di Carla GUIDI
Prosegue nella Rocca di San Leo – Sala del Bettolino e piano terra di Palazzo Ducale – la mostra personale dell’artista-architetto Marisa Zattini inaugurata lo scorso anno e prorogata fino a domenica 12 novembre 2023.
Una raccolta dei lavori più recenti e significativi dell’artista forlivese, allestiti nella suggestiva Rocca in occasione del 600° anniversario della nascita del Duca, che potranno essere ancora ammirati in questo autunno. Grazie al coordinamento del Delegato alla Cultura e al Turismo Pierluigi Sacchini, alla preziosa attenzione del Sindaco Leonardo Bindi, al progetto curatoriale del poeta-drammaturgo Fabrizio Parrini, si è realizzata un’esposizione di notevole intensità emotiva che rende omaggio al mondo alchemico e al misticismo, non estraneo alla corte di Urbino. Così il visitatore si ritroverà tra alambicchi e oggetti alchemici in un’ottica di valorizzazione di un percorso che si dipana nel contesto del complesso architettonico, denso di memoria storica.
Come commenta Pierluigi Sacchini –
«Antico e contemporaneo moltiplicano la loro forza di suggestione emozionale nell’incontro e nel contrasto capace di modificarne l’energia perché grande energia cosmica è racchiusa nelle opere dell’artista che ben si coniugano con quella della Rocca di San Leo, con le sue memorie. E se la nostra linfa vitale si nutre di reminescenze dobbiamo proseguire nel “respirare il mondo”, tra antico e contemporaneo. Perché tornare a godere di questi straordinari complessi architettonici contaminati dagli innesti d’arte ci porta ad una pausa, per assaporarli oltre i ritmi convulsi della nostra contemporaneità».
Ma è la stessa artista a parlarci dei suoi intenti e, con suggestive citazioni, a condurci in un percorso al tempo mistico, visuale e letterario, quindi appunta che nelle sue opere per questa mostra il visibile e l’invisibile si fanno una cosa sola […] e tutto misteriosamente si unisce e si ri-collega: esteriore-interiore, morte-vita …
«Notate ora che l’astro superiore e quello inferiore sono una sola cosa, indivisa nelle sue forze; e come un’ampolla chiusa l’aria va su e giù e diventa al pari di quella esterna buona o cattiva, essendo una stessa cosa, così sappiate che il corpo e il cielo sono una medesima cosa. L’ampolla si rompe e non determina nessuna differenza negli elementi, giacché gli elementi sono esistiti prima dell’ampolla e esistevano prima che l’ampolla fosse fatta. E come in questo caso esiste una sola aria, anche se divisa, così c’è un firmamento nell’uomo come nel cielo, non già unitario, ma diviso in due parti. La mano che ha separato la luce dalla tenebra e ha creato il cielo e la terra è la stessa mano che ha fatto le cose inferiori del microcosmo, derivandole da quelle superiori»
(Paracelso, Paragrano: ovvero le quattro colonne dell’arte medica)
e l’artista prosegue –
La mia memoria ha trovato substrato fertile in un antico erbario di anonimo riminese del 1440: alcune di queste tavole sono state rivisitate emozionalmente per trasmutarsi in altro. «Giacché, come è l’esteriore, tale è anche l’interiore, e quel che non c’è all’esterno, non è neppure nell’interno. E una sola cosa è l’esterno e l’interno, una sola costellazione, una sola influenza, una sola concordanza, un solo tempo, un solo minerale, un solo tereniabin, un solo frutto»
Dalle ceramiche a ingobbio nero mescolate alle aeree storte in vetro soffiato allestite nelle tre teche della Sala del Bettolino ci spostiamo nel lungo corridoio antistante le sale delle torture, al piano terra del Palazzo Ducale. Qui, ho voluto ri-ordinare, in perfetta sequenza geometrica, le grandi notturne lastre botaniche a latere delle tavole dal doppio rimando alchemico. Si tratta di luffe egiziane comprate durante un viaggio ad Istanbul. Il titolo, Istanbul – Fra Oriente-Occidente – (Vasi comunicanti) (2017) già dovrebbe perimetrare il nostro sentire. Ho tagliato il frutto, l’ho sezionato e perlustrato, ricongiungendolo con un sottile microtubolo in plastica e ho infarcito il sistema venoso della luffa con l’innesto di nuovi differenti semi: 11 pinoli argentei, lunari, per una nuova inaspettata crescita. Una guaina di palma accoglie e contiene ogni cosa. Il plexiglass posto al di sopra del frutto essicato e dimezzato protegge e segna il confine, il limite per le virtù di un tempo conclusivo. «[…] le cose sono nel lavoro del seme […]»
La visione di questa mostra lascia senza parole, un po’ perché questa alchimia ci riguarda, riferendoci soprattutto a quel percorso che già C. G. Jung nominava processo di individuazione cioè il processo di formazione e di caratterizzazione dei singoli individui, e in particolare lo sviluppo dell’individuo psicologico come essere distinto dalla generalità, dalla psicologia collettiva. Consiste infatti nell’avvicinamento dell’Io con il proprio Sé, il cui risultato è un viaggio verso una maggiore consapevolezza.
