di Silvana LAZZARINO
Intervista ad Eugenia Serafini: l’artista che restituisce le Emozioni della Vita dalla Terra al Cielo con al centro il pensiero dell’Uomo
(1 parte)
Artista, di fama internazionale, poetessa di successo con numerose mostre in Italia e all’estero e prestigiosi riconoscimenti e premi assegnatile durante la sua luminosa carriera Eugenia Serafini, nata a Tolfa e attiva tra Roma e la Toscana, oltre ad essere una pittrice molto richiesta a livello internazionale è installazionista e performer, nonché giornalista, direttore responsabile della rivista semestrale dell’Artecom-Onlus Accademia in Europa per gli Studi Superiori “FOLIVM” miscellanea di scienze umane, dedicata alternativamente alle Antiquitates (dalle origini al 1492) ed ai Periodi moderno e contemporaneo (dal 1493 ad oggi), E’ stata anche docente presso l’Università della Calabria, all’Accademia di Belle Arti di Carrara e all’Accademia dell’Illustrazione e della Comunicazione Visiva di Roma.
Tra i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti da sottolineare quello de “Le Rosse Pergamene”, Poesia d’amore 2018, Sezione speciale Poesia e pittura “Dall’emozione all’immagine” con una raccolta di poesie d’amore dedicate a Roma tema richiesto dal concorso che accanto a Roma quale altra opzione aveva indicato la regione Calabria. Ideatrice e fondatrice di questo Prestigioso Premio “Rosse Pergamene del Nuovo Millennio” è la nota scrittrice e poetessa Anna Manna organizzatrice di eventi culturali e donna di grande spessore umano e professionale che da circa diciotto anni anche grazie a questa manifestazione ha voluto valorizzare la cultura nel creare scambio e interazione attraverso la conoscenza che rende liberi.
Le opere di Eugenia Serafini si trovano in collezioni, musei e archivi di diversi paesi quali: Francia, Germania, Egitto, Lituania, Norvegia, Romania, Ucraina, Uruguay, Argentina e molti sono i premi e riconoscimenti ricevuti tra cui i più recenti: “Premio Artista dell’anno” al Premium International Florence Seven Stars Firenze 2016, la “Targa alla Carriera” dal Comune di Tolfa nel 2014 e il “Leone d’Argento” per la Creatività 2013 alla Biennale di Venezia.
Nel suo percorso ha guardato costantemente ad una contaminazione tra le arti utilizzando e fondendo gli apporti di diversi rami creativi: da quello visivo-digitale a quello teatrale, poetico e musicale. In questo senso le sue installazioni performance mirano a creare una nuova sinergia di emozioni coinvolgendo più sensi in una sorta di arte totale e in questa prospettiva ha dato vita a opere di grande suggestione come le Performances, “Canti di cAnta stOrie”, Roma 2008 e l’installazione “Nuvola” portata fuori presso l’ambiente dell’Eur sotto il Colosseo quadrato in cui si avverte un forte valore estetico ed esistenziale restituiti da una cascata di immagini realizzata su cartoni che scendono lungo la gradinata. Su queste tre “Nuvole” si possono vedere i cicli della natura, della vita a ricercare l’armonia attraverso la stessa natura poiché l’uomo da solo non riesce a trovarla, mentre la natura recupera sempre quell’equilibrio necessario per rinascere ogni volta.
Tra i suoi insegnamenti presso Università e Accademie, mi soffermo nel citare quello presso l’Università della Calabria dove Eugenia Serafini è stata chiamata per chiara fama per la docenza dei Moduli di Disegno nel Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. Dal 1999 al 2013 ha insegnato Disegno sempre con quell’entusiasmo e passione che la caratterizza valorizzando il rapporto tra studenti e docente attraverso la sua capacità nel dare voce ai talenti e alle qualità dei suoi allievi, grazie anche al suo metodo volto alla Creatività utilizzato quale “strumento di autoeducazione in una osmosi docente-discente”. Come la stessa Serafini scrive nel manuale “Il Teatro in scatola– Teoria e tecnica di autoeducazione creativa”,( Artecom Roma, 2004,p.44): «La creatività è uno dei mezzi più interessanti di cui disponga l’uomo per indagare la conoscenza, per apprendere e restituire alla comprensione propria e altrui ciò che si è “conosciuto”. Essa ci permette di attuare un percorso di educazione continua su noi stessi e sugli altri, di non annoiarci quando altri si annoiano, di non chiudere mai la finestra sulla “curiosità” e sul sapere e, soprattutto, di stimolare all’apprendimento e alla conoscenza i più piccini, lasciandoli giocare, divertirsi e crescere nel “sapere”.»
