di Claudio LISTANTI
Anche quest’anno siamo giunti in prossimità del periodo pasquale. Per chi ama la Grande Musica, da sempre, in questa parte dell’anno si tende a rivolgere l’attenzione ai grandi capolavori che musicisti di tutti i tempi e appartenenti a diverse culture ed espressioni artistiche, hanno prodotto prendendo ispirazione dalla spiritualità e dal misticismo che questo periodo dell’anno evoca.
Sterminato è il numero delle opere musicali prodotte da tutti quei compositori la cui capacità creativa è stata stimolata dai contenuti spirituali della Pasqua. Fare un elenco è praticamente impossibile; per completarlo sarebbe necessario molto tempo e la disponibilità di centinaia e centinaia di fogli di carta.
Come stiamo facendo da qualche settimana, per alleviare gli inevitabili disagi di tutti gli appassionati di musica, cerchiamo di stimolare la loro fantasia dedicando le nostre colonne ‘virtuali’ ad alcune di quelle musiche ispirate agli avvenimenti della ‘Settimana Santa’. Due sono le principali fonti che hanno dato favorito agli stimoli artistici di molti musicisti lo Stabat Mater e la Passione di Cristo.
A Jacopone da Todi è attribuito nel XIII secolo il testo dello Stabat Mater, una preghiera che può essere considerata più propriamente una ‘sequenza’ liturgica di stile medioevale. Il contento è molto noto perché è entrato nella liturgia cristiana non solo nei riti e nelle funzioni della Settimana Santa e del Venerdì Santo come la Via Crucis ma anche nel venerdì antecedente la Domenica delle Palme e addirittura, facoltativamente, per le funzioni del 15 settembre quando si celebra la figura di Maria Addolorata.
La preghiera consta di due parti. La prima che inizia con le parole Stabat Mater dolorósa è una evocazione dei dolori e delle sofferenze spirituali che Maria, madre di Gesù, prova durante il dramma della Crocifissione. La seconda parte inizia con le parole Eia, mater, fons amóris tramite le quali chi prega chiede a Maria di partecipare idealmente al suo dolore.
Come tutte le preghiere, anche lo Stabat, ha immensi valori prettamente spirituali e mistici ed ha stimolato l’estro compositivo di una larga parte di musicisti di tutti i tempi che hanno valorizzato questi incontrovertibili aspetti interiori. Le prime testimonianze di musiche ispirate alla poesia dello Stabat iniziano dalle fine del ‘200 ispirando anche una sequenza del Canto Gregoriano
Canto Gregoriano – ‘Stabat Mater dolorósa’– Completorium Cassoviense – Cappella dei SS. Michal Archangel, Košice, Hlavná ulica.
Alcuni libri di Storia della Musica ci dicono che ogni poggi probabilità sono più di 400 i compositori che si sono cimentati con questo splendido testo.
Tra questi si possono ricordare grandi nomi come Giovanni Pierluigi da Palestrina, Alessandro Scarlatti, Giovanni Paisiello, Saverio Mercadante, Antonio Salieri, Antonio Vivaldi, Domenico Scarlatti, Gaetano Donizetti, Gioachino Rossini, Tommaso Traetta, Giuseppe Verdi (all’interno dei Quattro pezzi sacri), senza dimenticare Antonín Dvořák, Francis Poulenc, Zoltán Kodály e Krzysztof Penderecki di cui cogliamo l’occasione per ricordare la sua arte dopo la recente scomparsa del 29 marzo scorso. Terminiamo questo, purtroppo necessario e lacunoso elenco, ricordando lo Stabat Mater più intenso e degno di fascino di tutta la Storia della Musica, quello di Giovanni Battista Pergolesi la composizione che ha mantenuto vivo il ricordo del musicista di Jesi fino a quando la sua città, per celebrare i 300 anni dalla sua nascita, ha riproposto il pressoché integrale catalogo.
Lo Stabat Mater è una delle ultime opere di Pergolesi. Non si può parlare in senso stretto di ‘maturità artistica’ perché il musicista, come è noto, morì giovanissimo a 26 anni nel 1736. Lo Stabat, comunque, può essere considerato lo straordinario punto di arrivo di una carriera durata il breve spazio di sei-sette anni ma che comunque ha avuto una evoluzione stilistica. La composizione, scritta per orchestra d’archi, soprano e contralto, possiede uno straordinario ‘lirismo’ ed ha momenti particolarmente drammatici e teatrali con molta evidenza derivati dallo stile ‘operistico’ come dimostra anche l’utilizzo delle due voci utilizzate spesso in duetto, ben 7 volte su dodici numeri complessivi.
