di Rossella VODRET
Lunedì 13 e martedì 14 si sono svolte le due giornate di studio “Caravaggio Napoli” in cui si preannunciavano soprese e novità; la prima cosa quindi che ti chiedo è se le promesse sono state mantenute e se generalmente si può dire che gli studi su Caravaggio abbiano segnato un punto di svolta.
Effettivamente è stato un Convegno importante. Con Caravaggio non si finisce mai, sembra incredibile, ma è così. Più si va a fondo e più nascono nuovi appassionanti interrogativi. Per questo sono grata a Sylvain Bellenger e Cristina Terzaghi per averci regalato la possibilità di approfondire i molti aspetti ancora problematici del primo soggiorno napoletano del nostro Michelangelo.
Su questo tema delle novità, comincerei a chiedere proprio a te che ne hai parlato nel tuo intervento se poi sulla Giuditta Tolosa (chiamiamola ancora così per comodità) ci siano novità tali da poter sciogliere le riserve che alcuni studiosi hanno espresso e ancora esprimono sull’autografia caravaggesca.
Com’è noto la Giuditta è comparsa improvvisamente a Tolosa nel 2014. Gli studiosi di Caravaggio si sono subito schierati su due fronti: quelli favorevoli all’autografia caravaggesca (tra i quali Cuzin, Christiansen, Spinosa) e quelli contrari (tra i quali Gregori e Papi). Personalmente ho avuto modo di studiare più volte la Giuditta e Oloferne ritrovata a Tolosa, sia a Parigi (nello studio di Eric Turquin e al Louvre), sia a Milano, Brera, nel corso dell’incontro di studio svoltosi il 6 febbraio 2017, dove il dipinto, di grande potenza e qualità stilistica come ha sottolineato Keith Christiansen, è stato messo a confronto con la sua copia conservata in palazzo Zevallos a Napoli. Un’altra occasione di studio l’ho avuta nell’incontro svoltosi al Louvre il 13 giugno 2017. In quella occasione La Giuditta è stata esposta accanto ai capolavori di Caravaggio conservati nel grande museo francese. Dopo le iniziali perplessità stilistiche, analizzando con Claudio Falcucci i risultati delle analisi sono giunta alle seguenti conclusioni:
- le numerose modifiche compositive inducono a ritenere che la Giuditta di Tolosa non sia una copia del dipinto lasciato da Caravaggio nella bottega di Finson nel 1607, ma un originale.
- Nelle figure di Giuditta e Oloferne e, in parte, nella anziana serva sono presenti contemporaneamente tutte le caratteristiche tecniche della prassi esecutiva di Caravaggio conosciuta fino ad oggi
- C’è uno strettissimo rapporto tra il volto di Giuditta e quello della Giuditta Barberini, che sono quasi sovrapponibili. Tali analogie non sono facilmente spiegabili, se l’opera non è di Caravaggio
- Bisogna tenere nella dovuta considerazione che l’opera sembra essere stata rimaneggiata/ridipinta in più punti, soprattutto con l’aggiunta delle rughe della vecchia serva e forse con ritocchi sul volto di Oloferne. Questo schema di rughe in particolare, ma anche il caricaturale volto di Oloferne può trarre in inganno e trasmettere un senso di estraneità ai modi di Caravaggio.
Allo stato attuale degli studi penso che la Giuditta di Tolosa possa essere un quadro impostato da Caravaggio cui si deve la l’invenzione della composizione e l’esecuzione delle figure con eccezione del voto della anziana serva e, probabilmente, del volto di Oloferne. Non è escluso queste parti fossero solo abbozzate e non fossero finite quando Caravaggio partì per Malta.
Come ho già proposto a Brera è a mio avviso possibile che Caravaggio, partendo in fretta da Napoli per Malta, abbia lasciato la Madonna del Rosario e la Giuditta (finita?), per essere venduta, a Finson e Vinck, di cui forse a Napoli utilizzava la bottega. Questo spiegherebbe come mai solo un paio di mesi dopo la sua partenza, nel settembre del 1607, i due quadri siano in vendita a Napoli, dove li vede Pourbous dandone notizia a Vincenzo Gonzaga.
E’ possibile, seguendo questa ipotesi, che, successivamente alla partenza di Caravaggio per Malta, la Giuditta possa essere stata “corretta” o completata da un altro pittore (Finson?) per aggiungere il fitto schema di rughe, ritoccare il volto di Oloferne e qualche altra parte.
Si può forse ipotizzare anche che l’accordo con Finson per l’utilizzo degli spazi della sua bottega da parte di Caravaggio prevedesse anche che il pittore fiammingo potesse trarre copia dai preziosi originali di Caravaggio.
Questa ipotesi spiegherebbe l’esistenza di tante copie delle opere napoletane del grande pittore lombardo, non solo le tre Maddalena in estasi di Finson, ma anche, secondo Christiansen, la copia napoletana della Giuditta, la copia della Madonna del Rosario (in vendita nel 1630 ad Amsterdam dove si era trasferito Finson) e della Crocifissione di S. Andrea già nella raccolta Back-Vega.