- Eugenia Serafini attraverso le tue opere che esplorano diversi linguaggi ad abbracciare la visione, la parola e il gesto per emozionare gli occhi ed il cuore, racconti uno scenario tra verità e bellezza legato agli infiniti orizzonti della Natura da cui ripartire per ridefinire quell’antico legame con cui lo stesso individuo si armonizzava con il creato. Partiamo da qui per entrare meglio nel tuo sentire i volti della natura dove ritrovare alberi, fiori, nuvole e volte celesti, e del cosmo con i suoi pianeti e astri nel loro restituire le alchimie del pensiero. Quanto questi aspetti hanno acquistato nuova espressione con la tua arte e anche nella forma di arte totale?
Il mio rapporto con la natura e il sentimento di corresponsione con l’Universo credo che risalga alla mia infanzia, trascorsa a Tolfa, borgo medioevale ma di antichissime origini: nei suoi boschi selvaggi affiorano tracce dal Paleolitico in poi ma, sebbene la mia formazione archeologica, avvenuta alla Scuola Nazionale di Archeologia di Roma nei primi anni ’70 mi abbia portato a studiare diversi siti locali con tracce architettoniche etrusche e romane, ciò che sento di più nel mio essere creatura di questa terra è la sua natura intatta, che ha attraversato i millenni senza esserne travolta, conservando una bellezza primordiale per me indimenticabile e inesauribile fonte di emozioni e scoperte. L’armonia tra uomo e natura nelle migliaia di chilometri quadrati dei Monti della Tolfa, non si è mai interrotta e questo io e mio marito Nicolò lo abbiamo sempre percepito e portato avanti non solo come pensiero guida, ma come impegno dovuto alla Civiltà.
Il critico d’arte Mirella Chiesa “nel 1994, scrisse la sua presentazione al mio ciclo Nuvola al quale tu alludi, in occasione della installazione “Forme effimere di geometria frattale: Nuvola”, che realizzai a Roma, nel grande Auto Salone FIAT di viale Manzoni (Dicembre 1994/Gennaio 1995), e che Giorgio Di Genova ben conoscendo le mie opere e seguendo i suoi canoni definirebbe senza dubbio “ambientazione”. (G. Di Genova, Storia dell’arte Italiana del Novecento, Generazione anni Novanta, tomo I, pp. 554-559, Ediz. Bora, Bologna 2007). Allora Mirella Chiesa, raffinata e sensibile come lei sapeva essere, nella introduzione al catalogo scriveva:
«Aggregazione per sconfiggere il disagio, aggregazione per comunicare, per vincere la solitudine “gridata”, per arricchire la conoscenza, per ritrovare le radici, per sentirsi emanazione di queste, per avere memoria del tempo, per essere creature vitali e palpitanti in armonia con l’immenso cosmo. Queste sembrano essere le esigenze che Eugenia Serafini sente e sottolinea attraverso i suoi modi di espressione: la poesia e le installazioni».
E ancora
“L’installazione “Nuvola” rientra nel ciclo della natura come armonia. In essa l’Artista registra tutto un mondo in evoluzione dove, dal buio del nulla, scaturisce la forma, il colore e si arriva alla realtà esistenziale… Sui circa 100 metri di cartone ondulato farfalle, libellule, delfini, nuvole si delineano con efficaci effetti cromatici…l’arcobaleno terminale tradisce l’utopica ricerca di armonia dell’Artista. L’installazione diventa elemento di riflessione e di rivolta alla società di oggi”. (Mirella Chiesa)
- Diverse tue mostre raccontano la necessità di ritrovare quell’armonia di un tempo tra l’uomo e la natura. Ve ne è una in particolare di cui vorresti parlarmi magari presentata a e curata da un grande critico e storico dell’arte quale il prof Carlo Franza?
