di Donatella BIAGI MAINO
Bologna ne era priva, e tale mancanza era una grave pecca in una città che già dagli anni ottanta del Novecento aveva conosciuto la qualità, alta, della pittura del secolo precedente grazie alle mostre curate da Renzo Grandi, quella del 1980 dedicata ai Concorsi Curlandesi dell’Accademia di Belle Arti e la successiva, del 1983, sulla pittura a Bologna prima e dopo l’Unità.
A quarant’anni esatti di distanza da quest’ultima importante esposizione, la grave lacuna è stata colmata grazie all’intraprendenza di una giovane, agguerrita storica dell’arte, Francesca Sinigaglia, che dopo un percorso di studio e di ricerca fondatissimo e appassionatamente perseguito ha saputo realizzare ciò che non c’era.
Il 20 aprile 2023 Francesca ha inaugurato, con un concorso di pubblico entusiasta ed entusiasmante, il Museo Ottocento Bologna, una realtà così apprezzata dai cittadini e dai turisti e dagli addetti ai lavori da essere nominato, ancor prima di aver compiuto un anno, il miglior giovane museo d’Italia da Artribune.
Francesca Sinigaglia, che nell’introduzione al catalogo del museo si dichiara storica dell’arte archivista e perito, ha una fondata formazione relativa alla pittura del Secolo Lungo, l’Ottocento, come è definito nella mostra diffusa sulla pittura a Bologna tra il 1796, l’anno dell’invasione dei francesi, e il 1915, l’inizio della grande guerra, che la sinergia di istituzioni pubbliche, in primis il Comune di Bologna, e private e gallerie d’antiquariato ha portato alla realizzazione di un percorso espositivo eccellente che offre, di conseguenza, un’immagine che potremmo quasi definire esaustiva dell’arte dell’epoca, attraverso addirittura quattordici mostre contemporanee, visitabili dal 21 marzo al 30 giugno.
L’attività del Museo Ottocento Bologna ha, credo si possa affermare, contribuito non poco ad accendere l’interesse del pubblico verso gli esiti della cultura di molti artisti che offersero l’immagine delle istanze della cultura e della società contemporanee, come, ad esempio, quelle di una pittrice nota sino a poco tempo or sono solo ad un numero esiguo di specialisti, Carlotta Gargalli, una delle poche interpreti femminili della pittura neoclassica degli inizi del XIX secolo in Italia, la cui arte è stata oggetto di studio ad opera di Ilaria Chia e Francesca Sinigaglia, curatrici di una esposizione che ha rivelato i talenti di questa artista attiva tra Bologna e Roma aperta dal 31 ottobre dello scorso anno al 24 febbraio del 2024, e che ha portato anche all’acquisizione di un piccolo raffinatissimo paesaggio di Giovan Battista Bassi, presente alla mostra e poi entrato a far parte del patrimonio museale.
La mostra ha riscosso un notevole successo grazie anche al sistema complesso che ruota intorno ad ogni esposizione attuata presso il Museo che è costituito da visite guidate, la più parte delle quali eseguite da studenti dell’Università di Bologna che qui conducono i tirocini formativi previsti dall’ordinamento accademico, e da conferenze, giornate di studi, approfondimenti attraverso seminari aperti al pubblico e molte esperienze didattiche per i più giovani, ciò che rende viva e vitale l’istituzione. Museo Ottocento Bologna è patrocinato dal Comune di Bologna, dalla Regione Emilia-Romagna e dall’Università degli Studi, ed è diretta da una Fondazione no profit la cui nascita di deve alla Sinigaglia.
Dunque, un museo privato, la cui attività in un anno si è rivelata esponenziale, e attualmente, attraverso addirittura settanta opere, fa luce sull’attività e quindi l’arte di Mario de Maria, in arte Marius Pictor, inserendosi con autorevolezza nella grande mostra già citata della città metropolitana di Bologna, resa possibile della capacità anche organizzativa di Eva Degl’Innocenti, direttrice del Settore Musei Civici Bologna, dedicata dunque a La pittura a Bologna nel lungo Ottocento /1796- 1915.
È inevitabile chiedersi che cosa ha portato Francesca Sinigaglia a misurarsi con un’impresa simile, e in che modo è riuscita a tanto.
-Per prima cosa, come hai sviluppato una tale passione per la pittura del XIX secolo nella tua città, certo non tra le più studiate in ambito accademico?
