di Francesca SARACENO
TRA ARTE E NATURA, UN ESEMPIO DI VALORIZZAZIONE CULTURALE.
Si è concluso lo scorso 15 settembre il IX Simposio Internazionale di Scultura “Oro nero dell’Etna” (fig. 1), nell’ambito del progetto “Belpasso, scacchiera dell’Etna. Città delle 100 sculture” (https://www.belpasso100sculture.it/ ) che, dal 2014, vede la collaborazione attiva tra il Comune di Belpasso (CT) e l’Accademia di Belle Arti di Catania, corredando lo spazio urbano della cittadina etnea di bellissime sculture in pietra lavica realizzate da artisti di fama internazionale.
Il simposio 2024 è stato finanziato da sponsor privati e da un importante contributo della Regione Siciliana – Dipartimento dei Beni Culturali – ottenuto grazie all’impegno dell’on. Giuseppe Zitelli.
L’evento, curato e presentato dal critico d’arte Ornella Fazzina, si è avvalso della direzione artistica del prof. Pierluigi Portale, docente del corso di scultura dell’Accademia catanese. La vocazione laboratoriale ha indotto, quest’anno, la presidente dell’ABACT Lina Scalisi e il direttore Gianni Latino, a conferire un taglio interdisciplinare al simposio, coinvolgendo alcuni studenti del corso di Scultura e dei corsi di Fotografia e Graphic Design, che hanno avuto l’occasione di affiancare gli artisti durante la realizzazione delle opere e quindi lavorare sul campo, documentando le varie fasi creative (fig. 2), in vista della realizzazione di un catalogo in cui confluiranno le testimonianze di queste nove edizioni. A seguire le attività, con la passione di sempre, l’assessore alla cultura del comune di Belpasso, Tony Di Mauro.
Importanti e innovativi, per concezione stilistica e creatività, i quattro artisti, virtuosi della scultura in pietra, che hanno sfidato la durezza del basalto lavico dell’Etna, dando prova di grandissimo talento e padronanza delle tecniche esecutive.
Renate Verbrugge (fig. 3) è una scultrice belga che conosce bene i territori dominati dai vulcani; da ventinove anni, infatti, vive in Nuova Zelanda, dove ha conosciuto e amato l’arte della lavorazione della pietra. Le sue sculture spaziano dalle figure femminili di piccole dimensioni, che realizza in laboratorio, alle opere astratte monumentali, dalle forme organiche o geometriche, in cui si cimenta nei simposi. La Verbrugge ama lasciare all’osservatore la facoltà di interpretare le sue sculture, senza particolari spiegazioni o indicazioni concettuali da parte dell’artista, poiché sostiene che l’interpretazione dell’opera sia essa stessa un’attività creativa. La scultura che ha realizzato per il simposio di Belpasso, è composta da cinque triangoli che si intersecano tra loro; cinque come i continenti, la cui evoluzione determina L’equilibrio fragile del pianeta (fig. 4).
L’opera della scultrice belga evoca quel senso di stabilità – e quindi di pace – che si regge su connessioni a volte ruvide e spigolose, ma assolutamente necessarie, dove nessun elemento prevale sull’altro, ma ciascuno “serve” all’altro nella ricerca comune della sopravvivenza.
Il salentino Francesco Mazzotta (fig. 5), docente di Tecniche del marmo e delle pietre dure all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, vive e lavora da diversi anni a Carrara, dove ha realizzato copie di opere classiche e di artisti contemporanei. Molte le esposizioni e le mostre collettive a cui ha partecipato in tutto il mondo; finalista in diversi concorsi per opere monumentali pubbliche in Italia, le sue sculture sono presenti in numerose collezioni private, anche all’estero. Le opere di Mazzotta sono caratterizzate da forme morbide e sinuose che, nel caso della scultura eseguita per questo simposio, evocano la creazione e la fertilità. Il moto perpetuo della vita, che la madre terra insegna da millenni, affiora evidente dalla mirabile curvatura che l’artista ha saputo conferire alla pietra: è Il seme (fig. 6) della vita che, nell’urgenza di emergere, spinge da un fondo indistinto.
Come la lava, che sgorga incandescente dalla gola del vulcano e sembra distruggere ogni cosa, ma in realtà feconda la terra e la rende fertile; impone la sua legge agli uomini, ma ogni volta insegna loro il valore della rinascita.
Alex Labejof (fig. 7), scultore francese, direttore artistico del Simposio Internazionale di scultura St. Martin du Gers, vanta numerose partecipazioni a simposi internazionali, mostre personali e collettive, e la realizzazione di diverse opere pubbliche in Francia e in Germania. Le sculture di Labejof, che l’artista firma semplicemente “JOF”, parlano di sviluppo sostenibile, di natura e memoria. Un’armonia che si raggiunge attraverso le differenze, nei contrasti liscio/ruvido, curvo/dritto, pieno/vuoto; esattamente quelli che ritroviamo nell’opera eseguita per il Simposio belpassese, dove forme curve evocano la natura, su forme angolari che rappresentano l’opera dell’uomo. L’artista scava nella memoria della roccia lavica, tira via strisce di materia che, alle carezze dell’aria, generano suoni, graffiando e levigando la pietra fino a ottenere l’equilibrio formale, sensoriale e concettuale. Lo stesso equilibrio che dovrebbe sempre caratterizzare Il rapporto tra natura e uomo (fig. 8).
