di Maria Grazia BERNARDINI
Per la collana di saggistica della casa editrice Einaudi, “Stile Libero VS”, in cui i vari autori mettono a confronto due personalità o due concetti contrastanti, Claudio Strinati ha scelto di presentare due artisti dalla forte personalità, Caravaggio e Vermeer, regalandoci una delle sue conferenze di storia dell’arte interessanti e ricche di suggestioni.
Come lo stesso Strinati avverte, i due artisti rappresentano due mondi lontani tra di loro, sono eccelsi rappresentati l’uno dell’arte italiana, l’altro dell’arte fiamminga: Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, nato a Milano nel 1571 e morto nel 1610, visse principalmente a Roma, Johannes (o Jan) Vermeer nacque nel 1635 a Delft, dove trascorse tutta la sua esistenza e lì morì nel 1675. Roma e Delft: Roma centro della cristianità, teatro in quegli anni di una rinnovata e combattiva attività papale, Delft città bellissima dei Paesi Bassi, centro di una fiorente attività commerciale basata sulla produzione di birra, delle stoffe di lana e della ceramica, quindi due realtà, due culture, due economie assai differenti.
Anche dal punto di vista personale i due artisti percorsero strade differenti: Caravaggio visse una vita avventurosa, movimentata, da uomo solo, Vermeer ebbe una moglie, Catharina Bolnes, e fu contornato da numerosi figli. Ma è soprattutto la loro arte ad essere incomparabile: le opere dell’artista lombardo sono drammatiche, potenti, intense, dai profondi significati spirituali e esistenziali, i dipinti dell’artista fiammingo ci presentano scene di vita domestica, un mondo silenzioso fatto di piccoli gesti che nascondono significati moraleggianti, figure assorte che trasmettono un senso di mistero e attesa.
Strinati tuttavia individua nell’arte dei due artisti un aspetto che li accomuna: la luce, potente mezzo espressivo che i due pittori utilizzano e piegano per caratterizzare il loro stile e per comunicare la loro visione dell’arte e della vita. Ma il loro comune denominatore finisce qui. Strinati infatti si affretta a sottolineare la differenza: Caravaggio è “figlio della notte”, e in lui la luce è “l’ancestrale lotta tra ciò che è limpido e ciò che è tenebroso”, colpisce i personaggi che emergono da un buio profondo che avvolge tutto il resto, l’ambientazione è quasi del tutto assente, la scena si svolge in un “non luogo”. E nei dipinti del Caravaggio ciò che appare naturale è in effetti irreale, onirico, in bilico tra sogno e realtà, tra coscienza e inconscio.
Vermeer è “figlio del giorno” e la luce conferisce alla sua arte “un senso di laica religiosità e di mistero inespresso”. Vermeer descrive minutamente la scena, inserita generalmente in un interno dove si scorgono oggetti vari: dipinti alle pareti, vetri smerigliati delle finestre, carte geografiche, strumenti musicali, tappeti, cesti, tendaggi; oppure dipinge la città, una strada, un panorama di cui esempio sublime è la famosa e straordinaria Veduta della città di Delft (L’Aja, Koninklijk Schilderijenkabinet, Mauritshuis).
Sono dipinti nella maggior parte dei casi di dimensioni ridotte, destinati a committenti privati ed esponenti della ricca borghesia, che parlano di amore, di seduzione, di musica. La luce di Vermeer è solare, soffusa e atmosferica, è elemento strategico della composizione, entra dalla finestra e illumina i personaggi e gli oggetti sparsi nella stanza e con la sua forza evocatrice trasforma la realtà in un mondo poetico e sognante; le opere di Vermeer sono immagini di “commovente e convincente naturalezza” e i bagliori luministici alludono alla “luce dell’illuminazione interiore”.
Nell’illustrare il periodo giovanile di entrambi i pittori, nell’esaminare l’influenza dell’arte del passato e i loro rapporti con i pittori a loro contemporanei, nell’analizzare alcune opere di particolare pregnanza e innovative, Claudio Strinati offre in modo inedito e illuminante una panoramica dell’arte caravaggesca e dell’arte del pittore fiammingo e del loro ambiente, che in qualche modo alla fine si incontrano.
Maria Grazia BERNARDINI Roma 16 Gennaio 2022