di Claudio LISTANTI
Dopo il successo dell’inaugurazione con uno spettacolo dedicato al musicista Giacomo Manzoni, la 77ma Stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto ha proposto un’altra serata dedicata alla musica operistica della seconda metà del ‘900.
Nello specifico si è trattato di un felice abbinamento tra due opere emblematiche degli anni ’50 dello scorso secolo, A hand of bridge (Una mano di bridge) di Samuel Barber e I due timidi di Nino Rota. Questo accoppiamento, del quale non sappiamo se proposto in altre occasioni, è da considerarsi quindi inusuale ma, certamente, non casuale in quanto opere molto legate tra di loro soprattutto per la statura degli artisti che hanno contribuito alla loro creazione. Entrambe, inoltre, posseggono un forte legame con Spoleto perché sono entrate nella storia culturale della splendida cittadina umbra grazie alle due rassegne musicali che ne hanno accresciuto i connotati, il Festival dei Due Mondi e, appunto, il Teatro Lirico Sperimentale.
Andiamo per ordine. A hand of bridge è il frutto della collaborazione tra il musicista statunitense Samuel Barber e Giancarlo Menotti che per l’occasione ne scrisse il testo; ebbe la prima rappresentazione proprio a Spoleto il 17 luglio del 1959 nell’ambito della seconda edizione del Festival dei Due Mondi.
I due timidi, opera composta nel 1950 per essere radiotrasmessa, è basata su un testo di Suso Cecchi D’Amico; fu oggetto di una storica ripresa in forma scenica nel 1973 nell’ambito della 27ma stagione dello Sperimentale per cui, questa recita spoletina giunge dopo cinquanta anni da quello storico evento.
Come spiegato con chiarezza da Angela Annese, inesauribile miniera di aneddoti riguardanti la vita di Nino Rota del quale è anche eccellente studiosa della sua opera, nel programma di sala sottolinea con forza i legami tra tutte queste personalità. Barber, Rota e Menotti, tra loro praticamente coetanei, hanno in comune anche un insegnante molto importante per la loro preparazione musicale, Rosario Scalero, violinista e compositore italiano che nel periodo compreso tra il 1919 e il 1946, negli Stati Uniti, fu stimatissimo insegnante di teoria e composizione e tra suoi numerosissimi allievi ci furono anche i tre musicisti poco prima elencati.
Barber e Menotti, come mette in evidenza la Annese, formarono un robusto sodalizio artistico mentre Rota e Menotti furono considerati nel primo quarto del ‘900 fanciulli prodigio nella Milano dell’epoca. Grazie proprio a queste relazioni artistiche nacquero le prima citate occasioni ‘spoletine’ che portarono alle esecuzioni, seppur in tempi diversi, di queste due opere. Inoltre si deve anche aggiungere che Suso Cecchi D’Amico, autrice del testo de I due timidi, non solo era fortemente legata a Rota da un vincolo di amicizia fin dall’adolescenza ma anche in possesso di un particolare, fraterno, affetto sia con Menotti sia con Barber.
La scelta di rappresentare in un’unica serata A hand of bridge e I due timidi è senza dubbio una scelta coraggiosa soprattutto per la netta differenziazione tra le due ambientazioni, quella della borghesia statunitense di Barber e quella più popolare e proletaria di Rota. Ma secondo i responsabili della programmazione e dell’allestimento, il direttore artistico Enrico Girardi e il regista Giorgio Bongiovanni, le due opere, seppur apparentemente tra loro distanti sono comunque legate da in sottile ma resistente filo rosso che le rende praticamente contigue e che può essere individuato nella solitudine e nell’incomunicabilità tra i vari personaggi in scena.
