di Nica FIORI
Fidenae alla Porta di Roma
Roma si arricchisce di un nuovo spazio espositivo con reperti archeologici all’interno della Galleria commerciale “Porta di Roma”. Si tratta di Fidenae alla Porta di Roma, inaugurato il 26 gennaio 2019 e visitabile per ora tutti i sabati e le domeniche dalle 15 alle 20. Non è certo la prima volta che vengono valorizzati i luoghi della vita di tutti i giorni con mostre e suggestivi allestimenti archeologici (pensiamo in particolare alla fermata San Giovanni della Metro C e all’Acquedotto Vergine, riportato alla vista all’interno della Rinascente in via del Tritone), ma questa volta ci troviamo in una periferia a nord di Roma, che acquista grazie a questo intervento una sua identità storica e topografica.
I 332 ettari del quartiere di Porta di Roma facevano parte dell’antica Fidenae, la città latina più vicina al confine settentrionale di Roma, che venne conquistata dai romani nel V secolo a.C. e inserita quindi nella loro struttura amministrativa. Ben poco si ricorda della città in epoca romana, a parte il catastrofico crollo del suo teatro ligneo, che provocò la morte di 20000 spettatori nel 27 d.C., durante il principato di Tiberio.
In posizione strategica sull’altura di Villa Spada, dove si trova grossomodo la moderna Fidene, questa zona, prima dell’odierna urbanizzazione, venne frequentata dalla preistoria fino al Medioevo, come dimostrano i rinvenimenti archeologici. Assi stradali e centinaia di sepolture dislocate lungo le viabilità, edifici ad uso abitativo e produttivo, sistemi di approvvigionamento idrico, un’area sacra con un deposito votivo e una stazione di posta sono i principali ritrovamenti.
I reperti che troviamo in mostra sono costituiti da mosaici in bianco e nero e da una selezione di oggetti esposti in 12 vetrine, rinvenuti in oltre venti anni di scavi nell’area tra via delle Vigne Nuove, il G.R.A., il quartiere di Colle Salario e il viadotto dei Presidenti. Paola Filippini, archeologa della Soprintendenza e curatrice dell’esposizione (insieme ad Andrea Schiavo e Maria Rosaria Borzetti), ha specificato:
“Si sono trovati 15 insediamenti residenziali e rustici, 10 nuclei sepolcrali di datazioni completamente diverse, che vanno dal III millennio a.C. fino al V secolo d.C., e si sono individuate 15 viabilità, che è una cosa pazzesca se si pensa che qui stavamo in una zona che era il suburbio di Fidene, non a Roma ma in una città latina, quindi questa è stata una zona molto frequentata e usata per secoli e secoli”.
La sala espositiva ci colpisce soprattutto per il pavimento a mosaico (I-II secolo d.C.), circondato da una balaustra, che era stato in parte già esposto all’ingresso della galleria commerciale, ma che di fatto passava inosservato, e che quindi si è pensato di inserire all’interno di un contesto chiuso in grado di valorizzarlo adeguatamente.
Il pavimento faceva parte degli ambienti di una mansio, ovvero una stazione di posta con locanda. Due mosaici relativi a due cubicula (stanze da letto) mostrano una decorazione nera su fondo bianco, costituita da animali marini, tra cui un delfino, una murena, un polpo, un’arzilla, cefali e orate.
Più grande e più complesso è il mosaico dell’atrio, sempre bianco e nero, che potremmo definire “nilotico”, per la presenza di piante e animali africani e di quattro pigmei impegnati in curiose attività (deliziosa la scenetta composta dal pigmeo che tira per la coda un asino, che viene morso sul muso da un coccodrillo).
Al centro dello stesso mosaico è raffigurato un amplesso tra un uomo e una donna: una scena erotica che fa pensare che la mansio offrisse ai viaggiatori non solo cibo e alloggio, ma anche prestazioni sessuali a pagamento. Fa parte del pavimento mosaicato anche la figura di un cane alla catena, in posizione di guardia, che era collocato all’ingresso della zona alloggi.
Come viene illustrato in un pannello didattico, della mansio si sono potuti identificare 14 ambienti che costituivano un fabbricato rettangolare,orientato secondo l’andamento della strada che collegava Fidenae con i territori orientali del suburbio. Si entrava nell’edificio direttamente dalla strada e la soglia d’ingresso immetteva in una corte, pavimentata in opus spicatum, dalla quale si passava al settore che fungeva da ostello e quindi a un settore con funzione termale, con frigidarium, latrina e un corridoio che doveva immettere presumibilmente nel calidarium, ancora da scavare.
Ovviamente i mosaici rinvenuti negli scavi sono stati recuperati, sottoposti a restauro e ora per la prima volta esposti nel loro insieme.
Dalla stessa mansio provengono alcune tessere musive colorate e una terracotta architettonica della prima età imperiale, che conserva la raffigurazione di una prua di una nave a remi, sulla quale è seduto un personaggio, mancante della testa, che impugna degli oggetti non ben riconoscibili.
Gli altri reperti archeologici in mostra sono relativi sia a contesti residenziali, sia a necropoli. Una lastra Campana del I secolo d.C. raffigura Nereidi su cavalli marini,
ma è conservata solo nella parte inferiore. Piccola ma di bella fattura è una testina di Giove in marmo bianco (II-III secolo d.C.), rinvenuta nella tenuta di Castel Giubileo nel secolo scorso.
Da un’area tombale presso la strada 122/41 provengono degli oggetti di uso quotidiano del II secolo d.C., tra cui alcune ceramiche, un balsamario in vetro ambrato e un tintinnabulum troncopiramidale in bronzo. Questo tipo di campanella veniva posta sulle porte di case e negozi con funzione apotropaica, perché mossa dal vento produceva un suono che teneva lontani gli spiriti maligni.
Da un deposito votivo provengono una testa velata di donna (III secolo a.C.) e una mammella (IV-III secolo a.C.), entrambe in terracotta.
Si tratta di oggetti anatomici che venivano fabbricati in serie e dedicati a un dio o a una dea (in questo caso non sappiamo chi sia) dai fedeli come ringraziamento per l’avvenuta guarigione.
In altre vetrine sono esposti balsamari fittili e vitrei, un incensiere, un’elegante ampolla in vetro, vasetti miniaturistici (coppa, olletta, brocchetta, olpe), bolli laterizi e alcuni elementi bronzei tra cui una collana del VII secolo a.C.
Data la grande quantità di oggetti provenienti dagli scavi, è previsto un certo ricambio degli stessi man mano che saranno restaurati. L’eccezionale numero di visitatori in questo centro commerciale, che, come ha fatto notare il Soprintendente speciale per archeologia, belle arti e paesaggio di Roma Francesco Prosperetti, “ha quasi tre volte l’afflusso del Colosseo”, rende lo spazio un luogo ideale per ospitare laboratori didattici per bambini e incontri culturali, pensati anche per quelle persone che non frequentano abitualmente le sedi museali, nella speranza che mentre si fa shopping ci si possa avvicinare alla cultura.
Nica FIORI Roma Febbraio 2019