redazione
Una copia coeva de La cattura di Cristo, capolavoro di Michelangelo Merisi da Caravaggio, oggi alla National Gallery of Ireland di Dublino, è esposta da ieri a Firenze nella sala di Berenice all’interno della Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
L’opera, che giaceva nei depositi del Museo, è stata recuperata e restaurata grazie alla tenacia di Maria Sframeli e di Gianni Papi, noto studioso della figura e dell’opera di Caravaggio conosciuto come tra i più prestigiosi a livello internazionale, ed è diventata anche protagonista di un libro ad essa dedicato La Cattura di Cristo da Caravaggio. Un recupero per le Gallerie degli Uffizi, curato dagli stessi Gianni Papi e Maria Sframeli ed edito da Sillabe, che ne ricostruisce la storia e racconta i dettagli del suo recupero.
E’ noto che il capolavoro raffigurante la Cattura di Cristo venne realizzato dal Merisi nel 1602 su commissione del nobile romano Ciriaco Mattei; il quadro venne a lungo considerato disperso ma, in anni recenti, è stato riconosciuto da molti studiosi nella tela oggi esposta alla National Gallery of Ireland di Dublino. Sono del resto conosciute altre versioni del dipinto, una al museo di Odessa, che ebbe a suo tempo un qualche parziale attestato di originalità per essere però poi senz’altro ridimensionata a copia, l’altra, di proprietà di un antiquario romano (purtroppo non fruibile per motivi giudiziari che si trascinano da troppo tempo!) è stata invece accolta da non pochi esperti come possibile replica di mano dello stesso Caravaggio.
Quanto alla copia, realizzata con tecnica sopraffina da un ancora ignoto contemporaneo del maestro, è stata per molto tempo ignorata e ‘snobbata’ dagli studiosi, per essere addirittura allontanata all’inizio del Novecento dalle raccolte di Palazzo Pitti e consegnata in deposito esterno, prima alla Prefettura di Pistoia, poi a Firenze alla Caserma Baldissera dell’Arma dei Carabinieri, per arredarne le sedi istituzionali.
Ora, la copia della Cattura riemerge dall’oblio e viene esposta nella sala di Berenice di Palazzo Pitti (la stessa dove risplende da qualche giorno, dopo dieci anni di oblio, la Madonna della Gatta di Federico Barocci).
Grazie alle accurate ricerche che costituiscono il cuore del volume di Sframeli e Papi, è stato possibile accertare la provenienza della tela dal castello lorenese di Commercy: dallo stesso luogo, ha svelato la lettura degli inventari, arrivarono molti altri quadri ad arricchire le collezioni granducali fiorentine, primo fra tutti uno dei capolavori di Rubens, I quattro filosofi (esposto nella Galleria Palatina) la cui origine era rimasta finora nell’ombra.
Fu quella, come ha osservato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt:
“Una nuova prova della grande generosità e del grande amore per Firenze degli Asburgo-Lorena i quali, sia con il trasferimento a Firenze di loro opere di assoluto rilievo dalle loro residenze e anche dalla capitale, Vienna, sia attraverso successive campagne di acquisti d’arte, talvolta di intere raccolte nobiliari, incrementarono il valore degli Uffizi e di Palazzo Pitti in maniera rilevante”.
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