“E’ da qualche tempo che questa straordinaria artista italiana mira a raccontare con le sue opere la salvaguardia del mondo e dell’ambiente, cantandone a colori la natura e descrivendo con installazioni di portentosa esplosività, un creato ricco di bellezza, poesia, geografie, storia, vitalità, respiro esistenziale, alchimie, mitologie, e quant’altro muove e fa muovere corpo e anima, natura e filosofia, pelle del mondo e carne del firmamento. Ora attraverso un fibrillare di colori e segni, di macchie e lacerti del vedere, Eugenia Serafini in modo proprio sconvolgente, nel senso che lo spettatore fanciullescamente apre gli occhi e si stupisce, ci consegna, costellazioni, vie lattee, stelle, pianeti e satelliti, arie e nuvole, e mille altre riflessioni oggettivate sull’universo. Ma accanto a questo spettacolo che avevamo già colto in opere presenti al Plus Berlin di Berlino, l’artista si lascia coinvolgere dal dramma e dai drammi della storia presente, dalle migrazioni, da popoli in viaggio, e umanamente traccia un capitolo di realtà e speranza, una cornice di umanità, una sodale attenzione e un accorato appello. Mi preme attingere a parole sue che si fanno poesia dolente e scultura viva: “Fuggivano come nuvole migranti! Nessuno poteva fermarli! Camminavano su strade sterrate… inseguivano un sogno! A chi li fermava/ venite rispondevano/ venite anche voi! Portate le donne e i bambini… venite! Seguiamo la stella!”. Ora, nell’insieme la mostra solleva e descrive aurore di cielo e di stelle e nuvole cupe che si addensano sul mondo e dentro il mondo, così l’artista consegna una grande lezione, un romanzo di colori realisti, un vocabolario di idee sorprendente”.
- “Eugenia Serafini riscrive a colori le mitologie del mondo, della terra e del cielo , riducendo e apportando segni e memoria alla grande ricchezza della natura”, scrive il critico e storico dell’arte Carlo Franza che prosegue “nelle sue opere l’arte vive l’energia del visibile e dell’invisibile, nel senso che tutto riprende a vivere sotto altra forma, per via di una ricchezza interiore travasata e capace di lasciar leggere non solo una geografia del mondo, ma anche una geografia esistenziale e umana”. Con questo pensiero il prof Franza fa riferimento alla tua capacità di leggere nel tessuto esistenziale a partire dai colori, profumi della natura, ma anche dai suoi strappi inferti dall’uomo nel suo sfruttare ogni sua risorsa. Cosa puoi dirmi riguardo questo pensiero?
Già negli Anni ’70 avevo intuito che il rapporto Uomo-Natura stava perdendo il suo equilibrio. Allora ero una giovanissima laureata in Lettere classiche ma il mio rapporto con la terra era legato all’infanzia trascorsa sui Monti della Tolfa, alle belle aziende agricole che mio padre Alessandro, chimico e già Direttore dei Laboratori delle Acciaierie di Terni, aveva costruito e sovrintendeva, avendole ereditate dalle proprietà del padre, ma dando loro un significato e una impostazione diversa, moderna, attenta all’allevamento sano del bestiame per la produzione del latte e alla coltivazione del grano, conservando in questo la tradizione di famiglia. Ricordo e conservo la pergamena del Premio del Ministero per l’Agricoltura, vinta da mio padre negli Anni ‘50 per la Coltivazione del Grano Cappelli, coltivazione particolarmente difficile nelle zone aspre delle terre tolfetane, alla quale tuttavia papà si dava con una dedizione e un amore infiniti, controllando la qualità delle sementi, del concime, privilegiando lo spargimento di quello naturale, senza mai ricorrere a diserbanti o pesticidi. Allora chiamava i braccianti agricoli per una operazione di ripulitura a mano dalle erbe infestanti del grano seminato, che si chiamava localmente “terra nera”. Credo che tutto questo sia rimasto nel mio DNA mi abbia consentito, anni più tardi, di tornare a Tolfa e riprendere con mio marito, nella rinnovata azienda agricola, quell’antico percorso già tracciato dalla sapienza di mio padre. Ho sempre trasferito pensieri, emozioni, riflessioni nei segni cromatici, nelle parole, nella musica (ho studiato a lungo pianoforte), finché sono arrivata a elaborare non solo immagini, ma una vera e propria “Poetica dell’Installazione”, pubblicata a chiusura della raccolta di poesie “Piccola utopia-frammenti per un ideale”, prefazione di Luigi Fontanella, Frosinone 1994 e più tardi nella Monografia Eugenia Serafini-Produzione 1993-2003, D. Trombadori, C. Pitto, M. Verdone, U. M. Milizia, Roma, 2003), forma d’arte che Mario Verdone amava molto nella mia produzione.