Carl Gustav Jung ha dedicato la propria vita allo studio della psicologia e dell’antropologia e quando oggi si parla di risveglio della coscienza, ad esempio il concetto di “sincronicità” ci si riferisce a momenti straordinari in cui il mondo esteriore riflette, chiaramente, quello interiore visibile attraverso eventi, cose e persone che arrivano nella nostra vita. Tutto sembra essere mosso da un principio più profondo che opera in qualunque cosa esistente.
Jung aveva ben capito che niente è lasciato al caso e che esistono percorsi di crescita e consapevolezza che variano sì da persona a persona, ma ci accomunano. Si dice che l’artista sia tale quando maggiormente ha la capacità di pescare nelle profondità inconsce comuni all’intera umanità, cioè se vogliamo, abbia la facoltà di esprimere, in un linguaggio universale come quello figurativo, percorsi simbolici archetipici.
Da dove venga questa magia delle immagini che ci attrae, ci ipnotizza o ci disgusta ce lo possono chiarire i recenti studi dei neuro/scienziati, in particolare Giacomo Rizzolatti il cui nome è legato alla scoperta dei neuroni specchio all’interno della corteccia motoria del cervello. Questo ci ha permesso di spiegare a livello neurologico il meccanismo dell’empatia, non solo tra le persone ma anche attivato dalle immagini, artistiche o meno, astratte o meno, che non solo accendono nel pubblico emozioni simili a quelle di chi le ha prodotte, ma attivano percettivamente nello spettatore anche le aree motorie che controllano l’esecuzione dei gesti che hanno prodotto quelle stesse immagini.
Questa è anche la tesi di fondo dell’interessante volume di Horst Bredekamp – Immagini che ci guardano – (Cortina editore 2015). La forza intrinseca di un’opera l’enargeia (in greco antico ἐνάργεια) di cui parla il citato Aristotele nella Retorica, sostiene Bredekamp nella sua teoria dell’atto iconico, ha la capacità di legare a sé lo spettatore.
Jean Baudrillard, critico e teorico della postmodernità e della società simulacro, ha introdotto l’ipotesi secondo la quale il Reale o il principio di “realtà” viene cortocircuitato dall’intercambiabilità dei segni in un’era i cui gli atti comunicativi e semantici sono dominati dai media elettronici e dalle tecnologie digitali, mentre l’eccessivo bombardamento di messaggi anche contraddittori, producono indifferenza, distacco, passività e l’agonia del reale, del razionale viene sostituita dall’era della simulazione che produce una sorta di intossicazione estetica. Ben vengano allora gli artisti a liberarci da questa sudditanza, da questa intossicazione.
Il Postmodernismo, durato sembra circa un quarantennio, ci ha fatto assistere al crollo dei miti, della fine della storia e, si diceva, alla fine dei conflitti, nell’esaltazione del valore dell’individuale in opposizione al sistema. Ci siamo trovati invece in un contesto fortemente caratterizzato da trasformazioni globali e rapide, mentre i confini fra le genti e le nazioni diventavano sempre più fragili e stabile teatro di massicce tragedie umanitarie. La Realtà stessa però non è scomparsa come previsto dai postmodernisti, ma improvvisamente è stata in grado di darci un’ulteriore terribile lezione nelle cambiate condizioni materiali di vita, spogliate dell’ideologia del progresso e di uno sviluppo sostenibile ed estendibile a tutti, divenuti inermi spettatori ad osservare le contraddizioni e depredazioni di un capitalismo che ha solo cambiato forma.
Meglio ascoltare il Morpheus di Matrix quando ci dà il benvenuto nel deserto del reale e ci chiede quale scelta vogliamo fare della nostra vita (la pillola azzurra o quella rossa?) poiché siamo forse lontani dall’occhio nel triangolo di un Super Io nella rappresentazione iconografica della coscienza cristiana dell’ottocento, ma troppo vicini all’occhio elettronico del supercomputer HAL 9000 di Stanley Kubrick, al quale temiamo di aver affidato totalmente la responsabilità di decidere autonomamente della nostra sorte.