E’ avvolta nell’alone romantico, sicuramente frutto di una leggenda che vuole la composizione ultimata nello stesso giorno della sua morte, avvenuta il 16 marzo 1736. Questo elemento ci permette di considerare che fin da quell’epoca questo capolavoro ebbe la considerazione del mondo musicale di allora. Perfino il grande Bach ne era ammiratore, utilizzandola come parafrasi per il motetto a due voci Tilge, Höchster, meine Sünden BWV 1083.
Giovanni Battista Pergolesi – Stabat mater dolorosa – Judith Raskin soprano – Maureen Lehane mezzosoprano – Orchestra Rossini Di Napoli Direttore Franco Caracciolo.
Altro elemento fondamentale della musica per la Settimana Santa è quello del racconto e della evocazione della Passione di Cristo. Questo aspetto ha avuto grande risalto a partire dalla metà del ‘600 corrispondente al periodo barocco per giungere fino alla metà del secolo successivo.
La ‘Passione’ come genere musicale prevedeva l’utilizzo di coro, solisti e orchestra e aveva lo scopo di evocare la spiritualità e gli avvenimenti relativi agli ultimi momenti della vita di Cristo che con un rapido susseguirsi di drammatici episodi portarono al suo arresto, alla morte ed infine alla resurrezione, come narrato nei Vangeli.
Nell’ambito di questo genere possiamo elencare due tipi di ‘Passione’ in musica classificati con due termini che a prima vista possono risultare simili, se non uguali, ma che sono profondamente assai diversi tra loro: la ‘passione oratorio’ e la ‘passione oratoriale’.
La prima è un oratorio elaborato su un testo poetico ispirato al tema della passione di Cristo ma del tutto lontano dalla narrazione dei fatti contenuti nel Nuovo Testamento. Nella seconda, invece, c’è una aderenza completa ai testi dei Vangeli prendendo come modello quanto scritto da uno dei quattro evangelisti, base perfetta per la narrazione che è affiancata da altri interventi letterari. In definitiva il primo genere ha trovato terreno fertile nella cultura cattolica, quindi soprattutto italiana, mentre il secondo è stato utilizzato dai cristiani seguaci della riforma luterana.
La ‘Passione Oratorio’ può essere considerata una emanazione della ‘Cantata’ barocca che sfociò nel genere ‘oratorio’ che ebbe nella Roma del ‘600 la sua culla ideale. E’ una sorta di melodramma spirituale contenente una o più azioni sacre senza la necessità di essere introdotto nelle celebrazioni liturgiche ma piuttosto utile a scopi devozionali o commemorativi. Grandi esempi di questo genere sono gli oratori della seconda metà del ‘600 di Alessandro Stradella come ‘Ester liberatrice del popolo ebreo’, ‘Sant’Editta, vergine e monaca, regina d’Inghilterra’, ‘San Giovanni Chrisostomo’ ed il suo capolavoro San Giovanni Battista. E ancora Alessandro Scarlatti che a fine ‘600 primi ‘700 scrisse ‘Giuditta’, l’Oratorio per la Santissima Annuntiata’, la ‘Cantata per l’assunzione della Beatissima Vergine’ e ‘Il martirio di Santa Cecilia’.
Per maggiore comprensione di quanto detto vorremmo mettere in evidenza un chiaro esempio di Passione Oratorio, La sete di Christo di Bernardo Pasquini recentemente riproposta al pubblico degli appassionati e degli addetti ai lavori grazie alla preziosa iniziativa del musicista e direttore Alessandro Quarta che assieme all’ensemble Concerto Romano da lui stesso fondata, ha eseguito l’oratorio in diverse esecuzioni pubbliche seguite anche da una altrettanto importante edizione discografica pubblicata dalla casa Christoforus.
Bernardo Pasquini, toscano di nascita (1637) ma morto a Roma nel 1710, fu attratto dall’ambiente musicale romano vera ‘fucina’ musicale dell’epoca e, nella sua opera, si intravede piuttosto chiaramente l’insegnamento dei prima citati Alessandro Stradella e Alessandro Scarlatti. Fu quindi ben inserito in quella irripetibile stagione del Barocco musicale romano che ebbe come fondamentali mecenati personaggi storici come la regina Cristina di Svezia e il cardinale Pietro Ottoboni.
