di Claudio LISTANTI
Un caloroso successo ha accolto, lo scorso 24 novembre, l’esecuzione dell’oratorio Juditha Triumphans di Antonio Vivaldi che l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma ha inserito nell’ambito della Stagione di Musica da Camera 2021-2022, affidando la direzione a Federico Maria Sardelli che ha guidato l’Accademia Barocca di Santa Cecilia, formazione orchestrale costituita dall’istituzione musicale romana proprio per approfondire questo genere repertorio, affidandone, allo stesso Sardelli, la carica di direttore musicale. L’esecuzione è stata anche impreziosita da una più che valida compagnia di canto e dalla prova del Coro dell’Accademia di Santa Cecilia diretto da Piero Monti.
Federico Maria Sardelli è, forse, l’esecutore ideale per una partitura come questa, non solo per la sua lunghissima esperienza nel campo della musica barocca ma anche per la sua personale conoscenza di Antonio Vivaldi e della sua immensa produzione ma anche per essere uno dei principali studiosi, in campo europeo di questo musicista. Infatti, è membro del comitato scientifico dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi presso la Fondazione G. Cini di Venezia e, inoltre, è anche responsabile del catalogo delle opere del musicista veneziano, il Vivaldi Werkverzetchnis (RV).
Antonio Vivaldi è uno dei musicisti, senza dubbio, più conosciuto al mondo ma, come noto, la sua opera è rimasta pressoché sconosciuta fino agli anni 30 dello scorso secolo, con le sue opere considerate ormai perdute. Numerose traversie e peripezie hanno segnato la storia di queste partiture, soggette ad un travagliato percorso che la ha fatte giungere presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino. Tutte queste vicissitudini sono state analizzate e descritte proprio dallo stesso Federico Maria Sardelli che le ha inserite in un suo romanzo l’Affare Vivaldi, con un intenso e geniale racconto che riesce ad alternare e unire verità storica e fantasia per consentire al lettore di comprendere tutte le varie tappe del percorso.
Cfr https://www.aboutartonline.com/l-affare-vivaldi-in-un-libro-di-sardelli/
L’oratorio Juditha Trimphans si trovava, quindi, in quella biblioteca ed il ritrovamento ha consentito, poi, alla partitura di essere eseguita in concerto e, con il progressivo e costante sviluppo della ‘passione’ per il barocco che attrae nelle sale da concerto un pubblico sempre più numeroso, di essere pienamente apprezzata.
Juditha triumphans, devicta Holoferness barbarie, RV 644, questo è il titolo preciso, è l’unico dei quattro oratori sacri di Vivaldi, dei quali conosciamo l’esistenza, giunto fino a noi e, quindi, molto prezioso per farci capire il modo con il quale il musicista affrontava questo genere musicale e, in particolar modo, la valenza specifica del musicista ‘vocale’ meno conosciuta di quello ‘strumentale’.
Gli elementi storici dei quali siamo a conoscenza ci dicono che la prima esecuzione avvenne nel 1716 a Venezia presso il Pio Ospedale della Pietà. Era questa una delle quattro istituzioni assistenziali la cui attività era rivolta all’accoglienza e all’educazione di ragazze orfane, malate e figlie illegittime. Accanto alla Pietà c’erano l’Ospedale di San Lazzaro dei Mendicanti, l’Ospedale di San Salvatore degl’Incurabili e l’Ospedaletto dei Derelitti ai Santi Giovanni e Paolo, tutti finanziati da privati, nobili o confraternite di carattere religioso.
Tutte queste istituzioni si distinguevano anche perché alle sue ‘putte’ (questo era l’appellativo che caratterizzava le ragazze accolte), oltre all’educazione scolastica e spirituale, si offriva quella musicale. A tale scopo, alla Pietà, nel 1703, fu assunto Antonio Vivaldi con la qualifica di ‘maestro di violino’ iniziando così una collaborazione di diversi anni. La Pietà aveva, già dagli anni precedenti, fama di ottima qualità esecutiva delle sue ragazze, elemento che attirava per le sue esibizioni, pubblico anche da fuori Venezia. Dovevano essere quindi cantanti e musiciste eccellenti ed il fatto è dimostrato proprio dall’ascolto di Juditha Trimphans la cui partitura presenta una linea vocale del tutto impegnativa che richiede cantanti esperte e specializzate.
