Architettura e arte in Santo Stefano Rotondo; una eccezione nel campo dell’architettura ecclesiastica

di Francesco MONTUORI

Migranti sull’About

di M. Martini e F. Montuori

 Antiche chiese di Roma

Santo  Stefano Rotondo

I terreni del parco del Celio e della villa Celimontana, uno dei sette colli di Roma, furono occupati in epoca romana da edifici templari – i templi del Divo Claudio, di Ercole Vincitore, di Minerva Capta – e da edifici pubblici – il Macellum Magnum, Castra Peregrina, oltre a numerosi edifici con funzioni ausiliarie ai giochi che si svolgevano nel vicino Colosseo; in particolare le ricche ed aristocratiche famiglie romane vi costruirono le loro ville e palazzi.

Fig. 1 Il Celio Roma. Touring Club Italiano
Fig. 2 Santo Stefano Rotondo. Veduta zenitale

Con la fine dell’Impero e per tutto il Medioevo ed il Rinascimento il colle del Celio si spopolò; venne occupato da piccole tenute agricole, da ville e vigne e da antichi luoghi di culto cristiani. Nel tempo vi si concentrarono le chiese cristiane: Santa Maria in Domnica, la basilica dei SS. Giovanni e Paolo, la chiesa dei SS. Quattro Coronati; poco oltre l’imbocco di via della Navicella è la strada sterrata che conduce a Santo Stefano Rotondo, fiancheggiata nel primo tratto dall’acquedotto Neroniano (fig.1). Sotto una delle arcate si trova l’accesso alla chiesa del V secolo, la più antica a pianta circolare di Roma (fig.2).

Fu probabilmente voluta da papa Simplicio; chiara è la similitudine con chiesa circolare del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

E’ un ambiente dominato da un vano centrale cilindrico dell’altezza e diametro di circa 21 metri, illuminato da ventidue grandi finestre situate nella parte alta del grande vano. La parete che delimita questo cilindro centrale poggia su un architrave sostenuto da ventidue colonne di granito grigio con capitelli ionici di incerta fattura. Nella zona alta delle finestre si nota nel muro una risega su cui doveva impostarsi una cupola ad ombrello, progettata ma mai eseguita (fig.3).

 

Fig. 3 Santo Stefano Rotondo. Interno (www.katatexilux.com)
Fig. 4 Santo Stefano Rotondo. I consolidamenti interno (Foto Montuori)

I costruttori della chiesa commisero gravi errori e fu presto necessario realizzare, sotto Innocenzo II, un intervento di consolidamento tramite un piano murario con tre archi impostati su grandi colonne di granito disposte trasversalmente nel vano centrale (fig.4)

Il grande spazio centrale è circondato da un ampio ambulacro la cui parete esterna è articolata da quarantaquattro arcate su colonne: le arcate sono ripartite in otto gruppi, composti alternativamente da cinque elementi più alti e da sei elementi più bassi. Tutte le arcate sono oggi tamponate da una tipica muratura medioevale, tranne tre che danno accesso a un’ alta e profonda cappella; nella parte occidentale della grande chiesa si apre una piccola abside che fu aggiunta nel medioevo (fig.5).

Fig. 5 Santo Stefano Rotondo. L’ambulacro (Foto Montuori)

In origine dovevano esserci tra la parete dell’ambulacro e i suddetto muro medioevale altre tre cappelle simili alla precedente, disposte secondo i bracci di una croce greca, testimoniate da alcuni avanzi visibili all’esterno dell’ambulacro.

All’interno della grande rotonda si conserva la cosidetta Sedia di Gregorio Magno una cattedra di marmo dalla quale il grande papa pronunciò le sue omelie. Le pareti dell’ambulacro sono coperte da un impressionante serie di 34 affreschi opera di Antonio Tempesta e del Pomarancio, nei quali sono raffigurati i supplizi e le atrocità cui furono sottoposti i martiri cristiani.

Nella piccola abside della cappella dedicata ai santi Primo e Feliciano è raffigurato un Cristo non crocifisso. Si tratta di una rara e simbolica rappresentazione di “figurazione non cruenta” che contrasta con i supplizi di impressionante realismo affrescati sulle pareti del deambulatorio.

