di Nica FIORI
Chi visita il Foro Romano in questi giorni non può non notare singolari sculture contemporanee perfettamente a loro agio tra le architetture antiche.
Si tratta di 20 opere in travertino collocate lungo un percorso che si snoda dalla Basilica Emilia alla Basilica Giulia, passando nella piazza del Foro, nell’ambito della mostra “Armonie di pietra. Il paesaggio delle Marche nelle sculture di Giuliano Giuliani”.
La mostra, promossa dalla Regione Marche, dal Comune di Ascoli Piceno e dal Parco archeologico del Colosseo, vuole raccontare la regione attraverso le opere di un artista ascolano che il Direttore del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo ha definito “un vero poeta del travertino”.
È proprio questa pietra, che sembra animarsi e sublimarsi nel dialogo tra antico e moderno, a essere stata emblematicamente scelta per fare omaggio alle Marche. Una regione che, come afferma la stessa Russo
“è una terra tesoro del nostro Paese, la cui bellezza rifulge nelle opere di Giuliano Giuliani, lo scultore marchigiano che conferisce al travertino la stessa morbidezza e omogeneità delle colline e dei paesaggi della sua regione di origine. Ma il travertino fa parte anche della storia di Roma e dei suoi monumenti, come il Colosseo. Così, quale luogo migliore per accogliere le sculture di Giuliani, in un momento tra l’altro così difficile per una terra che sta facendo i conti con le calamità naturali che vi si sono abbattute?”.
La mostra prevede due fasi: quella romana, a cura di Daniele Fortuna, dal 15 ottobre 2022 all’8 gennaio 2023 e quella ad Ascoli Piceno, dal 7 aprile al 28 giugno 2023 presso il Chiostro di Sant’Agostino, a cura di Carlo Bachetti Doria.
Il Sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti ribadisce che le due città “sono collegate da un filo sottile scolpito nel travertino” ed è con questa idea che nasce la mostra:
“Il travertino, duraturo e resistente, utilizzato dall’artista Giuliano Giuliani per le sue splendide opere, ricorda lo spirito di resilienza del popolo Piceno e marchigiano: colpito da un’annosa crisi economica, messo in ginocchio dal terribile sisma del 2016, dall’emergenza Covid e adesso anche da una forte alluvione nel nord della regione, ma incapace di arrendersi e sempre pronto a rialzarsi e a guardare avanti con fiducia e ottimismo”.
Giuliani (nato nel 1954) ha un rapporto coinvolgente con il travertino, una roccia sedimentaria calcarea che, come questa mostra evidenzia, non è esclusiva di Tivoli (ricordiamo che i romani la chiamavano lapis tiburtinus perché la estraevano da Tibur, l’antica Tivoli), ma anche di altre regioni dell’Italia centrale, tanto che la piazza principale di Ascoli Piceno è interamente realizzata in questo materiale dal caratteristico colore bianco latte, con sfumature che variano dal giallo al rosato.
Giuliani estrae la pietra direttamente dalla cava di famiglia a Colle San Marco, oggi trasformata nel suo studio a cielo aperto. E ora quelle stesse opere che sembrano dialogare con l’essenza del paesaggio marchigiano sono chiamate a confrontarsi con la storia della civiltà romana proprio nell’area centrale del Foro Romano, dove lacerti di travertino affiorano dai resti della Basilica Emilia, così come sono di travertino i lastroni della piazza del Foro e i gradini della Basilica Giulia.
Le forme morbide e fluttuanti delle sculture rappresentano veri e propri luoghi della sua terra: esprimono tratti formali e teorici che corrispondono al paesaggio, come Monte, e alle caratteristiche immateriali della regione Marche, all’interiorità che si esprime nel rigore del suo lavoro.
Altre opere sono ispirate alle condotte romane (le recentissime Condotta 1 e Condotta 2, create per questa mostra), mentre il travertino increspato della scultura intitolata Caravaggio (2012) fa pensare al Seicento romano, ovvero ai drappi del Merisi o a quelli scultorei di Gian Lorenzo Bernini.
