma 9 Giugno 2024