Caravaggio da chi? Sulle vere fonti di ispirazione del grande lombardo e su alcune falsità dei biografi (with english text)

di Sergio BENEDETTI*

Sergio Benedetti

Le influenze classiche e religiose nella pittura di Caravaggio.

La convinzione che Caravaggio fosse da considerarsi un pittore anti-classico si diffuse a causa delle inequivocabili opinioni espresse da Giovanni Battista Agucchi nel suo trattato frammentario.n1 Benché il prelato bolognese ammettesse che fosse “eccellente nell’uso del colore” l’artista era accusato specificatamente di aver abbandonato “la Bellezza Ideale” a favore della veridicità, di rappresentare l'”ordinario” anziché essere ispirato al “migliore” .n2

Nelle valutazioni di Agucchi, che erano effettivamente un’anticipazione delle successive teorie del classicismo, l’unica concezione relativa all’eccellenza nell’arte era quella espressa dagli antichi scultori e ripresa durante il Rinascimento da Raffaello e dalla sua scuola, quando gli artisti potevano creare immagini di perfetta bellezza attraverso forme idealizzate. Più tardi, secondo Agucchi, solo Annibale Carracci e alcuni suoi allievi avevano potuto realizzare una tale perfezione, combinando nel loro lavoro “il disegno romano più bello” e “la bellezza della colorazione lombarda” .n3 La maggior parte dei concetti di Agucchi fu sostenuta cinquant’anni dopo da Giovanni Pietro Bellori in un famoso discorso consegnato all’Accademia romana di S. Luca. Nelle sue Vite Bellori ripeteva l’analogia di Agucchi, confrontando ancora una volta Caravaggio con lo scultore greco Demetrio che preferiva l’imitazione della natura al perseguimento della bellezza ideale. Negli scritti di Bellori, tuttavia, non vi è alcuna prova dell’obiettività espressa da Agucchi per quanto riguarda il modo artistico di Caravaggio. Piuttosto rimprovera costantemente l’artista lombardo e lo considera in ultima analisi responsabile dell’influenza negativa verso quei pittori che lo hanno seguito. n6 Possiamo supporre che questo e altri pregiudizi siano nati da lunghe conversazioni tra Bellori e Nicolas Poussin, che aveva una profonda e aperta ostilità nei confronti del Caravaggio n7 Nella vita di Caravaggio, Bellori ha anche descritto un conveniente ma improbabile aneddoto sull’artista che avrebbe rifiutato di prendere come modelli alcune famose sculture antiche, indicando che preferiva le persone reali che lo circondavano come fonte naturale di ispirazione.n8 L’accento qui è di nuovo sulla presunta rinuncia del pittore del “nobile studio degli antichi” per dedicarsi invece all’imitazione meno intellettuale ma popolare della “natura reale”. In effetti, Caravaggio non stabilì mai un tale rifiuto dell’eredità classica e, anche se questo era probabilmente chiaro ai suoi sostenitori contemporanei, è stato negato per convenienza dai suoi critici. Ma prima di dimostrare la falsità dell’assunto di Bellori, è importante discutere innanzitutto gli altri aspetti del processo di assimilazione di idee di Caravaggio nella sua arte come indicato nelle sue prime opere romane. Seguendo le affermazioni iniziali di Roberto Longhi sulle origini settentrionali della pittura di Caravaggio, molti altri studiosi hanno indicato che, dopo il suo arrivo a Roma, l’artista non fu immune dal contatto con l’ambiente culturale del Rinascimento della città.n9 Keith Christiansen ha offerto le indicazioni più illuminanti su questo argomento.n10 Ha dimostrato definitivamente come Caravaggio ebbe a prendere suggerimenti per le sue composizioni da Raffaello e Michelangelo, attraverso le incisioni dei loro lavori eseguiti da Cherubino Alberti, Giulio Bonasone, Agostino Veneziano e Marcantonio Raimondi. Tuttavia, ha anche illustrato con chiari esempi come questa pratica fosse diffusa tra altri pittori lombardi, in particolare Moretto, Peterzano e Romanino, considerati i precursori di Merisi.n11 Artisti provenienti dall’Europa settentrionale, dove la tecnica della produzione di stampe aveva una lunga tradizione, probabilmente produssero la maggior parte delle stampe in circolazione all’epoca. Caravaggio, come è stato dimostrato, ha fatto uso delle stampe nordiche in almeno due occasioni: quando dipinse il soffitto del studiolo del Cardinale Del Monte per la villa vicino a Porta Pinciana e nella Cattura di Cristo per Ciriaco Mattei. Nel primo, affrontando l’impegnativo compito di rappresentare tre Dei di sotto in su, ebbe in mente il notevole scorcio della caduta del re tessalico Ixion, disegnato da Cornelis van Haarlem e inciso da Goltzius in una famosa serie solo di pochi anni prima.n12 Nella Cattura di Cristo fu un dettaglio di una xilografia di Dürer dello stesso soggetto che diede all’artista l’idea per il gruppo centrale di Gesù, Giuda e una guardia. n13 Come ogni altro artista a Roma, Caravaggio ha certamente beneficiato dell’osservazione diretta delle innumerevoli opere d’arte sparse in tutta la città. Un esempio precedentemente inosservato può essere visto nella prima esecuzione del Martirio di San Matteo per S. Luigi dei Francesi, noto attraverso le radiografie (fig.1).

fig 1 Caravaggio Martirio di San Matteo (part.) Radiografia

La posa del soldato armato che avanza da sinistra deriva interamente da una figura dipinta da Polidoro da Caravaggio per la facciata del Casinò del Bufalo (fig.2) .n14 Nel caso del San Giovanni Battista dipinto per Ciriaco Mattei, Christiansen ha correttamente sottolineato che la fonte originale non era solo un nudo sistino di Michelangelo n15, ma anche i giovani di bronzo di Taddeo Landini per la fontana della tartaruga. n16 Una conclusione raggiunta indipendentemente anche da Elisabeth Schröter, n17 che introduce un aspetto spesso trascurato o sottovalutato nella pittura di Caravaggio: il gusto dei suoi committenti. Le statue di Landini furono tra le più celebri creazioni artistiche del tardo Rinascimento romano.n18 Le immagini di grazia e di bellezza furono anche aspetti della raffinata percezione della famiglia Mattei che li aveva commissionati e non è irragionevole pensare che Ciriaco Mattei abbia avuto qualche coinvolgimento nella scelta della composizione.Dal momento in cui fu scoperto da Francesco Maria Del Monte, Caravaggio ebbe accesso alla vita intellettuale dell’aristocrazia romana. Le arti visive, il teatro, la poesia e la musica erano componenti essenziali di questo mondo dove l’ambizione di acquisire il buon gusto veniva spesso ostentata con l’esibire nuovi favoriti o con l’esposizione di collezioni alla moda.n19

fig 2 Polidoro da Caravaggio. Perseo pietrifica Polidette e i suoi soldati. Dalla Facciata del Casino del Bufalo. Roma Museo di Roma

Per quanto colta e altamente sofisticata, questa era una società che non dimenticò neppure per un momento le origini della sua ricchezza e del suo potere, né il difficile processo di ristrutturazione svolto dalla Chiesa. Dopo i suoi primi quadri di genere, che gli fecero guadagnare l’invito a vivere a Palazzo Madama, la produzione di Caravaggio cambiò in parte per soddisfare le richieste del suo mecenate e dei suoi amici.n20 Nel periodo che precedette il suo primo impegno pubblico a S. Luigi dei Francesi, l’artista apparentemente dipinse poco più di una dozzina di opere. La comparsa di temi classici tra questi è certamente dovuta all’interesse di Del Monte per l’antichità, ma occorre riconoscere che il pittore ne diede una sua personale interpretazione. Confrontando il primo Bacchino malato con il successivo Bacco degli Uffizi, è evidente quanto siano significamente distanti le due pitture.n21 Anche se entrambe sono realisticamente rappresentate (e la seconda nella maniera più “bresciana”), ciò che stupisce nella composizione successiva è la sua elegante compostezza classica che non è fortuita, e che può essere notata anche nei Musici del Metropolitan Museum of Art, New York.n22 Nonostante gli sforzi convergenti di alcuni studiosi negli ultimi anni, la spiegazione dell’interesse di Caravaggio per l’antichità in questa fase della sua vita non è stata ancora pienamente esplorata.n23 L’impatto iniziale con l’ambiente di Francesco Maria Del Monte deve essere stato più significativo di quanto si fosse precedentemente creduto. Il cardinale, come è stato riferito dagli scrittori contemporanei, non era particolarmente ricco e la sua “fortuna” derivava dalla protezione del granduca Ferdinando de ‘Medici.n24 Tuttavia, aveva molte responsabilità, sia all’interno che all’esterno della Curia e si era affermato come uno tra i principali promotori delle arti a Roma n.25 Come sofisticato collezionista, anche se con risorse limitate, aveva organizzato un piccolo Antiquarium nella sua vigna di Ripetta dove conservava alcune sculture classiche e altri reperti archeologici.n26 Indubbiamente il pezzo più notevole della sua collezione era un vaso romano di vetro. Conservato all’interno di una scatola di legno rivestita di velluto rosso, meglio noto più tardi, come il Vaso di Portland.n27 Nei Musici, credo che si possono riscontrare le indicazioni dell’ammirazione di Caravaggio per questo vaso, ed una delle prime prove della sua consapevolezza dell’importanza dell’arte classica. n28 Dietro Palazzo Madama, quasi di fronte a S. Luigi dei Francesi, sorgeva il palazzo del Cardinale Benedetto Giustiniani e del fratello Vincenzo. Come Del Monte entrambi erano collezionisti e, probabilmente proprio grazie a lui, anch’essi diventarono grandi committenti di Caravaggio.n29 Il marchese Vincenzo possedeva anche una vasta collezione di sculture antiche e di rilievi di marmo che accresceva costantemente con nuove acquisizioni.n30 Considerato il numero di opere di Caravaggio di proprietà del Giustiniani è evidente che il pittore si sentisse a casa nel loro palazzo e questo gli diede l’opportunità di apprezzare la grande varietà di composizioni statuarie visualizzate in quella residenza tanto da poterne rimanere influenzato. Un rilievo che rappresenta un uomo che giace sul suo triclinium, ora situato all’ingresso dell’edificio, sembra dimostrare questo interesse.n31 Questa immagine funeraria richiama immediatamente alla mente il Bacco fiorentino.n32 Ma la fonte più rilevante di ispirazione per Caravaggio fu un altro bassorilievo ora conservato nel palazzo ma originariamente collocato nel giardino della Villa Giustiniani, fuori Porta del Popolo. Questo era il fronte di un sarcofago che raffigurava la Vendetta di Oreste (fig. 3)