Hiroyuki Asano (fig. 9) nasce e si forma a Osaka per poi specializzarsi a Carrara, e dal 2000 è professore alla Tokyo Gakugei University. Presente anch’egli a diversi simposi in giro per il mondo, nella sua carriera artistica ha visto affermarsi due fasi, in cui hanno prevalso prima sculture in marmo evocative di corpi femminili, poi opere in granito più lineari e razionali, dove emerge un’intensa ricerca sulle forme sferiche, che trovano la loro reciproca compensazione dal collegamento tra due curve. Un’arte che potremmo definire “circolare”, come circolare – ciclico – è anche Il tempo (fig. 10), e l’opera di Asano, realizzata con la pietra lavica etnea, che per sua stessa natura ha in sé il senso dell’eternità, ricalca proprio questa cifra stilistica, scavando nella roccia forme curve complementari.
Passato e futuro, memoria e prospettiva, si evidenziano nella luce solare che filtra dai fori aperti nella roccia, disegnando coni d’ombra come meridiane naturali. Le linee curve del tempo hanno lo spazio che l’uomo conferisce loro, ma sono parte l’uno dell’altro, origine e traguardo di uno stesso percorso che si rigenera continuamente, mai davvero “finito”.
Le opere eseguite in questo IX Simposio belpassese dimostrano come l’arte sia sostanzialmente espressione – in questo caso, plastica – di un’attenta osservazione e interpretazione del tempo e del mondo in cui essa si produce; non solo “bellezza” fine a sé stessa, poiché il concetto stesso di bellezza è soggettivo e opinabile; ma “evocazione”, comunicazione (più o meno immediata) di un sentimento che travalica le sensazioni individuali.
Come ha avuto modo di affermare Ornella Fazzina, curatrice del Simposio, “sono tutte opere cariche di valenza semantica che all’estetica legano l’etica”; un concetto che è la sintesi di una lettura profonda nella creatività di ciascuno dei protagonisti di questo simposio, nella loro formazione artistica e nella cultura dei Paesi di provenienza, allargando così gli orizzonti di un evento laboratoriale ed espositivo che nasce sull’Etna per guardare al mondo.
“Il mondo ci invidia l’Etna, il mondo rimane affascinato dalla pietra lavica. Abbiamo perciò creato questa meravigliosa combinazione per creare uno spettacolo suggestivo, in un palcoscenico davvero esclusivo”,
ha dichiarato in un comunicato stampa il sindaco di Belpasso, Carlo Caputo.
La location di questa IX edizione del simposio, infatti, non è stata il centro cittadino ma il luogo “eletto”, la fonte stessa della materia che diventa arte, ovvero il vulcano. Il laboratorio creativo è stato allestito a Piano Bottara, a circa 1300 m s.l.m., dove cittadini e turisti, per due settimane, hanno potuto assistere dal vivo alle fasi di realizzazione delle opere. Un’esperienza culturale en plein air, eppure immersiva e totalizzante, in una realtà territoriale unica e suggestiva, dove arte e bellezza sono generate dal cuore vivo della terra, per diventare testimonianza eterna del rapporto millenario tra l’uomo e la natura.
E in un tempo in cui si “straparla” di valorizzazione di Beni Culturali (perché parlare di “strumentalizzazione” pare brutto…), il IX Simposio Internazionale di Scultura “Oro nero dell’Etna” di Belpasso ha dato esempio di valorizzazione vera e piena di un particolare Bene territoriale, l’Etna per l’appunto – peraltro Patrimonio Unesco dal 2013 – che è esso stesso “cultura”, e ha visto nascere espressioni artistiche molteplici e peculiari, che hanno arricchito di significato l’evento di quest’anno; come lo spettacolo Magma e Mare (fig. 11),
con le rappresentazioni dei Pupi siciliani a cura dei F.lli Napoli e del prof. Nino Bellia (fig. 12),
e l’intervento musicale Il canto della Fenice (fig. 13), con le musiche e i testi d’autore di Nuccio Corallo, Rosa Lao e Rosolino Amico.
Il tradizionale teatro dei Pupi e la canzone popolare d’autore, affondano le radici in una storia secolare profondamente radicata su questo territorio; e insieme alle quattro grandi opere scultoree protagoniste del simposio, hanno trovato sull’Etna non “lo scenario” inerte che li valorizzava, ma l’elemento “culturale” che contiene in sé l’essenza delle diverse forme d’arte che sul suo fianco generoso si sono incontrate, e che da esse è stato a sua volta valorizzato.
“Il nostro obiettivo, come amministrazione, è quello di creare turismo, valorizzare la fortuna di essere ai piedi dell’Etna e centrare l’obiettivo importante di diventare la Città delle 100 sculture, un museo a cielo aperto, diffuso, libero e fruibile per tutti”,
ha affermato il sindaco Caputo, sensibilizzando cittadini e turisti alla cura, al rispetto e alla preservazione di un bene – l’opera d’arte – che, dopo la sua creazione, appartiene alla comunità e, per questo, anche alle generazioni future.
Da cittadina belpassese non posso che plaudire a un progetto culturale ambizioso, portato avanti con intelligenza e lungimiranza, onorando nel senso più vero e profondo il (sin troppo abusato) concetto di “valorizzazione”, nella consapevolezza che il turismo culturale non ha e non può avere una vocazione esclusivamente economica, ma deve lasciare a chi lo vive un’esperienza formativa che, attraverso l’arte, la musica, la natura, arricchisca di conoscenza, sensibilità, e coscienza civile. Qualcosa che fa crescere, sia come persone che come cittadini, di questo nostro meraviglioso Paese.
Qui a Belpasso, ci stiamo provando.
©Francesca SARACENO, Catania, 22 settembre 2024.