- Attraverso scorci della natura, come quando descrivi gli alberi. visti quali universi pulsanti di vita custodi di saggezza e libertà, verità e meraviglia. abitati da uccellini, farfalle e dove rivivere la magia dell’innocenza, si avverte il riferimento all’uomo alle sue speranze e attese. L’immagine dell’albero sembra rispecchiare quella dell’uomo nel suo essere attaccato alla terra e allo stesso tempo proiettato verso il cielo, attaccamento alla terra dove ha le sue radici e dove trova certezze, ma aspirazione a elevarsi verso luoghi sconosciuti, verso il cielo. Cosa simboleggiano per te gli alberi e cosa proiettano nelle tue opere?
Cara Sissi, l’albero è per eccellenza, come tu stessa ben sai, l’elemento di unione tra cielo e terra, tra uomo e infinito, tra ciclo mortale e vita ultraterrena. Che dire di più? Dove non crescono alberi, la terra non offre il riparo dell’ombra al viandante, dove non crescono arbusti gli animali non trovano refrigerio alla calura nei mesi estivi, le colline franano e le acque piovane dilavano via il terreno con il suo humus fertile. Nel periodo della mia vita in cui ero tornata a vivere a Tolfa e coltivavo con mio marito la nostra azienda agricola, un taglialegna si fermò un giorno vicino al nostro casale e mi disse sgomento:
«Professore’, perché avete tagliato quel bel ramo alla quercia del prato? Ogni volta che passavo mi fermavo a guardarla per quanto era bella! Adesso le manca un braccio…».
Lui si chiamava Luigi Aragoni, mi conosceva da quando ero bambina perché aveva lavorato a lungo nelle aziende di mio padre: restai senza parole ascoltandolo, non avrei mai pensato che un uomo che tagliava alberi da tutta la vita, li potesse amare e apprezzare nella loro bellezza, che non era solo estetica ma esistenziale, una sorta di necessità vitale e infatti quel paragone del ramo con il braccio, mi fece capire fino in fondo quanto sia grande la saggezza di contadini che dalla Natura traggono tutti gli elementi vitali. Ho imparato molto dal mio rapporto con la natura, lavorandola, portato avanti personalmente e allevando bestiame, dai cavalli alle vacche maremmane: siamo veramente una catena biologica strettissima, legata filo a filo e se la trama si rompe…beh, non resta che rammendarla o tesserla ex novo. E poi sai, quando arrivava l’Autunno, per me era una festa di colori tra gli alberi dei Monti della Tolfa: querce, olmi, roverelle si tingevano di rosso, marrone, viola, giallo, oro finché le prime piogge e le raffiche violente di vento se le portavano tutte via e restavano solo gli stecchi bruniti dei rami e sui campi si stendeva una fioritura cromatica solo di foglie che presto il freddo disfaceva trasformandola nei colori della terra. Ma era a Primavera che trionfavano le chiome degli alberi: di foglie, di fiori, poi di frutti, con nidi di uccelli e poi il canto delle cicale annunciava l’estate, che arrivava con una luce accecante e calda. Allora trovavo ristori solo in riva al fiume Mignone, che scorreva giù in basso, fra tamerici fiorite di rosa, finché il sole, scendeva dietro la collina, e la pianura dove falciavamo il nostro fieno naturale diventava una distesa di lucciole che brillavano nella notte, come se il cielo si fosse capovolto sul prato notturno.