fig 3 Sarcofago Romano. Il mito di Oreste. P. Giustiniani

ed era noto almeno dal Quattrocento, da quando era situato fuori dell’ ingresso della chiesa di S. Stefano del Cacco prima di essere acquisito dal marchese Vincenzo all’inizio del XVII secolo.33 Il soggetto è stato interpretato erroneamente per molto tempo ma, nonostante ciò, le espressioni drammatiche delle figure intagliate di questo marmo sono state un grande richiamo e hanno ispirato molti artisti.n34 Caravaggio, per esempio, è stato così attratto da queste figure che ha usato alcune di esse in quattro diverse composizioni. Nella più grande di queste, la Morte della Vergine (fig. 4)

fig 4 Caravaggio Morte della Vergine(part.)

commissionata da Laerzio Cherubini come pala d’altare per la sua cappella in S. Maria della Scala – poi rifiutata -, n35 il pittore prese in prestito la posa di una delle Furie sul lato sinistro del sarcofago per descrivere l’assoluto dolore della Maddalena. Accanto a lei il corpo abbandonato della Vergine morta, richiama da vicino quello di Clitennestra scolpito nel marmo. La correttezza di questo suggerimento può essere ulteriormente confermata dalla presenza della tenda nella parte superiore del dipinto. Anche se in passato questo dettaglio è stato spiegato in modo diverso, la sua fonte pare chiaramente essere lo stesso bassorilievo.n36 Un’altra porzione di questo sarcofago usato da Caravaggio è l’episodio di Oreste che uccide Egisto. In questo caso l’azione furente dell’eroe è stata ripresa per rappresentare Abramo nel Sacrificio di Isacco (fig.5).n37

fig 5 Caravaggio Sacrificio d’Isacco

Nella Cattura di Cristo, avevo già proposto come ci fosse una specifica fonte di ispirazione classica per l’aspetto teatrale del San Giovanni Evangelista.n38 Ora credo che nello stesso quadro Caravaggio abbia fatto riferimento ad una delle figure che si trovano dietro il drappeggio per l’immagine di se stesso che regge una lanterna.n39 C’è una quarta immagine in cui l’artista ha mostrato il suo apprezzamento per questo particolare sarcofago. Si tratta di un’opera leggermente più tarda, la Maddalena in Estasi (fig.6), dipinta durante la sua fuga, quando si rifugiò nelle proprietà dei Principi di Colonna fuori da Roma.n40 Ancora una volta si rifà al corpo adagiato di Clitennestra con il capo fortemente reclinato per descrivere i sentimenti sofferti della santa.

fig 6 Da Caravaggio Maddalena in estasi

Il medico ed esperto d’arte Giulio Mancini scrivendo di Caravaggio e dei suoi seguaci nelle sue Considerazioni sulla pittura, ha parlato di una “schola” caratterizzata dal fatto di aver adottato “le luci molto forti e le ombre molto profonde che danno un potente rilievo nelle pitture ” .n41 Bellori, con parole analoghe, ha espresso lo stesso pensiero più tardi, ma più precisamente ha rilevato questo carattere come un’innovazione introdotta da Caravaggio in una fase iniziale della sua carriera.n42 Probabilmente dopo il 1596 e, se la nostra interpretazione è corretta, questa fu la conseguenza di due nuovi interessi gradualmente sviluppati dal pittore: l’apprezzamento per la statuaria classica e la conoscenza degli studi sulla prospettiva di Guidobaldo Del Monte, fratello del cardinale.n43 Dopo il Suonatore di Liuto Caravaggio ha senza dubbio progressivamente creato composizioni tridimensionali utilizzando il metodo, come ricordato dai suoi biografi, di aumentare i contrasti di luce e di saturare i colori. Possiamo ora ipotizzare che questo bipolarismo, da un lato un’oscurità profonda, dall’altro una intensa illuminazione, fosse forse configurata da lui empiricamente, osservando di notte gli effetti visivi delle statue di marmo fortemente illuminate con torce lungo i corridoi dei palazzi dei suoi protettori. Se così fosse, la sua importanza a mio avviso, è più rilevante per le prime commissioni pubbliche dell’artista. Come è ora generalmente accettato, la versione iniziale del Martirio di San Matteo e, secondo alcuni studiosi, anche la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro, vennero rifiutate in primo luogo dal pittore stesso, perché capì quanto le composizioni fossero confuse.n44 Inoltre, nella cappella Cerasi sembra che Caravaggio fosse costretto a sostituire i suoi dipinti in risposta alla sfida di Annibale Carracci sull’altare maggiore.n45 Il risultato fu, come sappiamo, due versioni nuove, meglio composte e semplificate in un modello che fu successivamente costantemente perseguito dall’artista in tutte le sue immagini per le chiese romane.

fig 7 Caravaggio Deposizione

Nel più ammirato di questi altari, la Deposizione(fig. 7) in Santa Maria in Vallicella, Caravaggio ha creato in modo magistrale l’intero gruppo di figure emergenti dal fondo scuro per provocare nello spettatore l’effetto illusionistico di una solidità reale. Varie interpretazioni simboliche sono state avanzate per questa composizione, la cui datazione è ancora in discussione, in particolare per quanto riguarda l’importanza precisa della pietra piana sulla quale le figure si ergono.n46 Già nel 1955 Walter Friedlaender suggerì che la posizione obliqua della lastra alludesse a Cristo secondo la metafora del Vangelo:” La pietra scartata dai costruttori è diventata la testata d’angolo” (Matteo 21:42).n47 Pietro Vittrice, come sappiamo, era l’originale proprietario della cappella per la quale la tela venne dipinta ma, eccetto poche voci discordi, ​​suo nipote Girolamo è generalmente indicato come responsabile della messa in opera del quadro di Caravaggio.n48 L’analisi della composizione ora sembra corroborare la convinzione che lo stesso Pietro possa avere avuto qualche ruolo prima della sua morte, del 26 marzo 1600. Osservando attentamente il dipinto, notiamo che la pietra è chiaramente toccata dalla mano destra del Cristo morto. La metafora sopra citata è ripetuta anche negli Atti degli Apostoli (4:11) e, ancor più interessante in questo caso, è un san Pietro ispirato che la enuncia: “Egli è la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata, ed è divenuta la pietra angolare”. Ancora una volta, la pietra angolare è connessa a Gesù che per mezzo del suo sacrificio ha reso possibile la redenzione dell’anima: “e in nessuno altro è la salvezza” (4:12). In tale modo l’immagine, attraverso il simbolismo della pietra, esalta il martirio di Cristo. La parola pietra nella lingua italiana è foneticamente vicina a Pietro che è il nome del santo su cui Cristo ha costruito la sua Chiesa, ma è anche il nome delcommittente della cappella. Questi collegamenti sono troppi per essere una pura coincidenza. Pietro Vittrice era un uomo notoriamente pio e potrebbe avere scelto Caravaggio per eseguire la nuova pala d’altare lasciando a riguardo precise istruzioni  prima della sua morte.n49 Poiché tra le opere mancanti di Caravaggio esistono notizie di di un grande quadro da lui iniziato nello stesso anno, è stato suggerito che questi potessero riferirsi a questa pala altare.n50 Purtroppo il tema della tela non è menzionato nei documenti e le dimensioni specificate non corrispondono a quelle della Deposizione che in ogni caso sembra dal punto di vista stilistico configurarsi meglio tra i dipinti della cappella Cerasi e la seconda versione del San Matteo per la cappella Contarelli.n51 Comunque, è possibile che la Deposizione fosse il tentativo operato da Caravaggio di ottenere una sorta di simbiosi visiva tra un quadro e una scultura. Ruotando la composizione in una prospettiva angolare, si nota come l’artista abbia fatto uso ottimale della simbolica “pietra angolare” che, come un trampolino di lancio, proietta con forza in avanti l’intero gruppo degli astanti.n52 Ma nella realizzazione di un’impostazione così monumentale Caravaggio non venne in qualche modo influenzato dai modelli passati? La maggior parte degli studiosi hanno risposto affermativamente a questa domanda e hanno suggerito un’ampia varietà di fonti possibili: Michelangelo, Raffaello, Pontormo, altre immagini antiche e vecchie stampe. La fonte più convincente, però, a nostro giudizio, era un rilievo romano che rappresentava il trasporto del corpo di Meleagro.n53

fig 8 Morte di Meleagro. Urna cineraria Romana. Inghilterra collezione privata

Come per il ‘sarcofago d’Oreste‘, l’episodio era noto in vari esempi fin dal primo Rinascimento.n54 Uno di questi, ancora conservato in una collezione privata, sembra essere il tipo particolare ammirato e reinterpretato da Caravaggio per l’altare della cappella Vittrice (fig. 8).n55 In questa scena, accanto al gruppo di Meleagro e dei suoi trasportatori, comuni in tutte le versioni, appaiono anche delle figure con atteggiamenti drammatici, alcune delle quali sono state riadattate nella Deposizione. La donna con i capelli sciolti e le braccia aperte in segno di disperazione è evidentemente la fonte per la Maria posta in alto nel dipinto, mentre il gesto del cavaliere in lacrime a destra del marmo è ripetuto nell’altra Maria di fronte n56. Le attitudini di questi due personaggi non sembrano siano state proposte precedentemente in qualsiasi immagine o stampa e dimostrano chiaramente che questo rilievo, o qualcosa dello stesso tipo, possa essere la vera fonte di ispirazione per la Deposizione.n57

