redazione
DIPINTI, DISEGNI E SCULTURE DAL XIV AL XIX SECOLO Con una selezione di bronzetti, maioliche e ceramiche 9 maggio 2019
Esposizione: 3 maggio 2019 ore 18.30-21.00 4-8 maggio ore 10.30-14.00 / 15.00-19.00
Palazzo Caetani Lovatelli. Piazza Lovatelli, 1 – Roma
Info:Tel. +39 06 32609795 – 06 3218464 e-mail: info@bertolamifinearts.com
http://www.bertolamifinearts.com
Ufficio stampa: Scarlett Matassi – +39 345 0825223 info@scarlettmatassi.com
Nell’asta di Old Masters di Bertolami Fine Art un misterioso capolavoro manierista di ostica attribuzione si affianca a documentatissime opere provenienti da antiche collezioni patrizie
La virtuosistica raffigurazione anatomica, la ridondante gestualità dei personaggi, tutti colti in elaborate posture, l’ambientazione della scena all’interno di un fantasioso contesto architettonico e, soprattutto, i colori, una smagliante tavolozza di tinte fredde e contrastate: tutti i tratti distintivi della pittura manierista romana della seconda metà del ‘500 si rinvengono nello splendido olio su tavola che è sicuramente uno degli highlights dell’asta di old masters che sarà battuta il 9 maggio nella sede romana di Bertolami Fine Art, Palazzo Caetani Lovatelli,
L’inedito dipinto, una flagellazione di Cristo, è uno di quei casi attributivi che appassionano gli studiosi. La qualità appare infatti talmente alta che, in mancanza di una documentazione di supporto, appare inevitabile spendere il nome dei massimi esponenti della pittura centro-italiana del sesto/settimo decennio del XVI secolo. Il pensiero va in particolare al più grande tra i manieristi romani attivi in quegli anni: Taddeo Zuccari, autore di un affresco di analogo soggetto nella Cappella Mattei in Santa Maria della Consolazione. Di quell’opera giovanile la tavola di Bertolami Fine Art potrebbe essere una ripresa coeva al famoso ciclo di affreschi di Caprarola, realizzata quindi dal maestro in quella fase matura della sua carriera in cui la sua pittura si fa più nitida e delicata.
70.000/90.000 euro è la stima proposta in catalogo per questo capolavoro proveniente da una collezione privata inglese e in Italia in regime di temporanea importazione.
Nessun mistero invece intorno al Suicidio di Cleopatra, opera certa di Giovanni Lanfranco
che alla superba qualità unisce la peculiarità, rara in un dipinto antico, di una storia ineccepibilmente documentata. “Una Cleopatra mezza figura al naturale di mano di Lanfranco con la cornice indorata”: il mirabile olio su tela, che arriva in asta con la cornice Salvator Rosa originaria, viene così descritto nel testamento del suo primo proprietario, Marco Marazzuoli, compositore, cantante e arpista legato ai Barberini da un profondo affetto. Profondo e riconoscente, vista la decisione di destinare ai più eminenti membri di quella nobile famiglia i pezzi più pregiati della sua collezione d’arte, tutti e tre firmati da Giovanni Lanfranco. Al Cardinal Carlo viene destinata l’Erminia tra i pastori; Venere che suona l’arpa viene riservata al Cardinal Antonio (ed essendo stata acquistata nel 1959 dallo Stato italiano è ancora oggi a Palazzo Barberini nella Collezione della Galleria Nazionale di Arte Antica); mentre il più sensuale dei tre soggetti, la Cleopatra suicida in asta da Bertolami, trova il suo destinatario nell’unico laico del terzetto, il principe Maffeo. Dalla morte del devoto musico al primo decennio del XIX secolo la Cleopatra dall’incarnato perlaceo e il perfetto seno scoperto è costantemente documentata negli inventari barberiniani.
Una accurata documentazione ci consente di seguine le tracce anche dopo il passaggio, per ragioni ereditarie, nel patrimonio della Famiglia Sciarra Colonna, passaggio testimoniato anche dalle principali guide di Roma dell’Ottocento che non mancano di citare l’opera come uno dei pezzi di rilievo della quadreria di Palazzo Sciarra. La tela viene dispersa in asta insieme al resto della collezione di famiglia proprio al finire del secolo, nel 1899. Commissionato a Lanfranco dal Marazzuoli fra il 1630 e il 1631, probabilmente pensando a una sua composizione per soprano e basso continuo intitolata Il lamento di Cleopatra, il dipinto è stato riconosciuto di eccezionale importanza storico artistica e pertanto notificato dallo Stato italiano. Luca Bortolotti, responsabile del dipartimento di Arte antica della casa d’aste di Palazzo Caetani Lovatelli, lo stima in catalogo 150.000/200.000 euro
Notificata per il suo rilevante interesse storico-artistico anche la piccola tempera su tavola raffigurante, nella sezione principale, una Madonna col Bambino su sfondo blu decorato da gigli angioini e, nella cuspide sovrastante, una Vergine annunziata. Questa scelta iconografica, tradizionalmente completata da un angelo annunziante, ci induce a considerare l’opera come un pezzo di una più complessa composizione purtroppo smembrata. Anche il motivo decorativo di sfondo a gigli dorati in campo blu non è casuale, essendo quello dello stemma dei d’Angiò, all’epoca monarchi di Napoli. E verso quell’importante capitale ci indirizza con sicurezza l’analisi stilistica dell’opera, ascrivibile all’ambiente artistico partenopeo di metà Trecento, gli anni in cui la città raccoglie l’influenza della raffinata cultura pittorica della corte papale avignonese. L’elevata qualità ha suggerito attribuzioni importanti come quella al Maestro delle Tempere Francescane o a Roberto d’Oderisio (stima 30.000/40.000 euro)
Di rimarchevole interesse anche molti altri dei 214 lotti all’incanto. Tra essi un pregevole paesaggio con figure e veduta ideale di Roma firmato dal dominatore della pittura di paesaggio romana della prima metà del ‘700, quel Jan Frans van Bloemen meglio conosciuto come l’Orizzonte che in questa vivida scena campestre sfodera le sue migliori qualità di pittore in equilibrio tra il prezioso realismo analitico di ascendenza fiamminga e la prorompente fantasia del paesaggio ideale italiano. Ed è proprio una Roma ideale la protagonista del dipinto che appare di particolare interesse anche per la sua provenienza dalla collezione dei principi Ruspoli, storici committenti di van Bloemen che hanno sempre conservato l’opera nel loro palazzo romano affacciato su via del Corso. La stima oscilla tra i 35.000 e i 45.000 euro.
Roma aprile 2019