La sete di Christo fu scritto nel 1689 su libretto di Nicolò Minato e creato per la celebrazione degli esercizi spirituali della quaresima. E’ diviso in due parti e prevede la presenza di quattro personaggi: la Vergine, San Giovanni, Giuseppe D’Arimatea e Nicodemo. La partitura conferisce all’azione una ‘tensione’ che potremmo definire ‘teatrale’ dove ariosi e arie si alternano a pezzi di insieme, duetti, terzetti e concertati. Fulcro dell’oratorio è il momento nel quale Gesù pronuncia la quinta delle sette parole proferite sulla croce ‘Sitio’ (“Ho sete”).
Bernardo Pasquini – La sete di Christo – Recitativo ‘Sitio. Sentiste? (Testo: Voce di Christo Sitio!/Vergine Sentiste?/Giovanni Sentii/Giuseppe Sentii/Giovanni Egli esclamò ch’ha sete/Giuseppe Ahimè che miro? Sponga intinta nel fiele e ne l’aceto gli porgono i Giudei?/Nicodemo Oh scellerati o rei!/Vergine La gustò, e la ricusa il labbro sitibondo/Vergine, Giovanni, Nicodemo Acqua non v’è per chi die’ l’acqua al mondo/Giuseppe Se pur tu quel signore il di cui spirto passeggiava su l’acque? E non hai poche stille, hor che son le tue labbra inaridite?/Vergine, Giovanni L’acque che tu creasti ove son gite?)
Francesca Aspromonte La Vergine, Francisco Fernández-Rueda San Giovanni, Luca Cervoni Giuseppe, Mauro Borgioni Nicodemo/Christo) Concerto Romano Direttore Alessandro Quarta. Edizione Christophorus (CHR77398)
Iniziano poi una serie di meditazioni che terminano con la morte di Cristo e con il drammatico Recitativo e Aria della Vergine
Bernardo Pasquini – La sete di Christo – Aria Piangi, Maria (Testo: Piangi, Maria. Acqua e sangue stilla esangue. Il mio figlio, il mio Dio, l’anima mia. Piangi. Maria)
Francesca Aspromonte La Vergine, Concerto Romano Direttore Alessandro Quarta. Edizione Christophorus (CHR77398).
La Passione oratoriale, come anticipato, non ha le radici nell’oratorio di origine italiana ma nell’essenza del rito di stampo luterano nel quale era di complemento ed integrazione al testo canonico. In esso rilevante è il ruolo dell’Evangelista che enuncia frasi direttamente dai vangeli e eseguiti come recitativi secchi. La lettura dei brani ispirano momenti di riflessione e misticismo estrinsecati con arie solistiche con da capo e l’utilizzo massiccio del coro che assume ruolo di vero e proprio protagonista ma sotto tre forme: come personaggio collettivo (esempio scene di popolo o turba), come collettività umana e come comunità di fedeli. Quest’ultimo aspetto è realizzato con l’utilizzo dei corali luterani.
Grande autore di questo genere di oratorio è stato Johann Sebastian Bach che per la liturgia scrisse numerosi oratori dedicati al Natale, alla Pasqua e all’Ascensione e appunto le Passioni. Di queste ce ne sono pervenute integre solo due: La Johannes-Passion (Passione secondo Giovanni) BWV 245 la cui prima esecuzione accertata è del 1724 e la Matthäus–Passion (Passione secondo Matteo) BWV 244, del 1729, basata sui versi dei capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo. Considerando che nel necrologio che il figlio Carl Philipp Emanuel dedicò al padre dopo la morte, riferisce che Johann Sebastian scrisse cinque passioni, si può ragionevolmente pensare che le altre tre sono la Markus-Passion della quale ci sono pervenuti solo alcuni brani perché il resto è andato perduto, la Lukas-Passion ma considerata spuria da tutti gli storici oltre ad un’altra passione della quale non si conosce il contenuto se non un presunto libretto di Picander.