Ulteriori prove dell’importanza della statuaria classica per Caravaggio si scoprono con una attenta osservazione dei due volumi della Galleria Giustiniana. Questi libri di incisioni, pubblicati dal marchese Vincenzo Giustiniani tra il 1636 e il 1637 per illustrare il meglio delle sue antichità marmoree, sono la testimonianza principale di quella che allora era considerata la collezione più ricca del genere.n58 A partire dal 1720 tali pezzi sono andati dispersi e l’ubicazione attuale di molti di essi è sconosciuta. Dall’esame delle grandi riproduzioni è però possibile trovare legami importanti tra queste sculture e alcune delle opere di Caravaggio, e le seguenti osservazioni si basano solo sugli esempi più evidenti.

È stato da tempo notato che le caratteristiche del primo San Matteo sono molto vicine a quelle che tradizionalmente ritraggono Socrate.n59 Senza voler dare a questa relazione alcun significato intellettuale, vale però la pena di considerare un’incisione del bolognese Giovanni Valesio di una statua di un filosofo seduto (fig. 9), tratta dal primo libro della Galleria, che mostra una somiglianza con la versione perduta del santo.n60 Più sorprendentemente, lo stesso marmo originale sembra essere la fonte definitiva per un lavoro leggermente più tardo, il San Girolamo adesso in Montserrat (fig.10).

Un’altra immagine della stessa raccolta che rivela affinità con i dipinti di Caravaggio è una Diana cacciatrice (fig. 11).n61 Qui l’atteggiamento della Dea sembra ricordare in qualche modo l’azione estremamente drammatica della Giuditta ed Oloferne di Palazzo Barberini (fig.12).

Gli esami ai raggi X di questa tela (fig. 13) hanno poi rivelato che inizialmente l’eroina biblica era dipinta con il seno nudo e che venne modificata dall’artista successivamente. Questo particolare non è senza importanza poiché la statua di Diana è stata anche rappresentata nello stesso modo e possiamo immaginare che questa fosse l’idea originale espressa da Caravaggioche, dopo tutto, si conformava alla tradizione manierista del soggetto.n62 Presumibilmente il pentimento potrebbe essere stato sollecitato dalla sua destinazione al banchiere Ottavio Costa che all’epoca era responsabile della Dopositeria Vaticana.n63

fig 14 Caravaggio Canestra di Frutta Pinacoteca Ambrosiana. Radiografia

Una radiografia che mostra un cambiamento ancora più sorprendente è quello della famosa Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana (fig. 14). All’angolo della composizione capovolta è visibile un ‘Genio alato‘ che emerge tra girari di acanto. Questo sottostante motivo classico è stato attribuito a Prospero Orsi, amico e “turcimanno” di Caravaggio, meglio noto come Prosperino delle Grottesche per la sua

fig 15 Genio Alato. Galleria Giustiniana

abilità come pittore decorativo.n64 Questa ovvia conclusione è forse ora messa in discussione da un’altra incisione che dimostra che esisteva un rilievo di un simile “genio” (fig. 15) in collezione Giustiniani, quindi è legittimo sospettare che anche Caravaggio potrebbe essere stato il responsabile della prima stesura.

In più di una occasione gli studiosi hanno fatto notare che Caravaggio talvolta includeva nelle proprie opere idee mutuate da composizioni di artisti precedenti. Questo metodo, non insolito nel mondo dell’arte, è stato, nel caso del nostro pittore, particolarmente notevole perché apparentemente applicato, anche ad una lunga distanza di tempo, sulla base di ricordi puramente visivi. La stessa capacità di conservare le memorie si riferisce anche alle sculture viste molti anni prima, come è ora confermato dall’incisione di Apollo con la pelle scorticata di Marsia (fig. 16).n65 Questa statua del dio, che mostra le conseguenze della sua vendetta, deve aver lasciato una forte impressione sull’artista poiché egli sembra avere usato la stessa posa almeno in un dipinto del suo tardo periodo, in una delle sue più tragiche composizioni, il David con la testa di Golia della Galleria Borghese (fig. 17).n66

fig 16 Apollo con la pellescorticata di Marsia. ca. 1633-67J. von Sandrart
fig 17 Caravaggio David con la testa di Golia

Siamo certi che possano esserci stati molti altri esempi di utilizzo di motivi classici da parte di Caravaggio.n67 Al momento è importante sottolineare che le accuse fatte da Bellori e da altri non erano fondate ma che servivano ad una campagna più ampia orchestrata dai potenti partigiani del classicismo miranti a diffondere la damnatio memoriae dell’artista. Tuttavia, in tutta obbiettività, si dovrebbe anche dire che il percorso pittorico di Caravaggio basato su modelli reali ha esposto i prototipi scultorei come se fossero immagini naturali di tutti i giorni, rendendo impossibile che venissero riconosciuti da persone a lui così mentalmente contrarie.

Anche il dibattito sulla spiritualità di Caravaggio e sulle tendenze religiose in quegli anni a Roma che ebbero un ruolo influente sulla sua pittura, ha raggiunto solo risultati e spiegazioni parziali e talvolta ingannevoli. A partire dalle proposte iniziali di Friedlaender riguardo ad un’influenza diretta degli ambienti oratoriani sulle opere del Merisi, molte argomentazioni sono state poi ampliate o anche contestaten.68 Praticamente nulla è noto sul comportamento religioso del pittore, ma dal profilo del personaggio come appare dalle testimonianze dell’epoca, possiamo solo immaginare che il suo atteggiamento fosse quello di un osservatore pragmatico e che in genere applicasse lo stesso approccio nella gestione delle proprie opere. Comunque egli proveniva dalla Lombardia dove, a causa della peste e dell’attività di riforma di San Carlo Borromeo, una ispirata “bassa Chiesa” era impegnata in un apostolato popolare espresso in molti modi, non da ultimo da una profonda predicazione. Quindi, sebbene non impossibile, è difficile immaginare che l’artista potesse esserne completamente insensibile.n69

Le commissioni pubbliche più controverse di Caravaggio furono il primo San Matteo, la Morte della Vergine e la Madonna dei Palafrenieri. Per quanto riguarda la prima versione del San Matteo per l’altare principale della cappella Contarelli, come è stato ben spiegato, Caravaggio ha probabilmente consegnato un’iconografia secondo i desideri dei suoi committenti che solo dopo, causa la vox populi, venne rifiutata per una “scoperta” mancanza di decoro.n70 In questa immagine l’unica vera obiezione era probabilmente il prominente piede dell’evangelista che sembrava fuoriuscire dalla tela e che inizialmente non aveva influenzato né il Crescenzi né il rettore della Chiesa, e solo  successivamente venne riconsiderato, forse a causa dei commenti ironici e sfavorevoli della gente.n71

Nel caso della pala d’altare dei Carmelitani Scalzi, il proprietario della cappella Laerzio Cherubini affidò completamente la composizione a Caravaggio, presumibilmente senza alcuna indicazione specifica.n72 Ancora una volta, ciò che sconvolse i destinatari era la imprevedibile rappresentazione della Vergine, dipinta con il ventre prominente i piedi nudi e, anche se si trattava di frati “mendicanti”, costoro non potevano accettare una simile versione della loro protettrice. Una situazione simile probabilmente si verificò anche con la Madonna dei Palafrenieri, solo che in questo caso fu la troppo evidente nudità del Gesù Bambino che sconvolse alcuni tra gli alti prelati di San Pietro.n73

Caravaggio Morte della Vergine (part.)

In tutti e tre i casi che provocarono la rimozione delle pale da questi altari, non si trattava di errori dottrinali, ma delle libertà artistiche che l’artista si era preso. Per l’elaborazione degli altri suoi soggetti religiosi, il pittore deve aver usato più autocontrollo, o forse venne meglio consigliato da alcuni dei suoi patrocinatori.

