Carlo Sarmetti, un nuovo e sconosciuto ritrattista alla corte dei Savoia nel Settecento.

di Arabella CIFANI & Franco MONETTI

Carlo Sarmetti, “Garzone di Camera della Principessa Felicita”, “Valet a piè di Sua Maestà”, “Garzone di Camera di Sua Maestà”, e anche pittore.

Un ricordo di Carlo Scarmetti (o meglio Sarmetti) è presente nelle Schede Vesme. Testualmente:

1765. Al pittore Carlo Scarmetti, per aver copiato dal piccolo in grande due quadri per servir di modello per pezzi di tappezzeria per li reali appartamenti; L. 45”. (Real Casa).
  1. (Idem), “per aver dipinti tre quadri con figure e varii freggii per dissegno delle sudette tappezzerie; L. 165”. (Real Casa)”[1].

Carlo Sarmetti lavorava dunque per la corte come pittore già durante l’ultimo periodo del regno di Carlo Emanuele III (1730-1773); per lavori di routine. Sicuramente nell’anno 1783, sotto il re Vittorio Amedeo III (1773-1796), è al servizio della corte in qualità di “Garzone di Camera della Principessa Felicita”. Nello stesso anno riceve anche l’annualità di lire 80 “per Fitto Casa[2] . In questi anni Carlo Sarmetti era ancora molto giovane, essendo nato, come vedremo, nel 1741 circa. Ed era già vicino alla corte.

La ricerca su Carlo Sarmetti (Sarmeti, Sermetti, Sermeti) e sulla sua famiglia dal 1750 al 1802 nell’Archivio dell’Insinuazione di Torino (Arch. di Stato di Torino (AST), Sezioni Riunite) ha portato ai seguenti risultati.

Dai documenti ritrovati il capostipite della famiglia risulta Gaspare, già defunto prima del 25 giugno 1758. Ebbe diversi figli: Carlo, Giuseppe, Vincenzo, Luigi Demetrio, Teresa.

La figlia Teresa è presente in una sua procura del 25 giugno 1758, che recita: Teresa Sarmetti,figlia nubile del fu Signor Gaspare della presente Città prima Donna di Ballo nel Teatro di S. M. [Sua Maestà]”. Nel caso dovesse lasciare Torino per un “altro Teatro più vantaggioso”, e “di accettare il medemo”, e quindi dovesse “absentarsi, ò dalla presente Città ò dalli Stati di Sua Maestà”, non potrebbe più occuparsi dei “proprij interessi” a Torino. Nomina pertanto come suo procuratore, con ampie facoltà, Carlo Marcello Rigolettidel vivente avvocato Giovanni Domenico, del luogo di S. Giorgio de Signori Causidici Collegiati nell’Eccellentissimo Reale Senato” di Torino. Soprattutto si occuperà anche dei “di lei stipendij soliti pagarseli nella qualità di prima Donna di Ballo[3].

Un documento segnala, in particolare, alcuni fratelli di Carlo. Il 14 agosto 1764 a Torino, Giuseppe Sarmetti,del fu Signor Gaspare della presente Città” ed ivi abitante, insieme con la “Signora Maddalena Serra del fu Giuseppe Sarmetti nativa di Casale” vendono alcuni beni. Giuseppe li vende a nome proprio ed anche dei fratelli Carlo, Vincenzo e Luigi Demetrio, assenti. Si tratta di una pezza di campo, più una pezza di vigna per il valore globale di per lire 250.

Alcuni documenti ritrovati riguardano direttamente la moglie di Carlo Sarmetti, Adelaide Campana, figlia della pittrice Genoveffa Curlando e del chirurgo Giacinto Campana, che il pittore/valletto aveva sposato nel 1737. Si tratta di eredità dovute a lei e ai suoi fratelli e sorelle[4].

Ultimo documento riguardante anche Adelaide è una procura partita da Torino per Parigi al fine di ottenere l’eredità del fratello Vittoriano Campana, nato a Torino il 23 marzo 1744 e morto, senza figli e testamento, a Parigi il 29 ottobre 1786. I fratelli e le sorelle Campana, tra cui Adelaide, nominano per l’eredità come loro procuratore speciale e generale il loro fratello Giacinto, chirurgo. Nel documento Adelaida Campana è detta “Epouse du Sieur Charle Sermetti Garçon de Chambre du Roi”. Sono riapparse anche le doti di due figlie di Carlo Sarmetti, Teresa e Maddalena. Le doti, rispettivamente del 25 otto 1786 e del 19 settembre 1794, sono molto modeste. In esse non sono elencati quadri. Teresa è detta “figlia del vivente Signor Carlo Garzone di Camera di S.M. [Sua Maestà]”.

E poi un documento diretto: il testamento di Carlo Sarmetti. Il testamento dell’agosto 1801 non fa cenno al mestiere esercitato, come non precisa l’entità dell’eredità da lui lasciata. Non doveva, però, essere consistente, se per la figlia Maddalena nel 1794, non molti anni prima quindi, aveva costituita una dote di soltanto lire 500: e cioè 460 lire di fardello, più altre lire 40, poi non pagate. La stessa cosa vale per l’altra figlia Teresa, sposata con Giovanni Giacinto Andrà nel 1786. Anche il fatto di aver dispensata nel testamento la moglie Adelaide da ogni resa di conto e dalla

confezione d’Inventaro, per aver di già ipotecati tutti li mobili ed effetti esistenti nella di lui abitazione con scrittura delli venti due scorso luglio [1801]”, induce a ritenere che l’eredità non doveva essere alta [5].

