di Clovis WHITFIELD
Nuova Versione ampliata in Italiano (by C. Whitfield)
La recente pubblicazione, da parte del Dr Sergio Rossi, su Aboutartonline a proposito del Ragazzo morso dal ramarro (o lucertola, come apprendiamo), con una terza versione del soggetto che compete per essere riconosciuta, ci ricorda le circostanze di Caravaggio, non appena che si è messo a lavorare in proprio, e ci conferma quello che si sarebbe dovuto riconoscere tempo fa, che questi quadri sono i ritratti che faceva prima di essere assunto dal Cardinale del Monte.
Sia Gaspare Celio nella sua Vita di Caravaggio MS, 1614, (pubblicato da Riccardo Gandolfi in Storia dell’Arte 151/152, Nuova Serie,1/2, 2019, p. 137-151), quanto anche Baglione fanno cenno a questi ritratti e non sono rappresentazioni di personaggi, come viene creduto in tempi moderni. Ma perlustrando le fonti seicentesche, ad esempio il Vocabolario Toscano dell’ arte del disegno di Filippo Baldinucci (Firenze, 1681,ad vocem : ritrarre) egli non ne menziona il senso moderno, perché allora questo significava dipingere dal vero ‘ da nostri artefici si usa quella voce per lo dipingere dal naturale’ , e questo è il significato anche presso L. Molossi, Nuovo elenco di voci e maniere di dire, (Parma 1839/41, p. 814) che lo vede lo Dipingere dal naturale. Lo stesso Giulio Mancini, nel portare a termine il suo Considerazioni sulla pittura, ed. nei nostri tempi da L. Salerno e P. Barocchi ed.1956) scrive nel 1621 di questo Finij quella cosa della Pittura ma non ho fatto i ritratti, le copie di queste pitture antiche.
Il gruppo di dipinti, non solo quelli del soggetto del Ragazzo morso dalla lucertola erano al centro e origine della fama di Caravaggio per l’invenzione di queste tele insolite, dipinte tutte dal naturale, e palesemente la ragione per l’entusiasmo suscitato per queste rappresentazioni incredibili del vero sconosciuto. Gaspare Celio ci dice infatti che Del Monte voleva assumere un giovane pittore ‘un giovanetto che gli andasse copiando alcuna cosa’, ed è d’obbligo di sottolineare che egli voleva fargli copiare ‘alcuna cosa’, vale a dire oggetti piuttosto che personaggi. Si consideri anche gli esempi geologici che si trovano in primo piano all Fuga in Egitto Doria per capire che si faticava per inserire elementi dal vero nelle sue invenzioni.
Questa ossessione è il filo conduttore sin dall’arrivo in Roma, come ci racconta Van Mander nel 1603 (Caravaggio) è faticosamente uscito dalla povertà mediante il lavoro assiduo, tutto afferrando e accettando con accorgimento e ardire, secondo fanno alcuni che non vogliono rimanere sotto per timidezza e pusilanimità, bensì si spingono avanti franchi e senza vergogna e dappertutto cercano audacemente di loro vantaggio; il che avviene jn modo onorevole e senza pregiudizio della cortesia, non è poi tanto da biasimare: la fortuna infatti spesso non si offre a noi, bisogna rovesciarla, stuzzicarla, tentarla (Het Schilderboek, 1603, tradotto da S Macioce, Caravaggio, Documenti, p. 309), [ Caravaggio] non esegue un solo tratto senza farlo direttamente dal modello vivo.
Sappiamo, dalla testimonianza di Guercino in una comunicazione orale a G.C.Malvasia, (L. Marzocchi Scritti originali del Conte Carlo Cesare Malvasia spettanti alla sua Felsina Pittrice, Bologna [1983] che il Cardinale aveva acquistato, all’ insaputa di Caravaggio, la Caraffa di fiori che egli aveva dipinto. Era una tela dello stesso taglio (due palmi) dei Ragazzo morso dalla lucertola, e secondo la voce di Guercino l’autore, correggendo l‘attribuzione presunta ad un’altra mano, gli avrebbe eseguito altri quadri della stessa invenzione (il che è poi capitato). La trasformazione in casa Del Monte era di estendere questa tecnica anche ai personaggi, e non solo agli strumenti musicali, che l’artista ha saputo presentare colla stessa fedeltà dei ‘ritratti’ ma accompagnando anche le somiglianze dei modelli che si presentavano per uno studio ravvicinato.
