di Carla GUIDI
Alle Scuderie del Quirinale contnua con grande successo la mostra “Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte. Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri” che rimarrà aperta fino al 4 febbraio 2024.
I Cento anni di Italo Calvino vengono infatti festeggiati quest’anno con svariate manifestazioni che dimostrano l’affetto e la stima che merita la sua persistente attualità e la sua variegata passione letteraria, sostenuta da una fitta rete di esperienze multidisciplinari che vanno dalle scienze umane a quelle esatte fisico-matematiche alla filosofia, in una lettura della Realtà di natura strutturalista e sociologica, attraversando così da protagonista, ma con un passo leggero che affonda senza naufragare nel mare magnum dell’inconscio collettivo, gli anni difficili del dopoguerra e lo spaesamento del Postmoderno. Di lui sappiamo non essere inquadrabile in un’epoca o in una corrente, ma si può dire invece che ne abbia attraversate parecchie.
L’esposizione, inaugurata come di consueto dalla visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si inserisce in questo quadro del programma ufficiale delle celebrazioni del centenario della nascita (1923 – 1985) organizzata con la casa editrice Electa, curata da Mario Barenghi, docente di Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Università di Milano Bicocca, tra i massimi studiosi dell’opera dello scrittore, ed è realizzata in collaborazione con Regione Liguria e Comune di Genova con Fondazione Palazzo Ducale.
La mostra consiste in più di 400 opere, corollario ad un percorso tendenzialmente cronologico, focalizzato ad illustrare i caratteri e l’evoluzione dell’immaginario calviniano dagli anni di formazione e dalle prime prove agli anni della maturità artistica, fino ai tanti progetti lasciati in sospeso da una morte precoce. Le sale delle Scuderie del Quirinale sono state strutturate in modo da rendere visibili tutti i temi calviniani, con l’ausilio di più di duecento istallazioni di pitture, sculture, disegni ed illustrazioni di decine di artisti dal Rinascimento a oggi, codici miniati medievali, arazzi, infine fotografie, ritratti d’autore, documenti, molti riguardanti le prime edizioni dei libri di Italo Calvino.
Tali oggetti ed opere d’arte vanno a rappresentare l’immaginario dello scrittore ma soprattutto l’impronta cosmopolita e l’apertura internazionale dalle ricerche scientifiche all’attrazione per la modernità urbana contemporanea, le trasformazioni sociali delle città e delle persone dal dopoguerra in poi, dalle proiezioni cosmogoniche suggerite dall’astronomia, agli orizzonti sempre cangianti dell’immaginazione fiabesca a lui molto cara. Dobbiamo però citare due premesse evidenziate dall’ingresso nella mostra. La prima consiste nel riferimento lungo la cordonata al testo del 1971 “Dall’opaco”, che offre una suggestiva stilizzazione del paesaggio originario di Calvino; la seconda, nella prima sala, promuove l’immagine della foresta ad emblema dell’intera opera calviniana, grazie all’installazione di Eva Jospin Forêt Palatine.
Nella sezione 2 si fronteggiano da un lato testi e materiali che documentano l’attività dei genitori di Calvino nei campi della botanica, della floricoltura e dell’agronomia, dall’altra riferimenti al cinema degli anni Trenta, oggetto di culto da parte del giovane Italo. Al centro della sala, l’originale installazione di Emilio Isgrò sulla “Formica argentina” funge da ponte tra un fenomeno reale e la sua futura trasfigurazione letteraria. La sezione 3 si occupa di quella parte decisiva nella partecipazione alla Resistenza e della scelta della militanza politica. La durezza e l’intensità dell’esperienza è collegata all’opera di Giuseppe Penone.
Calvino nella seconda metà degli anni Quaranta, decide di dedicarsi alla letteratura, cominciando a pubblicare racconti, articoli per la casa editrice Einaudi, di cui sarà per decenni una delle colonne portanti, sezione 4.
Nella sezione 5 ci si immerge letteralmente nell’oscillazione dello scrittore tra storia sociale ed immaginario fiabesco, con continui rimandi tra uno e l’altro in una costruzione simbolica e strutturalista. Una grandiosa opera costituita dall’Arazzo Millefiori di Pistoia, capolavoro dell’arte rinascimentale, ci introduce in questo mondo nel quale lo sguardo ma anche la mente si perde ed accetta l’avventura, come gli svariati personaggi cavallereschi o gli smarriti eroi del dopoguerra (nell’altro lato della sala) senza più radici né identità, come il suo Marcovaldo, moglie quasi invisibile ed i suoi figlioli in cerca di soluzioni per una vita migliore, nella Torino industriale dove natura e rapporti umani hanno ormai sembianze grottesche. Un accenno anche ai ripetuti e vani tentativi di Calvino di scrivere un grande romanzo sull’Italia degli anni Cinquanta, rimangono invece i riferimenti alla contemporaneità che si leggono ovunque nelle sue opere. All’icasticità delle invenzioni calviniane – simboleggiata dall’armatura quattrocentesca prestata dal Kunsthistorisches Museum di Vienna – fa riscontro il travaglio della scrittura, soprattutto nelle opere d’impianto realistico, qui esemplificato da alcune pagine dell’autografo della “Speculazione edilizia” conservato al Centro manoscritti di Pavia.
Soprattutto da qui, alla sequenza cronologica si intreccia un’articolazione tematica, legata sia a necessità espositive, sia all’oggettiva compresenza nella produzione calviniana di filoni diversi. La sezione 6 infatti indugia sul rapporto con le fiabe, che spazia dalla raccolta Fiabe italiane del 1956 alle favole di Esopo per Valerio Adami fino al mai realizzato progetto del Teatro dei ventagli (Fiabe bianche) concepito con Toti Scialoja.