- Accanto a temi legati alla natura e agli alberi visti come microcosmi abitati dal mistero della vita per guardare più da vicino all’universo interiore dell’uomo tra passato e presente nella sua ricerca di un senso profondo a questa esistenza, hai volto il tuo sguardo verso i pianeti e il cosmo per restituire attraverso la tua arte atmosfere da sogno dominate da geometriche astrazioni di forme e colori in divenire. Segni decisi e avvolgenti, colori che creano nuove suggestioni emotive, proiettano in un viaggio onirico tra pianeti e costellazioni oltre la terra e oltre l’atmosfera dove respirare l’energia e la libertà di appartenere all’universo come parte di un tutto inscindibile. Universo che vibra dei tre regni: animale, vegetale e minerale restituiti entro un orizzonte di bellezza e poesia a scandire i ritmi della vita. Noi siamo parte del cosmo e come il cosmo siamo anche energia poiché l’uomo è materia, emozione e spirito ed in ciascuno è un campo energetico frutto delle emozioni, di ciò che si sente a livello fisico e mentale in rapporto alle vibrazioni esterne. Mi parli di questa energia che lega l’uomo al cosmo? Tu come avverti questa energia e come la esprimi nei tuoi lavori in particolare legati al cosmo, all’universo?
Sono molto legata alla figura di Galileo Galilei, non saprei neanche spiegarti fino in fondo i perché. Da sempre lo ammiro e da sempre mi piace alzare lo sguardo verso il cielo a tutte le ore del giorno e anche della notte, quando mi sveglio, magari perché la luna sta passando davanti alla mia finestra e sembra che mi chiami. Mi piace vedere la metamorfosi della luce dall’alba velata e rosacea al tramonto che esalta il fuoco del sole e poi la notte che avanza, prima di un blu intenso e profondo, incommensurabile, poi si trasforma tutto nel nero puntinato di stelle. Allora penso ai cieli dei mosaici bizantini, a quelli blu stellati di Ravenna e quelli romani delle absidi striate di nuvole arancio, rosa, bianche nei cieli d’oro tra angeli sospesi e Vergini in trono.
Ero una ragazzina ginnasiale quando il 12 Aprile 1961 Jurij Gagarin, l’astronauta russo, volò nello spazio con la sua navicella Vostok 1 annotando: «Il cielo è molto nero, la Terra è azzurra. Tutto può essere visto molto chiaramente». Al museo della Cosmonautica di Mosca è esposta la riproduzione della navicella e della tuta di Gagarin. In qualche luogo che non ricordo, ho potuto vedere la Vostok1 e sono rimasta impressionata dalle sue piccole dimensioni: pensai fosse stato pazzo a entrare in una sorta di grande palla sparata nello spazio! No, c’è voluto soltanto un grande Sogno!
A Galileo, che per primo o comunque tra i primi, con la sua lente di cannocchiale vide cadergli nell’occhio pianeti, stelle, galassie multiformi e colorate, ho dedicato le “GiralUne”
Da quando l’uomo è apparso sulla terra, ha sempre guardato il cielo con ammirazione, curiosità, stupore, cercando di capire il significato dei corpi celesti che vedeva brillare, dal giorno alla notte, chiedendosi: cosa sono, come sono, perché sono disposti così? Le risposte sono state tante, anche su basi di studi astronomici e calcoli matematici, considerazioni filosofiche e magiche. I più maestosi edifici dell’antichità sono stati costruiti tenendo presente l’orientamento degli astri, sole e la luna, ma anche le costellazioni con le loro “linee guida”: penso alle piramidi egiziane ma anche a quelle dei maya, aztechi, alle steli nei diversi continenti, disposte a circolo…tanto altro ancora. E i naviganti? Avevano la Stella Polare per regolare la navigazione, come i popoli camminanti. Galileo per primo vide la realtà del cosmo: le stelle con i loro colori, i pianeti nelle forme più o meno tondeggianti, la nostra galassia, le comete…il pensiero che dopo tante migliaia di anni lui per primo poté godere di questa spettacolare visione mi commuove e mi fa tremare. A lui ho dedicato molte ambientazioni, pubblicate nella mia monografia, D. Trombadori, C. Pitto, M. Verdone, U.M. Milizia, Eugenia Serafini- Produzione 1993-2003, Roma 2003, da “Sidereus Nuncius” a GiralUna”, Il chiostro delle gabbianelle” e “Il Discorso delle comete”, tutti ispirati ai suoi studi e immaginati soprattutto all’interno del chiostro della Facoltà di Ingegneria di Roma, che è estremamente suggestivo e a pochi passi dal Mosè di Michelangelo.