Solo un’autorevole citazione può forse alleviare la diffusa angoscia riguardo a quello che viene chiamato comunemente transumanesimo e fornirci una valida comprensione ed una prospettiva auspicabile per il futuro verso – un “Cambiamento di rotta” – La creatività richiede il coraggio di abbandonare le certezze – (Erich Fromm) dal capitolo con questo intrigante titolo “La mia quarta vita” (pag 226) del libro Silicio di Federico Faggin, che ha avuto anche un grande interesse di pubblico.
Per chi non lo conoscesse il fisico Federico Faggin, italiano ma naturalizzato statunitense dal 1968 – capo progetto e progettista dell’Intel 4004 e responsabile dello sviluppo dei microprocessori 8008, 4040 e 8080 e delle relative architetture, praticamente l’inventore del primo microprocessore al mondo, che ha consentito di miniaturizzare la tecnologia – Ebbene lui nel 2011, ha creato la Faggin Foundation che si occupa di studiare la coscienza e il libero arbitrio; tematiche ancora inesplorate dalla fisica perché considerate più filosofiche, risultano invece compatibili con la fisica quantistica.
Sorprendentemente quindi, troviamo in uno scienziato quella spiritualità che ci serviva sapere per cominciare a cambiare paradigma, e che ci ricorda che siamo collegati a quel continuum di specie che va dall’uomo ai batteri, cioè quel concetto di panpsichismo, che tra l’altro è antichissimo, per renderci conto finalmente di quel senso di appartenenza che collega l’umanità intera ed all’Universo.
Ecco allora che Marisa Zattini, artista ma anche molto altro (biografia qui sotto) ci parla di spiritualità ed il testo di Janus – Marisa Zattini sulle tracce di Efesto (Torino 2014, scritto per la mostra Muster // Trame, tenutasi a Kassel, in Germania) del quale citiamo alcuni brani, ce la presenta –
(…) sotto un punto di vista che potremmo chiamare della psicoantropologia, della mescolanza che esiste sempre tra l’immaginario ed il reale, tra l’interno e l’esterno; vogliamo parlare della sua rara capacità di passare rapidamente da una scala mentale ad un’altra, ma l’enunciazione del solo nome non basta, è necessario aggiungere altri particolari. È architetto, ed è soprattutto un architetto dell’utopia: costruisce con la sua immaginazione palazzi magici che non hanno tempo, che corrono veloci per lo spazio, che hanno la particolarità d’essere fantastici e concreti nello stesso tempo. Sono essenzialmente costruzioni mentali. (…) Marisa Zattini ha il gusto della cultura come se fosse un frutto esotico e questo la rende subito diversa dagli altri. Ama il dinamismo della cultura, ma anche l’aspetto eclettico ed esoterico della cultura, l’aspetto grave e l’aspetto ludico, l’aspetto enciclopedico e l’aspetto aneddotico che compongono, con leggerezza e con gravità, la sua architettura immaginaria. (…) Le sue opere sembrano uscite un momento prima o da un terremoto o dalle fiamme di un forno incandescente. Sono opere impulsive. Sono un’emozione inaspettata, primitiva. Sprigionano scintille intorno alle loro forme. Come tutte le cose che fa con il consueto entusiasmo, anche le sue ceramiche hanno un carattere frenetico ed impetuoso, possiamo paragonarle ad una specie di giostra, impaziente d’andare sempre più lontana nello spazio. (…)
La mostra è visitabile dal lunedì al venerdì dalle 11.00 alle 18.00 (chiusura biglietteria ore 17.15), sabato e domenica dalle 10.30 alle 19.00 (chiusura biglietteria ore 18.15). Per info: 0541 926967 info@sanleo2000.it
Enti Promotori: COMUNE DI SAN LEO – San Leo 2000 Servizi Turistici
Organizzazione: IL VICOLO – Sezione Arte Società di Servizi Culturali & Progetti Espositivi – t 0547 21386 – arte@ilvicolo.com
Catalogo (bilingue): “BOTANICA CELESTE – Nel segno di Federico da Montefeltro”
2022 – IL VICOLO Editore (bilingue: italiano, inglese)
