di Valentina CERTO
Nel 1659, a seguito della morte di Andrea Valdina avvenuta a Palermo, il figlio ed erede universale, il principe Giovanni Valdina, redige un inventario dei beni presenti nel palazzo palermitano della Kalsa.
I documenti relativi all’inventario si trovano oggi nell’archivio privato gentilizio Papè di Valdina (Papè di Valdina, secc. XII-XX, regg., voll., bb. 1259), conservati fra gli “Archivi di famiglie” della sede della Gancia dell’Archivio di Stato di Palermo (ASPa) e collocati nella sezione relativa a Giovanni Valdina, in particolare reg. 1201 “Libro di cassa di tutto il mobile della casa in Palermo”, 1665.
Nel primo foglio dell’inventario[1] dei beni presenti alla Kalsa, vengono menzionati trenta quadri con iconografia varia (santi, sante, paesaggi, temi classici, temi tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento e altre opere con la Vergine e Cristo). Valdina è preciso nel ricordare le misure, che sono presenti nella maggior parte delle voci dell’elenco[2], ancora di più le cornici, di cui sono descritte colori e materiali; un po’ meno per gli artisti e per la provenienza delle opere, spesso omessi.
Il primo foglio, c.32, è così trascritto:
1 – Un quatro grande della Cananea di 8. e 5. con cornice negra laccata in oro.
2 – Altro della stessa grandezza simile alla suddetta della Assuntione.
3 – Altro delle tre Ve’ della stessa grandezza e forma.
4 – Altro della Santissima Nuntiata di 6. e. 5. come quelle di sopra.
5 – Altro di una zuffa di pastori di 10. e 9. con cornice tutta dorata accrocchiata[3]
6 – Altro di Giuditta di 5. e 4. con cornice negra toccata d’oro.
7 – Altro di Ecce homo come quello di sopra di grandezza con cornice tutta negra.
8 – Un Christo con croce in collo del Caravaggio della grandezza di sopra e cornice negra et oro.
9 – Un San Giovanni Evangelista di 4. e 3. con cornice negra.
10 – Un San Carlo di 5. e 4. con cornice di negra et oro.
11 – Un San Lorenzo di 10. e 9. con cornice accrocciata[4] tutta in oro.
12 – Una prospettiva di con cornice biancha intagliata.
13 – Uno di Reinaldo et Armida di con cornice bianca intagliata.
14 – Un quatretto di Santa Anna con Santa Caterina con cornice negra piccolo.
15 – Un San Francesco di Paula in tonda con cornice d’ebbano per filata biancha.
16 – Un San Gioseppe piccolo con cornice negra.
17 – Un paesaggio piccolo con cornice dorata.
18 – Una Santa Caterina di S[i]ena in tonda cornice d’ebbano laccata d’oro piccolo.
19 – Una Madonna Santissima piccola in campo d’oro e cornice d’ebbano piccolo.
20 – La Natività di Cristo[5] Signore Nostro di punto con cornice di piro piccola.
21 – La Santissima Annunciata in tonda con cornice d’ebbano.
22 – Un San Francesco con Maria Vergine con cornice d’ebbano piccolo.
23 – Uno di Santa Anna ovato con tesco[6] innanzi e cornice d’ebbano più piccolo.
24 – Una Antiporta nova di pittura.
25 – Tre quadri di vasselli[7]di 7. e 5. per sopra finestri con cornice dorata alla romana.
26 – Due quatri con pittura di tappiti eccasi comprati dal thesoriero[8]Adoino e soi[9] cornici dorati.
27 – Cinque quatri di prospettiva comprati da Pietro Vadino con cornice dorata.
28 – Due quatri di prospettiva con macchie, e soi cornici dorati.
L’inventario continua [10] nel foglio c.34 con le ultime due voci [11]:
29 – Due quadri venuti di Roma con soi cornici dorate.
30 – Un quadretto di capizzo[12] della Madonna e San Gioseppe con cornice d’ebbano che lo diede V. P. dell’Aquila.
Si legge che Valdina possedeva un quadro autografo e autentico di Caravaggio, un Christo con la croce in collo, menzionato al numero 8 dell’inventario. Viene specificata la cornice “negra et oro”, ma non la grandezza che rimanda a “di sopra”, ovvero alla voce inventariale precedente. Al numero 7 è registrato un Ecce Homo con “cornice tutta negra”. Non è specificato l’artista e, nuovamente, per le misure c’è un chiaro rinvio al numero antecedente, il 6, dov’è inventariata una Giuditta “con cornice negra toccata d’oro” di 5 e 4 palmi, anch’essa di autore ignoto. Il rimando alle misure, 4 e 5 palmi, leggibile al numero 8 dell’inventario, ovvero al Christo con la croce in collo di Caravaggio, interessa sia l’Ecce Homo (di autore ignoto), che la Giuditta (di autore ignoto).