L’importanza degli Oratoriani e dei loro legami con il cardinale Federico Borromeo e con molte famiglie illustri a Roma, per quanto riguarda Caravaggio, è stata ampiamente discussa. Come pure sono stati riconosciuti gli stretti legami esistenti tra alcuni suoi quadri e gli agostiniani.n74 Ciò che non è riconosciuto allo stesso modo è l’importanza del suo rapporto con i francescani e, inoltre, con la dottrina post-tridentina.n75 Nelle sue opere romane si nota che Caravaggio sembra aver privilegiato particolarmente alcuni santi, i più ricorrenti sono Maria Maddalena, Gerolamo e Francesco. I primi due erano entrambi i simboli esemplari della Penitenza, un sacramento di grande importanza per ottenere la Grazia Divina. Nel caso della Maddalena poi era ancora più eloquente perché essa si era pentita solo dopo la sua conversione, un argomento che, nel clima rivitalizzato della Controriforma, aveva assunto un valore primario per il recupero di coloro che avevano abbracciato il protestantesimo. Gli stessi sforzi furono dedicati anche alla conversione degli ebrei e un’attenzione particolare venne prestata a Roma alla redenzione delle prostitute.

Quanto fosse rilevante all’epoca per alcuni protettori di Caravaggio il problema della conversione, è dimostrato dalle sue tre elaborazioni pittoriche del tema.n76 Nell’impegno per la conversione in prima linea vi erano i francescani, specialmente i cappuccini, coinvolti attivamente come missionari. Il loro voto di povertà era una virtù che alla fine avrebbe fatto breccia in coloro che erano destinati alla conversione. Attraverso l’esempio del loro Padre Serafico, lo spirito fondamentale dell’ordine era l’Imitatio Christi. Penitenza e Meditatio mortis erano elementi essenziali della loro spiritualità e sia come sentimenti che come atteggiamenti, questi vennero rappresentati da Caravaggio nelle sue immagini.

Come ha spiegato Bert Treffers, nel suo primo San Francesco (che credo sia quello del Wadsworth Atheneum), Caravaggio è stato ispirato dalla lettura della Legenda Major di San Bonaventura, un testo probabilmente disponibile nella biblioteca del Cardinale Del Monte.n77 Il cardinale stesso fu una sorta di guida per l’artista? Se non direttamente coinvolto nella scelta dell’iconografia (ed è difficile credere che non lo fosse), la personalità del cardinale deve essere stata anche in questo caso una fonte di influenza permanente. Dopo tutto, la sua devozione all’ordine francescano e la frugalità dei suoi costumi sono ben documentati.78

Anche altri patrocinatori di Caravaggio, come Costa, Colonna e Mattei, erano fortemente associati allo stesso ordine religioso, 79 particolarmente i Mattei, il cui principale esponente, il cardinale Girolamo, era responsabile della Curia per l’esecuzione dei Decreti di Trento e protettore dell’Osservatorio Francescano.n80 Dei quadri dipinti da Caravaggio per il fratello maggiore del Cardinale, Ciriaco, sia La Cena in Emmaus che la Presa di Cristo nell’orto sono soggetti ricchi di significato, ed entrambi hanno ricevuto grande attenzione. Come già detto, dato che riteniamo che l’esecuzione di queste tele sia avvenuta nel palazzo Mattei, sembra logico supporre che Caravaggio fosse stimolato dalle convinzioni del cardinale Girolamo. Se così fosse, si spiegherebbero i suggerimenti colti dall’artista dalla Meditationes vitae Christi, lo scritto di un anonimo francescano toscano, noto come lo Pseudo-Bonaventura. Questo testo, particolarmente caro ai Cappuccini, è stato considerato anche opera di San Bonaventura ed è stato incluso nella edizione della sua Opera Omnia promossa da Papa Sisto V, e completata nel 1596.n81 Se confrontiamo la narrazione di Caravaggio della Cattura nell’orto con l’equivalente Meditazione, vediamo che tre situazioni vengono pienamente riproposte: l’assenza dell’episodio di San Pietro e Malco, l’atteggiamento calmo e sottomesso di Gesù, e la paura dei discepoli in fuga. La concomitanza di questi aspetti, alcuni dei quali sono senza dubbio trattati con notevole prominenza, rivela come le Meditationes dovessero essere all’origine di questa raffigurazione.n82

Nella Cena in Emmaus, se il messaggio eucaristico della composizione è inalterato, la corrispondenza con il testo francescano è più sottile. Bellori, nel trattare questo dipinto, accusava nuovamente Caravaggio di aver “spesso degenerato in forme comuni e volgari” .n83 Certamente si riferiva alla rappresentazione della condizione di povertà dei due discepoli, uno dei quali mostra in modo evidente una larga lacerazione sul gomito dell’abito. Ciò di cui questo critico non si rese conto era che Caravaggio interpretava fedelmente lo spirito della sua fonte che esaltava in modo emblematico la bontà di Cristo nel rendersi disponibile a tutta l’umanità, inclusi i più poveri.n84

 Come questo spirito cappuccino, e altre idee francescane siano state percepite personalmente dall’artista, è più difficile da stabilire. Come molti dei suoi protettori, alcuni dei quali erano direttamente coinvolti in atti spirituali e religiosi di misericordia, Caravaggio deve essere stato impressionato dalle pauperitas e dalle doti altamente morali di questo ordine. Ciò che è certo è che la sua associazione con i francescani non si concluse con la sua partenza da Roma, ma venne anche successivamente confermata più volte.

