“Bernini. Catalogo delle sculture”. Una pubblicazione fondamentale di Maria Grazia Bernardini sul genio del “bel composto”

di Francesco PETRUCCI

Bernini visto da Bernardini

Ha visto luce recentemente la monumentale pubblicazione di Maria Grazia Bernardini, frutto di anni di lavoro e di paziente raccolta di materiale bibliografico, Bernini. Catalogo delle sculture, edita in due volumi da Allemandi e finita di stampare nel dicembre 2021.

Il primo volume contiene il saggio introduttivo  della studiosa, che ripercorre la carriera artistica di Bernini dalla sua formazione fino alla sua morte, con un accenno agli studi preparatori – disegni e bozzetti – e ai numerosi allievi, con un lussuoso Portfolio fotografico di Massimo Listri, apparati, bibliografia e indici; il secondo volume presenta le schede delle opere scultoree dell’artista in ordine cronologico, corredate dalle note tecniche e documentarie, dalle eventuali iscrizioni, dall’elenco dei disegni e bozzetti  relativi.

Il libro, impaginato e stampato con notevole finezza dalla prestigiosa casa editrice torinese, è sostenuto dalla “Fondazione Terzo Pilastro / Internazionale” e ha il patrocinio del Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma.

2. P. Bernini, G. L. Bernini, Fauno molestato da putti. New York, The Metropolitan Museum of Art
3. G. L. Bernini, Busto di Paolo V, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum (foto Daniele Petrucci, ottobre 2014)

L’apparato illustrativo è di grande qualità, con scatti e inquadrature in gran parte inedite, eseguite da un maestro della fotografia come Massimo Listri, vero artista e manipolatore dell’immagine in senso architettonico, che ha illustrato con molti dettagli inusitati le sculture principali, fornendo un contributo suppletivo alla preziosità di tale lavoro editoriale.

4. G. L. Bernini, Baldacchino. Città del Vaticano, Basilica di San Pietro

L’opera di ricerca della Bernardini, curatrice nel 1999 con Maurizio Fagiolo dell’Arco della più completa mostra su Bernini mai fatta e autrice di numerosi studi sul Barocco romano, è caratterizzata da rigore filologico, serrata analisi stilistica, selezione accurata del materiale documentario e iconografico. Il suo eccellente studio si distingue inoltre per l’equilibrio della trattazione, che espone con raro senso della misura le varie posizioni critiche, lasciando un logico margine di incertezza attorno ad alcune sculture dubbie – la cui attribuzione è basata su aspetti formali, senza fonti storiche e documenti certi -, anche su quelle che la studiosa sembra accettare.

 

5. G. L. Bernini, Estasi di santa Teresa. Roma, S. Maria della Vittoria

Effettivamente mancava ed era necessario un catalogo aggiornato di Bernini scultore, che raccogliesse e discutesse tutto l’ingente materiale bibliografico e documentario riemerso negli ultimi trent’anni, dopo la pubblicazione nel 1990 dall’ultima edizione della fortuna e fondamentale monografia di Rudolf Wittkower (Berlino 1901 – New York 1971), che resta il più importante lavoro mai fatto sul sommo artefice. L’insigne storico dell’arte tedesco in effetti era scomparso nel 1971 e il lavoro della studiosa romana sembra quasi volerlo commemorare, a 50 anni dalla scomparsa.

La prima edizione del libro di Wittkower, Bernini. The sculptor of the Roman Baroque, Londra, The Phaidon Press, risale al 1955, cui seguì una seconda edizione ampliata nel 1966, aggiornata dallo studioso in proficua competizione intellettuale con un altro grande esperto berniniano, Valentino Martinelli, ma tenendo conto anche delle intuizioni di Italo Faldi e Antonia Nava Cellini.

Peraltro Wittkower recensì molto positivamente la monografia di Maurizio e Marcello Fagiolo dell’Arco del 1967, comprensiva dell’intera opera del Bernini, scultore, architetto, pittore e inventore di apparati effimeri, che resta dal punto di vista metodologico l’analisi più coerente della creatività multiforme del maestro, senza distinzione di generi (Art and Architecture in Italy: 1600 to 1750, 3° ediz. 1971, appunto bibliografico).

6. G. L. Bernini, Busto di Luigi XIV. Versailles, Musée National du Château et de Trianon

Postuma è l’edizione curata nel 1981, a cento anni dalla nascita del suo autore per volontà del figlio Henry Wittkower, revisionata da Howard Hibbard, Thomas Martin e dalla moglie Margot Holzmann Wittkower. Risale al 1990, Milano, Electa, la quarta edizione, la prima tradotta in italiano, con integrazioni e nota storico-critica di Grigore Arbore Popescu. Su questo libro abbiamo studiato in molti, ma la massa di nuove acquisizioni accumulate da allora avrebbero reso impossibile e anacronistica qualsiasi ulteriore riedizione.

7. G. L. Bernini, Cattedra di San Pietro, Città del Vaticano, Basilica di San Pietro

Da allora non esiste opera del Bernini che non abbia ricevuto aggiornamenti documentari e interpretativi, soprattutto criticamente per merito di un altro grande studioso berniniano, Irving Lavin, che con il suo libro del 1980, Bernini and the Unity of the Visual Arts, ha inaugurato nuove aperture metodologiche per gli studi sull’artista, nella lettura del cui linguaggio l’unità espressiva delle arti all’insegna del “bel composto” rimane ineludibile.

 

8. G. L. Bernini, Sant’Andrea al Quirinale, Roma (foto archivio Petrucci)

Qualche opera perduta è riemersa negli ultimi vent’anni, come il busto di Paolo V (Malibu, The J. Paul Getty Museum) e quello del Salvator Mundi (Roma, San Sebastiano Fuori le Mura), puntualmente discusse dall’autrice nel nuovo catalogo.

9. G. L. Bernini, Collegiata dell’Assunta, Ariccia (foto Francesco Petrucci)

Il lavoro di Maria Grazia Bernardini, alla luce delle aperture di Lavin, estende correttamente l’analisi di Bernini scultore anche alle opere plastiche presenti in sue creazioni architettoniche, compiute da altri scultori e plastificatori, ma seguendo sue idee, espresse attraverso schizzi, disegni, bozzetti, modelli e suggerimenti diretti, talora intervenendo con le proprie mani nella modellazione.

In tal senso il concetto di autenticità nell’opera del Bernini, siano esse sculture, architetture o disegni, rimane molto capzioso e può essere fuorviante se letto esclusivamente secondo astratti criteri stilistici. Non è questo il caso del libro di cui trattasi, esteso ad un’analisi dilatata dell’invenzione berniniana in senso concettuale e progettuale.

Tali ambiguità emergono invece a mio avviso soprattutto negli studi di vari autori sulla produzione grafica e sulle opere plasmate in argilla, ove prevale il criterio di attribuire al maestro gli schizzi, gli abbozzi e gli sbozzi, relegando alla bottega le opere finite. Ma, come ho scritto altrove, perché Bernini avrebbe raggiunto nel marmo il massimo grado di finitezza, come del resto in tutte le sue creazioni, lasciando gli studi propedeutici alle condizioni di incompiutezza o di pensieri appena accennati?

Francesco PETRUCCI   Ariccia, 26 Giugno 2022