di Alessandro ZUCCARI
Mi chiedi cosa ne penso della recente notizia sulle due figure Iustitia e Comitas della Sala di Costantino. Sono convintissimo della autografia raffaellesca; ho potuto osservare dal vero le due figure un paio di volte, e ti confesso che già prima che si facesse strada l’idea mi ero convinto di quanto sosteneva Guido Cornini, che per qualità ed eccezionalità esecutiva la mano di Raffaello apparisse evidentissima. Entrambe le pitture vanno datate proprio alla fine della sua esperienza artistica che, com’è noto, coincise con la fine della sua vita nell’aprile del 1520, al tempo della Trasfigurazione, cioè strettamente a ridosso e forse poco prima della sua scomparsa, dopo un percorso che possiamo definire stilisticamente complesso per quanto concerne i lavori precedenti delle Stanze, cioè la Segnatura, Eliodoro e L’Incendio di Borgo (anche se qui egli non intervenne se non parzialmente). Peraltro sulla realizzazione di questi lavori in affresco non mi sento proprio dire che qui intervenne direttamente il Penni e lì direttamente Giulio Romano, perché si trattò a mio parere di un lavoro complesso che vide all’opera anche altri collaboratori dell’urbinate che lavoravano in equipe.
Riguardo alla Sala di Costantino si nota effettivamente qualcosa di diverso e per capire cosa è necessario rifarsi al contesto, al momento della competizione con Sebastiano del Piombo, quando non è difficile credere che cercassero di ottenere risultati migliori rispetto al veneziano in termini stilistici, visto che si era davanti alla questione di chi dovesse proseguire il lavoro in Vaticano, dopo la scomparsa di Raffaello. Si sa che Sebastiano mosse anche Michelangelo per succedere a Raffaello, ma non ci fu niente da fare. Non voglio enfatizzare la questione della competizione tra Sebastiano e Raffaello e i suoi seguaci, perché Raffaello era disponibile a confrontarsi con tutti gli altri, ovviamente con i migliori, però è vero a mio parere che se non per la questione della Pala di Narbonne, tuttavia allorquando Giulio de’ Medici affida al veneziano la commissione della Resurrezione, l’urbinate opera uno scarto.
Credo di poter dire a ragion veduta che la Sala di Costantino, l’ultima della Stanze, coincida con l’esito finale della ricerca stilistica di Raffaello, dopo le esperienze delle sale precedenti; ecco, secondo me le due figure della Giustizia e della Amicizia sono una sorta di precedente, come fossero anticipazioni, elementi costituenti di questo esito finale che vide la luce nella Sala di Costantino; basta vedere la loro stesura, la ricercatezza cromatica per capire che siamo ad un livello senza precedenti, e che da qui si entra alla “scuola del mondo”. E da qui inoltre parte per intero la Maniera europea, nel senso che senza gli esiti che troviamo in questo salone non ci sarebbe stata né Fontainbleau né la Mantova di Giulio Romano, ad esempio, infatti è evidente che il Pippi assuma e riproponga il linguaggio espresso in quella che era la Stanza più importante dei saloni vaticani.
La collocazione delle due figure rispondeva peraltro al doppio scopo di venire incontro certamente alle raccomandazioni del pontefice ma anche alle sue esigenze specifiche, di muovere cioè l’attenzione di chi vi entrava –che sarebbero state, come si sa, le grandi personalità del tempo, emissari, ambasciatori, uomini politici e così via- proponendo un particolare punto di osservazione; Raffaello cioè colloca l’una figura, la Amicizia (Comitas) , alla destra della Adlocutio, e l’altra, la Giustizia (Iustitia) a destra della Vittoria su Massenzio (meglio nota come Battaglia di Ponte Milvio); la prima sulla parete est la seconda sulla parete sud e se ci si fa bene caso assume due punti vista come se volesse mostrare al papa l’effetto che si provava. Mi pare insomma che si tratti di lavori di estremo rilievo artistico ed anche filologico che ci introducono appunto alla scuola del mondo.
Quanto a quello che ci hanno spiegato i ricercatori sulla tecnica utilizzata da Raffaello per dipingere queste due figure è certo che sia piuttosto particolare, perché consisterebbe in un agglomerato di pece greca su cui venne steso uno strato di intonaco a simulare i caratteri di una tavola; devo però confessarti che non ne so molto non avendo potuto approfondire la questione, penso però che se ne potrà discutere nel convegno che era stato progettato e che mi auguro sarà comunque riavviato appena possibile.
Alessandro ZUCCARI Roma 24 maggio 2020
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