di Nica FIORI
TATO FUTURISTA, fino al 6 dicembre alla Camera dei Deputati – Palazzo Valdina
L’atmosfera ovattata del chiostro del Complesso di Vicolo Valdina, riportato all’antica bellezza dal restauro terminato nel 2017, accoglie fino al 6 dicembre 2019 una mostra dal sapore futurista. L’edificio in Campo Marzio, acquisito dalla Camera dei Deputati negli anni Settanta del Novecento, già da solo vale una visita, ma indubbiamente lo stimolo a visitarlo è enfatizzato dall’esposizione delle opere di Tato, che rievocano un periodo particolarmente felice del Futurismo, quello dell’aeropittura.
La mostra “Tato futurista. Inventore dell’aereopittura”, a cura di Salvatore Ventura su progetto e coordinamento curatoriale di Cornelia Bujin, si snoda tra le sale affrescate del Cenacolo e della Sacrestia e vuole ricordare, a distanza di 100 anni, l’incontro tra Gugliemo Sansoni, detto Tato (Bologna 1896 – Roma 1974), e il poeta Filippo Tommaso Marinetti, che si sarebbe trasformato in un rapporto di amicizia. In quello stesso anno, il 1919, Sansoni aveva fondato insieme a Caviglioni, Longanesi e Fanelli il gruppo futurista emiliano e due anni dopo avrebbe celebrato il suo funerale, per rinascere con il nome di Tato. Un nome che ben si prestava a mille giochi linguistici e alle bizzarrie tipiche del movimento.
Come ricorda il curatore Ventura, questo artista aveva frequentato l’accademia militare di Parma e, una volta nominato ufficiale, era partito volontario per il fronte, dove aveva conosciuto Boccioni, Russolo e Sironi. Alla fine della prima guerra mondiale era tornato all’arte come autodidatta e si era entusiasmato alla poetica futurista.
“1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia… 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo … un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia … “
Con queste ed altre affermazioni declamatorie Filippo Tommaso Marinetti aveva lanciato la sua sfida al mondo nel Manifesto programmatico del Futurismo, pubblicato sulla “Gazzetta dell’Emilia” il 5 febbraio 1909, e poco dopo (il 20 febbraio 1909) su Le Figaro di Parigi. Il movimento, pur fondato da un poeta, irruppe prepotentemente nell’arte, nella musica, nel teatro, nella danza, nel cinema, e perfino nella politica italiana, reclutando un numero impressionante di seguaci, perché era una forza giovane, in grado di attirare con la sua energia le menti più creative dell’epoca. Anche artisti affermati furono indotti per qualche anno a indossare la divisa futurista. Spiccano tra gli altri i nomi di Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Gino Severini, Mario Sironi, Julius Evola.
In quell’Italia agricola e poverissima, che in arte era legata a vetusti punti di vista, l’idea che l’arte dovesse essere portata fuori dalle gallerie e dai musei, verso la gente, ebbe un successo immediato, e Tato, in particolare, si appassionò all’idea del volo e della velocità aerea e fu tra i firmatari del Manifesto dell’Aeropittura, che viene datato al 1931.
Considerata a lungo come una delle eccentricità finali del futurismo, l’aeropittura (cui nel tempo si affiancarono l’aeroscultura, l’aeropoesia ecc.) viene vista oggi come uno dei suoi sviluppi più originali. L’aeropittura era soprattutto un nuovo modo di rappresentare le cose abbandonando la prospettiva. E gli artisti che vi aderirono volevano esprimere l’emozione che un aviatore prova abbracciando lo spazio con gli occhi, il brivido di correre a tutta velocità sorvolando campagne, mari e città, o la sensazione di vertigine con il lancio del paracadute.
Tato riuscì a esprimere tutto questo, coniugando magicamente realtà e astrazione, come vediamo nelle opere in mostra, relative soprattutto al periodo intorno al 1930. Opere che dimostrano come l’interesse per il volo e la macchina volante non fosse orientato soltanto alla rappresentazione di paesaggi visti dall’alto (già scoperti dalla fotografia alla fine dell’Ottocento con la prima immagine del Foro Romano, fatta da un pallone aerostatico su iniziativa di Giacomo Boni), ma anche ad esprimere con la pittura un’esigenza di superamento della realtà fisica. Volare, infatti, come scriveva Gerardo Dottori nel 1931, significava soprattutto
“aprire e aerare la fantasia, purificarla dalle inevitabili scorie passatiste che impediscono il libero e rapido spiegarsi delle sue ali”.
Tra le opere in esposizione ci colpiscono quelle con paesaggi romani, come Sorvolando in spirale il Colosseo (Spiralata) del 1930,
un olio su tela esposto al Guggenheim Museum di New York nel 2014 in occasione della mostra ItalianFuturism, 1909–1944: Reconstructing the Universe, e due dipinti del 1930, intitolati entrambi Paesaggio aereo (Scivolamento d’ala), dove si intravede sulla destra il Vittoriano, altro edificio simbolo della città.
Tra gli altri dipinti troviamo “Aeroplani + Metropoli” (1930), “Paesaggio in velocità – scivolamento d’ala” (1930), “Sport” (1930), “Avvitamento” (1930), “Sorvolando Sabaudia” (1934), “Spiralata” (1936), “Diavolerie di eliche” (1936), “Volo notturno” (1936), “Atterrando” (1937), “Il dirigibile Italia al polo Nord” (1928), “Alba futurista” (1926), “Sensazioni di volo II tempo” e “Sensazioni di volo III tempo”.
Questi ultimi due dipinti appartengono alla serie “Sensazioni di volo in tre tempi” del 1929, che compongono una successione di tre “momenti psicologici” di un volo in picchiata su un gruppo di case e strade. Come scrive il curatore Salvatore Ventura,
“Il primo dipinto raffigura semplicemente l’inquadratura a volo d’uccello del paese, un primo contatto visivo che si concretizza in una rappresentazione urbana. Nel secondo, il punto di vista rimane quasi invariato ma avviene un primo processo di scomposizione geometrica delle figure e delle case che trasforma la visione in una fitta rete di piani intersecati e solidi compenetrati. Infine la terza inquadratura, simile alle precedenti, ma il paese è ormai quasi scomparso, inghiottito dal vortice delle spiralate e dall’intreccio di linee che attraversano la composizione”.
Sono esposte anche alcune fotografie, tra le quali “Ritratto oratorio di Marinetti” (vedi sopra), realizzata da Tato nel 1930, che ci appare particolarmente emblematica del rapporto che si era instaurato tra i due futuristi.
La mostra, con le sue opere provenienti tutte da collezioni private, pone l’accento sul ruolo primario dell’avanguardia italiana nel fermento degli albori del Novecento e l’importanza del collezionismo d’autore, come custode del patrimonio della memoria storica e punto nodale dei nuovi processi di fruizione del “bene condiviso”.
Nica FIORI Roma 25 novembre 2019
“TATO FUTURISTA. Inventore dell’aereopittura”
Roma, Camera dei Deputati, Palazzo Valdina; Piazza in Campo Marzio, 42 21 novembre – 6 dicembre 2019 Orari: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00. Ultimo ingresso ore 17.30. Chiuso sabato e domenica. Catalogo: Palombi Editore.
Ingresso libero. Informazioni: 06 67601 – http://www.camera.it