R: Forse proprio per questo mi sono appassionata al periodo, un poco negletto, come dici tu, dai corsi universitari e, affrontandone le tematiche, i personaggi, i percorsi e gli scambi culturali tra Italia e Francia, soprattutto, ma non solo, ho potuto progredire nella conoscenza e in alcune competenze specifiche che mi hanno permesso di promuove la mostra dedicata ad Augusto Majani allestita in Palazzo D’Accursio (2020 – 2021) grazie all’associazione Bologna per le Arti, che è stata promotrice anche dell’esposizione dedicata a Norma Mascellani, allestita anch’essa nel Palazzo Pubblico e da me curata (2022 – 2023).
Per la medesima associazione ho realizzato la mostra dedicata a Giovanni Masotti (2023 – 2024) nella medesima sede, trovandomi tra l’altro ad avere contemporaneamente due mostre aperte, questa e quella nel Museo Ottocento dedicata alla Gargalli, mentre preparavo l’esposizione delle opere di Marius Pictor.
Ma ho già in cantiere numerosi altri progetti, volti anche a dare visibilità alle molte artiste bolognesi, quali Lea Colliva, che meritano ampiamente di essere fatte conoscere al più vasto pubblico.
D. Non si può certo dire che dormi sugli allori, anche perché oltre all’organizzazione delle mostre, tutte di successo, la creazione e la direzione di un museo non è certo una passeggiata. Ma come hai deciso di fondare il Museo Ottocento Bologna?
R: L’idea ha cominciato a svilupparsi nel tempo in cui lavoravo con Edoardo Battistini, nel 2021, alla mostra dedicata a Fabio Fabbi per la Galleria Fondantico di Tiziana Sassoli, che dopo molti anni di esposizioni dedicate alle alte epoche ha deciso di aprire anche all’Otto-Novecento, un periodo storico suscettibile di scoperte e innovazioni come è stato il caso della mostra citata che ha portato al recupero, quasi miracolosamente, degli strepitosi taccuini del viaggio in Egitto del pittore, nel 1886: un diario per immagini, schizzi, cartoline, fotografie, compiuti disegni che ho voluto acquisire per creare l’Archivio Fabio Fabbi che raccoglie, accanto al singolare documento, testimonianze sull’attività del dotato orientalista. A questo si unisce l’Archivio Emilio Oliviero Contini, due istituzioni che si qualificano come centri di ricerca: ciò a cui tengo molto, infatti, è che la mia attività sia propulsiva per molti, per giovani studiosi che in queste sedi possono trovare materiale di lavoro, assistenza e, dall’anno prossimo, potranno ottenere borse di studio che verranno assegnate in ragione di reali criteri di merito.
Ancora prima di avviare la mia collaborazione con il Battistini avevo cominciato a collezionare opere degli artisti del periodo a me più cari, e in poco più di quattro anni ho acquistato novantacinque opere che sono il patrimonio fondativo del Museo, il capitale che mi ha permesso di procedere con la realizzazione della Fondazione che presiede le attività del Museo, una Fondazione no profit il cui Statuto stabilisce le regole e le finalità della stessa.
A questo nucleo, mi permetto di dire di tutto rilievo, di opere d’arte altre nel tempo se ne sono aggiunte, frutto di ulteriori ricerche – non posso privarmi dell’emozione della scoperta – e di donazioni di gallerie e privati, coinvolti dalla mia avventura in ragione dei risultati.
Attualmente i dipinti sono più di cento, e con molto orgoglio ricordo tra gli artisti presenti con opere sempre significative della loro arte Alessandro Guardassoni, Andrea Besteghi, Luigi Bazzani, Giovanni Paolo Bedini, rappresentato da quattro opere, tra le quali il celebre suonatore di flauto; Luigi Busi, artista molto in voga ai tempi suoi alla cui pittura si collega l’operato di Raffaele Faccioli. È presente anche Luigi Serra, con un piccolo olio del 1882, poi ancora Coriolano Vighi, Luigi Bertelli, Cleto Capri, Marcello Dudovich, Fabio Fabbi, Augusto Majani, Augusto Sezanne, Alfredo Protti, Guglielmo Pizzirani… ma questo elenco così com’è ha pochissimo senso: rimando alla Guida al Museo che ho curato unitamente a Maria Stella Ingino per l’editore Pendragon in tempo per l’apertura dello stesso, nel quale le opere sono elencate per temi.