Fig. 6 Pianta . Elaborazione claudiaviggiani.com

Si può dunque in sintesi restituire la struttura architettonica dell’edificio nel modo seguente: al centro si ergeva un alto corpo cilindrico progettato a cupola; tutto intorno correva un ambulacro da cui sporgevano quattro cappelle disposte secondo due assi ortogonali; le cappelle erano composte da una parte interna a cortile e di una parte esterna con funzione di corridoi curvilinei aperti (figg. 5 e 6). Lo sguardo di chi si trovava nel vano centrale era attirato da una successione di diaframmi visivi, risplendenti di stucchi, mosaici e marmi: il giro delle colonne; le arcate che separavano l’ambulacro dalle cappelle e dai cortili e infine le arcate che separavano i cortili  dai corridoi periferici.

Fig. 7 Restituzione dell’esterno. S.Corbett da R. Krautheimer

Santo Stefano Rotondo è un’eccezione nel quadro consueto dell’architettura ecclesiastica paleocristiana; per molti secoli fu ritenuto un macellum o templum romano. In realtà la chiesa fu innalzata fra il 468 e il 482 da papa Simplicio e la sua decorazione si protrasse fino al 530. Scavi recenti hanno rinvenuto nel sottosuolo avanzi di edifici romani, privi di qualunque relazione con l’edificio costruito.

Santo Stefano rimane ancor oggi, malgrado restauri impropri come gli anonimi intonaci bianchi e una nuova pavimentazione “fantasiosa” -, una delle chiese più affascinanti di Roma. La nostra immaginazione stenta a raffigurarsi lo splendore del suo aspetto originario con il vano centrale coperto a cupola, l’ambulacro, le quattro cappelle disposte a croce greca, i cortili che davano luce alle cappelle, le pareti scompartite di paraste e modanature classiche, rivestite di mosaici e marmi policromi.

I primi cristiani adibirono al loro culto le cosidette domus ecclesiae, normali case con vari ambienti destinati all’istruzione dei catecumeni, per i battesimo e per il servizio liturgico.

Fig. 8 Roma. Il Laterano. Restituzione (S.Corbett, P.Waddy, J.Lloyd) da R. Krautheimer

La tipologia della chiesa basilicale ha a Roma il suo primo esempio quando Costantino fondò la cattedrale Lateranense, completata probabilmente nel 318. La navata centrale lunga 91metri e proporzionalmente larga ed alta, era delimitata da due file di colonne; ad essa si affiancavano due navate laterali; al termine della navata centrale vi era l’abside riservata al vescovo ed al clero. Nella zona del presbiterio sporgevano dal corpo longitudinale della chiesa due ali aventi la medesima altezza delle navate intermedie (fig.8).

Dall’inizio del IV secolo fino al VI secolo tutta l’edilizia chiesastica è già saldamente radicata nei modi e nelle forme architettoniche del mondo romano ellenistico.

Per più di cinque secoli, in tutto il mondo romano, le basiliche furono caratterizzate dall’essere vasti e luminosi ambienti coperti da un tetto a capriate. Unica eccezione sarà la basilica di Massenzio. In conformità con la liturgia cristiana praticata a Roma, la nuova chiesa era una basilica a pianta longitudinale e si concludeva con l’altare e la cattedra vescovile; per accogliere una comunità numerosa come quella romana, alla navata principale ne furono affiancate su ciascun lato, due di minori dimensioni.

Santa Maria Maggiore rappresenterà il modello più aderente alla tradizione classica della basilica romana. Cominciata nel 425 e ultimata tra il 435 e il 440 da Sisto III ha una pianta tipica del tardo IV sec. con navata centrale absidata e due navate laterali. Gli alzati si discostano dalla norma; al di sopra di una serie di colonne ioniche sormontate da una trabeazione, le pareti della navata mediana erano scompartite da alte paraste disposte in asse con i sottostanti piedritti. Le paraste fiancheggiavano un ordine superiore di larghe finestre e una inferiore di pannelli a mosaico uno per campata, inquadrati da edicole con colonne, con scene del vecchio Testamento (fig.9).

