Apre la “Schola Praeconum” in via dei Cerchi, nel Parco archeologico del Colosseo.

di Nica FIORI

Il Parco archeologico del Colosseo, diretto da Alfonsina Russo, continua a portare avanti la sua politica di rendere accessibili quanti più monumenti possibile.

Lo scorso 30 gennaio è stata presentata l’apertura al pubblico della cosiddetta Schola Praeconum, la sede del collegio degli Araldi, ovvero coloro che annunciavano gli spettacoli circensi per conto dell’imperatore. Il luogo si trova alle pendici meridionali del Palatino, di fronte al Circo Massimo, cioè al più grande circo deputato alle corse dei carri (quadrighe), certamente tra gli spettacoli più graditi nel mondo romano, ai quali assisteva di norma anche lo stesso imperatore.

1 La Schola Praeconum vista dall’alto.

Ricordiamo che i Romani con il termine schola indicavano la sede di un collegium, ovvero di un’associazione di mestiere; dal punto di vista architettonico equivale a una domus, che doveva essere sufficientemente grande per poter ospitare le riunioni dell’associazione.

2 Dettagli murature esterne. Crediti-Simona Murrone, Parco archeologico del Colosseo

Quanto al termine praeco, collegato con praedico (dico prima), designava il banditore professionista. Anche se questa attività era considerata di livello basso, i praecones non erano schiavi, ma liberi (per lo più liberti o figli di liberti). I loro compiti consistevano nel pubblicizzare gli ordini e gli avvisi dei magistrati (invitare i cittadini alla censura, ai comizi e alle contese elettorali, annunciare i risultati delle elezioni, annunciare i funerali di stato, gli spettacoli teatrali e circensi ecc.).

Il complesso architettonico, che si affaccia su via dei Cerchi, si compone di una corte rettangolare circondata da un portico (non più leggibile a oggi se non per lo spazio aperto calpestabile), sulla quale si aprono tre ambienti con murature in laterizio e soffitti a volta, dei quali il centrale è più ampio dei laterali. La sua planimetria è raffigurata nella mappa tattile esposta all’ingresso, con spiegazioni in italiano, inglese e Braille.

3 Affresco parietale con triclinarii

Nell’ ambiente di destra si è conservato un vano ipogeo con un grande affresco parietale che riproduce figure umane stanti a grandezza naturale (interpretate come tricliniarii, cioè servi addetti al banchetto), inserite all’interno di un’architettura illusionistica a colonne, riprodotta anche sulla parete prospiciente ma attualmente in condizioni molto frammentarie.

4 Mappa tattile

La cosa più spettacolare è il pavimento mosaicato a tessere bianche e nere, che appare del tutto integro. Vi sono raffigurati personaggi in atteggiamento di solenne processione, organizzati in due gruppi da quattro per lato, allineati intorno a un asse centrale e con le teste convergenti. Sono vestiti con corte tuniche e calzari e recano in mano un caduceo (emblema di Mercurio, il dio messaggero), uno stendardo e un bastone. Sono proprio questi oggetti che li identificano come araldi annunciatori, connessi con gli spettacoli del circo. Mentre gli affreschi sono datati al 200-240 d.C., il pavimento potrebbe risalire agli inizi del IV secolo, epoca in cui l’imperatore Massenzio intraprese un intervento di ristrutturazione del versante meridionale del Palatino. A questa sala ipogea si accedeva da un ingresso originario (corrispondente a una porta attualmente chiusa) che si affacciava sul portico. Ci doveva essere un primo piano al di sopra ed è probabile che l’edificio avesse anche un secondo piano usato come tribuna imperiale per gli spettacoli circensi.

5 Veduta dinsieme del mosaico pavimentale
6 Araldo con caduceo
7 Araldo con vessillo

Dall’alto della tribuna la vista del grandioso circo doveva essere ottimale, tanto da “sfidare la bellezza dei templi”, come scrisse Plinio il Giovane nel Panegirico di Traiano, in quanto

degna sede del popolo vincitore del mondo, degno di esser visto non meno degli spettacoli ai quali in esso si assisteva”.

Se pensiamo a Massenzio in particolare, è presumibile pensare che egli amasse particolarmente quel tipo di attività agonistica, tanto da far costruire un suo circo privato, ovviamente più piccolo di quello Massimo, sulla via Appia, accanto alla sua villa suburbana e al mausoleo del figlio Romolo.

Il nome di Massenzio evoca i ricordi scolastici della battaglia contro Costantino a ponte Milvio e della sconfitta di un paganesimo ormai morente. In effetti, anche se politicamente non fu una personalità di grande rilievo, egli può essere considerato come l’ultimo esponente della tradizione romana. Regnò per sei anni, non pochi per la sua epoca, dal 306 al 312, in un periodo travagliato da contese religiose ed esperimenti politici. Mentre Roma andava ormai perdendo il ruolo di città guida dell’Impero e veniva trascurata per altre sedi imperiali che fiorivano numerose tra Occidente e Oriente (Milano, Treviri, Nicomedia; qualche decennio dopo Costantino avrebbe addirittura risolto in maniera drastica il problema della capitale trasferendosi nella Costantinopoli da lui fondata), Massenzio tentò di rinnovare il suo splendore con un’intensa opera di nuove costruzioni, di restauri e di sistemazioni viarie.