Juditha Trimphans è divisa in due parti. Nella prima si narra che il re assiro Nabucodonosor ha inviato il proprio esercito capitanato da Holofernes, nella città di Betulia, per costringere gli ebrei al pagamento dei tributi. A seguito di ciò Juditha assieme all’ancella Abra si reca nel campo nemico e implorare la grazia. Incontrano Vagaus, scudiero di Holofernes, che le conduce dal suo generale. Holofernes si invaghisce della bellezza di Juditha, e la invita a un banchetto.
Nella seconda parte c’è il sacerdote Ozias che si trova a Betulia e spera che Juditha possa convincere Holofernes prima dell’alba. Ma Holofernes, nel campo assiro, dichiara il proprio amore a Juditha; lei risponde di non sentirsi all’altezza delle sue attenzioni. Ma poi Juditha comprende che Holofernes non intende concedere la grazia al popolo di Betulia e quindi decide di andare al banchetto per uccidere Holofernes. Quando si addormenta ubriaco, chiama Abra e Vagaus all’interno della tenda; lo scudiero porta via i resti del banchetto e, ignaro delle reali intenzioni di Juditha, affida Holofernes alle cure delle due donne, mentre Abra rimane di guardia e Juditha decapita Holofernes. Vagaus scopre il cadavere e invoca le Furie, gridando vendetta contro gli Ebrei. Ozias, vedendo Juditha che fa ritorno a Betulia, intona un canto di ringraziamento.
L’oratorio, il cui testo in latino fu scritto da Giacomo Cassetti, personaggio poco conosciuto dal punto di vista biografico, fu composto in un momento delicato per la Repubblica di Venezia, come si può evincere dal frontespizio del libretto a stampa che riporta le seguenti parole: Sacrum Militare Oratorium/Hisce belli temporibus (Oratorio sacro militare in questi tempi di guerra). Siamo nel 1716 ed era in atto una crisi tra Venezia e i Turchi che si concluse con la liberazione di Corfù ad opera delle truppe venete alleate con il Papa e gli Asburgo. Tali fatti ci conducono direttamente agli elementi allegorici che il Cassetti espone nel libretto, che ci aiutano a capire anche lo spirito dell’opera, che noi citiamo nella traduzione italiana: La guerra è alle porte e un fiero nemico incombe: Giuditta è Adria (Venezia) e la sua compagna Abra è la Fede. Betulia è la Chiesa e Ozia il sommo pontefice e la decorosa assemblea delle vergini è la cristianità. Oloferne è il sovrano turco, l’eunuco (Vagao) il suo generale, e così l’intera flotta Veneziana godrà di una grande vittoria.
Inoltre, Juditha Triumphans si inserisce in quel filone nel quale, molte opere d’arte si ispirarono al mito biblico di Giuditta, soprattutto nel campo della Pittura e della Musica, la cui ‘rappresentazione’ ha colpito la sensibilità di pittori e musicisti di un ampio periodo della storia di queste arti.
Dal punto di vista musicale Juditha Trimphans si può considerare una partitura che si trova in bilico tra oratorio sacro in musica e melodramma a sfondo sacro. Tra i vari esponenti della critica musicale, fino dopo la prima esecuzione moderna tenutasi a Siena dell’8 settembre 1941, è intercorso un intenso dibattito su come considerare la Juditha vivaldiana. Una delle tesi principali che faceva pendere l’ago della bilancia verso il melodramma era la mancanza dello ‘storico’ che per l’oratorio seicentesco era elemento fondamentale e, soprattutto, la sequenza di recitativi secchi e arie con ‘da capo’. La tesi contraria, invece, sosteneva che l’adozione del testo latino e la cospicua parte riservata al coro, nel melodramma praticamente inesistente, potesse collocare la partitura nell’ambito dell’oratorio. Più semplicemente, a nostro giudizio, si può considerare Juditha Trimphans un’opera musicale che supera questi confini per assumere una nuova, e più evoluta, struttura.
L’oratorio non possiede una sinfonia d’apertura ma inizia con un brillante brano corale/strumentale caratterizzato dagli squilli delle trombe che fanno da cornice al possente coro dei soldati dell’esercito assiro di Holofernes che assedia la città di Betulia. Una larghissima parte dei numeri che compongono la partitura sono caratterizzati da recitavi secchi alternati a arie con ‘da capo’. Tutti i ruoli vocali sono ‘femminili’, evidenza scaturente dalla peculiarità dell’Ospedale della Pietà di essere orfanatrofio femminile. La distribuzione delle arie tiene conto dell’importanza dei personaggi: sei per Juditha, cinque per Holofernes, cinque per Vagaus, quattro per Abra, due per Ozias e sono concepite per rispettare il significato ‘allegorico’, poco prima citato, di ognuna di esse.
