di Simone LUCCICHENTI
Le dimensioni perdute dell’Architettura.
Sono molte le dimensioni progettuali e linguistiche che la modernitá ha proibito nell’ambito dell’architettura. Le regole del mercato e la mancanza di attenzione alla sfera umanista e spirituale sono alla base di questo impoverimento linguistico e culturale.
Questo processo di mutazione che trova nel contemporaneo la sua fase apicale é peró cominciato piú di un secolo fa con il movimento moderno. Le nuove regole impostate nel 1923 da Le Corbusier parlano di una nuova struttura teorica basata su 5 punti che sconvolgeranno il sistema compositivo architettonico.
Le ragioni e le conseguenze del movimento moderno sono tutt’oggi oggetto di dibattito e ancora fondamentalmente poco chiare. L’influenza di questo linguaggio é ancora estremamente presente anche se spogliato della sua veste intellettuale che si é persa alla fine del post modern negli anni ’80.
Con la recente morte dell’architetto americano Robert Venturi si puó dire concluso il periodo d’oro dell’architettura “concettuale”. Venturi insieme ad Aldo Rossi hanno rappresentato l’ultimo esempio di architetto che prima attraverso le idee e poi con il progetto riusciva a cambiare la nostra idea di cittá e di spazio umano.
La dimensione simbolica del progetto é certamente quella che piú di tutte ha caratterizzato la grande architettura del passato ed il movimento post moderno é a tutti gli effetti l’ultimo che ha integrato elementi di simbolismo nel proprio linguaggio. Il canone estetico e compositivo é stato dettato da importanti figure di riferimento dal’inizio del periodo umanista fino alla meta’ del ‘900 poi qualcosa si e rotto.
Ideologia e religione sono state per secoli a supporto delle piú alte espressioni architettoniche che conosciamo, oggi avendo praticamente perso entrambe abbiamo elevato tecnologia e ambientalismo allo stesso livello.
L’ambizione tutta contemporanea per la creativitá ha spostato l’attenzione dalla teoria ad un elenco di nuove virtú quali flessibilitá, praticitá, fattibilitá ed efficienza. In questo contesto la teoria e i canoni progettuali sono marginalizzati come restrizioni al processo creativo.
Una dimensione che peró stiamo ritrovando é invece il valore della pluralitá di linguaggi e stili che stanno dando vita ad un nuovo movimento eclettico di grande interesse. Recentemente anche un sano confronto critico con il passato si evidenzia in alcuni lavori di architetti come Jacques Herzog e Peter Zumthor .
Tali progettisti sanno che non c’è innovazione nella disciplina senza confronto con i precedenti storici o senza un produttivo contrasto con l’autoritá stabilita. Ai tempi del giovane Herzog quella autoritá si condensava nella figura di Aldo Rossi, ed è da un virtuoso rapporto di assimilazione e dissenso che lo svilippo di un linguaggio originale diventó possibile.
Da Alberti a Brunnelleschi fino a John Ruskin e Viollet Le Duc, la dicotomia tra figure di rilievo ha sempre generato la tensione necessaria ad un vero sviluppo intellettuale ed artistico. In ognuno di questi personaggi c’era un approccio diverso al tema architettonico ma la questione non si esaurisce in un discorso di stile. Le posizioni critiche di questi architetti e pensatori riguardo ai temi sociali erano spesso opposte: Ruskin ad esempio individua in Venezia e nel suo linguaggio gotico l’antidoto ad una rivoluzione industriale che uccise il movimento romantico del suo tempo; Le Duc al contrario abbraccia le nuove tecnologie industriali senza riserve e ne fa elementi integranti del suo processo di restauro della tradizione gotica francese.
Oggi nel pieno dell’era ‘post intellettuale’ l’architetto é spesso un creatore di immagini, la comunicazione visiva si sovrappone a quella concettuale ponendo nuove opportunitá ma anche una grave perdita dell’aspetto razionale dell’architettura. L’ereditá lasciata da figure come Venturi è immensa, il loro lavoro ci ha fornito un nuovo metodo per mediare tra presente e tradizione in modo critico. Il grande architetto americano Paul Rudolph diceva “ll vero confronto del progettista moderno é con il classico non con il contemporaneo” dimostrando una volta per sempre che la tensione tra le due epoche è essenziale per ambire ad una più virtuosa unitá nel disegno, nella pratica, nella teoria.
Simone LUCCICHENTI , Londra 08/12/2018