di Emilio SIMONAZZI*
Narrare di Alessandro Contini Bonacossi (cfr. Il Monitore della Toscana, n.34, pagg. 35 – 39) o meglio del Conte Contini Bonacossi non è cosa semplice, tanto più se la narrazione deve essere tesa a far conoscere al pubblico dei lettori il personaggio Bonacossi come commerciante filatelico e grande appassionato di francobolli, considerato che la maggior fama raggiunta dal Conte è indiscutibilmente quella di essere stato uno dei più importanti mercanti d’arte a cavallo delle due guerre mondiali.
Un importante tentativo in tal senso del Contini, anche se poi sfociato maggiormente sugli aspetti dell’attività mercantile nel campo dell’arte, è stato realizzato dalla studiosa Eva Toffali, che con due scritti apparsi sulla Gazzetta Antiquaria, rispettivamente, nel febbraio e nell’aprile del 2016, ha gettato una luce importante anche sull’attività di commerciante filatelico del predetto ( 1 ).
Alessandro Contini Bonacossi nacque ad Ancona il 18 marzo del 1878 in una famiglia della piccola borghesia ebraica da Moisè Camillo Contini di origini ferraresi, impiegato del Comune di Ancona e dalla contessa Elena Bermundez Bonacossi, nata nel 1854 da famiglia nobile, ma decaduta.
Trasferitosi a Milano in cerca di lavoro nel 1897 conobbe Erminia Galli che poco dopo, mutato il proprio nome in Vittoria, diverrà sua moglie a Barcellona nell’ottobre del 1899, dove nel frattempo si erano trasferiti. A Barcellona prima e poi a Madrid Contini lavorò presso la filiale americana di una importante società produttrice di vernici ignifughe, ma iniziò anche ad occuparsi di francobolli.
Non è mai stato chiaro come l’interesse per la filatelia ed il conseguente commercio di francobolli possa essere sorto nel Contini a parte un vago cenno fatto da Elsa De Giorgi nel suo fondamentale libro sulla vita del Contini, in cui l’Autrice fa riferimento ad un baule pieno di vecchie lettere del periodo preunitario italiano rinvenuto in famiglia ad Ancona prima del trasferimento a Milano ( 2 ).
Una prima notizia sull’attività di commerciante filatelico del Contini è invece rintracciabile nel libro che Alberto Bolaffi Junior ha dedicato al padre Giulio, nel quale riferisce che, allorquando il Contini si trasferì da Ancona a Milano, vi abbia svolto una piccola attività nel commercio dei francobolli e che in occasione di viaggi a Torino presso la ditta Bolaffi venisse ospitato ed aiutato dal capostipite Alberto ( 3 ).
E’ certo, comunque, che in un determinato momento della presenza in terra iberica il Contini abbia sviluppato una importante attività nel commercio filatelico, così come appare certa la notizia riportata da più fonti che gran parte di tale risultato sia stato dovuto ad una fortunata speculazione dallo stesso posta in atto sui francobolli spagnoli emessi per le colonie di quel Paese.
Della attività di commerciante di francobolli del Contini ha avuto modo di parlare anche un giornalista filatelico argentino, Joaquin Amado, sulla rivista “Cronista Filatelico “ dell’aprile 2001. ( 4 ).
In tale articolo, riportato in parte sulla stampa filatelica italiana da Bruno Crevato Selvaggi, l’autore ricordava come alla fine del diciannovesimo secolo a Barcellona fosse giunto un italiano dalla imponente statura di un metro e novantacinque, unitamente alla moglie e che avesse iniziato una attività commerciale di francobolli in Calle del Conde del Asalto nel 1897
Il giornalista argentino precisava, inoltre, che si trattava di Alessandro Contini che due anni dopo aver iniziato la ricordata attività, iniziò anche a pubblicare una rivista “Espana Filatèlica”, che aveva un’ottima veste tipografica e della quale apparvero undici numeri.
Dopo di che, conclude il giornalista, il Contini avrebbe chiusa la propria attività filatelica per trasferirsi in America ove si sarebbe dedicato al mercato dell’arte antica.
Sono queste le notizie sin qui raccolte, che in gran parte coincidono con quanto sino ad ora riportato sui primi anni dell’attività collezionistica e commerciale del Contini e della sua consorte in campo filatelico. Occorre aggiungere che proprio in occasione di un lungo viaggio compiuto dal Contini unitamente alla moglie in America del sud ed in particolare in Argentina per la sua accennata attività commerciale, quando ancora erano residenti in Spagna, gli stessi ebbero l’occasione di conoscere Achillito Chiesa, spedizioniere italo-argentino che già sul finire del secolo diciannovesimo era un grande collezionista filatelico che aveva assemblato delle importantissime collezioni sia di francobolli del sud America, in particolar modo dell’Uruguay, che degli Antichi Stati Italiani preunitari.