English version

Classical and religious influences in Caravaggio’s painting. *
(Saggio pubblicato nel catalogo della mostra “Saints & Sinners. Caravaggio & the Baroque Image”, ed. da Franco Mormando, McMullen Museum of Art, Boston College, Boston January 1999).
 The conviction that Caravaggio should be considered an anti-classical painter became widespread as a result of the unequivocal opinions expressed by Giovanni Battista Agucchi in his fragmentary treatise.1 Although the Bolognese prelate conceded that he was “excellent in his use of colour” the artist was specifically accused of having abandoned “the Ideal Beauty” in favour of verisimilitude – of representing the “ordinary” instead of being inspired by the “best”.2
In Agucchi’s valuations, which were effectively an anticipation of the later classicism theories, the only conceivable excellency in art was that expressed by the ancient sculptors and resumed during the Renaissance by Raphael and his school, when artists were able to create images of perfect beauty through idealised forms. Later, only Annibale Carracci and some of his pupils had been able to accomplish such perfection, according to Agucchi, by combining in their work “the finest Roman drawing” and “the beauty of the Lombard colouring”.3
 Most of Agucchi’s concepts were endorsed fifty years later by Giovanni Pietro Bellori in a famous discourse delivered to the Roman Academy of S. Luca.4 In his Vite Bellori repeated Agucchi’s analogy, once again comparing Caravaggio to the Greek sculptor Demetrio who preferred the imitation of nature to the pursuit of ideal beauty.5
In Bellori’s writing, however, there is no evidence of the objectivity expressed by Agucchi with regard to Caravaggio’s artistic manner. Rather, he constantly reproaches the Lombard artist and considers him ultimately responsible for the negative influence on those painters who followed him.6 We can presume that this, and other prejudices, grew out of long conversations between Bellori and Nicolas Poussin, who had a profound and openly-asserted hostility towards Caravaggio.7
 In the life of Caravaggio, Bellori also described a convenient but unlikely anecdote of the artist refusing to take models from some famous ancient sculptures and indicating in preference the real people surrounding him as his natural source of inspiration.8 The emphasis here is again on an assumed renunciation by the painter of the “noble study of the ancients”, and instead to devote himself instead to the less intellectual but popular imitation of ‘real nature’.
 As a matter of fact, Caravaggio never intended such a rejection of the classical legacy and although this was probably clear to his contemporary supporters, it was conveniently denied by his critics. Before proving the fallacy of Bellori’s assumption, it is important first to discuss other aspects of Caravaggio’s process of assimilation of ideas in his art as indicated in his early Roman works.
 Following the initial assertions by Roberto Longhi on the northern origins of Caravaggio’s painting, many other scholars have indicated that after his arrival in Rome in 1592, the artist was not immune to contact with the High Renaissance cultural milieu of the city.9 Recently, Keith Christiansen has offered the most illuminating addition on this subject.10 He has definitively demonstrated how Caravaggio took suggestions for his compositions from Raphael and Michelangelo through the engravings of their works made by Cherubino Alberti, Giulio Bonasone, Agostino Veneziano and Marcantonio Raimondi. However, he has also illustrated with clear examples that this practice was widespread among other Lombard painters, specifically Moretto, Peterzano and Romanino, who are regarded as the precursors of Merisi.11
 Artists from northern Europe, where the technique of printmaking had a long established tradition, probably produced most of the prints in circulation at the time. Caravaggio, as has been demonstrated, made use of northern prints on at least two occasions: when he painted the ceiling of Cardinal Del Monte’s studiolo for the villa near Porta Pinciana, and in the Taking of Christ for Ciriaco Mattei. In the former, faced with the demanding task of representing three Gods di sotto in sù (from below looking up), he recalled the extreme foreshortening of the fallen Thessalian King Ixion drawn by Cornelis van Haarlem and engraved by Goltzius in a famous series only a few years earlier.12 In the Taking of Christ it was a detail of Dürer’s woodcut of the same subject which gave the artist the idea for the central group of Jesus, Judas and a guard.13
Like any other artist in Rome, Caravaggio principally benefited from the direct observation of the innumerable works of art disseminated all over the city. A previously unnoticed example of this can be seen in the first execution of the Martyrdom of Saint Matthew for S. Luigi dei Francesi, known through X-rays (fig. 1). The pose of the armed soldier advancing from the left derives entirely from a figure painted by Polidoro da Caravaggio for the façade of the Casino del Bufalo (fig. 2).14
In the case of the Saint John the Baptist painted for Ciriaco Mattei, Christiansen has correctly pointed out that the original source was not only a Sistine nude by Michelangelo,15 but also the bronze youths of Taddeo Landini for the Turtle Fountain.16 This conclusion, which was independently reached by Elisabeth Schröter,17 introduces an often neglected or underestimated aspect in Caravaggio’s painting: the taste of his patrons. Landini’s statues were among the most celebrated artistic creations of the Late Roman Renaissance.18 Images of grace and beauty, they were also symbols of the refined perception of the Mattei family who commissioned them, and it is not unreasonable to think that Ciriaco Mattei had some involvement in the choice of the composition.
 From the time he was discovered by Francesco Maria Del Monte, Caravaggio had access to the intellectual life of the Roman aristocracy. Visual arts, theatre, poetry and music were the essential parts of this world where the ambition of acquiring good taste was frequently flaunted with the performances of new protégés or by the display of fashionable collections.19 Although cultivated and highly sophisticated, it was a society which did not forget for a moment the origins of its wealth and power, nor the difficult process of renovation currently being carried out by the Church.
 After his first few genre paintings, which earned him the invitation to live in Palazzo Madama, Caravaggio’s production partly changed to accommodate the demands of his patron and of his friends.20 In the period which preceded his first public engagement in S. Luigi dei Francesi, the artist apparently painted little more than a dozen works. The appearance of classical themes among these certainly resulted from Del Monte’s taste in antiquity, but the painter himself must be credited for his personal interpretation of them.
By comparing his early Bacchus with the later version in the Uffizi, it is evident how distant the two pictures are in significance.21 Although both are realistically represented, (and the second in the most ‘Brescian manner’), what amazes us in the later composition is its elegant classical composure which is not fortuitous and which can be seen also in the Musicians in the Metropolitan Museum of Art, New York.22
In spite of the converging efforts made by several scholars in the last few years, the explanation for Caravaggio’s interest in antiquity at this stage of his life has not yet been fully explored.23 The initial impact of Francesco Maria Del Monte’s milieu on the artist must have been more significant than has been previously supposed. The Cardinal, as is reported by contemporary writers, was not particularly wealthy and his ‘fortune’ came from the protection of the Grand Duke Ferdinando de’ Medici.24  Nevertheless he had many responsibilities both inside and outside the Curia and he had established himself as a leading promoter of the arts in Rome.25 A sophisticated collector, although with limited resources, he had arranged a small Antiquarium in his vigna di Ripetta where he kept a few classical sculptures and other archaeological finds.26 Undoubtedly the most remarkable piece in his collection was a glass Roman vase. Preserved inside a wooden box covered with red velvet, this was later better known as the Portland Vase.27 In the Musicians, I believe there are indications of Caravaggio’s admiration for this vase and the first proof of his consciousness of the importance of classical art.28
Behind Palazzo Madama, nearly opposite S. Luigi dei Francesi, stood the palace of Cardinal Benedetto Giustiniani and his brother Vincenzo. Like Del Monte both were collectors and, probably because of him, they too became great patrons of Caravaggio.29 The Marquis Vincenzo also possessed a vast collection of ancient sculptures and marble reliefs which grew constantly with new acquisitions.30 Given the number of works by Caravaggio owned by the Giustiniani it is obvious that the painter felt at home in their palace and this gave him the opportunity to appreciate the large variety of statuary compositions displayed in that residence and eventually to be influenced by some of them.
A relief representing A man lying on his triclinium, now located in the hall of the building, seems to prove this interest.31 This funerary image immediately calls to mind the Florentine Bacchus.32 But the most relevant source of inspiration for Caravaggio was another bas-relief now preserved in the palace but originally placed in the garden of the Giustiniani Villa outside Porta del Popolo. This front of a sarcophagus representing the Revenge of Orestes (fig. 3) was known at least from the Quattrocento, and was situated outside the door of the church of S. Stefano del Cacco before being acquired by the Marquis Vincenzo at the beginning of the seventeenth century.33 The subject was misinterpreted for a long time but, in spite of this, the dramatic expressions of the carved figures of this marble held a great appeal and inspired many artists.34 Caravaggio, for instance, was so attracted by these images that he used some of them in four different pictures.
In the largest of these, the rejected Death of the Virgin (fig. 4) which was commissioned by Laerzio Cherubini as an altarpiece for his chapel in S. Maria della Scala,35 the painter borrowed the pose of one of the mythical Furies on the left side of the sarcophagus to describe the full of grief of Saint Mary Magdalen. Beside her he portrayed the dead Virgin whose abandoned body closely recalls that of Clytemnestra expressed in the marble. The correctness of this suggestion can be further confirmed by the presence of the curtain at the top of the painting. Although in the past this feature has been explained in a different way, its source is clearly the same bas-relief.36
Another portion of this sarcophagus used by Caravaggio is the episode of Orestes slaying Aegisthus. In this case the raging action of the hero was adjusted to represent Abraham in the Sacrifice of Isaac (fig. 5).37
In the Taking of Christ, I have previously proposed a specific classical source for the theatrical aspect of Saint John the Evangelist.38 I now believe that Caravaggio, in the same picture, may well have referred to one of the figures standing behind the above-mentioned drapery for his self-image carrying a lantern.39
 There is a fourth picture in which the artist has shown his appreciation of this particular sarcophagus. This is the slightly later work of the Magdalen in Ecstasy (fig. 6), painted during his flight, while taking refuge on the Colonna Princes’ estates outside Rome.40 Once again he appealed to the laid back body of Clytemnestra with her strongly reclined head to describe the overwhelming feelings of the female saint.
The physician and art expert Giulio Mancini writing about Caravaggio and his followers in his Considerazioni, characterised that ‘school’ for adopting “the lights very strong and the shadows very deep, which give powerful relief to the painting”.41 Bellori, with analogous words, expressed the same thought some time later but more precisely he detected this trait as an innovation introduced by Caravaggio at an early stage of his career.42 This probably happened between 1595 and 1596 and, if our interpretation is correct, was the consequence of two new interests gradually developed by the painter: the appreciation for classical statuary and his acquaintance with the perspective studies by Cardinal Del Monte’s brother Guidobaldo.43
After the Lute player, Caravaggio undoubtedly progressively created more three-dimensional compositions using the method, as recorded by his biographers, of increasing the contrasts of light and saturating the colours. We can now speculate that this polarity of deep darkness and harsh illumination was perhaps empirically configured by him by observing at night the visual effects of marble statues strongly lit with torches along the corridors of his patrons’ palaces. If this was the case, its importance, in my opinion, is most relevant to Caravaggio’s first public commissions. As is now generally accepted, the early version of the Martyrdom of Saint Matthew and according to some scholars, also the Conversion of Saint Paul and the Crucifixion of Saint Peter, were rejected by the painter himself because he realised how convoluted the compositions were.44 Moreover, in the Cerasi chapel, it appears that Caravaggio was forced to replace his paintings in response to Annibale Carracci’s challenge on the main altar.45 The result was, as we know, two new, better composed and simplified versions in a pattern which was subsequently constantly pursued by the artist in all his pictures for Roman churches.