Infine l’ultimo traguardo. Soccorrono qui i documenti religiosi. Dapprima la morte della figlia Teresa, moglie di Giacinto Andrà; muore, di 27 anni appena, il 12 gennaio 1801 sotto la parrocchia di San Giovanni e il giorno 13 è sepolta. Il padre, Carlo Sarmetti, muore poco più di sette mesi dopo. Si spegne, infatti, a Torino, sempre sotto la parrocchia di San Giovanni, il 21 agosto 1801 e viene sepolto il giorno 22; aveva 60 anni, secondo l’atto di morte.

Aggiungiamo che Carlo Sarmetti era nato a Torino il 25 ottobre 1740 ed era stato battezzato il 28 ottobre, sotto la parrocchia di S. Eusebio di Torino [6]. Sono questi i primi documenti sicuri, che vengono a inquadrare con chiarezza la figura di Carlo Sarmetti e della sua famiglia.

Carlo Sarmetti, oltreché essere stato “Garzone di Camera della Principessa Felicita”, “Valet a piè di Sua Maestà”, “Garzone di Camera di Sua Maestà[7], fu anche pittore. Alcune sue opere sono giunte fino a noi.

Tre dipinti di Carlo Sarmetti sono, infatti, conservati nel Palazzo Reale di Racconigi (Cuneo). Rappresentano personaggi di Casa Savoia della seconda metà del Settecento.

Si tratta dei ritratti di Carlo Emanuele III (foto 1),

1. Carlo Sarmetti, Ritratto di Carlo Emanuele III, Castello di Racconigi
2. Carlo Sarmetti, Ritratto di Vittorio Amedeo III, Castello di Racconigi
3. Carlo Sarmetti, Ritratto di Carlo Emanuele IV, Castello di Racconigi

di Vittorio Amedeo III (foto 2) e di Carlo Emanuele IV (foto 3). I tre quadri di Racconigi fanno parte di una serie di dipinti, tutti dotati della medesima cornice di gusto neoclassico, raffigurante principi e principesse di Casa Savoia vissuti dal tempo di Carlo Emanuele III in avanti.

4. Carlo Sarmetti, Ritratto di Carlo Emanuele III, Castello di Racconigi, dettaglio della firma

Le tre nostre opere sono firmate sul retro della tela con il nome di Sarmetti (figura 4). La firma del pittore specifica anzi: “Sarmetti fecit / Valet a piè di S.M.”. Il ritratto di Carlo Emanuele III è chiaramente debitore ad un preciso prototipo di Giovanna Maria Battista Clementi della la Clementina (1690- 1761) [8], che conobbe grande fortuna in Piemonte e fu replicato più volte.  Quello di Vittorio Amedeo III è invece una variante da un ritratto del re anonimo (ma attribuibile a Giovanni Antonio Panealbo) che si trova nel Palazzo Reale di Torino. Quanto al ritratto di Carlo Emanuele IV adolescente, anche per esso il riferimento è ad una numerosa serie di ritratti, sempre del Panealbo, sparsi nelle residenze sabaude piemontesi.

Questi tre soli dipinti firmati dal Sarmetti possono dare una idea un po’ vaga dello stile del pittore, che opera comunque nel solco della ritrattistica ufficiale di corte, non discostandosi da quella del Panealbo, in particolare.

Ai tre quadri di Racconigi si aggiungono oggi ben dodici nuovi dipinti raffiguranti personaggi della famiglia Savoia. Uno di essi, quello che rappresenta il re Vittorio Amedeo III (1726-1796), è firmato, mentre quello di Madama Felicita di Savoia reca la data del 1788. In realtà la serie fu realizzata nel corso di almeno due anni, considerato che vi compare la duchessa d’Aosta Maria Teresa Austria-Este giunta sposa a Torino nel 1789 e che il quadro che la raffigura è datato proprio 1789. La serie, di particolare importanza e significato, per via della sua compattezza artistica storica e iconografica, si presenta come una sorta di albero genealogico figurato della famiglia di Vittorio Amedeo III; una costellazione di ritratti con al centro il re e la regina e tutt’intorno i membri più stretti della famiglia reale. Tutti quadri sono di proporzioni contenute (cm. 51 x 38), fatti per poter essere abbracciati con un solo sguardo su una parete.

La serie inizia con il re Vittorio Amedeo III, (foto 5) rappresentato a mezzo busto, con viso ancora relativamente giovanile. Il ritratto è la ripresa di altro dipinto, firmato e datato 1788 di Giovanni Antonio Panealbo che si trova a Racconigi (foto 6).

5. Carlo Sarmetti, Ritratto di Vittorio Amedeo III, Coll. privata
6. Giovanni Antonio Panealbo, Ritratto di Vittorio Amedeo III, 1788, Castello di Racconigi
7. Carlo Sarmetti, firma sul retro del ritratto di Vittorio Amedeo III, Coll. privata
8. Carlo Sarmetti, Ritratto di Maria Antonia di Spagna, Coll. privata

Sul retro sta la scritta: “Victor / Ame’ III. / Sarmetti p. [pinxit o pingebat]” (foto 7). Il quadro fa pendant con un dipinto rappresentante Maria Antonia Ferdinanda di Borbone Spagna, moglie del re (1729-1785) (foto 8). Considerando la data di morte della regina e quella dei dipinti se ne deduce che si tratti di un ritratto postumo, che la rappresenta ormai anziana, dopo il 1773 (anno in cui diventa regina) e prima del 1785. Sul retro del quadro è scritto semplicemente “La Reine”. La regina appare priva di ogni grazia, inacidita; una donna ormai consunta dall’età e da ben dodici parti. Molti sono i ritratti nello stile di Panealbo presenti nel Palazzo Reale di Torino e in altre residenze sabaude a cui il pittore si poté ispirare.