La Johannes e la Matthäus sono considerate tra i più grandi capolavori non solo della musica di Bach ma di tutta la Storia della Musica. La Matthäus-Passion è basata sui versi dei capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo; è la più teatrale ed anche la più estesa quantitativamente. ‘Vistosa e spettacolare’ la definisce Alberto Basso nel suo libro su Bach, elementi messi in evidenza dalla struttura stessa della partitura scritta per doppio coro orchestra e solisti. Tutto è di straordinario effetto drammatico e trascinante soprattutto quando c’è la contrapposizione dei cori; di grande fascino sono i corali che danno spessore al misticismo del momento religioso. Qui proponiamo l’ascolto del corale finale Wir setzen uns mit Tränen nieder (Trad. ‘Ci sediamo tra le lacrime’)
J.S.Bach – Matthäus Passion – Wir setzen uns mit Tränen nieder – Münchener Bach-Chor, Münchener Bach-Orchester direttore Karl Richter.
La Johannes-Passion, basata sui versi del Vangelo di Giovanni nei capitoli 18 e 19, al contrario, è una composizione rivolta alla spiritualità dei contenuti della Settimana Santa ed al suo tragico epilogo. Intimista si può definire perché interamente rivolta all’essenza spirituale del testo riuscendo a stimolare la meditazione e l’approfondimento da parte dell’ascoltatore. Nel complesso è più contenuta quantitativamente, elemento che le dona quel necessario carattere ‘essenziale’ che è la base dell’enorme gradimento che il pubblico le riserva ad ogni sua esecuzione. Della Johannes proponiamo il corale iniziale ‘Herr, unser Herrscher’ (Trad. Signore, nostro Sovrano)
J.S.Bach – Johannes Passion – ‘Herr, unser Herrscher’ – Staats und Domchor Berlin – RIAS Kammerchor – Akademie für Alte Musik Berlin. Direttore René Jacobs.
Nei paesi tedeschi le due passioni bachiane sono tradizionalmente inserite nella liturgia della Settimana Santa. La Matthäus Passion è collocata nelle funzioni della Domenica delle Palme mentre la Johannes-Passion in quelle del Venerdì Santo seguendo uno schema proveniente dai tempi di Bach.
Vogliamo concludere questo nostro piccolo ‘excursus’ nella musica ispirata alla Pasqua citando una delle opere più conosciute al mondo: il Parsifal di Richard Wagner. Il mito del ‘puro folle’ destinato a recuperare il Graal, il calice con cui Cristo bevve nell’Ultima Cena e la Lancia Sacra che ferì Gesù sulla Croce, è molto sentito nella tradizione culturale e musicale tedesca. Il Venerdì Santo tutti (o quasi tutti) i teatri lirici più importanti propongono solitamente al pubblico una recita di Parsifal. Quest’anno tale tradizione sarà molto evidentemente interrotta.
Noi vogliamo però ricordarla mettendo a disposizione le nostre colonne ‘virtuali’ per proporre l’ascolto del Preludio all’atto primo di questo straordinario capolavoro in una esecuzione del nostro grande Arturo Toscanini che fu il primo direttore non tedesco italiano ospite del Festival di Bayreuth, con il quale iniziò una collaborazione nei primi anni ’30 dello scorso secolo ma che interruppe immediatamente a causa delle intemperanze politiche di Hitler contrarie al suo dichiarato pensiero antifascista. Fu un peccato perché le sue interpretazioni wagneriane erano particolarmente stimate dai responsabili di questo importante Festival.
Nel documento sonoro che proponiamo appare evidente il carattere spiccatamente ‘eroico’ che il direttore trasfuse nella sua interpretazione regalando così una lettura convincente del temperamento e dello spirito del personaggio.
Richard Wagner Parsifal – Preludio Atto I – Nbc Symphony Orchestra. Direttore Arturo Toscanini
A tutti i nostri lettori segnaliamo che ogni approfondimento di tutto quanto abbiamo esposto, in mancanza di materiale disponibile in un periodo di forzata permanenza a casa, si può effettuare utilizzando il canale youtube molto ricco di testimonianze sonore. A tal proposito, soprattutto per la Settimana Santa, sono preziose le trasmissioni radiofoniche di Rete Toscana Classica il cui streaming è fruibile gratuitamente connettendosi al loro sito internet. Nel palinsesto della settimana di Pasqua è prevista molta musica sacra, e soprattutto le collocazioni tradizionali delle due passioni bachiane e, naturalmente, una esecuzione integrale del Parsifal wagneriano per la sera del Venerdì Santo.
Claudio LISTANTI Roma 5 aprile 2020