Gli altri numeri della partitura presentano recitativi accompagnati per i momenti più drammatici della storia, come l’uccisione di Holofernes e cinque interventi corali riservati a guerrieri assiri e vergini ebree con la sola caratteristica che, con ogni probabilità, le parti vocali dei tenori e dei bassi erano sostenuti dagli insegnanti della Pietà.
La parte prettamente strumentale risulta all’ascolto brillante e varia grazie anche ad una raffinata strumentazione. Anche questo elemento ci fa presumere la particolare abilità delle strumentiste dell’orfanatrofio, come dimostra anche l’uso di alcuni strumenti in funzione concertante usando viola d’amore, tiorba e cembalo, mandolino, e il Salmoé, o Chalumeau, l’antenato del clarinetto.
L’esecuzione curata da Federico Maria Sardelli è stata del tutto funzionale per esaltare le caratteristiche di questa splendida partitura, mettendo in evidenza l’eleganza e la raffinatezza dell’orchestrazione con particolare attenzione alle parti strumentali soliste e d’insieme, riuscendo anche a trovare una adeguata fusione con la parte squisitamente vocale regalando all’ascoltatore un ascolto coinvolgente ed esaltante.
Raggiungere tutto ciò è stato possibile grazie ad una omogena compagnia di canto, composta da specialiste di questo genere musicale, che prevedeva nelle parti principali, la Juditha del mezzosoprano Ann Hallemberg cantante di grande esperienza che le ha consentito di mettere in evidenza una interpretazione del tutto convincente del personaggio alla quale si contrapponeva l’Holofernes di Vivica Genaux, mezzosoprano dalla voce più scura rispetto alla precedente e in possesso di un repertorio che comprende i grandi ruoli barocchi ma con qualche frequentazione nel repertorio più propriamente romantico, dimostrando di essere a sua agio nella parte ‘mascolina’ specifica del personaggio. Efficaci anche le altre cantanti: le due soprano Giorgia Rotolo e Rui Hoscima, rispettivamente Vagaus e Abra entrambe a proprio agio nella difficile linea vocale specifica per i due personaggi alle quali si è aggiunta, nella più breve ma intensa parte di Ozias, il mezzosoprano Francesca Ascioti sorprendente in quanto a temperamento e resa vocale. Il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretto da Piero Monti ha completato la parte vocale con la consueta autorevolezza e precisione.
L’Accademia Barocca di Santa Cecilia, raro esempio di complesso strumentale formatosi all’interno di una Orchestra Sinfonica con strumentisti di straordinario valore che utilizzano strumenti d’epoca o fedeli ricostruzioni, ha fornito una prova, come di consueto, intensa e coinvolgente. Alcuni dei suoi componenti hanno sostenuto le diverse parti concertanti previste ottenendo successi personali come per Valerio Losito che ha accompagnalo con la viola d’amore l’aria di Juditha ‘Quanto magis generosa’ suonando un prezioso strumento, la Viola d’Amore di Ferdinando Gagliano del 1775 il cui uso è stato concesso dalla Nando and Peretti Foundations, delegaciò a Catalunya. Da ricordare anche Ugo Galasso solista con lo chalumeau, Simone Vallerotonda con la tiorba e mandolino e l’oboe barocco di Paolo Pollastri.
L’esecuzione, ripetiamo intensa e coinvolgente, a nostro parere è stata penalizzata dalla scelta di essere collocata nella Sala Santa Cecilia la cui ampiezza risulta poco adatta al suono di un piccolo organico strumentale come quello utilizzato per questa occasione e per le cantanti che, come tutti gli specialisti del barocco di oggi, sono caratterizzati da un volume contenuto prediligendo estrema cura per la realizzazione della linea vocale con tutti gli abbellimenti. In una sala di queste dimensioni, inoltre ben lontana dalle caratteristiche dei luoghi per i quali sono stati creati i capolavori barocchi, il suono giunge all’ascoltatore, purtroppo, attutito e controproducente per l’insieme.
Il concerto, comunque, ha riscosso un notevole successo, da un pubblico numericamente cospicuo convenuto all’Auditorium Parco della Musica, riservando diversi applausi ‘a scena aperta’ soprattutto dopo le arie con gli strumenti concertanti e con una vera e propria ovazione finale durata diversi minuti e rivolta a tutti gli interpreti, ‘convincendo’ Sardelli a concedere il ‘bis’ della parte finale dell’oratorio.
Claudio LISTANTI Roma 28 novembre 2021