9. Carlo Sarmetti, Ritratto di Madama Felicita di Savoia, Coll. privata

Il ritratto di “Madama Felicita (Maria Felicita Vittoria di Savoia, 1730-1801), sorella del re, aggiunge un ramo laterale (foto 9). L’intelligente e raffinata principessa, che non si sposò e visse fino all’epoca della rivoluzione in uno splendido appartamento del Palazzo Reale di Torino, per poi fuggire a Roma nel 1798, è vestita all’ultima moda francese. Non più giovane, è presentata però come figura assai distinta: una parrucca di capelli grigi coronati da una vaporosa e civettuola acconciatura di fiocchi, nastri e pizzi; inoltre con perle al collo, un abito con scollo quadrato, merletti e fiocco, sulla spalle un leggero fichu.

Il quadro è la copia, a dimensioni ridotte, di un ritratto di Panealbo che si trova ancor oggi nell’appartamento della principessa a Palazzo Reale a Torino e che ha anche una replica al Castello di Racconigi (foto 10).

10. Giovanni Antonio Panealbo, Ritratto di Madama Felicita di Savoia, Torino, Palazzo reale

Sul retro del dipinto vi è una interessante scritta che costituisce un po’ il motivo e la base dell’intera serie; si legge infatti in un francese zoppicante: “Madame Felicita / elle honora cette / Meison le 18 7bre / 1788”. Committente e prima proprietaria della serie di dipinti fu pertanto una famiglia piemontese, certamente di alto livello aristocratico, che ospitò il 18 settembre 1788 la sorella del re a casa sua. Per ricordare il memorabile avvenimento, la famiglia ordinò pertanto a Carlo Sarmetti una serie di dipinti che potesse rappresentare tangibilmente e visivamente la sua fedeltà alla famiglia sabauda.

In un ordine immaginario si deve collocare, a questo punto, il ritratto dell’erede al trono, lo sfortunato e gentile Carlo Emanuele IV (1751-1819) che sul retro della tela è semplicemente presentato come “prince de / Piemont” (foto 11).

11. Carlo Sarmetti, Ritratto di Carlo Emanuele IV, Principe di Piemonte, Coll. privata
12. Carlo Sarmetti, Ritratto di Maria Clotilde di Francia, Principessa di Piemonte, Coll. privata

Anche in questo caso d’obbligo il riferimento al Panealbo e ai numerosi e simili ritratti del principe che costellano le residenze sabaude e che in generale lo rappresentano tutti più o meno allo stesso modo: di tre quarti, con un divisa militare scura a risvolti rossi adorna di spalline e alamari dorati, bottoni dorati e abito sottostante di colore chiaro e il collare dell’Ordine della SS. Annunziata. Accanto al Principe di Piemonte ecco la moglie, la “princesse / de / Piemont” come recita la scritta sul retro, ovvero Maria Clotilde di Borbone-Francia (1759- 1802), sorella del re di Francia Luigi XVI, sposata nel 1775 (fig. 12).

La pia Maria Clotilde, soprannominata a Versailles “Gros-Madame”, porta una parrucca, con i capelli di color cenere e un’acconciatura molto sollevata coronata da un grazioso cappello plissettato e adorno di fiori, secondo la moda francese degli anni Ottanta del Settecento. Il Principe e la Principessa furono uniti da sincero affetto; non ebbero figli. Il dipinto rappresenta la principessa prima che nel 1793 lasciasse le vesti di corte per indossare in seguito un abito votivo turchino di lana in onore della Vergine Consolata di Torino e in ricordo della decapitazione del fratello Luigi XVI e dello sterminio della famiglia reale francese. Il quadro appare replica di un prototipo di maggiore qualità di Giovanni Antonio Panealbo.

13. Carlo Sarmetti, Ritratto di Vittorio Emanuele Duca d’Aosta, Coll. privata

Dopo la coppia dei principi di Piemonte, la serie presenta quella dei duchi d’Aosta: Vittorio Emanuele I (1759-1824) e sua moglie Maria Teresa d’Austria-Este (1773-1832), arciduchessa d’Austria. Il “Duc d’ / Aoste” secondo la scritta del retro, volta leggermente la testa a destra; ha in capo una parrucca chiara con due boccoli. Indossa una divisa militare nera con spalline in argento, placca e collare dell’Ordine della SS. Annunziata (fig. 13). Il duca, non destinato a divenire re, succedette però al fratello Carlo Emanuele IV, dopo la sua abdicazione nel 1802. Si trovò a fronteggiare situazioni e anni difficili. Tornato a Torino nel 1814, abdicò nel 1821 in favore del fratello Carlo Felice, allora a Modena, ed affidò temporaneamente la reggenza a Carlo Alberto, principe di Carignano.

14. Carlo Sarmetti, Ritratto di Maria Teresa d’Asburgo, Duchessa d’Aosta, Coll. privata

Il 21 aprile 1789 aveva sposato nel duomo di Novara l’arciduchessa Maria Teresa d’Asburgo-Este (1773-1832), figlia di Ferdinando d’Asburgo-Este, duca di Bresgovia, dalla quale ebbe cinque figli: solo le quattro femmine sopravvissero fino all’età adulta.