Giovanni Valdina, tempo dopo, trasferisce i beni dal palazzo della Kalsa al castello della Rocca, attualmente conosciuto come “Il castello di Roccavaldina”, e al casino di Fondachello. Leggendo i documenti, si nota che il numero dei quadri collocati nelle due proprietà risulta aumentato, ciò significa che Giovanni fu un uomo di cultura e interessato all’arte e quindi, oltre a quelli ereditati, ne avrebbe acquistati altri.
Il documento Valdina dimostra che Caravaggio durante il soggiorno siciliano datato 1608-1609, ebbe importanti commissioni pubbliche ma anche private, da parte di nobili dell’isola, che andarono a confluire nelle più prestigiose collezioni. Studiando le fonti e gli inventari, emerge che in numerose collezioni siciliane sono stati rintracciati quadri del Merisi.
Si ricorda, tra gli altri, il nobile messinese Di Giacomo che nel 1609 commissionò a Caravaggio un ciclo con quattro “Storie della Passione”. Secondo una nota trascritta dallo studioso Saccà, prima del terremoto del 1908, Caravaggio consegna al messinese sicuramente un quadro con “Cristo con la croce in spalla” e si impegna a ultimare gli altri tre entro il mese di agosto dello stesso anno.
Si legge:
“Nota delliquatri fatti fare da me Nicolao di Giacomo: ho dato la commissione al sig. Michiel Angiolo Morigi di Caravaggio di farmi le seguenti quatri: quattro storie della passione di gesù cristo da farli a capriccio del pittore dalli quali ne finì uno che rappresenta Christo colla croce in spalla, la Vergine addolorata e due manigoldi uno sona la tromba riuscì veramente una bellissima opera e pagata oz. 46 e l’altri tre s’obligò il pittore portarmeli nel mese di agosto con pagarli quanto si converrà da questo pittore che ha il cervello stravolto”.[13]
Vista la comune iconografia è possibile che il Christo colla croce in spalla Di Giacomo e il dipinto di Caravaggio posseduto da Valdina, ovvero “Christo con la croce in collo”, siano la stessa opera che, commissionata nel 1609 dal nobile messinese, fu in un secondo momento acquistata dalla famiglia e inventariata nel 1659.
Valentina CERTO Messina 31 ottobre 2021
Si ringrazia il dottore Salvatore Bella, storico e archivista, per il prezioso aiuto e la collaborazione nella trascrizione del documento manoscritto.
Si ringrazia l’Archivio di Stato di Palermo.
Documenti pubblicati su concessione del Ministero della Cultura.
NOTE
[1] Archivio di Stato di Palermo (ASPa), Archivio Papè di Valdina, reg. 1201, “Libro di cassa di tutto il mobile della casa in Palermo” (1665), c. 32.
[2] Le voci 12 e 13 dell’inventario non contengono le misure ma presentano uno spazio bianco.
[3] Significa “agganciata a un crocchio”, è un termine arcaico per indicare il gesto di attaccare qualcosa su un particolare gancio.
[4] Lo stesso della voce precedente, solo che in questo caso ha scritto “accrocciata” senza H.
[5] La voce è XPO, monogramma che unisce il greco XP (lettere Chi e Rho, XPI Σ T Σ O) e il volgare O e che indica “Cristo”.
[6] Sarebbe “teschio” e dovrebbe essere collegato alla storia della reliquia del Teschio di Sant’Anna, che interessa da vicino la Sicilia e Palermo
[7] Variante arcaica di “vascelli”.
[8] Per esteso la voce dovrebbe essere “Thesoriero”, cioè tesoriere.
[9] Dialetto siciliano “soi” = le sue (cornici).
[10] Nel foglio seguente, infatti, c.33, ci sono tre annotazioni di esito riferiti ai quadri.
[11] Archivio di Stato di Palermo (ASPa), Archivio Papè di Valdina, reg. 1021 “Libro di cassa di tutto il mobile della casa di Palermo”, (1665), c. 34.
[12] La parola è “capizzo” probabilmente un modo per indicare un “capezzale” o un “piccolo quadro da capezzale”, cioè quel tipo di quadro posto sopra il letto matrimoniale come protezione della coppia. Solitamente raffigurano la Madonna o la Sacra Famiglia, o semplicemente San Giuseppe e la Madonna.
[13]V. Saccà, Michelangelo da Caravaggio pittore, cit., p. 56.
BIBLIOGRAFIE
Bibliografia specifica sul documento:
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Bibliografia generale sintetica ed essenziale:
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