La chiave per capire questo quadro così problematico e complesso è, a questo punto, studiare a fondo Finson…
Vorrei conoscere il tuo parere anche su un’altra cosa relativa alla Giuditta di Tolosa. Come si sa fece discutere a suo tempo la scelta del Direttore della pinacoteca di Brera di accogliere la tela di proprietà privata e per di più estera nel museo milanese per metterla a confronto con un Caravaggio ‘sicuro’ (Cena in Emmaus) e un Finson; tu hai rivestito cariche istituzionali molto rilevanti, quindi ti chiedo se dal punto di vista di un funzionario statale questa prassi è ammissibile (a me pare che non sia mai accaduto che un museo italiano facesse una operazione del genere, al di là dell’opportunità data a tutti di farsi un’idea, che certo è opera meritoria)
Secondo me è stata una occasione importante per studiare “dal vero” questo dipinto di cui molti studiosi avevano discusso, anche senza vederlo. Io non mi sento di criminalizzare James Bradburne per averci offerto una occasione di studio.
Passiamo adesso a qualche domanda sul convegno; che ne pensi della tesi esposta dalla curatrice M.C. Terzaghi circa la possibilità –espressa certo in modo piuttosto argomentato ma non so se dirimente- che la pala Radulovich – fino ad oggi ritenuta dispersa dai più- corrisponda alla nota Madonna del Rosario ? In effetti al convegno la datazione è stata spostata (appare scritto 1606 / 1607 nella diapositiva) così da consentire l’ipotesi che sia un’opera non romana, come pure molti ritengono; tu pensi che stilisticamente possa essere possibile?
Come ho già sostenuto nella mia monografia su Caravaggio del 2009, penso che la Madonna del Rosario sia stata dipinta a Roma nel 1605/1606 circa, probabilmente per i Colonna, come sembra suggerirci l’enorme colonna scanalata che compare nel quadro. I dati stilistici e tecnici ci portano in quella direzione. Quindi secondo me non è la Radulovich. Bisogna invece ancora capire come mai questo grande quadro si trovava a Napoli in vendita nel settembre del 1607. Perché i committenti (secondo me i Colonna) non se la sono tenuta? In ogni caso i quadri, anche grandi, viaggiavano spesso, bastava arrotolarli. Lo stesso Finson pochi anni dopo porta proprio la Madonna del Rosario ad Amsterdam…
Una delle grosse sorprese doveva venire dalle rivelazioni sul biglietto –in realtà un foglio – che pare fosse sul retro della Maddalena in estasi versione Gregori; ti chiedo: al di là della meritoria opera delle due giovani ricercatrici che sono grandi esperte in materia di studi archivistici, in che cosa è consentita la ‘sorpresa’? E’ questo consente oggi di dire che la versione Gregori è originale di Caravaggio? Si può escludere che anch’essa sia una copia e magari che il foglietto sia stato messo a bella posta per far credere che fosse il quadro originale?
Sono stata io a chiedere alla proprietà della Maddalena di affidare a Orietta Verdi e Francesca Curti lo studio dell’originalità del biglietto. Lo avevo avuto tra le mani nel 2015 e che mi era sembrato recente, non antico, soprattutto per le caratteristiche di conservazione della carta.
Il biglietto, che non era incollato sul retro della tela, ma, da quello che ho potuto capire, è stato trovato infilato tra la tela originale e quella di rifodero, è ora in un fascicolo insieme ad altre carte relative al quadro. Certo che per essere un cartellino che ha più di quattrocento anni è sorprendentemente ben conservato! Il cartellino è molto importante soprattutto per il contenuto del testo, per questo era fondamentale confermarne l’autenticità. Gli esperti che hanno analizzato la carta ne hanno accertato l’antichità sulla base anche delle indagini diagnostiche. Mi piacerebbe molto leggere la loro perizia. In ogni caso questo è un dato molto importante e va tenuto conto di questo nell’avviare uno studio serio sulla Maddalena Gregori.
Fondamentale a questo proposito è stato l’intervento di Francesca Curti, che attraverso i documenti è riuscita a ricostruire le vicende del dipinto nei secoli e a risalire ai contatti, documentati nel ‘600, tra gli antichi proprietari di questa Maddalena e la famiglia Colonna.
Infine: quali aspetti in particolare ti hanno colpito del convegno?
Tutto estremamente interessante, ma una cosa mi ha colpito in particolare: le tante lettere che ha trovato Giacomo Berra sul viaggio di Costanza Colonna e di suo figlio Fabrizio Sforza Colonna, comandante delle galere maltesi da Genova a Napoli, sulle quali ha viaggiato anche Caravaggio per andare a Malta. Sono veramente moltissime, un strumento di comunicazione utililizzato molto più frequentemente di quanto pensavo, tanto che, come ha notato anche Berra, sembra di leggere i nostri WhatsApp…
Rossella VODRET Roma 19 gennaio 2020