“Una grande GiralUna penderà sul pozzo del chiostro e dietro di esso, spostato leggermente a sinistra, un volo di Gabbianelle in stormo; oppure un Arcobaleno di vetrofuso e colorato passa sopra il pozzo in uno slancio verso il Cosmo”
e ancora altri progetti, alcuni non realizzati ma…chissà!
Puoi immaginare da tutto ciò, quale sia la mia ammirazione per gli astronauti italiani, in particolare per Samantha Cristoforetti, come scienziata, come astronauta e, lasciamelo dire, come Donna! Per lei che ha dichiarato che tornerà nello spazio con una espressione carica di passione e di poesia «…voglio la Luna!» ho creato le “Mappe stellari”©. “Voglio la Luna!” fu la frase con la quale io stessa aprii la presentazione del mio libro “La Valigia delle Parole”, Rossano 2013, nella Biblioteca Vallicelliana di Roma: era il 2013 ma avevamo un sogno in comune! Avrei voluto consegnarle una “Mappa Stellare” , la prima pensata proprio per lei, già quando effettuò il suo volo con la Soyuz TMA-15M a Novembre 2014, e avevo programmato un bellissimo evento con una gallerista, coincidente con il Festival dei 2Mondi di Spoleto ma poi non fu possibile realizzarlo. Ora vorrei ancora poterlo fare: accoglierla a Spoleto quando si svolge il prestigioso Festival dei 2Mondi e donarle la SUA Mappa Stellare! Lo farò, ne sono sicura!!!
- In questa società dove tutto corre troppo velocemente – a parte questo momento di sospensione in cui siamo costretti tutti a restare a casa per la pandemia dovuta alla diffusione del Coronavirus- l’uomo inseguendo successo, potere e denaro, perde sempre più di vista valori quali il rispetto per sé e gli altri, compreso l’ambiente in cui vive. Sembra venir sempre meno quella capacità di mettersi in ascolto di quanto accade intorno lasciando che tutto scorra senza darsi o chiedere una spiegazione. Attraverso la tua arte hai sempre cercato di far emergere questa realtà che spesso non è messa in prima linea e in particolare trattando un problema oggi molto sentito quale la salvaguardia dell’ambiente. L’ambiente da salvaguardare e proteggere è stato al centro di diverse tue opere, ma in particolare il grido di aiuto della natura si è percepito nell’installazione e performance “Fossili di Petrolio nel Giardino InCANTATO e Domino- Dominio” con interventi di letture di poesia, realizzata nell’ambito del “Festival delle Arti Nuvola Creativa” ideato e curato dall’architetto Antonietta Campilongo svoltosi a settembre 2019 al Macro di Roma. Come è nata questa idea e cosa hai voluto trasmettere unendo anche l’aspetto poetico dando voce ai tuoi Poeti dell’Onda?