Dal Vasari in poi ci sono numerosi citazioni di questo genere di ritratto. Questi spesso adopera ritrarre per denominare il copiare delle opere di altri artisti “Anche più spesso Vasari lo usa per il copiare direttamente dalla natura” (David J Cast, Vasari’s Vocabulary, Ashgate Research Companion to Vasari, 2014 p. 224). Forse la menzione più nota, anche qui generalmente malintesa, è quella del Baglione nella sua Vita di Caravaggio, dove cita gli inizi della sua attività romana, quando avrebbe eseguito dei quadri nello specchio ritratti,
Et il primo fu un Bacco con alcuni grappoli d’uve diverse, con gran diligenza fatte; ma di maniera un poco secca. Fece anche un fanciullo, che da una lucerta, la quale usciva da fiori, e da frutti, era morso; e parea quella testa veramente stridere, e il tutto con diligenza era lavorato (Vite 1642, p. 137).
Questa menzione è inserita nella Vita proprio prima della lunga sua descrizione dei due quadri musicali I Musici e il Suonatore di liuto, eseguiti ci dice nella casa di Del Monte (e ci è lecito supporre che il tema quanto gli strumenti stessi venivano propostogli dal Cardinale stesso) Anche quando Caravaggio fece fino a una ventina di ritratti di amici (ad esempio l’oste che gli aveva dato alloggio, poi il Priore dell’Ospedale S. Maria della Consolazione, Pietro Bianchi – ‘che se lo portoni Sicilia sua patria’) fino all’orlo del secolo quello del poeta Marino. La mancanza di esempi sopravissuti rende difficile dire se egli si serviva della stessa tecnica quanto i ritratti di cose dal naturale, come ad esempio il Ragazzo con un vaso di fiori, la Caraffa di fiori posseduto da Del Monte, il Ragazzo morso dalla lucertola e forse altri soggetti scomparsi. All’ epoca non avevano gran pregio, e di seguito nel Seicento non arrivavano a prezzi alti. Purtroppo non tutti gli esemplari di questo genere, con cui Caravaggio arrivava a fare tanto effetto sono arrivati alla nostra epoca.. Ma la Caraffa di fiori di Del Monte, che sparisce dopo la vendita dei quadri della casa nel 1628, non è del tutto sconosciuta, nel senso che si capisce che il pittore gli avrebbe fatto altri esemplari, come narrava Guercino. Nel quadro del Suonatore di liuto figura effettivamente un ‘quadro riportato’ delle dimensioni dell’ originale. Possiamo vederne comunque diversi esemplari di questi ritratti, ed è per questa ragione che la pubblicazione del terzo Ragazzo morso dalla lucertola è così gradita. Sono evidentemente del periodo prima del invito a Palazzo Madama, sono talmente ‘repliche’ della sua propria mano che è inutile cercare quale ne sia la prima, e susseguono ai molteplici Ragazzo che monda la frutta in una rapida padronanza della sua tecnica.
La mancanza di un intendimento dell’ attività precaria dopo l’arrivo a Roma l’inverno del 1595/96, è stata favorita dalla insistenza di Longhi che l’artista era così originale che non avrebbe mai ripetuto un soggetto, una convinzione che non ha resistito al tempo. È rassicurante constatare che il dono che il pittore possedeva per cogliere queste realtà viene dal suo intimo genio, anche quando poi i suoi contatti con gli entusiasti di Palazzo Madama hanno inciso sulla sua scelta di soggetti.
Questa specialità era evidentemente già presente durante il soggiorno offerto dal Monsignor Pucci, quel maestro detto dell’ Insalata, anche perché participe nella fondazione della SS Trinità dei Pellegrini, la prima tappa del soggiorno romano a partire dall’incontro con Prospero Orsi, molto probabilmente dopo i giorni offerti dall’ Ospizio della SS Trinità dei Pellegrini, di cui Pucci era frequentatore. Mancini ci tramanda che i quadri che ha fatto ‘per vendere’ comprendevano il Ragazzo morso dalla lucertola e il Ragazzo che monda la frutta, e ci parla anche del prezzo del primo, 15 giulii (uno scudo e mezzo) a prima tappa del soggiorno a partire dall’incontro con Prospero Orsi, che ha anche ospitato il pittore. La vendita per quindici giuli del Ragazzo morso dalla lucertola ‘…fu causa che, vendutolo, e preso animo da poter viver da se, si partì da quel suo scarso maestro e padrone. Secondo Mancini, stette presso Pucci ‘diversi mesi’ e si capisce che questo soggiorno, benché il Monsignore non s’interessava dell’arte, era tranquillo abbastanza per permettergli di dedicarsi ai suoi ‘ritratti’. Invece già viene notato a questo punto anche da Giuseppe Cesari, il quale si esprime, sempre secondo Mancini (Considerazioni, p. 220) ‘vuol che ritratti’ ed era il momento prima di quando il pittore veniva invitato a stare in casa dai Cesari, un soggiorno che durò otto mesi.
