di Giorgia TERRINONI
“Sappiamo così poco, percepiamo così tanto”. (Davide Balula)
Dal 21 settembre al 28 novembre la galleria Gagosian di Roma ospita una mostra di nuove opere di Davide Balula.
Balula non è molto noto in Italia benché, nel 2015, abbia realizzato un’installazione davvero interessante a Torino (Shit and Die, Palazzo Cavour), curata da Maurizio Cattelan.
L’artista (nato nel 1978) ha origini portoghesi, ma vive e lavora tra Parigi e New York.
I suoi lavori fanno parte di alcune collezioni di musei francesi, tra i quali il Centre Pompidou di Parigi. Tra le sue più recenti apparizioni, si segnalano Mimed Sculptures ad Art Basel (2016), Broken Things Float Faster, alla François Ghebaly Gallery di Los Angeles (2016) ed Ember Harbor alla galleria Rodolphe Janssen di Bruxelles (2014). Al momento Balula sta anche partecipando alla 14a edizione della Biennale d’arte di Lione (Mondes flottants), in corso fino al prossimo 7 gennaio.
Il lavoro di Balula esamina la sfera delle relazioni possibili tra filosofia, fenomenologia e fisica, facendo proprio il presupposto per cui esiste un gap tra percezione e conoscenza. Egli è interessato ai processi di trasformazione della materia, del linguaggio e dell’informazione; e così anche alle possibilità evolutive/involutive offerte dalla tecnologia, dalla genetica e dalle biotecnologie.
Per la mostra Iron Levels – alla galleria Gagosian di Roma – Balula ha ideato una sorta di percorso esperienziale che è, inevitabilmente, condizionato dalle significative caratteristiche architettoniche dello spazio.
Così, all’ingresso della galleria, il visitatore è invitato a oltrepassare un metal detector, strumento di controllo ormai onnipresente nell’immaginario collettivo, quasi familiare, eppure oggetto d’inquietudine. Poiché ha il potere di trasformare il valore degli oggetti privati, di renderli da innocui a minacciosi. Il metal detector deve rivelare i materiali non corporei che quotidianamente ci portiamo dietro e dentro. Materiali che appartengono talmente tanto alla nostra dimensione abitudinaria, che spesso fatichiamo a sganciarli da noi.
Nella prima sala il visitatore è invitato a prendere in mano una sfera di acciaio (Idle Hands), contenuta all’interno di un blocco di marmo, e a portarla con sé mentre cammina nello spazio della mostra. La palla è piuttosto pesante, è un corpo estraneo, un oggetto inusuale da portarsi dietro in una mostra. Eppure, ci si abitua presto al suo peso e, se la si tiene in mano sufficientemente a lungo, essa tende ad assumere la temperatura del corpo che momentaneamente la ospita. È, allo stesso tempo, un oggetto corporeo e non corporeo.
Se la sfera e il suo supporto esplorano la dimensione del rapporto tra il corpo e la Terra in termini di equilibrio gravitazionale, Air Between Fingers (2014) è una rappresentazione trasfigurata della forza di gravità, dei fenomeni di attrito e magnetismo che agiscono su un corpo. Nel breve video, che è stato girato con un iPhone, il pollice e il medio di Balula si sfiorano lasciando un millimetro di spazio tra i polpastrelli, toccandosi occasionalmente come se l’artista perdesse il controllo su uno spazio così ridotto.
La pesantezza delle sfere cede il passo alla leggerezza dei lavori che si slanciano verso l’alto soffitto della sala ovale. Questa, infatti, ospita alcune opere site-specific, ma appartenenti alla serie dei Burnt Paintings. Queste opere, indipendentemente dagli elementi che le compongono, presentano sempre una struttura binaria: una parte del lavoro contiene il residuo di carbone che origina dalla combustione del legno; l’altra, invece, l’impronta su tela lasciata proprio dal carbone.
I Burnt Paintings sovrappongono, attraverso una serie d’intrinseci rimandi, le dimensioni della cultura e della natura. Se il binomio carbone/impronta rinvia alla stampa, alla fotografia e alla nozione modernista di traccia, il processo di creazione del carbone – lento, continuativo e caratterizzato da graduali oscillazioni della temperatura – rinvia alle modalità semplicemente geniali con le quali la natura crea e disfa. Dimensioni quelle della cultura e della natura che trovano un punto d’incontro nelle pratiche dell’arte. Dal mito della fanciulla di Corinto ai Lightning Fields di Walter De Maria…