di Mario URSINO
Imponente e composta è stata il 22 giugno scorso la cerimonia religiosa svoltasi per la scomparsa di Carla Fendi (1937-2017) [fig. 1] nella Basilica di Santa Maria di Montesanto, detta anche Chiesa degli Artisti, a Roma, in Piazza del Popolo.
Grande affluenza di volti noti dello spettacolo, della moda (ovviamente), della televisione, del mondo della musica, del cinema, degli artisti, di usurati personaggi eccentrici, di politici e scrittori, di cui la cronaca istantanea ha già fornito ampio resoconto, con immagini e note biografiche dell’illustre stilista di fama internazionale. Svettava, in una posizione centrale all’interno della chiesa, la candida testa di Alberto Arbasino, compunto e pensoso, tanto da farmi ritornare alle mente le parole di Alvar González-Palacios riferite allo scrittore: “Sa capire quel che genera un fenomeno importante, ciò che si chiama Moda o Gusto e che solo il tempo (e i veggenti) indicheranno come Arte” (2014).
E non c’è dubbio che il rituale della “Messa in Suffragio di Carla Fendi” nella celebre chiesa rientri appunto (con il massimo rispetto per la funzione religiosa) in codeste categorie, appunto la “Moda e il Gusto”, i due termini entro i quali la laboriosa e incessante personalità della Grande Signora del marchio internazionale Fendi si è manifestata a tutto tondo, nella intensa omelia di don Walter Inseri (sacerdote amico e confidente di Carla), nelle commoventi parole della nipote Silvia Venturini Fendi (figlia di Anna, una delle sue quattro sorelle, Franca, Alda e Paola) [fig. 2], dell’Amministratore Delegato di Fendi, Pietro Beccari, e del Direttore Artistico del Festival dei due Mondi, Giorgio Ferrara, il tutto alla presenza delle figure ufficiali delle due città che la Signora ha più amato, Roma e Spoleto.
Non ho avuto l’onore di conoscere personalmente Carla Fendi, benché mi fossero note le sue attività nel campo della promozione artistica e del restauro; a questo scopo aveva creato una Fondazione a suo nome un decennio fa, innanzitutto a sostegno dell’annuale “Festival dei due Mondi”, ai restauri del famoso teatro spoletino Caio Marcello, al recente intervento sulla celebre Fontana di Trevi, del Complesso delle Quattro Fontane, la riqualificazione delle fontane del Gianicolo, del Mosé, del Ninfeo del Pincio alla Peschiera. Per la Chiesa degli Artisti nel 2015 ha poi sostenuto la creazione del Presepe della nota pittrice Giosetta Fioroni [fig. 3], ed infine, proprio quest’anno, ha promosso la suggestiva mostra dello scultore Giuseppe Penone [fig. 4], tuttora in corso fino al 16 luglio, nel nuovo ampio spazio (metafisico) al primo piano del Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR, sede anche del Quartier Generale della “Maison Fendi” [fig. 5].
Ma a parte queste sintetiche attività di mecenatismo di Carla Fendi, che certo non hanno bisogno di essere da me sottolineate, tanto è stata l’evidenza del suo appassionato operato, ho avuto modo, durante la funzione religiosa, di rilevare (e di conoscere) i correlati spunti laici di una personalità puntuale e attivissima nel mondo del lavoro e imprenditoriale, al punto, come ha ricordato Pietro Beccari, che quando le si presentava un prodotto o un progetto da lei stessa considerato “già fatto bene”, si domandava se comunque poteva essere ancora “migliorato”, denotando una tendenza verso la perfezione e la bellezza senza pari, che è appunto la chiave per intendere il suo incontrastato successo. Sembra un concetto ovvio, ma tale non è, in quanto mi ha fatto riflettere sull’importanza di essa in ambito propriamente etico-speculativo. Mi spiego. L’amore per la bellezza esiste in natura in maniera spontanea e incantevole, ma anche per effetto della creatività (non solo in senso intellettuale); ovvero, secondo Carla, la bellezza nasce dal lavoro vero e proprio, quando questo è svolto con rigore e applicazione, puntualità e ricerca continua del “miglioramento” della operosità artigianale che ha contraddistinto il marchio della Ditta Fendi: “Carla incarnava il simbolo delle due «Effe» incrociate. Era una specie di soldatessa sabauda: disciplina, gentilezza, cura dei dettagli” (Valerio Cappello, “Corriere della Sera”, 20.06.2017). Una eco evidente dell’adagio francese: Le bon Dieu est dans le dètail.
Ho ricordato più sopra che non ho avuto l’onore di incontrare Carla Fendi, ma ho avuto il privilegio di farle giungere il mio nominativo attraverso qualche mia pubblicazione su Giorgio de Chirico e qualche nota relativa al mio progetto di promuovere a Roma, in una sede adeguata, un museo monografico del nostro più importante maestro del Novecento italiano e internazionale. Ciò è avvenuto per il tramite e la cortesia della sua gentilissima amica e affettuosa assistente, la dottoressa Laura Sipione, incaricata di seguire le sue collezioni d’arte e i progetti artistici, alla quale mi ero rivolto più o meno quando ho creato l’Associazione Amici di Giorgio de Chirico, nel 2013, di cui mi onoro di essere il presidente
Dai colloqui avuti per questo fine con la gentilissima signora Sipione, Carla Fendi aveva positivamente valutato l’importanza di una tale iniziativa, ma si aspettava, giustamente, di conoscere quale sarebbe stata l’adeguata sede disponibile, compito specifico, quest’ultimo, della nostra Associazione, dove istituire l’eventuale museo monografico da sostenere.
Ebbene, ho narrato più volte in articoli di giornale e sul sito del nostro sodalizio, tutti i tentativi intrapresi con le istituzioni locali e statali per ottenere la disponibilità di uno fra i tanti spazi pubblici nel centro di Roma in attesa di restauro e utilizzo, segnalando anche quelli da noi stessi individuati, in via Guido Reni, per esempio, in via Flaminia, o alcuni spazi appartenenti alle Forze Armate, nei pressi dell’Accademia dei Lincei, senza ottenere un minimo di attenzione e interesse per l’opera di un grande maestro come Giorgio de Chirico. Come poteva l’illustre mecenate Carla Fendi fornire il suo impegno per aiutarci nella realizzazione di un tale importante progetto per la città di Roma, senza aver avuto noi la possibilità concreta di poter utilizzare una sede degna e disponibile per ospitare le opere del maestro? Non posso tacere, a questo punto, l’ultima risposta che ho ricevuto del Capo della Segreteria del Ministro dei Beni culturali: “Ma lei si rende conto, con tutto quello che abbiamo da fare, di occuparci anche di un museo per de Chirico?” È inverosimile, ma è così.
Del resto è abbastanza significativo che nella moltitudine delle presenze nella Basilica di Santa Maria di Montesanto [fig. 6], anche se non posso dirlo con certezza, a parte la mia trascurabile presenza quale ex funzionario storico dell’arte di quell’amministrazione, non figurava alcuno tra i numerosi alti burocrati di quel Dicastero; il Ministro Dario Franceschini, invece, aveva già reso omaggio alla salma in Campidoglio e onorato la memoria e la figura di Carla Fendi, simbolo dell’eccellenza dell’imprenditoria e del mecenatismo italiano nel mondo.
di Mario URSINO Roma, 29 giugno 2017