MARISA ZATTINI nata a Forlì il 13 ottobre 1956, già artista e architetto, ha realizzato mostre personali in spazi pubblici, in Italia e all’estero (Svezia, Inghilterra, Germania e Grecia) a partire dal 1976 e pubblicato cataloghi monografici, con alcune sue poesie. Sul concetto di identità e sulle riflessioni filosofiche legate al tema del vuoto e del pieno ha realizzato una inedita e originale triplice partitura espositiva denominata DOPPIO PANICO! – L’arte di vivere (2009), Metamorphosi (2011) e Autoritratto (2013) coinvolgendo 33 artisti del territorio, producendo originali lavori scultorei, ceramici e fotografici, esposti nella suggestiva sede dell’Oratorio di San Sebastiano, a Forlì. Nel 2014 è stata invitata dalla Provincia di Kassel ad esporre il ciclo “Ali”, opere ceramiche (in 3° fuoco) realizzate nel 1990: un progetto a 4 mani con l’architetto Augusto Pompili. Sempre nel 2014 e 2015 la mostra “Di-segni” o dell’indole della Res è stata itinerante nelle sedi pubbliche del MODERNARTMUSEUM di Ca’ la Ghironda (Zola Predosa, Bologna), Bertinoro (Rocca Vescovile, Museo Interreligioso), Santarcangelo di Romagna (Grotta monumentale) e a Gallarate (Teatro del Popolo). Nel 2015 il ciclo di opere “Ali selvatiche” è stato ospitato nelle sale della Biblioteca Comunale “Maria Goia” di Cervia (Ravenna). Una selezione di questi ultimi cicli di lavori sono stati ospitati, nel 2016, presso l’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA di Atene e, parallelamente, nelle sale della TECHNOHOROS ART GALLERY. Nel 2017, con la mostra “Agricoltura Celeste”, ha riunito una selezione di opere appartenenti ai cinque cicli realizzati fra il 2012 e il 2017, itinerante in quattro sedi pubbliche italiane: Cervia (Magazzini del Sale Torre), Rovereto (Biblioteca Tartarotti, MART), Montefiore Conca (Rocca Malatestiana), Rimini (Biblioteca Gambalunga, Sale antiche).
Nel 2017 oltre 40 opere sono state esposte al Castello di Fachsenfeld, in Germania. Del 2018 è la personale “Metamorphica” allestita nella Moschea Yeni Camii, a Salonicco, organizzata dalla TECHNOHOROS ART GALLERY, con il coinvolgimento dell’Istituto Italiano di Cultura di Atene e dell’Ambasciata Italiana, mostra resa itinerante a Cesena, in due sedi: nella Sala Piana della BIBLIOTECA MALATESTIANA e nella CHIESA DI SAN ZENONE. A seguire, nello stesso anno, la mostra Alberi – Eretici/ermetici allestita a Forlì nell’Oratorio di San Sebastiano e, nel 2019, a Matera (Capitale Europea della Cultura), a Casa Cava, nel Sasso Barisano. È del 2019 “Alchemica – Trasmutazioni fra Arte e Natura” allestita nelle sale dell’Antica Farmacia del Museo Nazionale di Ravenna, curata da Emanuela Fiori. Nel 2020 “Alberi – The Aleph Beth of Nature” è stata ospitata nella Chiesa della Natività a Roma, nella Chiesa di Santa Cristina, a Cesena e, nel 2021 a Camaldoli, nella Cappella dello Spirito Santo, per la cura di p. Matteo Ferrari, curatore anche della personale “Hermetica” allestita, nell’estate 2021, nelle Sale dell’antica Farmacia di Camaldoli.(Recensita dal nostro giornale, cfr.- https://www.aboutartonline.com/riaperture-al-dialogo-tra-arte-e-spiritualita-alberi-the-aleph-beth-of-nature-di-marisa-zattini/
E’ inoltre stata itinerante a Perugia, nella Sala Baratta del Convento di San Francesco del Monte, a Monteripido e a Roma, nel Circolo del Ministero degli Esteri. Ora, ancora per pochi giorni (fino al 17 settembre) è in corso all’Abbazia di Pomposa, Sala del refettorio Codigoro (FE) – con il titolo – “ALLE ORIGINI DEL MONDO”. All’inaugurazione, in presenza dell’artista, sono intervenuti l’architetto Serena Ciliani, Direttore dell’Abbazia di Pomposa e curatrice della mostra e don Stefano Gigli, padre spirituale dell’Abbazia. Orari: dal martedì alla domenica 8:30 – 19:30 (chiusura biglietteria ore 18:45).
Catalogo: “ALBERI. Alle origini del mondo” 2023 – Editrice – www.ilvicolo.com
Carla GUIDI Roma 10 Settembre 2023