Fig. 9 Roma. Santa Maria Maggiore (About art on line)
  1. Maria Maggiore rispecchia una fase di consapevole rinascita classica dell’antichità; ma presto si cominciò a risentire nella costruzione di grandi chiese dell’influsso degli edifici a pianta centrale dell’antichità tardo-romana. Esempi sommi saranno le cattedrali di Santi Sergio e Bacco a Costantinopoli; San Vitale a Ravenna e Santa Sofia a Costantinopoli: i volumi si dilatano e si inflettono in tutte le direzioni, in pianta e in alzato, mentre il vano principale e quelli che lo circondano, ambulacri e gallerie, sono distinti e al tempo stesso collegati tra loro da diaframmi di colonne. A Roma i resti di un padiglione a pianta centrale a più cappelle si possono osservare nel cosidetto tempio di Minerva Medica, sorto verso il 320 negli Orti Liciniani, nel quartiere Esquilino (fig.10).
Fig.10 La Minerva Medica in un disegno di Franz von Kobell. Staatliche Graphische Sammlung da R. Krautheimer

Le chiese a pianta centrale e a doppio involucro erano anch’esse varianti di un tipo edilizio tardo antico, cosi come la basilica lateranense era una variante dell’antico tipo della basilica romana. In particolare i tipi a pianta centrale erano edifici concepiti da architetti sofisticati per un èlite raffinata di committenti appartenenti alla sfera essenzialmente privata dei palazzi e delle ville signorili. La loro trasformazione in chiese non avvenne in modo naturale ma per adattamento di un tipo edilizio a nuove esigenze. Mentre la chiesa a pianta basilicale rimase nella tradizione da cui era derivata, le chiese a pianta centrale plurilobata avevano le loro radici in un edificio molto più sofisticato, il padiglione, destinato alle riunioni di un numero ristretto di membri delle classi aristocratiche.

Nel tardo V secolo il vocabolario classico fu ancora adoperato a Santo Stefano Rotondo: nel colonnato ionico centrale e nella trabeazione che lo sormonta, nelle cornici a stucco, nei pavimenti a mosaico e nei rivestimenti in opus sectile che ornano la chiesa.

La forme di Santo Stefano Rotondo mal si è adattata alle funzioni liturgiche del rito cattolico romano; non si comprende dove si sarebbe dovuto celebrare la messa; nel vano centrale non sono state trovate tracce di un altare; al tempo di Gregorio XIII, nel 1583, vi fu disposto soltanto un coro (fig.11). Se la messa fosse stata celebrata in una delle cappelle, avrebbero potuto assistervi solo pochi fedeli; né si comprende perché dovessero esserci a tale scopo quattro cappelle in tutto uguali, accessibili sia dall’ambulacro sia dall’esterno attraverso i corridoi perimetrali e i cortili.

Fig.11 Santo Stefano Rotondo. Il vano centrale. Foto Montuori

Qual era la destinazione liturgica di Santo Stefano? Si potrebbe pensare che fosse un martyrium ma non vi è nessun’indizio che vi sia stata venerata qualche reliquia importante almeno fino al quando papa Teodoro vi fece trasferire dalla loro catacomba le ossa dei martiri Primo e Feliciano.

E’ possibile pensare a Santo Stefano Rotondo come un riferimento esplicito alla chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. In tal caso il suo valore e la sua funzione sarebbero essenzialmente simbolici. In effetti le due chiese hanno in comune alcuni caratteri fondamentali: la pianta circolare con vano centrale e ambulacro, le nicchie – sostituite a Santo Stefano da cappelle – sporgenti a raggiera dall’ambulacro stesso e la misura del diametro del vano centrale, pari in entrambi i casi a circa 21 metri (fig.12).

Fig.12 Gerusalemme. Il Santo Sepolcro ( da Il Giornale.it)

Si può quindi concludere che Santo Stefano costituisce un esempio di trapianto dell’architettura tardo antica – in particolare quella dei palazzi e delle ville – nell’edilizia chiesastica. Lungo la cresta del Celio si stendeva un lungo tratto della cintura verde che contornava l’antica Roma; qui si trovavano le domus dei ceti più elevati, molte dei quali erano divenute di proprietà imperiale. Nel corso del V secolo molte di queste domus passarono in possesso alla chiesa e furono trasformate in ospizi o in conventi ma il sito conservò e tutt’ora conserva il suo carattere di un colle verdeggiante.

Papa Simplicio e i suoi contemporanei avevano una particolare predilezione per questo genere di edifici, in cui elementi architettonici “a padiglione” erano strettamente associati a sistemazioni paesaggistiche delle vigne di colti e aristocratici committenti. E’ lecito allora pensare di ricondurre a questo gusto per l’architettura delle ville anche la costruzione di Santo Stefano Rotondo: le arcate con cui l’ambulacro si apre verso l’esterno, i cortili e i corridoi perimetrali, la quadruplicazione di questi ultimi e delle cappelle … La pianta era perfetta, ma la funzionalità della chiesa nei riguardi della liturgia romana venne disinvoltamente trascurata.

Francesco MONTUORI   Roma 14 febbraio 2021