In the most admired of these altarpieces, the Entombment of Christ (fig. 7) painted for S. Maria in Vallicella, Caravaggio shaped the entire group of figures out of the dark background in a masterly fashion to provoke in the viewer the illusionistic effect of real solidity. Various symbolic interpretations have been advanced for this composition, the date of which is still questionable, particularly with regard to the precise significance of the flat stone on which the figures are standing.46 Already in 1955, Walter Friedlaender suggested that the oblique position of the slab alluded to Christ according to the Gospel’s metaphor of  “the rejected stone which was made head of the corner”(Matthew 21:42).47 Pietro Vittrice, as we know, was the original owner of the chapel for which the canvas was painted but, with only a few dissenting voices, his nephew Girolamo is generally indicated as having been responsible for commissioning the picture from Caravaggio.48 The analysis of the composition now seems to corroborate the belief that Vittrice himself had some sort of participation in it before he passed away, on 26 March 1600. In carefully observing the painted scene, we notice that the stone is emphatically touched by the right hand of the dead Christ. The metaphor cited above is repeated in Acts (4:11) and more interesting, this time it is spoken by an inspired Saint Peter: “He is the stone which was set at nought of you the builders, which was made the head of the corner”. Again, the cornerstone is related to Jesus who through his sacrifice made possible the soul’s redemption: “And in none other is the salvation” (4:12). In this way the picture, through the symbolism of the stone, is exalting Jesus’ martyrdom. The word stone in the Italian language is pietra, phonetically close to Pietro which is the name of the saint (Peter) on whom Christ built his Church, but it is also the first name of the chapel’s sponsor. These links are too numerous to be purely coincidental. Pietro Vittrice was a notoriously pious man. He could have chosen Caravaggio to execute the new altarpiece and left precise instructions regarding the subject before his death.49 Since among the missing works of Caravaggio there are records of a large picture undertaken by him in the same year, it has been suggested that these refer to this altarpiece.50 Regrettably, the subject of this canvas is not mentioned in the documents and the specified dimensions do not correspond to those of the Entombment which in any case stylistically seems to fit better between the paintings for the Cerasi chapel and the second version of the Saint Matthew for the Contarelli chapel.51 Be that as it may, the Entombment is certainly Caravaggio’s most successful attempt at obtaining a sort of visual symbiosis between a picture and a sculpture. By rotating the composition to an angle view, the artist made optimal use of the symbolic “cornerstone” which, like a springboard, forcefully projects forward the entire group of figures.52
But in achieving such a monumental impression was Caravaggio in any way influenced by past models? The majority of scholars have answered in the affirmative to this question, and have suggested a broad variety of possible sources: Michelangelo, Raphael, Pontormo, early Christian images and old prints. The most convincing source, however, was a Roman relief representing Meleager’s companions carrying his body.53 Like the ‘Orestes sarcophagi’ this was known since the early Renaissance in several variants.54 One of these versions, a surviving example of which is still preserved in a private collection, seems to be the particular type admired and reinterpreted by Caravaggio for the Vittrice chapel altarpiece (fig. 8).55 In this scene, beside the group of Meleager and his bearers, common to all the versions, there are a number of mourning figures with dramatic attitudes some of which were readapted in the Entombment. The woman with loose hair and outstretched arms in despair is evidently the source for the “uppermost Mary” in the painting, while the gesture of the cavalier in tears at the far right of the marble is repeated by the other Mary in front.56 The actions of these two figures presented together seems never to have been previously represented in any picture or print, and clearly demonstrates that this relief, or one of the same type, was the real source of inspiration for the Entombment.57
Further proof of the importance of classical statuary for Caravaggio came from a careful observation of the two volumes of the Galleria Giustiniana. These engraved books, published by the Marquis Vincenzo Giustiniani between 1636 and 1637 to illustrate the best of his marble antiquities, are the primary records of what was considered at that time the richest collection of the kind.58 Since 1720 those pieces have been dispersed and the whereabouts of many is unknown. From the scrutiny of the large reproductions it is possible to discover more important links between these sculptures and some of Caravaggio’s early works, and the following observations are concerned only with the most solid evidences of these.
It has long been noticed that the features of the first Saint Matthew are very close to those traditionally portraying Socrates.59  Without getting involved in any possible intellectual meanings of this relationship, it is worth considering an engraving by the Bolognese Giovanni Valesio of a statue of a Seated philosopher (fig. 9) from the first book of the Galleria which shows a resemblance with that lost version of the saint.60 More surprisingly, the same original marble appears to have been the definitive source for a slightly later work, the Saint Jerome now in Montserrat (fig.10).
Another image of the same collection that reveals affinities with Caravaggio’s pictures is a Hunting Diana (fig. 11).61 Here the Goddess’ attitude seems to recall in some way the highly dramatic action of the Judith and Holofernes in Palazzo Barberini (fig. 12). The X-rays of this canvas (fig. 13) have disclosed that initially the biblical heroine was painted with naked breasts and was subsequently modified by the artist. This particular is not without importance. Since the Diana statue was also represented in the same manner, we can speculate that this was the original idea expressed by Caravaggio, one which, after all, conformed to the Mannerist treatment of the subject.62   Presumably the pentimento was urged by its private destination with Ottavio Costa who at the time was responsible for the Vatican Depositeria.63
One X-ray which tells of an even more dramatic change is that of the famous Fruit basket of the Pinacoteca Ambrosiana (fig. 14). On the corner of the inverted composition a ‘winged Genius’ is visible emerging from acanthus scrolls. This mythological motif has been attributed to Prospero Orsi, the close friend and promoter of Caravaggio, better known for his skill as a decorative painter as Prosperino delle Grottesche.64 This obvious conclusion is perhaps now challenged by another engraving which demonstrates that there was a relief of a similar ‘Genius’(fig. 15) in the Giustiniani collection, prompting the legitimate suspicion that Caravaggio too could have been responsible for the earlier image.
On more than one occasion scholars have pointed out that Caravaggio sometimes included pictorial ideas from previous artists’ compositions in his own works. This method, not unusual in the art world, was, in the case of our painter, particularly remarkable because it was apparently applied, even at a great distance in time, based on purely visual recollection. The same ability to retain memories refers also to sculptures he saw many years earlier as is now confirmed by the engraving of Apollo with the flayed skin and head of Marsyas (fig. 16).65 This statue of the god ostensibly warning of the consequences of his revenge must have left quite an impression on the artist since he used the same pose twice in pictures of his late period. In the first, the London Salome painted in Naples in about 1609, the action is repeated by the executioner in reverse. It appears again in one of his most tragic final compositions, the David and Goliath in the Borghese Gallery (fig. 17).66
 We are sure that many other examples of Caravaggio’s use of classical motifs can be produced.67 At this moment it is important to underline that the accusations made by Bellori and others were groundless and were part of a larger orchestrated campaign by the powerful partisans of Classicism to spread a damnatio memoriae of the artist. However, in all fairness it should also be said that Caravaggio’s process of painting from real models disguised the sculptural prototypes as everyday natural images, making it impossible for them to be recognised by people who were so mentally opposed to him.
The ongoing debate about Caravaggio’s spirituality and which of the religious tendencies of the time in Rome may have had an influential role on his painting, has only achieved a limited and sometimes deceptive explanation of the issues. Since Friedlaender’s initial proposals of a direct influence of the Oratorians on Caravaggio’s works, these arguments have been expanded and disputed.68 Practically nothing is known about the religious behaviour of the painter, but from the character profile inferred from his records we can only imagine that his attitude as an observant would have been no more than pragmatic, and that he must generally have applied the same approach in the handling of his own works. Nevertheless, he came from Lombardy where, as a result of the plague and of the reformation activity of Saint Charles Borromeo, an inspired ‘Low Church’ was engaged in a popular apostolate expressed in many ways, not least by passionate preaching. Although not impossible, it is difficult to imagine that the artist could have been completely insensitive to these instances.69
 Caravaggio’s most controversial public commissions were the first Saint Matthew, the Death of the Virgin and the Madonna dei Palafrenieri. As far as the early version for the main altar of the Contarelli chapel is concerned, as has recently been explained, Caravaggio probably delivered an image according to the wishes of his sponsors that only later, by vox populi, was refused for a ‘discovered’ lack of decorum.70 In the picture the only real objection was probably to the foreshortened foot of the evangelist kicking out of the canvas which did not initially affect either the Crescenzi or the Church rector but which was later reconsidered as a result of the unfavourable and probably ironic comments of the people.71
 In the case of the altarpiece of the Discalced Carmelites, the owner of the chapel Laerzio Cherubini fully entrusted the composition to Caravaggio and most likely without any specific instructions.72 Again, what disconcerted the recipients was the unexpectedly crude representation of the Virgin with her prominent bare feet and, although ‘Mendicants’, the friars could not accept the portrayal of their protectress in such a way. A similar situation probably occurred with the Madonna dei Palafrenieri only this time it may have been the too-evident nudity of the young Jesus which upset some of Saint Peter’s high prelates.73
In all three cases what provoked the removal of these altarpieces were not doctrinal errors but the artistic liberties taken by Caravaggio. For his other elaborate religious subjects, the painter must have used more self-control, or perhaps he was better advised by some of his patrons.
 The importance of the Oratorians and of their links with Cardinal Federico Borromeo and with many illustrious families in Rome, in connection with Caravaggio, has been widely discussed. The existing close ties of some of his paintings with the Augustinians has also been recognised.74 What is not equally acknowledged is the extent of his relationship with the Franciscans and, moreover, with post-Tridentine doctrine.75 In his Roman works it is noticeable that Caravaggio seems to have favoured only a few saints, most recurrently Mary Magdalen, Jerome and Francis. The first two saints were both exemplary symbols of Penance, a sacrament of great importance in obtaining Divine Grace. In the case of the Magdalen this was even more poignant because she repented after her conversion, an issue which in the revitalised climate of the Counter-Reformation had assumed a primary significance for the recovery of those who had embraced Protestantism. The same efforts were dedicated to the conversion of Jews, and in Rome particular emphasis was paid to the redemption of prostitutes.
How relevant the issue of conversion was at the time for some of Caravaggio’s patrons is demonstrated by his three treatments of that subject.76 On the front-line of conversion were the Franciscans, especially with the Capuchins actively involved as missionaries. Their vow of poverty was a virtue which would eventually appeal to those targeted for conversion. Through the example of their Seraphic Father, the fundamental spirit of the order was the Imitatio Christi. Penance and Meditatio mortis were also essential aspects of their spirituality and both as sentiments and as attitudes were represented by Caravaggio in his single images of the above-mentioned saints.
As Treffers has explained, in his first Saint Francis (which I believe to be the one in the Wadsworth Atheneum), Caravaggio was inspired by the reading of Saint Bonaventure’s Legenda Major, a text probably available in Cardinal Del Monte’s library.77 Was the Cardinal himself of any guidance to the artist? If not directly involved in the iconography of the picture (and it is difficult to believe he was not), the Cardinal’s personality must have been even in this case a permanent source of influence. After all, his devotion to the Franciscan order and the frugality of his custom were well documented.78
 Other patrons of Caravaggio, like Costa, Colonna and Mattei, were also strongly associated with the same religious order,79 particularly the Mattei, whose principal exponent Cardinal Girolamo was responsible in the Curia for the enforcement of the decrees of Trent and protector of the Observant Franciscans.80 Of the pictures painted by Caravaggio for this Cardinal’s elder brother, Ciriaco, the Supper at Emmaus and the Taking of Christ are the richest in meaning and both have received great attention. As previously suggested, since we presume that the execution of the canvases was carried out in the Mattei palace, it seems logical to assume that Caravaggio was stimulated by the beliefs of Cardinal Girolamo. If this was the case, it explains the artist borrowing from the Meditationes vitae Christi, written by an anonymous Tuscan Franciscan better known as the Pseudo-Bonaventure, for these works. This text, which was particularly dear to the Capuchins, was considered at the time the work of  Saint Bonaventure himself and was included in the edition of his Opera Omnia that, promoted by Pope Sixtus V, was completed in 1596.81 If we compare Caravaggio’s narration of the Betrayal with the equivalent Meditatio, three situations are fully reflected: the absence of the episode of Saint Peter and Malchus, the calm and submissive attitude of Jesus allowing himself to be taken prisoner, and the fear of the fleeing disciples. The concomitance of these aspects, some of which are unquestionably treated with a distinct prominence, reveal the Meditationes as the real source of this scene.82
In the Supper at Emmaus, if the Eucharistic message of the composition is unaltered, the correspondence with the Franciscan text is more subtle. Bellori, in reporting this painting, again accused Caravaggio of having “often degenerated into common and vulgar forms”.83 Most certainly he was referring to the portrayal of the poverty condition of the two disciples, one of whom is prominently showing the wide tear on the elbow of his coat. What this critic did not realise was that Caravaggio was faithfully interpreting the spirit of his source which emphatically exalted the goodness of Christ to make himself available to all humanity, including the poorest.84
 How personally this Capuchin spirit and other Franciscan ideas were perceived by the artist is more difficult to establish. Like many of his protectors, some of whom were directly involved in spiritual and religious acts of mercy, Caravaggio must have been touched by the highly moral pauperitas of this order. What is certain is that his association with the Franciscans did not end with his departure from Rome, but instead was later confirmed on more than one occasion.85
*(Saggio pubblicato nel catalogo della mostra “Saints & Sinners. Caravaggio & the Baroque Image”, ed. da Franco Mormando, McMullen Museum of Art, Boston College, Boston January 1999).