Il quadro che fa pendant con quello di Vittorio Emanuele I rappresenta, infatti, proprio Maria Teresa d’Asburgo-Este (1773-1832) fresca sposa, come precisa sul retro la scritta “S.A.R. La Duchesse / d’Aouste / 1789” (fig. 14).

Il ritratto è copia di un dipinto di Giovanni Antonio Panealbo, di cui esistono numerose repliche nei castelli reali sabaudi e nel castello dei Cavour di Santena (Torino) (foto 15).

15. Giovanni Panealbo, Ritratto di Maria Teresa d’Asburgo, Duchessa d’Aosta, Castello Cavour di Santena

La graziosa Maria Teresa appare vestita secondo l’ultima moda francese acconciata a “l’enfant secondo la moda lanciata da Maria Antonietta con cotonatura ampia e morbida dei capelli tagliati corti a parte qualche ciocca, e con decoro di nastri. Il petto è chiuso da un delicato fichu di tulle azzurro, che riprende il colore che ha nei capelli. Maria Teresa diventerà regina di Sardegna nel 1802.

La serie, o collezione, raccoglie, poi, i ritratti di altri figli di Vittorio Amedeo III, cioè di figli cadetti.

16. Carlo Sarmetti, Ritratto di Benedetto Maurizio di Savoia Duca del Chiablese, Coll. privata
17. Giovanni Panealbo, Ritratto di Benedetto Maurizio di Savoia Duca del Chiablese, Castello di Racconigi

Ilprimo ritratto è quello del defilato e malinconico Benedetto Maria Maurizio duca del Chiablese (1741-1808), ben identificato dalla scritta sul retro come “Duc de / chablais” (foto 16). E’ copiato da un dipinto del Panealbo conservato nel Castello Reale di Racconigi, con altra replica nel Palazzo Reale di Torino (foto 17).

18. Carlo Sarmetti, Ritratto di Maria Anna Gabriella Duchessa del Chiablese , Coll. privata
19. Giovanni Panealbo, Ritratto di Ritratto di Maria Anna Gabriella Duchessa del Chiablese, Castello di Racconigi

Ilquadro va abbinato a quello di Maria Anna Carolina Gabriella di Savoia (1757-1824), “Duchesse de / Chablais”, (foto 18) come puntualmente è scritto sul retro della tela. Maria Anna Carolina sposò Benedetto Maria Maurizio, suo zio, nel 1775: un matrimonio fra consanguinei stretti che restò senza figli. La colta e raffinata duchessa, che finì dopo il 1799 in un esilio dorato a Roma, occupandosi di scavi e di archeologia, è rappresentata ancor giovane, vestita all’ultima moda, secondo il gusto introdotto in Francia da Maria Antonietta durante l’ultimo periodo del suo regno, in cui venivano esaltati il giardinaggio e la vita in campagna. Maria Anna (anche Marianna) porta infatti in capo, sopra la voluminosa parrucca, un gran cappello di paglia con fiocco celeste e stringe nelle mani (che non si vedono) un garofano rosso. Come le altre tele della serie, il ritratto proposto dal Sarmetti trova una precisa corrispondenza con un ritratto della duchessa eseguito dal Panealbo, oggi nel Castello Reale di Racconigi (foto 19).

20. Carlo Sarmetti, Ritratto di Giuseppe Benedetto Maria Placido di Savoia Conte di Maurienne Coll. privata.

Segue il giovane Giuseppe Benedetto Maria Placido di Savoia (1766-1802), conte di Asti e conte di Moriana: “Comte de / Maurienne”, appare scritto sul retro della tela (foto 20). L’ultimo figlio di Vittorio Amedeo III non si sposò e condusse un’esistenza appartata. Nel dicembre 1798, in seguito all’occupazione del Piemonte da parte dei francesi, si trasferì in Sardegna dove il fratello Carlo Emanuele IV lo nominò nel 1799 governatore di Sassari. Morì il 29 ottobre 1802 e venne sepolto nella cattedrale di Sassari in un bel monumento funebre dello scultore Felice Festa[9]. Anche in questo caso il riferimento per l’immagine è al Panealbo.

Un ritratto inaspettato dipinto da Carlo Sarmetti è quello del giovanissimo Carlo Felice (1765 -1831), duca del Genevese e poi importante e ben noto re di Sardegna dal 1821 al 1831 (foto 21).

21.Carlo Sarmetti, Ritratto di Carlo Felice di Savoia Duca del Genevese Coll. privata

Il retro tela lo qualifica “Duc de / genevois”. Non sono molte le sue immagini da giovane e ancor meno quelle di lui fanciullo o giovinetto. Il ritratto, eseguito da Sarmetti, che si ricollega ad un dipinto attribuibile al Panealbo oggi alla Venaria Reale, (foto 22) lo rappresenta assai vispo e attento con un bel viso ancora infantile nei tratti.

Non destinato al trono, Carlo Felice ebbe contrastati rapporti con il fratello Carlo Emanuele IV; quando questi abdicò nel 1802, Vittorio Emanuele I non prese personalmente possesso dei domini in Sardegna e preferì affidarli a Carlo Felice, in qualità di viceré.