L’opera di Barber mette in evidenza il mondo della classe media americana in maniera genialmente sintetica quanto efficace. Nel breve lasso di tempo di un ‘mano’ di bridge, dieci minuti scarsi di musica, riesce a descrivere l’insoddisfazione interiore dei quattro personaggi in scena. Sono due coppie, David affermato uomo d’affari con sua moglie Geraldine contrapposti all’avvocato Bill che gioca con sua moglie Sally. Entrambe le coppie si fronteggiano nella partita ma alle azioni di gioco alternano pensieri personali che li astraggono dal contesto. Ognuno di loro va con il pensiero alle proprie insoddisfazioni personali. Sally mette in evidenza la sua frustrazione nei rapporti con il marito e sogna l’acquisto di un tanto desiderato cappello. Suo marito Bill la tradisce dimostrando gelosia verso la sua amante. Come contraltare c’è l’altra coppia con Geraldine che lamenta la mancanza di amore e le difficoltà del rapporto con sua madre con suo marito David che soffre la consuetudine della sua vita che, seppur di successo, stimola in lui un desiderio di evasione verso una vita più libera da condizionamenti. Sarà lui a vincere la partita di bridge dichiarando il fatidico ‘atout!’ che conclude la partita.
Barber ha concepito una partitura molto schematica. Sulla scena è impegnato un quartetto vocale nel quale ognuno dei componenti ha un timbro di voce differente: David e Geraldine baritono e soprano mentre la coppia Bill e Sally sono tenore e contralto. Per ogni coppia c’è il contrasto tra voce chiara e voce scura che sottolinea lo scontro di personalità all’interno di ognuna di esse. Diffuso è l’utilizzo del declamato che rende scorrevole la fruizione anche se sono presenti diversi spunti melodici. Ad ognuno dei personaggi è affidata una parte vocale di eguale importanza e difficoltà che rende il tutto sorprendentemente omogeneo. Barber trasfonde alla partitura la sua orchestrazione sapiente tendente a valorizzare l’insieme strumentale con una parte musicale nella quale sono chiarissimi i riferimenti al Jazz come molto ben evidenti sono le influenze stravinskijane.
I due timidi, invece, propone allo spettatore una storia ambientata in un quartiere periferico, di una qualsiasi città italiana del secondo dopoguerra con l’azione che si svolge in un fabbricato popolare. C’è un calzolaio e ci sono tre cameriere (Lisa, Lucia e Maria) e il portiere Vittorio. Le loro conversazioni ci introducono nella quotidianità di quel luogo che ci rende maggiormente fruibile quanto accadrà sulla scena nel corso della stessa giornata. Nel palazzo abita Mariuccia, una pianista, con sua Madre mentre c’è anche la signora Guidotti proprietaria di una pensione. Arriva Raimondo Benetti per abitare nella pensione con l’intento di star vicino a Mariuccia della quale è segretamente innamorato ma non essendo a conoscenza di essere ricambiato.
Un incidente fa cadere a terra Raimondo e ne nasce un trambusto che sarà determinante per i due innamorati. Mariuccia sviene, la signora Guidotti chiama un medico, il dottor Sinisgalli che visiterà entrambi. La Guidotti assiste Raimondo che crede di vedere in lei Mariuccia e le dichiara il suo amore. Mariuccia si mostra affettuosa verso il dottore che crede essere Raimondo. C’è quindi un equivoco di fondo che sovverte i desideri di ognuno dei personaggi principali. A sera i due ritornano pienamente coscienti o tornano a sospirare l’uno per l’altro sempre afflitti dalla loro incomunicabilità. Si giunge all’epilogo divertente quanto profondamente amaro. Siamo qualche anno dopo nello stesso cortile. Raimondo ha sposato la Guidotti mentre Mariuccia il dottor Sinisgalli divenendo anche madre di due bimbi. Non si esercita più con regolarità al pianoforte il cui suono aveva ammaliato Raimondo. Ora Mariuccia lo suonerà solo nei momenti liberi. Ma appena suona sarà poi lo stesso Raimondo a pretendere il silenzio.