La compagnia contava Cesare Crispolti, principe della perugina Accademia degli Insensati il quale possedeva uno dei Ragazzi morsi dalla lucertola, e anche il Ragazzo che monda la frutta, inoltre Aurelio e Prospero Orsi (presso cui Caravaggio ha anche alloggiato), il vicino Maffeo Barberini futuro Papa Urbano VIII, nel Palazzo Grande di famiglia, in Via dei Giubbonari dove gli Insensati tenevano le loro riunioni, Gaspare Murtola, Giovanni Battista Lauri, che certamente si sono meravigliati. Il Cesari avrà acquistato durante questo periodo il Bacco e il Ragazzo col cesto di frutta, ora ambedue a Villa Borghese, e Federico Borromeo la Fiscella ambrosiana. Il cardinale ritorna a Roma (da Pavia) nel settembre 1595 e aveva molti interessi con Del Monte, che aveva seguito come Protettore dell’ Accademia di San Luca. Successivamente si ricordava dei fiori con rugiada (che invece non sono presenti nel quadro Ambrosiano, In F. Borromeo Musaeum of 1625. p. 32-33: Nec abest Gloria proxima huic fiscella, ex quae flores micant. Fecit eam Michel Angelus Caravagens…’ )
Queste opere, vendute a poco (abbiamo accennato al prezzo di un scudo e mezzo ricevuro per il Ragazzo morso dalla lucertola, quale arriva solo a tre scudi nella valutazione Crispolti del 1608, erano invece molto stimati dagli amatori dell’ arte. E Prospero Orsi vendeva, nel 1611, un esemplare del quadro ‘retratto di Caravaggio dove gli morsica una lucerna’ al Duca d’Altemps per 18 scudi. (L. Spezzaferro, ‘Caravaggio accettato, Dal rifiuto al mercato’ in Caravaggio nel IV centenario della Cappella Contarelli, ed.C. Volpi, 2002).
Gli amatori dell’arte, e naturalmente lo stesso Cardinal Del Monte, erano evidentemente colpiti dalla vivezza con cui Caravaggio dipingeva i minuziosi particolari di quello che aveva scelto di rappresentare, dalla natura, ben probabilmente con un’occhio alla volta. Poter affermare il carattere delle opere del pittore neo-arrivato, squattrinato ma con un genio innato e una virtù imparagonabile, dimostra la propria padronanza di questa osservazione ossessiva, ci comunica la sua percezione, che ancora oggi è senza pari.
© Clovis WHITFIELD Umbria, Italia, 7 luglio 2021
ORIGINAL TEXT
Caravaggio and the magic of the ritratto from life
The recent publication in Aboutartonline , by Dr Sergio Rossi, relating to the Boy bitten by a Lizard, (a Lucertola (rather than a ramarro, as we learn) with a third version competing for our attention, is a reminder of Caravaggio’s circumstances shortly after he began working in proprio and confirms what should have been recognised long ago, that these paintings were the ritratti that he did before he was recruited by Cardinal Del Monte. Both Celio and Baglione refer to these ritratti always been interpreted in modern times as ‘portraits’ This was due to a misunderstanding of the original use of the word ritrarre, which apart from indicating a likeness of a person, had another meaning, that of copying directly from life. Seicento sources, like Filippo Baldinucci’s Vocabolario Toscano dell’arte del Disegno (Florence, 1681, ad vocem – Ritrarre) demonstrates that ‘this is used by our artists to describe painting from life ‘da nostri artefici si usa quella voce per lo dipignere dal naturale’, and this is the interpretation also in L. Molossi’s Nuovo elenco di voci e maniere di dire, Parma 1839/41, p. 814, where it means ‘Dipingere dal naturale’. Giulio Mancini, towards the end of his Considerazioni sulla pittura, (1619/21, and ed. by L. Salerno e P. Barocchi in .1956) writes that he had ’ finished that work on Painting, but I have not done the ritratti, that is to say the copies of those ancient paintings (Finij quella cosa della Pittura ma non ho fatto i ritratti, le copie di queste pitture antiche.)