 

22. Giovanni Panealbo, Ritratto di Carlo Felice Duca del Gernevese, Castello di Venaria Reale

Carlo Felice fece in Sardegna prove tecniche di governo, trovandosi ad affrontare situazioni molto difficili in una terra ancora arretrata, che necessitava di essere gestita con energia e determinazione. Il 6 aprile 1807 sposò Maria Cristina delle Due Sicilie (1778-1849), un matrimonio ben riuscito, ma senza figli, che segnò la fine del ramo primogenito dei Savoia sostituito dai Savoia-Carignano. Nel 1821 divenne re di Sardegna avviando un decennio di regno con molti chiaroscuri, oggi in via di ripensamento sul piano storico. Fu uomo colto, amante dell’arte e della cultura.

23. Carlo Sarmetti, Ritratto di Maurizio Giuseppe Maria di Savoia Duca del Monferrato, Coll. privata

L’ultimo dei figli di Vittorio Amedeo III ritratti da Sarmetti é Maurizio Giuseppe Maria di Savoia (1762-1799); sul retro della tela la scritta: “Duc de / monferrat” ne ricorda il titolo (foto 23). Anche lui, come tutta la famiglia sabauda, dovette rifugiarsi in Sardegna in esilio; qui divenne governatore della provincia di Sassari; morì ad Alghero, dove è sepolto[10], a 37 anni. Il giovinetto duca è ritratto a busto intero, di tre quarti; veste una marsina gallonata azzurro cupo e porta il collare dell’Annunziata; il riferimento d’obbligo è sempre al Panealbo: a due quadri, uno della Venaria Reale (foto 24) e altro del Museo Civico di Torino che lo rappresentano.

 

24. Giovanni Panealbo, Ritratto di Maurizio Guseppe Maria Duca del Monferrato, Castello di Venaria Reale

Tutti i quadri della serie che abbiamo presentato sono chiusi in semplici cornici dorate settecentesche.

Carlo Sarmetti riemerge come una nuova interessante variabile nella ritrattistica di corte del secondo Settecento piemontese. Abituato, per mestiere, a bazzicare gli appartamenti dei Savoia, come valletto di Madama Felicita (presente nella serie dei ritratti) e del re, Sarmetti fu forse allievo di Giovanni Antonio Panealbo (Torino, 1742-1815), allievo a sua volta del Beaumont a Torino e di Pompeo Batoni a Roma. Il pittore rientra a Torino nell’agosto del 1777 e da quel tempo e fino al 1779 sono registrati pagamenti per esecuzione di ritratti di membri della corte sabauda. Opere di Giovanni Antonio Panealbo sono presenti in tutte le residenze sabaude, al Quirinale e in molte collezioni nobiliari[11].

I ritratti del Panealbo presentano come caratteristica comune la finezza dei dettagli l’attenzione alla precisione del dato ritrattistico e un grande senso del colore. Sarmetti li copia fedelmente: con questa sua attività artistica poteva arrotondare lo stipendio e compiacere un pubblico non troppo esigente che voleva però possedere immagini della famiglia reale che a Torino era allora molto amata.

Considerando questi quindici dipinti che abbiamo presentato, possiamo per la prima volta comprendere in modo preciso lo stile del Sarmetti, che si può definire come un pittore di “tessere fotografiche”, di flash scattati rapidamente, ma non privi di una loro efficacia nel loro accentuato realismo. Sulla base di queste prime considerazioni dovranno essere ripensate molte attribuzioni di ritratti sabaudi presenti in residenze reali o transitate sul mercato antiquario.

Arabella CIFANI & Franco MONETTI  Torino 6 maggio 2021

APPARATI

Documenti religiosi

Liber Baptizatorun parrocchia San Giovanni (Torino), anno 1736, f. 41r: “Sermetti Teresa Maria figlia delli Signori Gaspare e Clara giugali Sermetti, cura di S. Filippo, nata li 9 e battezata li 14 aprile 1736. Padrini li Signori Sebastiano Rol, et Teresa Mariana Bruno”. Per la nascita del fratello Giuseppe Maria, nato a Torino il 20 luglio 1738, battezzato il 27, cfr. ibidem, f. 135v.
Liber Defunctorum della parrocchia di San Giovanni (Torino), anno 1801, f. 101v: “Teresa Sarmetti moglie di Giacinto Andrà, d’anni 27, munita de’ Santissimi Sacramenti, morta li 12, sepolta li 13 Gennajo 1801”.
Liber Baptizatorum parrocchia di S. Eusebio (Torino), anno 1740, f. 80v: “Sermeti Carlo Giuseppe Francesco figlio de’ Signori Gaspar, et Clara Cerrata giugali Sermeti nato li 25: battezato li 28 8bre 1740. Padrino Signor Carlo Giovanni Battista Appioti, Madrina Signora Teresa Clusel”.
Liber Defunctorum della parrocchia di San Giovanni (Torino), anno 1801, f. 112v: “Sarmetti. Carlo Sarmetti marito di Adelaide Campana, d’anni 60, munito de’ Santissimi Sacramenti, morto li 21, sepolto li 22 Agosto 1801”.

Documenti civili

La ricerca nell’Archivio dell’Insinuazione di Torino sui Sarmetti e congiunti è stata condotta in modo sistematico dal 1750 al 1802. I documenti ritrovati sono pochi, tuttavia alcuni di interesse.