 NOTE

  1. Il Trattato della pittura venne pubblicato da G. B. Agucchi, secretario di Giovanni Antonio Massani, nel 1646, con lo pseudonimo di G. A. Mosini. Identificato e pubblicato da Denis Mahon che lo ritenne scritto tra il 1607 e il 1615 (Mahon, 1947, 231-75).
  2. Ibid., 256-57.
  3. Ibid., 252. Secondo Agucchi i migliori pittori sono quelli che: “… non contenti d’imitare quel che veggono ……fanno le cose non come sono, ma come esser dovrebbono per essere perfettissimamente mandate ad effetto”. Idem, 242.
  4. Questo, con il titolo di “L‘Idea del pittore, dello scultore e dell’architetto”, venne presentato da Bellori nel Maggio del 1664, per poi pubblicarlo nel 1672, come introduzione alle sue Vite.
  5. Bellori, 211.
  6. Ibid., 230.
  7. “M. Poussin, lui reparts-je, ne pouvoit rien souffrir du Caravage, et disoit qu’il etoit venu au monde pour détruire la Peinture”. Felibien, 3: 152.
  8. Bellori, 214.
  9. Wagner, 35-36; Gregori, 1972, 36-40; Röttgen, 98; Marini, 14.
  10. Christiansen, 1996, 7-28.
  11. Ibid., 16-27.
  12. Bernini, 73. Nell’articolo Cornelis van Haarlem non viene menzionato come autore del disegno. Questa serie di incisioni, che include anche le immagini di Tantalo, Icaro e Fetonte, fu pubblicata nel 1588, “The Four Disgraced Ones” (Bartsch, 258-261).
  13. Hermann Fiore, 24-27.
  14. Marabottini, 1: 360-62, 2: 135-39. Questo affresco monocromo era sulla facciata prospicente il giardino del palazzo, e faceva parte di una serie di scene con I miti di Perseo e Andromeda. Nel 1885, prima che il palazzo venisse demolito gli affreschi, già in cattive condizioni, vennero staccati ed ora si trovano nel Museo di Roma. Gli episodi furono anche incisi da Cherubino Alberti e non si può escludere la possibilità che Caravaggio possa aver preso l’idea da una delle stampe. Herwarth Röttgen ha invece suggerito che questa figura fosse originata da un dettaglio di un perduto affresco del Cavalier d’Arpino in S. Lorenzo in Damaso a  Roma (Röttgen, 231).
  15. Hibbard è stat oil primo studioso a suggerire questa possibile connessione. Hibbard, 152-54
  16. Christiansen, 1996, 14-15.
  17. Schröter, 69.
  18. Baglione, 63: “…e furono molto lodati, e come cosa eccellente in buon conto tenuti”.
  19. Si veda: Salerno, Kinkead and Wilson, 106-17; Salerno, 17-21; Christiansen, 1990, 9-52; Trinchieri Camiz, 213-26.
  20. Cottino, 102-03; Marini, 1987, 361-63.
  21. Secondo Baglione il Bacchino malato, fu dipinto da Caravaggio prima di diventare un protégé del Cardinal Del Monte. Il quadro era di proprietà del Cavalier d’Arpino e faceva parte del noto sequestro ordinato dal cardinal Scipione Borghese. La migliore scheda sul Bacchino è di Mina Gregori, 1985, 241-46.
  22. Christiansen, 1990, 57-58; Papi – Lapucci, 110-23.
  23. Su questa questione, dopo la tesi mai stampata di Lynn F. Orr (1982), Mina Gregori ha proposto alcune fonti d’ispirazione antiche sia per l’Incoronazione di spine di Prato (1985, 288) che per il San Giovanni alla fonte di Malta (1994, 8-9). Su questo tema altri contributi sono venuti da parte dello scrivente (1993, 738-39) e da Keith Christiansen, in un articolo scritto nel 1992 ma pubblicato nel 1996, 23. Sullo stesso argomento vi sono anche anche I risultati, non sempre chiari, di Avigdor Poseq in 1989, 1990, 1991, and 1992.
  24. “Il qual Monte mi fa stupire circa allo spendere; che piossa mantenersi con quello che ha, et stare tanto honoratamente; è ben vero, che nel suo vestire non spende un giulio…”: con queste parole il compositore Emilio de’Cavalieri descriveva il cardinale in una lettera indirizzata a Marcello Accolti ( Trinchieri Camiz, 213). Sul cardinale il lavoro fondamentale è nei due volume scritti da Zygmunt Wazbinski, in 1994.
  25. Ibid., 1: 185-245, 2: 551-57.
  26. Ibid., 1: 310-16, 2: 619-29.
  27. Ibid., 2: 628-29. Sul destino del vaso si veda Jenkins and Sloan, 187-91.
  28. Della stessa opinione è anche Wazbinski 2, 605.
  29. Sulla collezione di dipinti Giustiniani si veda: Salerno 1960, 21-28, 93-104, 135-48; Danesi Squarzina 1997, 766-91 and 1998, 102-14.
  30. Per la collezione di statue invece: Algeri, 71-99; Guerrini, 65-96; Guerrini and Carinci, 165-88; Cropper, 101-26.
  31. Guerrini, 67 fig. 2, 71.
  32. Lo stesso suggerimento è stato avanzato da Christiansen, 1996, 23. Sebbene non fosse a conoscenza del bassorilievo, una simile proposta è venuta anche da Gregori nel 1972, 45-46.
  33. Per la villa si veda Guerrini and Carinci, 165-68. Secondo Baglione (166) la villa apparteneva al cardinal Benedetto, e Carlo Lambardi fu responsabile della sua sistemazione architettonica. Ne 1820, la villa venne venduta ed incorporata nella Villa Borghese. Il sarcofago di Oreste è descritto in Guerrini, 80-81. Per maggiori informazioni su questo tipo di sarcofago si veda: Bober and Rubinstein, 137-38.
  34. Idem, 137-38. Orazio Gentileschi ha preso in prestito la figura centrale di Oreste per la tela di Davide e Golia, oggi alla National Gallery of Ireland, and sua figlia Artemisia si è invece servita del gesto della vecchia domestica per la sua Susanna e I vecchioni di Pommersfelden. Garrard, 196-99, Benedetti, 1992, 22-25.
  35. Per questo quadro ritengo molto importante il testo di Pamela Askew. In ogni caso la scheda più dettagliata è di Marini, 478-81.
  36. Askew è stata la prima a notare la somiglianza che intercorre tra Clitennestra e la Maddalena nella Morte della Vergine di Caravaggio, mancando però di menzionare l’importante dettaglio della tenda. Friedlander invece era convinto era un “decorative element coming from Venetian art” (1955, 198). Hibbard (198-202).
  37. Al momento la descrizione più accurate è di Gregori, 1985, 226-30, con la scheda tecnica di Lapucci, 230-37. Bellori riporta che la tela venne dipinta per Maffeo Barberini (più tardi Popa Urbano VIII). In alcuni documenti Barberini, pubblicati da Aronberg Lavin (470-73), databili tra Maggio 1603 e gennaio 1604, sono menzionati quattro pagamenti effettuati a Caravaggio, per un totale di 100 scudi.
  38. Benedetti, 738-39.
  39. Le due figure femminili dietro la tenda sono delle furie, e normalmente vengono raffigurate con dei serpenti. Per quanto ne so, solo nel sarcofago Giustiniani queste sono rappresentate con delle torce in mano. Malgrado questo dettaglio non sia più visibile sul bassorilievo, esso è ben documentato nell’incisione della Galleria Giustiniana.
  40. Il dipinto è noto attraverso diverse copie. L’esemplare di collezione privata a Roma (già Klain) E’ stato ritenuto originale da Marini, 491-94, and Pacelli, 161-97.
  41. Mancini, 1: 108.
  42. Bellori, 217.
  43. L’idea che gli studi di prospettiva di Guidobaldo Del Monte potessero aver influenzato Caravaggio, è stata per primo osservata da Spezzaferro (1971: 89-90) e condivisa da Gregori (1985, 32-33).
  44. Baglione (137) è l’unico a suggerire che le prime versioni per monsignor Cerasi in S. Maria del Popolo “non piacquero al Padrone”.
  45. Friedlander, 1945, 157, and Pepper, 334.
  46. Si veda Graeve, 223-38. Per l’autore di questo articolo la lastra di marmo rappresentava la Pietra dell’Unzione ma la mancanza di ogni attributo, quale il vaso dell’unguento, rende questo suggerimento poco accettabile..
  47. Friedlander, 1955, 128. Si veda anche Calvesi, 1971, 121-22; O’Connor, 3-13.
  48. See Ferrara, 116-18, and Zuccari, 1995, 530-32.
  49. Condivido le opinioni di Marini (462) e Calvesi (1990, 318; 1994,155) che fu Pietro Vittrice ha decidere di avere Caravaggio come pittore della sua pala d’altare.