Per meglio comprendere l’importanza delle collezioni costituite nel tempo dal Chiesa è sufficiente rammentare che all’Esposizione di Vienna del 1911 egli espose dei due provvisori del Governo di Napoli, ben 114 esemplari del ½ Tornese Croce, di cui 10 nuovi e 32 esemplari della Trinacria ed ebbe anche l’opportunità di ospitare nelle proprie collezioni i tre esemplari del 3 Lire di Toscana, provenienti dall’unica striscia conosciuta, che agli inizi del secolo ventesimo venne tagliata in una coppia più un esemplare singolo, proposti poi negli anni venti in vendita da Evasio Gino Asinelli ed infine ridotti dopo diversi anni in tre esemplari singoli ( 5 ).
Il Contini, poi, rientrò in Italia verso il 1908 anche a seguito di una precaria situazione finanziaria della propria attività filatelica in terra spagnola, compromessa a causa di tal Arrigo Petruzzi che aveva associato alla gestione di tale attività e che si era reso irreperibile sottraendo fondi ingenti alla cassa comune nel periodo in cui i coniugi Contini erano in America. Giunto In Italia a Roma, probabilmente a seguito di una intuizione dovuta alla moglie Vittoria, i coniugi decisero di vendere il complesso filatelico sino allora posseduto e di dedicarsi al mercato delle opere d’arte che in quel momento si presentava molto più promettente di quello filatelico.
Fu quello il momento di svolta nella vita dei Contini e l’ingresso nel mondo dell’arte che caratterizzerà poi la gran parte della vita di entrambi e ne vedrà l’ascesa come grandi mercanti internazionali, specialmente nei confronti del mercato americano.
Negli anni terminali del primo conflitto mondiale, fra l’altro, il Contini convinse Achillito Chiesa a dismettere le proprie collezioni filateliche per dedicarsi ad una raccolta di opere d’arte antica che in breve raggiunse un livello di assoluta eccellenza e che, purtroppo, lo stesso Chiesa a seguito di un tracollo finanziario dovette poi vendere negli anni fra il 1925 ed il 1927 attraverso quattro importanti aste tenutesi a New York all’American Art Association.
I decenni successivi al primo conflitto mondiale videro la costante ascesa dei Contini nel mondo mercantile dell’arte e l’incrementarsi di quella che poi diventerà la loro collezione personale di opere d’arte, che sarà poi oggetto di innumerevoli polemiche, anche di natura giudiziaria, in quanto la volontà dei due coniugi era quella di destinare tale patrimonio allo Stato Italiano, il che alla fine avvenne ma solo in parte rispetto al nucleo complessivo della stessa.
Va ricordato che proprio nella fase iniziale dell’interesse per le opere di arte antica Contini ebbe l’occasione di conoscere Roberto Longhi, che nel 1917 era ufficiale a Civitavecchia con alle proprie dipendenze gerarchiche Sandro Augusto Contini il figlio del nostro personaggio e che proprio attraverso questo iniziale rapporto ebbe inizio la collaborazione del Longhi con il Contini, legame professionale che durò sino alla seconda guerra mondiale e che si dimostrò fondamentale per sviluppare nel Contini la conoscenza dell’arte antica e che, nel contempo, costituì per il Longhi il trampolino di lancio della sua notorietà come storico dell’arte.
Il grande salto di importanza nell’attività commerciale del Contini dipese dalla conoscenza da lui fatta in Italia del magnate americano Samuel Henry Kress, proprietario di una grande catena di supermercati ed altrettanto importante collezionista d’arte, al quale nel corso di decenni, sin dopo la seconda guerra mondiale, i Contini ebbero l’opportunità di vendere diverse centinaia di quadri che per la gran parte andarono a formare il nucleo fondamentale della National Gallery di Washington ed in parte vennero destinati ad altri Musei americani, sempre come appartenenti alla Fondazione Kress.
Il Contini, infatti, aveva utilmente suggerito al Kress di costituire una Fondazione cui destinare le opere d’arte da lui vendutegli, Fondazione nella quale il Kress faceva confluire gran parte dei propri guadagni che per legge erano esenti da imposta in quanto destinati all’acquisto di beni culturali. Nel contempo Contini, sfruttando una norma che regolamentava le temporanee importazioni, rimasta in vigore dal 1922 al 1938, poteva acquistare nel mercato estero opere d’arte che poi faceva pervenire in Italia per essere successivamente vendute al Kress senza che dovessero soggiacere alla tutela legislativa del patrimonio artistico nazionale.
Con l’avvento del fascismo Contini si avvicinò a Mussolini anche in funzione di una possibile copertura alle proprie attività commerciali ed accondiscese anche alla richiesta di quest’ultimo di partecipare con una considerevole somma al finanziamento di una miniera in Sardegna cui il regime fascista teneva molto. Di contro nel 1928 gli venne conferito il titolo di Conte con la possibilità di aggiungere al proprio originario cognome anche quello della madre, Bonacossi, ristabilendo in tal modo un titolo nobiliare perso da tempo.
L’attribuzione del titolo fu dovuta anche come riconoscimento della donazione di opere d’arte ed arredi fatta per il ripristino di sette sale dell’appartamento del Papa Paolo III in Castel Sant’Angelo, la cui apertura al pubblico avvenne con un’importante inaugurazione nel maggio dl 1928.