1734, libro 6, f. 755ss.: Dote di Clara Cerrato Sarmetti. Clara è detta sposa di Gaspare Sarmetti.
1758, libro 8, vol. 1°, ff. 139r-140v: “Procura fatta dalla Signora Teresa Sarmetti in Capo del Signor Causidico Marcello Rigoletti”. Torino, 25 giugno 1758, Casa dei Padri di San Domenico, parrocchia di San Giovanni, Cantone S. Domenico. Teresa Sarmetti, “figlia nubile del fu Signor Gaspare della presente Città prima Donna di Ballo nel Teatro di S. M. [Sua Maestà]”. Nel caso dovesse lasciare Torino per un “altro Teatro più vantaggioso”, e “di accettare il medemo”, e quindi dovesse “absentarsi, ò dalla presente Città ò dalli Stati di Sua Maestà”, non potrebbe più occuparsi dei “proprij interessi” a Torino. Nomina pertanto come suo procuratore, con ampie facoltà, Carlo Marcello Rigoletti “del vivente avvocato Giovanni Domenico, del luogo di S. Giorgio de Signori Causidici Collegiati nell’Eccellentissimo Reale Senato” di Torino. Soprattutto si occuperà anche dei “di lei stipendij soliti pagarseli nella qualità di prima Donna di Ballo”. Notaio: Giuseppe Antonio Rocchietti.
1764, libro 9, vol. 1°, f. 310r-v: Compra del Signor D. Francesco Marzucchi dalli Signori Giuseppe e Maddalena Nipote, e zia Sarmetti per lire 250”. Torino, 14 agosto 1764. Giuseppe Sarmetti, “del fu Signor Gaspare della presente Città” ed ivi abitante, insieme con la “Signora Maddalena Serra del fu Giuseppe Sarmetti nativa di Casale” vendono alcuni beni. Giuseppe li vende a nome proprio ed anche dei fratelli Carlo, Vincenzo e Luigi Demetrio, assenti. Vendono a don Antonio Francesco Marzucchi del fu Evasio di St. Germano, “Rettore de Quarti”, una pezza di campo di “stara sette posta sulle fini di Casale Regione detta del Borasso”, più una pezza di vigna, il tutto per lire 250. I beni provengono dalla eredità di Catterina Sarmetti, “di lui [di Giuseppe] Avia”, e madre di Maddalena. Notaio: Ludovico Gentile.
1781, libro 3, vol. 2°, ff. 675r-686v: “Quittanza passata dalli Signori Vittoriano, Gaspare, Giacinto, Adelajde, Polissena, ed Augusta fratelli e sorelle Campana, Teresa Rovero, e Giuseppe Chiabrano Cugini Campana a favore del Signor Carlo Sarmetti”. Torino, 8 febbraio 1781. Nello studio del notaio Gioacchino Paletta, regio pubblico notaio di Cherasco, parrocchia dei Santi Giacomo e Filippo (Sant’Agostino). Era morto il signor Giuseppe Antonio Demedici, con ultimo suo testamento del 31 luglio 1778 (notaio Richetti). Eredi universali erano i fratelli e le sorelle Campana, più altre due persone. I fratelli e le sorelle Campana sono tutti figli/e di Anna Margherita Genoveffa Curlando, pittrice, moglie di Giacinto Campana, sposati nel 1737. Esecutore testamentario era stato nominato Carlo Sarmetti, “per equivoco denominato col cognome Anselmetti”. Il 5 agosto 1778 era stato composto l’inventario ed estimo di quanto lasciato da parte dell’architetto Carlo Bovis, con la visione e la regìa di Carlo Sarmetti. In un lungo “Tenor d’Inserzione” vengono ricordati ad uno ad uno tutti i beni lasciati: cadreghe, letti, tovaglie, ecc.; tra di essi anche dei quadri sacri, di paesaggio e di altro genere, tutti di medio valore e senza indicazioni di autori. Si aggiungono lire 1895, trovate in “diversi Luoghi d’angoli” delle camere dell’alloggio del Demedici. Il valore totale dell’eredità è di lire 2426, da dividere tra gli eredi universali. E’ questo il conto che agli eredi presenta Carlo Sarmetti, “del fu Gaspare”. Nel documento Adelajde Campana è detta, a questa data (1781), sua moglie. Carlo Sarmetti liquida i diversi eredi. La moglie Adelajde Campana è posta al numero 4° degli eredi: “Alla Signora Adelajda Campana cento sessantasei lire soldi tre denari nove e per prezzo mobili cento dieci sette = Totale Duecento ottanta due soldi dieci otto denari due”. La stessa cifra è data ad ognuno degli altri eredi universali, tra cui Vittoriano, che ha mandato procura da Parigi. Tutti firmano la quittanza a favore di Carlo Sarmetti, esecutore testamentario. Polissena con un segno, essendo illetterata. Notaio: Gioacchino Paletta.
1783, libro 1, vol. 3°, ff. 967r-974r: “Quitanza delli Signori Teresa Rovera Campana, Augusta, Polissena, sorelle Campana, Adelaide Sarmetti Campana, Giuseppe Cebrano, Vittoriano Campana, Gaspare, e Giacinto fratelli Campana, a favore del Signor Giuseppe Cellario”. Torino, 21 dicembre 1782. Antonio Cillario del luogo di Dogliani con atto del 20 agosto 1755 (Notaio Ricchetti) si era dichiarato debitore del signor Giuseppe Antonio Medici di Torino di lire 1250, pagabili a tempi stabiliti con gli interessi maturati. Il Medici era morto nel 1778, con testamento del 31 luglio 1778. Ora i suoi eredi universali vengono saldati ognuno del loro avere. Adelaide Campana Sarmetti è liquidata al numero 4° con lire 59, soldi 9 e denari 11. Notaio: Gioanni Agostino Festa.