D-È in corso, anzi appena inaugurata, la grande retrospettiva dedicata a Mario de Maria, il “Pittore delle lune” nella definizione di D’Annunzio che fu il titolo della mostra che nel 2013 fu a lui dedicata e allestita presso le sale di Palazzo d’Accursio. Oggi te ne occupi tu, dopo aver dedicato a Marius Pictor, lo pseudonimo adottato dall’artista dopo il soggiorno di crescita a Roma tra il 1882 e il 1891, una dettagliata scheda sul Convegno amoroso del 1906, un notturno veneziano esposto a Maastricht e visibile in mostra, opera di grande interesse per la particolarità esecutiva, esempio eccezionale del suo modo di dipingere rifiutando l’uso, consueto ai pittori, della biacca in favore di un bianco da lui stesso inventato. Già per il Convegno hai svolto una accuratissima ricerca d’archivio che è alla base del lavoro per la mostra il cui titolo, Ombra Cara, rimanda ad un dipinto dell’amico Grubicy de Dragon, il ritratto post mortem della figlia del pittore, il dramma della sua vita. Perché la scelta di un artista così tutto sommato difficile, tra i tanti che sono rappresentati nel tuo Museo?
R. È un pittore che mi affascina particolarmente, del quale ho voluto per il Museo più opere di grande significazione: la splendida L’alunna, che è riprodotta nella copertina del catalogo, illustrazione di un componimento di Gabriele D’Annunzio, l’Isaotta Guttaduro del 1886, un dipinto iniziatore della poetica del simbolismo;
il Pomeriggio di un fauno del 1909, l’anno della grande personale presso la Biennale di Venezia, l’esposizione artistica nazionale alla cui creazione il de Maria partecipò attivamente facendo parte sin dagli inizi, nel 1894, della Sottocommissione artistica. Ancora, il Museo possiede un’altra splendida opera di grande interesse per la singolarità, il ventaglio ad olio su seta che rappresenta, appunto, la sede della Biennale, i Giardini di San Lorenzo, che è a pendant in Museo e oggi nella mostra con quello dipinto da Augusto Sezanne, suo ottimo sodale, con le Acquaiole alla fontana.
Da sottolineare che in vista di questa esposizione il Museo ha accresciuto la sua collezione acquistando un dipinto importante, Un giorno d’autunno a Lilienthal del 1901, presentato alla Biennale, che considero una considerevole acquisizione, per il quale l’artista stesso scrisse:
“Credo che in tutta la mia vita non ho passato mai tanta gioia come ieri nel dipingere quel piccolo quadro”.
D- Non poi tanto piccolo, infine, visto che misura più di sessanta centimetri in altezza. Nel catalogo tu hai scelto di commentare i dipinti e il percorso dell’artista attraverso le parole stesse dell’autore e dei suoi sodali grazie alla profonda ricerca d’archivio da te condotta, di molti dei quali sono presenti opere in esposizione, anche parte del patrimonio del Museo medesimo, tornando al quale ti chiedo, in chiusura, quante sono le sezioni che lo compongono, quante ad oggi le opere destinate, si è capito, a crescere di numero, e il luogo che lo accoglie.
R. Le sezioni della collezione sono dodici, e coprono il percorso dell’Ottocento, dando così corrispondenza ai cambiamenti della società e ai mutamenti di stile rappresentati dalla presenza dei molti artisti che in Museo sono presenti con più di cento opere, scelte e raccolte con scrupolo di documentarista e passione di storico; il percorso si snoda nelle sale dell’edificio di piazza San Michele dei Leprosetti, quel bellissimo slargo a metà quasi di Strada Maggiore che si chiude con la chiesa omonima, un edificio di grande importanza che ospita tele sei-settecentesche tra le quali una grande pala d’altare di Gaetano Gandolfi, un artista che ti so molto caro. È stata una vera fortuna aver trovato, dopo molte ricerche, questa sede, che si inserisce anche logisticamente nel percorso museale della città metropolitana, essendo assai prossimo al Museo e Galleria Davia Bargellini, al Museo della Musica e al Museo del Risorgimento.
Concludo ribadendo che la vocazione di questo Museo è, sì, di far conoscere la pittura dell’Ottocento, ma anche di collaborare alla formazione di storici d’arte mettendo a disposizione, come ho anticipato, non solo la possibilità di fare tirocini – e molti ne sono stati fatti, con esiti positivi: gli studenti, ultimato il percorso, continuano a venirci a trovare e, se possibile, a collaborare con noi -, ma anche mettendo a disposizione borse di studio. Tutto questo grazie anche alla generosità di Allianz, Confcommercio, Gregory’s, Fondantico, ed altri amici del Museo Ottocento Bologna.
Donatella BIAGI MAINO Bologna 12 Maggio 2024