L’architetto Antonietta Campilongo mi aveva invitato a partecipare al Festival delle arti Domino-Dominio 2019, al Museo di Arte Contemporanea di Roma, MACRO Asilo di via Nizza, e il tema proposto era quello del dominio: io l’ho interpretato subito come richiamo al Dominio Sprezzante e Distruttivo che l’Uomo perpetra sulla Natura da quando è iniziata l’era industriale. Con questo non voglio significare che si debba tornare all’età della pietra o a certe forme di vita naturalistica che sfiorano l’essere primitivi! Penso tuttavia, anche sulla base della mia esperienza esistenziale, che abbiamo veramente permesso alle lobbies industriali non solo di sfruttare indebitamente le risorse del pianeta, ma di essere arrivati sulla soglia della sua distruzione. Quando nel 2018 è apparsa per la prima volta sugli schermi televisivi l’immagine di una ragazzetta dal nome Greta Thunberg, due treccine e un viso imbronciato, sono rimasta perplessa: che faceva quella piccoletta con il suo cartellone di protesta chi l’avrebbe ascoltata? C’erano altri interessi sotterranei? Non so rispondere a questa mia ultima domanda, ma so con precisione che quella piccoletta stava denunciando al mondo qualcosa che io e la mia famiglia denunciavamo e sostenevamo dagli Anni ’70 e questo mi ha fatto pensare. Noi e tanti altri “ambientalisti” o comunque si vogliano definire, siamo riusciti ad aprire solo alcune brecce nella società, ora Greta stava provocando un terremoto: questo sì, questo mi stava proprio bene! Le morìe di pesci nei fiumi, le perdite di petrolio lungo le spiagge del mare, le nebbie estive nelle capitali più industrializzate del mondo, a iniziare da Pechino, il riscaldamento del globo e la scoperta allucinante dei Continenti di plastica, già dagli anni ’90 mi avevano portato a scrivere poesie, testi di performance realizzare installazioni, per tacere della agricoltura biologica che io e mio marito Nicolò producevamo sin dalla metà degli Anni ’70 sui Monti della Tolfa. L’invito della Campilongo, ideatrice e curatrice del Festival, mi ha ricordato una Installazione che avevo realizzato sulla spiaggia di Focene nel 1998: “Fossili di petrolio nel giardino incantato”. L’idea di base allora fu che del nostro tempo sarebbero rimasti solo gli oggetti di plastica, sia come “Fossili di petrolio” per i paleontologi che come reperti archeologici per gli archeologi del futuro. Questa sopraffazione dell’uomo sulla natura (Il Giardino Incantato) era l’argomento che dovevo proporre nel Festival delle Arti “Domino-Dominio” e arricchirla con una Performance corale.
A giugno del 2019 ero già al lavoro sul progetto: una delle mie Nuvole dipinta negli Anni ’90 sarebbe stata l’elemento portante e di collegamento con la tematica già affrontata, poi avrei completato tre teleri di stoffa dipingendoli e intervenendo con rattoppi e collage di stoffa: a questo punto avrei innastato l’azione corale della performance con il gruppo da poco creato “L’Ensemble Eugenia Serafini e i Poeti dell’Onda”, recitando Haiku dedicati al tema avremmo ricoperto tutti i teleri di ”Fossili di Petrolio nel giardino inCantato” , dalle buste di plastica alle forchette, ai bicchieri, ai giocattoli, alla frutta e verdura, tutto rigorosamente di plastica. È stato tutto molto coinvolgente e bello, durante i 3 giorni, dal 20 al 22 ottobre, legati al mio Progetto “Fossili di Petrolio nel giardino InCANTATO”, con grande partecipazione di amici, pubblico e il personale del MACRO che si affacciava alle finestre per assistere all’evento.
Ogni pomeriggio ho avuto a disposizione un ambiente diverso: l’Atrio del Macro con la Scalinata per l’Installazione e la prima Performance, tutta dedicata alla dualità: Giardino InCANTATO e Fossili di Petrolio, dove le installazioni dipinte hanno interagito con le letture di Haiku dell’ “Ensemble” scritti su dischi gialli e indossati da ciascun poeta; poi la lettura della mia fiaba di ispirazione ecologica ”Les Oiseaux”, realizzata da me e da Nicolò Giuseppe Brancato. Nei pomeriggi successivi ho avuto a disposizione la Sala delle Letture e la Stanza delle Parole, dove ho proiettato il mio “Video Nuvola” (1994) sempre continuando sul tema portante: L’Ecologia ci salverà? Ho voluto anche accogliere e presentare la tua più recente raccolta di poesie, Silvana, “Emozioni senza tempo” (Edizioni Progetto Cultura, Roma 2019) e realizzare con “L’Ensemble Eugenia Serafini e i Poeti dell’Onda: con Eugenia Serafini, Iole Chessa Olivares, Candida Camarca, Alessandra Carnovale, Anna Avelli, Rosario Napoli”, la Performance “Parole Colorate” nella quale ciascuno scriveva liberamente frasi, segni, parole con gessi colorati sulla grande lavagna della sala.
Silvana LAZZARINO Roma 14 giugno 2020
La 2^ parte dell’intervista all’artista Eugenia Serafini, storica dell’arte, poetessa, giornalista, si potrà seguire nella prossima uscita di “About Art”