Per quanto riguarda la partitura dimostra di possedere una struttura ideale per un’opera dalle caratteristiche ‘radiofoniche’ de I due timidi. Per agevolare l’ascoltatore indispensabile è l’utilizzo del recitativo che Rota riesce a modellare con estrema efficacia e che trova nella figura del Calzolaio il necessario ruolo del Narratore che riesce ad essere elemento utile alla comprensione dell’azione. Molti sono gli spunti melodici evidenziati nelle diverse parti vocali seppur in assenza di vere e proprie arie strutturate. L’esperienza ‘cinematografica’ di Rota è molto bene evidente in questa partitura che riesce a sottolineare con incisività i vari momenti dell’azione e che si adatta con efficacia al bellissimo libretto approntato da Suso Cecchi D’Amico anch’essa artista influente in campo cinematografico per le sue numerosissime sceneggiature. La musica di Rota è comunque ‘popolare’ ed in essa sono sempre presenti, spesso, gli insegnamenti musicali pucciniani soprattutto nel porgere le melodie e nell’efficacia di seguire lo svolgimento dell’azione. Nella parte musicale si può notare, per le parti delle tre cameriere, qualche reminiscenza di Ermanno Wolf-Ferrari e del suo Campiello con il cicaleccio delle comari che sottolineano quanto accade nella piccola piazza, uno schema che impreziosisce questo piccolo affresco popolare nel cortile dello stabile. Anche ne I due timidi si possono scorgere dei riferimenti jazzistici, d’altronde questo genere di musica era molto frequentato in quegli anni ma anche in questo caso una evidente sapienza nell’orchestrazione con estrema cura del colore come accade nell’introduzione iniziale realizzata come una stornellata che fa tendere l’ambientazione verso uno di quei cortili di palazzi della periferia romana come spesso rappresentati nelle numerose pellicole di stampo ‘neorealista’ che imperavano nel cinema italiano nel secondo dopoguerra.
Per quanto riguarda lo spettacolo al quale abbiamo assistito qui a Spoleto ha mostrato di essere del tutto omogeneo e valido per tutte le sue componenti. La realizzazione visiva è sta affidata al regista Giorgio Bongiovanni già molto applaudito allo Sperimentale per una più che convincente realizzazione de La porta divisoria di Fiorenzo Carpi nel festival dello scorso anno.
Per questo spettacolo ha concepito una rappresentazione senza intervallo tutta rivolta a mettere in luce quella caratteristica che a suo giudizio rende omogenei i due lavori musicali pur in presenza di ambienti e situazioni profondamente diversi. L’incomunicabilità è quindi il comune denominatore che li unisce, lettura che ci sentiamo di condividere e che ha prodotto uno spettacolo veramente godibile. Sono state rispettate le ambientazioni grazie a scene e costumi semplici ma del tutto in linea con lo svolgimento teatrale. Diffuso l’utilizzo dei fondali per descrivere gli ambienti. Eleganti e colorati quelli per l’opera di Barber ispirati alle carte con al centro un tavolo verde che rimandava con efficacia ad una sala da gioco; essenziali quelli per I due timidi ispirati al bianco e nero che contraddistingueva all’epoca le opere cinematografiche neorealiste. Tutto questo grazie alle scene disegnate da Andrea Stanisci ed ai costumi di Clelia De Angelis completati dalle efficaci luci di Eva Bruno, un ‘trinomio’ questo, molto importante per lo Sperimentale che nelle edizioni di questi ultimi anni si è rivelato ideale per l’impronta teatrale impressa agli spettacoli rappresentati e determinante per la riuscita degli stessi.
I movimenti scenici sono stati anch’essi calibrati al contenuto di ogni singola opera. Se in A hand of bridge siamo di fronte ad una staticità di movimenti, comunque le espressioni dei singoli personaggi sono state molto curate, ne I due timidi, invece, c’era la difficoltà di realizzare una azione destinata alla radiodiffusione. In essa, infatti, sono previsti diversi e repentini cambi di ambiente che in teatro possono risultare complicati da realizzare. Il regista ha scelto la via del movimento continuo degli interpreti che lasciava immaginare i cambi utilizzando pochi e significativi elementi scenici facili da spostare ed utili per sottolineare l’evoluzione dell’azione.