Calvino non ha mai nascosto il suo amore per l’arte ed è ampia la sua gamma dei riferimenti e di ispirazione (Klee e Picasso), nonché di vere e proprie collaborazioni (Carlo Levi, Giorgio de Chirico, Domenico Gnoli, Luigi Serafini, Enrico Baj, Tullio Pericoli e tanti altri) infine il modello visuale alimenta la sua ispirazione oppure opere e installazioni di artisti direttamente ispirate ai suoi libri, come gli acquerelli di Pedro Cano sulle Città invisibili, il «veridico ritratto del signor Palomar» di Daniel Maja, Calvino di Richard Serra.
Riguardo al “Postmodernismo” si potrebbe dire di lui essere un autore perfettamente in risonanza con un’epoca caratterizzata da scetticismo, ironia o rifiuto delle grandi narrazioni e ideologie del modernismo, spesso mettendo in discussione i vari presupposti della razionalità già proclamata dall’Illuminismo. Preferendo il pensiero postmoderno l’autoreferenzialità, il relativismo epistemologico e morale, il pluralismo ma anche all’irriverenza, privilegiando quindi il gioco ironico, lo scetticismo metafisico o nichilismo, con una preferenza per il virtuale a spese del reale (un “reale” tra l’altro all’epoca definito prossimo alla sua definitiva scomparsa).
La sezione 7 è dedicata all’esperienza dei racconti cosmicomici, e più in generale, all’interesse di Calvino per l’astronomia, la geografia, la cartografia. Fra i pezzi esposti spiccano la mappa lunare di Gian Domenico Cassini e la rappresentazione del Mediterraneo del trecentista Opicino de Canistris, di cui si parla in “Collezione di sabbia”. Proprie dell’immaginazione cosmicomica sono poi l’antica, mai smentita attrazione per la forma del fumetto e la grande libertà inventiva, la commistione fra diversi piani del reale, ben presente anche nell’installazione di Mark Dion (vicino a Calvino anche per l’istanza archeologica ed enciclopedica).
Al centro della sezione 8 è “Il castello dei destini incrociati”, l’opera di Calvino più vicina all’esperienza dell’Oulipo: tant’è che qui sono esposti documenti sui rapporti con il gruppo parigino e con Raymond Queneau, l’unico scrittore straniero di cui Calvino abbia tradotto un’opera. Oltre ai tarocchi quattrocenteschi prestati dall’Accademia Carrara, la presenza di maggior impatto è senza dubbio il San Giorgio dalla grande tela del Carpaccio, figura che Calvino accosta a quella di San Girolamo in un rapporto fatto insieme di opposizione e reversibilità.
Le città invisibili sono il cuore della sezione 9, in cui campeggia un’opera di Fausto Melotti, artista al quale Calvino dichiara esplicitamente di essersi ispirato per la serie della «città sottili». Ma qui trovano anche spazio le città di De Chirico e di Borbottoni, le pietre di Magnelli, la grande scacchiera di Enrico Baj.
A partire dagli anni Settanta Calvino dedica parecchie energie alla forma della descrizione (un impegno che culmina in Palomar) e nello stesso tempo compie importanti viaggi. Particolare rilievo hanno nella sezione 10 le opere di Domenico Gnoli (su cui Calvino scrive in uno dei suoi numerosi contributi alla rivista di Franco Maria Ricci «FMR») e immagini del Messico, del Giappone, di New York.
Il tema dell’ultima sala (Cominciare e ricominciare) ricorda soprattutto “Se una notte d’inverno un viaggiatore”; ma l’intento è anche di ricordare la quantità di nuovi progetti che Calvino aveva in cantiere al momento della sua scomparsa. Il motivo conduttore è, non evitare di guardare la realtà, ma Imparare a guardarla con occhi diversi, un presupposto per cambiare il mondo – o quanto meno, per salvaguardare la capacità di farlo.
La mostra infatti si conclude all’esterno. Una volta usciti dalle Scuderie del Quirinale, lungo via XXIV Maggio nelle ore serali sarà accesa Palomar, la fantastica opera di luce che Giulio Paolini ha dedicato nel 1998 a Italo Calvino e al suo doppio, Palomar appunto, funambolo nel cosmo celeste. E’ un eccezionale prestito della Fondazione Torino Musei e del Comune di Torino, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale con il supporto tecnico di Areti, società del Gruppo ACEA. L’opera è tradizionalmente esposta a Torino, nel periodo natalizio, lungo la centralissima via Po nell’ambito dell’evento Luci d’artista.
Catalogo di Electa di cui è autore Mario Barenghi e che illustra, sezione dopo sezione, il percorso della mostra. In questa occasione la casa editrice, nell’ambito delle pubblicazioni di approfondimento della figura di Calvino, ripropone un testo prezioso, ormai introvabile: Idem di Giulio Paolini, edito nella collana “Einaudi letteratura” nell’aprile 1975. La nuova edizione ospita una versione più ampia e inedita del testo di Calvino intitolato “La squadratura”. A questo titolo si aggiunge il volume Calvino A-Z, a cura di Marco Belpoliti, per la collana Enciclopedie. Vi sono riunite 146 voci affidate a 56 autori che, in forma breve ma in modo estensivo, forniscono una mappa per entrare nel mondo-Calvino, nei suoi libri ma anche nei temi, nelle idee, nelle vicende della sua vita di scrittore.
Carla GUIDI Roma 29 Ottobre 2023
Il programma degli incontri è disponibile su: www.scuderiequirinale.it