1786, libro 11, vol. 3°, ff. 929r-930v: “Dote della Signora Teresa Sarmetti di lire quatrocento novant’otto, soldi quindeci”. Torino, 25 ottobre 1786. Casa Borbonese, Isola di San Lazzaro, parrocchia di San Tommaso, presso il notaio Giacomo Antonio Proglio. Si era concordato il matrimonio, da celebrare ancora in chiesa, tra Giovanni Giacinto Andrà, figlio del vivente Francesco Antonio, e Teresa Sarmetti, “figlia del vivente Signor Carlo Garzone di Camera di S.M.”. Ambi nati e residenti a Torino. Carlo Sarmetti dà alla figlia come dote lire 498, soldi 15, costituite “però in tante robbe, ed’effetti”: il tutto descritto in una Nota (“Tenor d’Inserzione”) posta a chiusura dell’atto dotale, datata 25 ottobre 1786. Il futuro marito fu un “aumento del terzo” del valore della dote. La Nota è distinta in 23 numeri. In essa non sono elencati quadri. Notaio: Giacomo Antonio Proglio. Una dote, come si può notare, modesta.
1786, libro 11, vol. 3°, ff. 1239r-1240v: “Procuration des Sieurs Adelajde Campana Sarmetti, Polixene, et Auguste Sieurs Campana tant pour elles qu’au des Sieurs Charle Campana, et Eufrosine Campana Regis au Sieur Hyacinte Campana leur frère”. Torino, 25 novembre 1786. E’ morto a Parigi il loro fratello Ignazio Pio Vittoriano Campana alla fine del mese di ottobre 1786. Morto senza figli e senza testamento. Con la presente procura i fratelli e le sorelle Campana nominano per l’eredità di Vittoriano come loro procuratore speciale e generale il fratello Giacinto, chirurgo. Nel documento Adelaida Campana è detta “Epouse du Sieur Charle Sermetti Garçon de Chambre du Roi”. Tutti i presenti firmano la procura, meno Polissena illetterata che firma con un segno. Notaio: Domenico Maurizio Ramondetti. Tutto il documento è scritto in lingua francese, pronto per essere portato a Parigi da Giacinto Campana, chirurgo. Vittoriano Campana era morto a Parigi il 29 ottobre 1786 ed era nato e battezzato a Torino il 23 marzo 1744; aveva 42 anni (per la figura di Vittoriano Campana, pittore in miniatura, cfr.: Schede Vesme, III, Torino 1968, pp. 250-254).
1794, Libro 10, vol. 2°, f. 655r-v: “Costituzione di dote della Signora Madalena Sarmetti a favore del Signor Gioachino Orgeas”. Torino 19 settembre 1794. Maddalena nel luglio scorso ha sposato Gioachino Orgeas, “del vivente chirurgo collegiato Felice Orgeas”. Maddalena è figlia di Carlo Sarmetti ed è pure nativa come il marito di Torino. Ora si procede alla sua dote. Il padre Carlo, nativo e residente a Torino, costituisce per la figlia una dote di lire 500, “incluso l’importare del fardello alla medema rimesso di lire quattrocento sessanta Reali di Piemonte”, a soldi venti cadauna. Rimangono da dare allo sposo Gioachino Orgeas lire 40, “come compimento della dote”. Il fardello datole comportava, però, una somma maggiore delle calcolate lire 460. Si mettono d’accordo e Carlo, padre della sposa, non paga più le 40 lire ancora dovute per la dote. Seguono le firme; Maddalena fa un segno, essendo illetterata. Notaio: Perfetto Reggio.
Ancora una volta una dote modesta.
1801, Libro 9, vol. 4°, ff. 1805r-2806r: “Libertà – Eguaglianza. Testamento del Cittadino Carlo Sarmetti”. Torino, due fruttidoro 1801. “In nome della nazione italiana l’anno nono della republica francese alli due fruttifero [1801]”, alla presenza di numerosi testimoni, “il Cittadino Carlo Sarmetti del fu Gaspare nativo, e ressidente nel presente comune” [di Torino], fa testamento. E’ “sano di mente, vista, udito, loquella, ed intelletto sebbene da corporal infermità in letto detenuto”. Si raccomanda a Dio e alla Corte celeste e chiede di essere sepolto nel cimitero, “nel di cui ristretto succederà il suo decesso”. Ha legato e lega “alla cittadina Adelajde Campana di lui presentanea consorte il pieno, e formale usufrutto di tutta la di lui Eredità in compagnia della cittadina Rosalia di loro figlia, sua vita natural durante vivendo però casta, vedova, ed onesta”. La dispensa di ogni resa di conto e dalla “confezione d’Inventaro, per aver di già ipotecati tutti li mobili ed effetti esistenti nella di lui abitazione con scrittura delli venti due scorso luglio [1801]”.
Eredi particolari della metà della sua eredità nomina i “cittadini”: Gaspare, Maddalena, moglie di Gioachino Orgeas, e inoltre Rosalia e Carlo figli della sua defunta figlia Teresa, moglie di Giacinto Andrà. Gaspare, Maddalena e la fu Teresa sono suoi figli legittimi e di Adelaide Campana. Si dovrà dividere in tre parti uguali la metà della sua eredità, che andranno rispettivamente a Gaspare, Maddalena e ai due figli della fu Teresa.
Erede universale dell’altra metà della sua eredità è Rosalia, altra figlia legittima sua e di Adelaide Campana.
Carlo, “stante la di lui grave infermità, ed impotenza nel parlar forte ha fatto segno cogli occhi, colle mani” per dichiarare erede universale della metà della sua eredità la figlia Rosalia. Fa segno negativo di non lasciar nulla agli ospedali di San Giovanni Battista, alle povere orfane e ad altre congregazioni di carità. Carlo si sottoscrive, insieme con i testimoni. Notaio: Luigi Massano.