This group of paintings, not limited to the Boy bitten by a Lucertola, were the origin of Caravaggio’s reputation for painting these unusual pictures from life, and the extremely realistic character of these features that are present in a number of his pictures . The association that Mancini makes with the stay with Mgr Pucci (see M. Cinotti, Michelangelo da Caravaggio, Tutte le Opere, 1983, p. 210) shows that they were among the first inventions the artist made in Rome, even though this patron – associated with the Trinità dei Pellegrini – diid not show any interest in his ‘craftsnanship’ and artistry, but hosted him more as a result of his charitable intentions as part of the foundation. Mancini relates that the pictures Caravaggio did ‘for sale’ included the Boy bitten by a lucertols as well as the Boy peeling Fruit
and he gives us the price he received (after he had encountered Orsi), which was fifteen giuli (a scudo and a half) for the former. the same picture in Crispolti’s inventory was valued eight scudi, which tells us the modest appreciation of these ‘copies from life’ but it was described as a retratto di Caravaggio. It was the early sale of the Boy Bitten by a lucertola that gave the artist confidence enough to live on his own, and courage to leave his parsimonious landlord whom he dubbed Monsignor Insalata. That they were called ritratti is clear. not only from the references to the early paintings with still-life, but also from his extending this obsessive observation to figures and other features. This was the motivation for Del Monte’s enthusiasm for such incredible representations of the unfamiliar in the familiar, for he liked the accuracy of representation in the same way he appreciated a clock that kept time, or glass that was perfectly flawless. Celio, writing in 1614, makes it clear that Del Monte had wanted to employ a young painter ‘un giovanetto che gli andasse copiando alcuna cosa’ and we should note that he wanted him to copy ‘alcuna cosa’, in other words objects rather than people. We can see this interest in the geological specimens in the foreground of the Flight into Egypt, but in reality this observation was the same also for the other elements in his paintings. Since the Cardinal had already acquired, unknown to Caravaggio, the Carafe of Flowers, he saw the potential of this new vision, and set himself to work in a collaboration that had much more resonance than the artist had achieved to date, giving him props like the musical instruments in his collection for him to reproduce with the same fanatical accuracy as he had done with fruit, flowers and glass. It is obvious from the various versions of these pictures that he was completely able to repeat a whole painting verbatim
Use of the term
There are several contemporary references to these ritratti, from Vasari onwards , and we e can also recall that the latter also often uses ‘ritrarre’ for direct copies of other artists’ work: “Even more frequently [Vasari} uses this word for the direct copying of nature, as when Giotto revived painting by introducing the direct depiction of living people from nature (David J Cast, Vasari’s Vocabulary, Ashgate Research Companion to Vasari, 2014 p. 224). Perhaps the best=known use, also generally misunderstood, is in Baglione’s Life of Caravaggio where the author mentions some pieces “nello specchio ritratti ‘ just before the long description of the two musical pictures , the Musicians, and the Lute Player. . Mancini himself on completion of his treatise on painting, (Considerazioni sulla pittura, ed Barocchi & Salerno, 1956) writes in 1621 of this ‘Finij quella cosa della Pittura ma non ho fatto i ritratti, le copie di queste pitture antiche … L. Molossi’s Nuovo elenco di voci e maniere di dire, Parma 1839/41, p. 814, uses the term ritrarre where it means ‘Dipingere dal naturale’. None of these uses of the word ritrarre is in the context of actual portraits. So the Musicians were ritratti dal naturale for Bellori, for it was the ability to capture what was in front of him that so surprised Caravaggio’s contemporaries. and this was the focus, as Celio says of the young painters who flocked to see the Contarelli Chapel paintings, much admired as the heads there were ritratte dal naturale, as Celio says. These pictures and his phenomenal ability to accurately portray were the first source of Caravaggio’s reputation. We also get from Celio’s account the impression of Caravaggio’s obsessive observation of his subject, for he was ‘solo intento al suo ritrarre. et alli piaceri’ . Celio allows that this was the source of his fame, ‘even though this trick was plain for those who were ‘learned enough to understand’ . Van Mander, writing in 1603 from information from his compatriot Florijs van Dijck (who probably saw Caravaggio working) emphasises how the artist pulled himself out of abject poverty by dint of hard work. ‘ He says that all things [painted] are nothing but rough sketches, childish scrawls or rubbish, whoever painted them, if they are not done from life, and there is no better way than to follow nature. So he will not draw a single line without following nature, and he does this copying as he paints. This is not a bad way to achieve his purpose, for painting over drawings, even if they are taken from life is certainly not the same as having nature in front of one, and to follow the model with her various colours. Fo this reason he will not make a single mark without observing from nature, and this he copies as he paints. But first of all the artist has to be so skilled in recognising differences and thence to choose the most beautiful from the best’ Van Mander’s Schilderboek was not written in Italian, yet his description of Caravaggio’s technique is the closest thing to his ritrarre technique. From the artist’s own words we know that it was as much trouble for him to paint fruit and flowers as human figures, the procedure was evidently the same. The technique was the same for portrait likenesses, and to pay his bills he was able to make ritratti – portraits, as he did for the innkeeper Tarquinio – il ritratto dell’ oste dove si ricoverava (Mancini).