Suggestive nella loro essenzialità sono alcune opere che trasmettono un messaggio religioso, l’aspirazione all’assoluto.
Pensiamo a È risorto – Spirali (2004-2006), che allude alla resurrezione e ad Annunciazione (2008-20119), dove due ali a terra, che sembrano mosse dal vento, fanno pensare all’arcangelo Gabriele, mentre l’elemento scultoreo verticale allude alla Vergine Maria.
Le opere ci riportano alla cristianizzazione del luogo e in particolare alla basilica di Santa Maria Antiqua, i cui affreschi medievali sono stati riportati alla luce nel 1900, alla basilica di Santa Maria Nova, che ha cambiato il nome in Santa Francesca Romana, e ad altri esempi, compresa la chiesa dei Santi Luca e Martina, sede dell’Accademia di San Luca.
Altre opere a prima vista non sembrano raffigurare qualcosa di preciso e i titoli ci lasciano perplessi (come Q di quadro e Oltre Q di quadro): non c’è un solo significato, ma si hanno più stimoli secondo il momento.
La luce si sposta su queste sculture creando giochi d’ombra che ne modificano l’aspetto. E anche noi, interagendo con le opere avvertiamo l’energia della natura e il respiro del tempo.
Questo artista poeta, le cui opere sono presenti in numerosi musei e raccolte private, ama “follemente” il travertino, come ha dichiarato nel corso della presentazione, e lo lavora manualmente secondo le antiche tecniche:
“La caratteristica del mio lavoro è che si nutre di una diretta e personale manualità e di un fare per sottrazione dal blocco intero. È un fare generato da una necessità di essenziale, un togliere il superfluo, fare spazio per lasciare il risultato: segno di definizione alla restante fragilità; senso di valore alla leggerezza; ovvero spiritualità”.
Quello che ne viene fuori sono corpi dalla superficie compatta, ma anche depressioni, i cui anfratti diventano parte integrante dell’espressività dell’opera: le “armonie di pietra” sono come rovine che l’artista, guidato dalla materia della sua terra e dal sentimento del tempo, riporta alla luce ricercando le radici della civiltà e del nostro essere.
Diversamente da materiali particolarmente rigidi (quali per esempio i graniti), e quindi soggetti a spezzarsi per effetto dello scalpello, il travertino, che è poroso, possiede una certa elasticità e quindi permette allo scultore di creare anche opere apparentemente fragili e sottili da offrire agli occhi dello spettatore incantato, come nel caso della spirale, che si erge come un nastro verso il cielo, o delle bandiere. Come scrive Mario Botta nel suo testo critico:
“lo scultore offre questi sinuosi fogli di pietra che si presentano leggeri e sottili, ma che nel contempo evocano forze primordiali di gravità nell’essere parti vive del mondo. È attraverso la bellezza di queste superfici che possiamo prendere coscienza delle forze che ordinano la terra. Il destino ultimo, intimo e segreto proprio dell’artista rimane quello di confrontarsi con le origini dell’essere, che rinvia, noi fruitori, a considerarci parti infinitesimali della storia. Giuliano Giuliani, attraverso queste opere resuscitate dalla terra, pone domande inquietanti che rivelano il suo talento, la sua passione con disarmante serenità e poesia”.
A me la sua arte ha fatto pensare al linguaggio essenziale della poesia ermetica e allo stesso tempo a una forma di animismo, ovvero alla capacità arcaica di riconoscere e significare l’anima delle cose.
Nica FIORI Roma 16 Ottobre 2022
“Armonie di pietra. Il paesaggio delle Marche nelle sculture di Giuliano Giuliani”
Parco archeologico del Colosseo, Piazza S. Maria Nova, 53 Roma
15 ottobre 2022 – 8 gennaio 2023
Orari e biglietti: https://parcocolosseo.it/visita/orari-e-biglietti/