Sotto quest’ultimo aspetto c’è da segnale l’evidente lavoro di preparazione di ogni singolo interprete vocale che ricordiamo provengono tutti dai concorsi 2022 e 2023. In questo spettacolo, come in tutti quelli dello sperimentale, emerge con evidenza il lavoro di preparazione di ogni singolo interprete, sia per la parte vocale che quella recitata garantendo anche l’alternanza dei ruoli per ogni singolo cantante elemento di fondamentale importanza per una compagnia di canto come quella dello Sperimentale che tende ad avere i connotati del cosiddetto ‘teatro di repertorio’ dove è richiesta massima flessibilità nelle interpretazioni e nei ruoli. Tutto ciò è dovuto grazie ai docenti di interpretazione vocale il mezzosoprano Marina Comparato, il soprano Carmela Remigio, il baritono Renato Bruson e ai direttori d’orchestra Marco Boemi, Marco Angius, Carlo Palleschi e Vito Clemente (per lo studio delle partiture), Raffaele Cortesi (per l’insegnamento del repertorio e interpretazione). Per la parte squisitamente attoriale, oltre ai già citati Stanisci e Bongiovanni, c’è il contributo di Claudia Sorace (regista che ha ottenuto vivo successo nello spettacolo inaugurale dedicato a Giacomo Manzoni), di Alessio Pizzech, e del dott. Graziano Brozzi per Elementi di foniatria assieme a Clelia De Angelis per trucco, parrucco e costume.
Per quanto riguarda la compagnia di canto nella recita del giorno 1 settembre alla quale abbiamo assistito per l’opera di Barber c’erano la Geraldine del soprano Elena Antonini, il David del baritono Davide Peroni e la Sally del mezzosoprano Veronica Aracri tutti provenienti dal concorso 2022 assieme al Bill del tenore Jesus Hernandez Tijera del concorso 2023. Tutti molto bravi a realizzare le difficili parti alle quali hanno saputo dare adeguata espressività in considerazione anche del fatto che l’opera è stata eseguita nell’originale inglese.
Per I due timidi è previsto un cospicuo numero di interpreti a molti dei quali sono riservate piccole parti anche se importanti per la rappresentazione. La significativa parte del Narratore è stato affidato a Marco Gazzini uscito dal concorso 2023 che ha assolto al suo ruolo con grande determinazione. Nella parte di Mariuccia il soprano Alessia Merepeza (Concorso 2022) assieme al Raimondo di Oronzo D’Urso (concorso 2021) hanno fornito una efficace coppia di ‘timidi’ superando con facilità le difficoltà della loro parte vocale. Nelle altre due parti principali il mezzosoprano Antonia Salzano (Concorso 2022) ci ha offerto una vivace Signora Guidotti assieme al tenore Paolo Mascari (Concorso 2023) divertente Dottor Sinisgalli.
Tutte brillanti le tre cameriere, Chiara Guerra Lucia (primo posto al Concorso 2023), il soprano Aloisia de Nardis Maria (Concorso 2023) e il mezzosoprano Federica Tuccillo Lisa proveniente da libere audizioni. Nelle altre parti il mezzosoprano Simone van Seumeren era la Madre di Mariuccia anch’essa proveniente da libere audizioni e il portiere Vittorio il baritono Davide Romeo (Concorso 2022) con il tenore Jesus Hernandez Tijera Un pensionante (Concorso 2023).
Gian Rosario Presutti alla guida dell’Orchestra O.T.Li.S del Teatro Lirico Sperimentale ha diretto con sicurezza tutto lo spettacolo mettendo in buona evidenza tutte le peculiarità di queste due partiture curando non solo la parte esclusivamente strumentale, grazie al contributo degli strumentisti a disposizione ma, anche, quella vocale restituendo a noi spettatori una pregevole esecuzione.
Il pubblico convenuto al Teatro Nuovo di Spoleto non è stato per questa recita particolarmente numeroso, cosa inspiegabile per un avvenimento musicale di questa importanza e valenza artistica, forse frutto della scarsa educazione musicale nel nostro parere. Però ha comunque seguito con interesse e partecipazione tutta l’evoluzione dello spettacolo sottolineando con scroscianti e continui applausi dedicati a tutti gli interpreti a dimostrazione di un incondizionato gradimento per quanto visto ed ascoltato.
Claudio LISTANTI Roma 3 Settembre 2023