We know from Guercino’s account recorded by Malvasia (L. Marzocchi Scritti originali del Conte Carlo Cesare Malvasia spettanti alla sua Felsina Pittrice, Bologna [1983] that Cardinal Del Monte had purchased a Carafe of Flowers by Caravaggio, without the artist knowing it, and the latter had to correct the wrong attribution it had been given to another painter. And he apparently said he would paint other pictures for the Cardinal with the same invention. It was a work of the same size, two palmi – we know that from the description in the 1627 Del Monte inventory – the same size as that of the the Boys bitten by a lucertola, and it would indeed be replicated in works he would paint at Palazzo Madama, where he was established from the summer of 1507, most notably in the Lute Player, where this feature has all the appearance of a quadro riportato.
The failure to grasp the nature of Caravagggio’s precarious existence in Rome after his arrival , and to explore the fascinating perceptive capacity he had, has perhaps been distorted by Longhi’s insistence that his originality was such that he would never repeat a design, which has not stood the test of time. It is reassuring to conclude that the gift that he had for capturing reality was patently something that came from his own genius and from the very start of his short career, although it obvious that contact with the enthusiasts at Palazzo Madama certainly weighed upon the choice of subjects that he undertook later. The early clients included Cesare Crispolti, the principe of the Perugian Accademia degli Insensati, who met in Rome at the Palazzo Barberini (at San Salvatore in Campo, next to the SS Trinità.) Crispolti himself owned one of the Boys Bitten by a lucertola as well as another of the Boy peeling Fruit, Prospero Orsi and his poet brother Aurelio, Maffeo Barberini the future Pope, who lived around the corner from Prospero and had his portrait made by Caravaggio, were among the close supporters, as well as Gaspare Murtola, Giovanni Battista Lauri, and Giuseppe Cesari who bought the Borghese Boy with a Basket of Fruit and the Bacchus now also in the same collection. These people, as well as Cardinal Del Monte, were evidently amazed at the vividness with which Caravaggio was able to capture the detail of what he chose to depict in these pictures that they called ritratti, made self evidently with a single eye at a time. When he was a patient at the Hospital Santa Maria della Consolazione, where Lorenzo Carli took him (at the end of 1596 – before Easter 1597), he painted many pictures for the Prior, Luciano Bianchi, who apparently took them with him to his native Sicily, (See O. Baroncelli, ‘’”Di servitore se gli era dichiarato nemico”, Caravaggio tra il Cavalier d’Arpino e il priore Luciano Bianchi’, in F. Curti, L’essercitio mio è di pittore… Roma 2012, p. 199-212) and they must have been more instances of his phenomenal ability to capture appearance. Perhaps the most remarkable of these ritratti or ‘observations of nature’ is the Basket of Fruit that belonged to Federico Borommeo, painted for him probably at Del Monte’s invitation, after the former Principe of the Accademia di San Luca returned to Rome in April 1597. This was shortly before Caravaggio was tracked down by Prospero Orsi for Cardinal Del Monte, sleeping in rags on the plinth of the statue of Pasquino off Piazza Navona, as Gaspare Celio relates. His gifts were manifest, although there was no understanding his cervello stravagantissimo, nor how he operated.
© Clovis WHITFIELD Umbria, Italia, 7 luglio 2021