Al Museo Carlo Bilotti (Villa Borghese), ancora pochi giorni per la mostra di Frank Holliday

di Silvana LAZZARINO

La prima personale dell’artista americano in un museo italiano a cura di Cesare Biasini Selvaggi. Aperta fino al 1 dicembre 2019

Tra i più interessanti esponenti della controcultura newyorkese a cavallo tra anni Settanta e Ottanta  insieme a Keith Haring, Kenny Scharf e Adolfo Sanchez, Frank Holliday (Greensboro, nel North Carolina 1957) dopo gli studi al San Francisco Art Institute e al New York Studio School, raggiunge il successo a New York nell’ambito della scena artistica dell’East Village agli inizi degli anni Ottanta esponendo oltre che nel Club 57 con Keith Haring, in  prestigiose realtà quali The Arts Club, Derek Eller, White Columns, Sandra Gering Gallery, Amy Lipton Gallery, Elizabeth Dee, Barbara Toll Fine Art and Club 57, Lennon Weinberg, PS.

A Roma durante il suo soggiorno nel 2016 ha avvertito visivamente e emotivamente il fascino dell’arte classica e barocca tanto da ispirarsi ai capolavori di molti artisti di quel periodo per le sue opere realizzate proprio nella Capitale durante quell’estate. Con impegno assiduo e continuo realizza i suoi capolavori nel suo studio a pochi passi dai Piazza Navona riuniti nella mostra a lui dedicata in corso a Roma al Museo Carlo Bilotti, aperta fino al 1 dicembre 2019.

Promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Assessorato alla Crescita culturale, e patrocinata dall’Ambasciata Americana, l’esposizione “FRANK HOLLIDAY in Rome” curata da Cesare Biasini Selvaggi,  a partire dall’avvolgente stile barocco restituisce sinfonie di luci e colori, intrecci di linee evocative di quel punto di mezzo tra inferno e paradiso, proprio in riferimento alle alchimie dell’arte barocca. Attraverso 36 opere, tutte realizzate nel 2016 durante quello che Frank Holliday stesso ha definito il suo soggiorno “monastico” romano emerge la sua grande capacità nel rendere visibile ciò che non lo è, restituendo voce ad una realtà nella sua irrealtà. In questo voler far quasi combaciare due visioni opposte per armonizzarle è come se cercasse in questo mondo l’essenza di ciò che si immagina sia oltre e nel pensiero dell’aldilà qualcosa appartenente a questo viaggio. E’ la spinta che sostiene il desiderio dell’uomo a cogliere qualcosa di irraggiungibile, domandandosi il senso di questa vita in cui tutto si rapporta all’rifinito che è oltre e al di qua, ma anche dentro se stessi se lo si guarda con nuova prospettiva.

Frank Holliday, Run Moon Run, 2016, olio su tela, 295×214 cm | oil on canvas, 116,1×84,2 inch

Luci e ombre si alternano fino a compenetrarsi, così come cadute e ascese, presenze e assenze, pieni e vuoti. In questi dipinti si avverte un ritmo vorticoso in divenire dal basso verso l’alto e viceversa con cui ricostruire l’armonia dei contrari per un equilibrio di forma a e colore, architettura e luce. È in questa sinergia che si percepisce quello spazio intermedio, tra l’inferno e il paradiso, quale richiamo alle atmosfere della pittura della Roma barocca, Tra i grandi maestri cui Holliday guarda con maggior interesse è Caravaggio proprio per quel gioco di contrasti tra luci e ombre, di aperture e chiusure dove far rivivere prospettive indefinite a toccare l’indefinito e l’oltre in cui lo sguardo si perde talora smarrendosi. Di forte emozione per Holliday era lo spazio della Cappella Contarelli (Chiesa di San Luigi dei Francesi) più o meno delle stesse dimensioni del suo studio romano, dove restava incantato ad ammirare in piedi il ciclo pittorico dedicato al San Matteo del Caravaggio.

Inoltre l’opera del Bernini centrata sul motivo della forza di gravità in cui constata la contrapposizione tra l’attrazione del peso della terra e la ricerca dello spirituale nella pietra, diventa occasione per proiettare in pittura questa dicotomia tra ciò che appartiene alla materia e l’aspetto legato alla spiritualità soffermandosi sul quello zona di mezzo tra i due.

Nei suoi dipinti del ciclo romano Frank Holliday -come sostiene il curatore Cesare Biasini Selvaggi – ha scandagliato proprio questo spazio intermedio, tra l’inferno e il paradiso, quella dimensione di mezzo. La sua grande maestria sta nel dare immagine a qualcosa di assolutamente immateriale, nel dipingere cioè la realtà nella sua irrealtà, cercando l’aldilà in questo mondo e questo mondo nel pensiero dell’aldilà.”.

Accentor a Nights of the Tiber, Wings of Others, Battle Cries and Champagne, Run Moon Run e East Wind Skies, soon Blue Angel, Phoenix Rising , Medusa, Jealous Sky, Fountain Blue e Blaze, solo per citrate lacuna   titoli.

Ad accompagnare la mostra organizzata e sponsorizzata da Partners & Mucciaccia, è il catalogo della Carlo Cambi editore in cui sono presenti testi di Cesare Biasini Selvaggi, Carter Ratcliff, un’intervista di Anney Bonney, oltre a un’antologia critica e ad apparati bio-bibliografici.

Numerose e importanti collezioni sparse negli Stati Uniti, in Europa, Giappone, Australia, Messico, conservano i lavori di Holliday tra cui quelle presso il Weatherspoon Museum at The University of North Carolina di Greensboro, il Museum Frederick Russe di Stoccolma (Svezia), il Museo delle Miniature di Amsterdam (Olanda), il MoMA e la DIA Art Foundation di New York. Inoltre diversi e importanti sono i premi che ha ricevuto come il National Endowment for the Arts (1986) e il Fellow of the John Simon Guggenheim Memorial Foundation (2015).

Silvana LAZZARINO   Roma 22 novembre 2019

Frank Holliday in Rome

Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese,Viale Fiorello La Guardia 6, 00197 Roma

Orario da ottobre a maggio: da martedì a venerdì e festivi ore 10.00 – 16.00

(ingresso consentito fino alle 15.30); sabato e domenica ore 10.00 – 19.00, ingresso consentito fino alle 18.30) fino al 1dicembre 2019 Ingresso libero