Agli inizi degli anni trenta vi fu poi il trasferimento da Roma a Firenze nella villa voluta dalla moglie Vittoria in Pratello Orsini, poco distante dalla stazione e che oggi è il Palazzo dei Congressi della città. Il Conte, nominato nel frattempo Senatore del Regno, acquistò anche la grande tenuta agricola di Capezzana nel comune di Carmignano, che era stata di proprietà dei Medici e che ancora oggi è degli eredi della famiglia Contini.
Gli anni sino alla seconda guerra mondiale videro i Contini spostarsi con frequenza in America per mantenere i rapporti con Samuel Kress al quale continuarono a vendere importanti opere d’arte. Sopraggiunto il conflitto mondiale, che ovviamente interruppe ogni rapporto con l’America e che condizionò lo svolgimento del mercato dell’arte, le vicende dei Contini iniziarono a subire alterni accadimenti.
Le vendite di quadri verso l’America ripresero solo dopo diverso tempo e frattanto il 27 agosto 1949 era venuta a mancare Donna Vittoria che era stata sempre il grande sostegno del Conte, il quale all’inizio degli anni cinquanta ritornò al collezionismo dei francobolli, rivolgendosi verso gli esemplari degli Antichi Stati Italiani ed in particolare verso i due esemplari da mezzo tornese del Governo provvisorio di Napoli.
Per la ripresa del proprio interesse collezionistico ed il conseguente acquisto degli esemplari di proprio interesse Contini si rivolse alla ditta Bolaffi ed in particolare a Giulio, memore degli originali contatti da lui avuti con il padre di quest’ultimo, Alberto, negli ultimi anni dell’ottocento.
Alberto Bolaffi junior ricorda nel libro dedicato al padre (6) che Contini Bonacossi tentò di monopolizzare il mercato dei più rari francobolli degli Antichi Stati Italiani con un intenso piano speculativo nei confronti delle prime emissioni degli stessi, frutto probabilmente dei suoi primordi di commerciante.
L’età avanzata non gli consentì, tuttavia, di portare a compimento l’impresa, tant’è che allorquando il 22 ottobre del 1955 il Conte cessò di vivere all’età di 77 anni, gli eredi decisero di offrire in vendita allo stesso Bolaffi l’intero complesso raccolto dal Contini per una somma del tutto ragguardevole, aggirantesi fra i 130 ed i 150 milioni dell’epoca.
Dopo la morte di Alessandro Contini Bonacossi ebbe inizio la più che decennale vicenda della donazione della Collezione dei coniugi Contini allo Stato Italiano, voluta in modo particolare da Donna Vittoria che già aveva espresso questo desiderio nel proprio testamento, desiderio confermato del resto dal marito nel proprio al momento del decesso.
Tralascio in questa sede le alterne vicende, anche giudiziarie, legate alla donazione di quella che era stata una delle più importanti collezioni d’arte antica in mano privata, gelosamente custodita ed incrementata dai Contini, prima nella villa di Roma in via Nomentana e poi nella villa Vittoria di Firenze. Di tale vicenda era stato investito anche Sandrino Contini Bonacossi, il nipote, figlio del fratello del Conte, Oscar, prematuramente morto e di Beatrice, figlia di primo letto di Donna Vittoria, amato dai coniugi Contini quasi fosse più di un figlio e, poi, misteriosamente morto suicida in America alcuni anni dopo ( 7 ).
Le vicende della Collezione Contini ebbero la loro chiusura con il Decreto del Presidente Saragat del 22 maggio 1969 con il quale lo Stato Italiano accettava la donazione di 36 dipinti provenienti dalla suddetta Collezione, destinandoli a Firenze dove solo in questi ultimi anni hanno finalmente trovato la loro degna collocazione nel Museo degli Uffizi.
Un vissuto di grande rilevanza per l’arte, ma anche per la filatelia, sia da un punto di vista commerciale, che collezionistico, considerato che lungo tutto il corso della vita del Contini i francobolli assunsero sempre una rilevante importanza.
Nella foto 4 i coniugi Contini non stanno ammirando un album di francobolli ma un dipinto ed il rammarico che un filatelista può provare spinge a cercare fra le molte opere passate per le loro mani se ci fosse qualche immagine evocativamente postale. Non possono che essere molto rare. Una la si trova in un riquadro della Pala di Giovanni del Biondo agli Uffizi con con le storie di S. Giovanni Battista (1370 c.) in cui suo padre Zaccaria, reso muto per aver dubitato dell’angelo messaggero, volendo comunicare deve farlo porgendo un foglio scritto. L’altra, il classico ritratto di letterato, oggi al museo di Memphis di Jacopo Bassano (1540 c.) reca come attributi il codicetto e una lettera, già letta e in forma da viaggio. In questo genere pittorico per lo più la soprascritta mostrata reca in indirizzo il nome del soggetto, qui invece contiene il nome-firma del pittore.
Emilio SIMONAZZI Roma 8 Gennaio 2023
NOTE