                            Estratto di albero genealogico della famiglia Sarmetti  

                                                                 

Gaspare (m. prima 25 giugno 1758) – Clara Cerrato

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CARLO Gius. Franc.         Teresa Maria          Giuseppe Maria     Vincenzo   Luigi Demetrio

  1. 25 ottobre 1740,              Ballerina, nubile    N. a Torino,

                   a Torino.                              N. a Torino,           20 luglio 1738

                   Sp. Adelaide Campana.       9 aprile 1736

                   “Garzone di Camera

                    della Principessa Felicita”,

                   “Valet a piè di Sua Maestà”,

                   “Garzone di Camera di S. M.”.

                    Pittore

  1. a Torino il 21 agosto 1801, anni 60.

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 Gaspare                   Maddalena                        Teresa                        Rosalia

 (Valet a piedi,         Sp. Gioachino Orgeas,      Sp. Giacinto Andrà

 Giubilato il              nel luglio 1794.                 M. 12 gennaio 1801

 29 agosto 1788)                                                 Figli: Rosalia e Carlo

NOTE

[1] Schede Vesme, III, Torino 1968, p. 968
[2] Patenti Controllo Finanze, Volume 1717-1801, p. 112:
“1783: 21 Novembre:  Sarmetti Carlo (Garzone di Camera della Principessa Felicita). Patenti 64 / 128.
1783: 23 Dicembre: Sarmetti Carlo (Annualità di Lire 80 per Fitto Casa). Patenti 64 / 44.
1788: 29 Agosto: Sarmetti Gaspare (Valet a piedi). Giubilazione di Lire 300. Patenti 75 / 120”.
[3] APPARATI, Documenti civili. A partire dal 1750 e fino al 1759 Teresa Sarmetti è ricordata come ballerina di teatro; si veda: Marie-Thérèse Bouquet, Il teatro di corte dalle origini al 1788, vol. 1°, Torino 1976,
  1. 284-287: Estate 1750 – La Vittoria d’Imeneo. Per il matrimonio di Vittorio Amedeo III con Maria Antonietta Ferdinanda di Spagna. Figuranti (donne): Teresa Chiarmetti.
Stagione 1750-1751 – Farnace   –  Dario. Figuranti (donne): Teresa Sarmetti.
Stagione 1751-1752 – Nitocri – Antigona. Figuranti (donne): Teresa Sarmetti.
  1. 294: Stagione 1755-1756 – Ricimero – Solimano. Ballerini: Teresa Sarmetti L. 2000 (prima ballerina).
  2. 295: Nel settembre 1755 la ballerina Teresa Sarmetti era in Francia e i Cavalieri decisero di farle pervenire la somma di 500 lire tornesi tramite madame Destouches di Lione.
  3. 298: Stagione 1757-1758 – Nitteti – Arsinoe. Ballerini: Teresa Sarmetti, 300 zecchini.
  4. 300: Stagione 1758-1759 –Adriano in Siria – Eumene. Ballerini: Teresa Sarmetti L. 3.124.
[4]  Per i pittori Curlando, cfr. A. Cifani, F. Monetti, Indagini per la storia dei ritrattisti a Torino nel Settecento. Giovanni Battista Curlando, “Pittore di Corte” dei Savoia dal 1700 al 1710 in: “Studi Piemontesi”, dicembre 2020, vol. XLIX, fasc. 2, pp. 367-392.
[5] APPARATI. Documenti civili
[6] APPARATI. Documenti religiosi.
[7] Per il ruolo dei valletti e dei garzoni alla corte dei Savoia, si veda: Paola Bianchi, La corte dei Savoia: disciplinamento del servizio e delle fedeltà in: I Savoia. I secoli d’oro di una dinastia europea, a cura di W. Barberis, Torino 2007, pp. 135-174, 221-224.
[8]  Per la pittrice cfr. A. Cifani, F. Monetti, Indagini per la storia dei ritrattisti di corte a Torino nel XVIII secolo. Nuove luci per Giovanna Battista Maria Buzano, detta la Clementina (1690-1761), in: “Studi Piemontesi”, giugno 2018, vol. XLVII, fasc. 1, pp. 41-69.
[9]  Su Felice Festa, scultore dei Savoia in esilio, è di imminente pubblicazione il nostro saggio: Lettere inedite dello scultore Felice Festa al Principe Giuseppe Alfonso Dal Pozzo della Cisterna 1790-1796.
[10]  Anche il duca di Monferrato è sepolto in una bella ed elegante tomba scolpita da Felice Festa: cfr. nota 9.
[11] A. Cifani, F. Monetti, Palazzo Lascaris a Torino. Da dimora signorile a sede del Consiglio regionale del Piemonte, Torino 2008, p. 61. Per un primo approccio a Giovanni Antonio Maria Panealbo, sul quale è di prossima pubblicazione il nostro saggio dal titolo Giovanni Antonio Maria Panealbo (Torino, 26 dicembre 1742 – 3 febbraio 1815), “pittore in ritratti”, si veda la scheda A. Cifani, F. Monetti, scheda Ritratto di Carlo Emanuele IV di Savoia (1751-1819), in: Gian Enzo Sperone Dealer/Collector. From 350 bc to last week, Torino 2019.