L’apertura della sede degli Araldi è stata possibile grazie a un lavoro di otto mesi e a 500.000 euro di finanziamento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) Caput Mundi, che hanno consentito un articolato intervento interdisciplinare, dalle indagini preliminari tramite prospezioni, ai rilievi fotogrammetrici 3D (ante e post operam), fino agli scavi archeologici, ai restauri conservativi delle superfici, alla valorizzazione illuminotecnica e la predisposizione di una nuova rampa di accesso e di una vetrata per la migliore visione dall’alto del mosaico e delle pitture del vano ipogeo, che hanno dato il nome al contesto. Responsabile unico del progetto è Federica Rinaldi, mentre Aura Picchione è Direttore dei lavori.

8-Rampa di accesso al vano ipogeo e ambiente absidat

Il progetto ha permesso di scoprire le potenzialità di questo luogo, che era noto da tempo, ma finora sconosciuto al pubblico. La sua scoperta risale, in effetti, alla fine del XIX secolo, quando fu rinvenuto l’ambiente ipogeo con pitture raffiguranti figure umane di altezza pari al vero (m 1,60-1,80) e altre stanze, ancora interrate, che conservano pure pareti e volte affrescate. L’affresco di una volta è stato staccato e riposizionato all’interno del Museo Palatino, mentre tutto il resto è rimasto obliterato. Nel tempo si sono succeduti alcuni scavi parziali, che hanno permesso di dettagliare meglio la planimetria dell’edificio. Si ricorda, in particolare, negli anni Settanta l’intervento della British School of Rome e della Soprintendenza Archeologica di Roma nell’area della corte, che non portò al ritrovamento di strutture, ma di ingenti scarichi di ceramica da attribuire al momento finale dell’utilizzo della Schola.

Con l’ultimo intervento è stato possibile riprendere molte delle ricerche interrotte e avviare un progetto scientifico di studio e recupero conservativo dell’edificio che svolge un ruolo di punto di raccordo storico e topografico tra il Palatino, e precisamente il Paedagogium – la scuola dei giovani destinati al servizio dell’Amministrazione imperiale – situato a nord e il Circo Massimo a sud.

Come è stato ricordato nel corso della presentazione, sono ben dieci i progetti del PNRR Caput Mundi che il Parco archeologico del Colosseo sta portando avanti e la riapertura della Schola Praeconum costituisce il primo traguardo, terminato nei tempi previsti.

Le indagini archeologiche, avviate in via preliminare non tanto come progetto di scavo ma per la realizzazione della nuova rampa che consente di accedere alla sala mosaicata, hanno ampliato le informazioni a disposizione, consentendo di rinvenire una sequenza di fasi di vita, attribuibili ad almeno sette periodi (dal I secolo d.C. al XIX secolo). Ricordiamo, in particolare, il suo utilizzo sacro collegato alla vicina chiesa di Sant’Anastasia.

I resti archeologici rinvenuti, che risalgono al periodo compreso tra l’edificazione della Schola in età severiana o poco dopo (III secolo), e le prime trasformazioni tra l’età di Massenzio e il V secolo d.C., cui seguì una fase di crolli dovuti probabilmente ai numerosi terremoti documentati nel periodo, comprendono il pilastro angolare della corte porticata, che era già noto dagli scavi precedenti, un fusto di colonna in marmo cipollino appartenente alla stessa corte e un esteso ambiente absidato. Il luogo è ancora in corso di studio e ci si augura che nei prossimi anni possa riservare altre sorprese.

9 Fusto di colonna; Crediti Simona Murrone, Parco archeologico del Colosseo

In attesa delle future ricerche che dovranno meglio precisare l’assetto complessivo del sito e la sua articolazione planimetrica, sarà possibile per i visitatori ammirare i resti lungo il percorso della rampa che garantisce piena accessibilità al sito, terminando nella sala affrescata e mosaicata, chiusa da una vetrata che consente la visione degli apparati decorativi. Una scaletta a chiocciola di ferro consente la discesa fino al pavimento.

A migliorare ancora di più la percezione del prospetto della Schola rivolto verso il Circo Massimo e della sala ipogea è intervenuta nell’ambito della progettazione illuminotecnica del PArCo la sponsorizzazione di iGuzzini – gruppo internazionale dal 1959 leader nel settore dell’illuminazione architetturale – che ha realizzato l’illuminazione del contesto, restituendo alla Schola il suo ruolo nell’ambito del sistema delle pendici meridionali del Palatino. Torna alla vista l’impianto dell’edificio, ben visibile anche dalla prospiciente via dei Cerchi e si possono anche ammirare i lacerti di intonaci dipinti con colori sfumati dal rosso all’oro.

La Schola Praeconum si potrà visitare, a partire dal 3 febbraio, la domenica e il lunedì dalle 10 alle 13.30 con visite guidate in italiano e inglese (gruppi di massimo 20 persone). Un solo turno di visita libero è previsto la domenica. L’ingresso è da via di San Gregorio. Info e biglietti: www.colosseo.it.

Nica FIORI  Roma  2 Febbraio 2025