  50. Ibid., 1990, 315-18 e 1994, 150-154.
  51. La tela potrebbe essere stata iniziata da Caravaggio prima della fine del 1601, e terminata in Palazzo Mattei, dove il pittore dimorava, nei primi sei mesi del 1602. 52. See also Röttgen, 68-71.
  52. Graeve, 224; Hibbard, 174.
  53. Bober and Rubistein, 147.
  54. Urna cineraria romana, già di collezione Barberini, ora in collezione private in Inghilterra.
  55. Un’altra similiarità si può vedere nellamano alzata della Vergine che ricorda il gesto del Vecchio al centro del bassorilievo. . A propos the ‘uppermost’ woman, she has been called Mary Cleophas in all previous articles with only one exception.
  56. Alessandro Zuccari (1981, 96) ha proposto che gli Oratoriani hanno avuto un’influenza diretta sulla scelta dell’iconografia della Deposizione, ed ha indicato che il gesto di alzare le braccia al cielo di Maria di Cleofa, ha le sue origini nelle immagini del primo Cristianesimo.
  57. Si veda la nota 30.
  58. Su questo motive si veda in particolare Lavin, 66-75.
  59. La Galleria Giustiniana, I: tavola 114. Si ritiene che il primo San Matteo sia andato distrutto nella seconda Guerra Mondiale, durante l’occupazione dell’esercito russo di Berlino. Vedi Marini, 455-58.
  60. La Galleria Giustiniana, I: tavola 65, di G. L. Valesio.
  61. Ciò è confermato da una nota stampa dello stesso soggetto, incisa da Goltzius nel 1586 (Bartsch 272), su disegno di Bartholomeus Spranger.
  62. Spezzaferro, 1975, 104.
  63. Baglione, 137, and 299-300.
  64. La Galleria Giustiniana, I: tavola 59, inventata da J. von Sandrart, ed incisa da T. Matham.
  65. La somiglianza di questa incisione con il Davide della Borghese è stata sottolineata anche da Poseq, 1990, 175.
  66. Federico Zeri (1990, 88) ha indicato che nelle Sette opere della Misericordia Caravaggio avrebbe messo in pratica il metodo della “rappresentazione continua”, cioè dipingendo vari piccoli gruppi di persone, uno vicino all’altro, come normalmente appaiono sui sarcofagi romani. Zeri ha anche aggiunto che nel raffigurare il nudo in primo piano, Caravaggio avrebbe rammentato il Galata morente, oggi ai Musei Capitolini. In realtà quella statua venne ritrovata più tardi, nel 1620. La vera fonte d’ispirazione potrebbe invece essere stata un’altra scultura, rinvenuta nel sedicesimo secolo durante I lavori di costruzione di Palazzo Madama, ed oggi al Museo Nazionale di Napoli.
  67. Friedlaender, 1955, 123-30; Zuccari, 1981, 92-105; Ibid., 1983, 17; Thomas, 61-89; Calvesi, 1990, 314-15; Bologna, 413-14.
  68. Gregori, 1973, 19-22; Ferro, 85-106.
  69. Vedi von Lates, 107-10. Secondo questo autore Padre Pierre Pichot, al tempo prete parrocchiale in San Luigi dei Francesi, era occupato alla conversione degli ebrei locali.
  70. Baglione, 137; Bellori, 219.
  71. Apparentemente questo committente non sembra avere dato alcuna istruzione al pittore e, benchè si chiamasse Cherubini, l’artista si guardò bene dal raffigurare nel quadro qualche angelo.
  72. Baglione, 137. Calvesi (1995, 21) questo autore ha confutato l’affermazione di Baglione che i “Cardinali della fabbrica di San Pietro”, si fossero contrariati, ed ha invece suggerito che fosse stato proprio Paolo V a disapprovare la tela. Pur essendo d’accordo, riteniamo possibile che il quadro fosse stato rimosso anche per altre ragioni, permettendo così al cardinal nipote di poterlo riacquistare solo un mese dopo.
  73. Si veda Chorpenning, 149-58.
  74. Su questo soggetto si vedano gli studi fondamentali di Bert Treffers, 1988, 145-71 e 1989, 242-255.
  75. La Maddalena (Doria Pamphilij Collection, Rome), La Conversione della Maddalena (Detroit Institute of Arts) e la Maddalena pentita, nota in molte copie..
  76. Treffers, 1989, 146-54.
  77. Francesco Maria Del Monte era considerato un ‘cardinale francescano’ per la sua devozione a Sisto V, un papa francescano noto per avere dato durante il suo papato un grande support alla diffusione della ‘Dottrina Serafica’. Del Monte era anche il cardinale titolare di Santa Maria in Ara Coeli, una delle più importanti chiese francescane a Roma, ed era un generoso benefattore delle suore cappuccine di Sant’Urbano al Foro (Wazbinski, I: 321). Si veda anche la nota 24.
  78. Pier Francesco Costa, fratello del banchiere e collezionista Ottavio, prima di diventare vescovo di Savona era stato cameriere di Sisto V. L’abate Tritonio, un amico intimo di Ottavio Costa, era stato il segretario particolare del cardinal Montalto, nipote di Sisto V. La devozione di Costa a San Francesco è provata dalla sua dedica al santo nel proprio testamento. I Colonna avevano da sempre dei legami storici con l’ordine francescano, e nel loro palazzo che era attiguo alla Chiesa francescana dei S.S. Apostoli, veneravano la reliquial del saio del santo. La poetessa Vittoria Colonna, fu poi una grande sostenitrice dei cappuccini..Anche i Mattei avevano legami con i francescani, possedendo due cappelle in S. Maria in Ara Coeli, inoltre Ciriaco Mattei nel 1571-72, e nel 1582 fu uno dei ‘guardiani’ dell’Oratorio del Gonfalone, un’istituzione caritatevole che seguiva la regola di San Bonaventura.
  79. Il cardinale Girolamo ricopriva la carica di cardinale ‘Protettore dell’Irlanda un paese che malgrado fosse sotto un governo protestante, manteneva viva la sua tradizionale fede Cattolica soprattutto grazie all’attivismo degli ordini mendicanti. Nel suo palazzo, oggi Caetani, attigua alla sua camera il cardinale aveva una cappella dipinta nel 1600, da due allievi di Cristoforo Roncalli, con episodi tratti dale vite dei santi Matteo, Girolamo e Francesco. Alla sua morte, seguendo le sue istruzioni, il cardinale venne sepolto nella cappella di famiglia in S. Maria in Ara Coeli, senza alcuna pompa funebre (devo questa informazione alle ricerche di Ilaria Toesca effettuate su di un manoscritto della Biblioteca Vaticana: R.G. Vite, III, 987, int. 21).
  80. La raccolta dell’Opera Omnia di San Bonaventura venne portata Avanti e completata tra il 1588 e il 1596 nel collegio dedicato al santo, fondato nel 1587 da Sisto V, e situato affianco alla Chiesa dei S.S. Apostoli.
  81. “Pay careful attention and follow the Lord as He patiently and benignly receives the treacherous embraces and kisses of that wretch whose feet He had washed but a short time before and to whom He had given the supreme food. How patiently He allows Himself to be captured, tied, beaten, and furiously driven, as though He were an evil-doer and indeed powerless to defend Himself! How He even pities His fleeing and errant disciples! And see also their grief as, unnerved, sorrowfully weeping and lamenting like orphans, and frightened by fear, they leave; and their sorrow grows greater as they see their lord so miserably led away, dragged by these dogs to the sacrifice, and almost like a lamb, unresistingly, following them” (Ragusa and Green, 325)
  82. Bellori, 223.
  83. “Observe Him in how lowly fashion He walks with them; He, the Lord of all, walks with His, as Though one of themselves. He is an example to us that we do likewise. Observe too his lowliness in another particular, that He disdained not the disciples of a lower class; for these were not of the number of the Apostles, but of the humbler disciples…” (Ragusa and Green, 367)
  84. Caravaggio, durante la sua permanenza in Sicilia, dipinse due pale d’altare per i frati francescani: Il Seppellimento di Santa Lucia a Siracusa, e la Resurrezione di Lazzaro di Messina.