di Chiara GRAZIANI
La cosa è così nuova per la luce delle istituzioni museali che è difficile darle un nome.
Forse il nome, però, è nato decenni prima della cosa. Ed è come se l’avesse evocata. Sta scritto, dagli anni ‘50 del secolo scorso, su una lapide in un cimitero dove nessuno andava a visitare i morti, se non i compagni di ergastolo, l’ultima famiglia in terra che lo Stato – borbonico, savoiardo, fascista, repubblicano – lasciava a chi finiva i suoi giorni senza speranza sullo scoglio vulcanico dell’isola di Santo Stefano.
Scuola di alti pensieri, dice a tutt’oggi la lapide su un muro a secco del camposanto dei galeotti. E prosegue così: “Una vita di dolore, un pugno di polvere, un’anima immortale”. Risale agli otto anni della primavera di Santo Stefano quando un rivoluzionario direttore del penitenziario in mezzo al Tirreno, il cattolico Eugenio Perucatti, napoletano, trasformò una discarica umana fuori dalle rotte mediterranee in una comunità di espiazione in grado di costruire dignità e di insegnarla. Fu, parole sue, una scuola di alti pensieri, dove provò che la dignità umana non è mai persa per sempre: quella dei prigionieri e quella dei sorveglianti. Al nono anno Perucatti fu allontanato da Santo Stefano, l’isola scandalosa dove gli ergastolani assassini furono perfino balii asciutti dei bambini del direttore (e ne aveva dieci).
Il carcere fu chiuso. La lapide con la scritta “Scuola di Alti pensieri” si salvò dalla razzìa dei vandali in caccia di suppellettili, pietra pregiata, infissi, macchinari e dalla gratuita ed indisturbata distruzione del resto. Restò un nome, a galleggiare come un’eco sopra la damnatio memoriae della primavera di Santo Stefano. Scuola di alti pensieri.
Il percorso espositivo museale di Santo Stefano, presentato il 6 ottobre nella sala Spadolini del Ministero della cultura dalla struttura commissariale di governo affidata da due anni a Silvia Costa, in realtà è esattamente una scuola di alti pensieri: per potenzialità, ambiente, capacità di ispirare, ricchezza storica e naturale, sovrabbondanza di stimoli alla riflessione. Chi, dalla vicina Ventotene, sbarcherà sull’isola al piccolo approdo della Marinella praticabile otto mesi all’anno perchè qui comanda il mare, inizierà fin dal primo dei 300 gradoni nella pietra lavica lavorata dalle tempeste, un percorso di apprendistato basato sulle domande: “Che cos’è la libertà? Quanto costa conquistarla? E mantenerla?”.
Camminerà nella storia dei luoghi, quella dei detenuti politici, degli ergastolani comuni, dei resistenti, degli sconosciuti e si affaccerà, guidata da narrazioni scientifiche ed antropologiche, sulle nuove sfide libertarie di oggi: la cura dell’ambiente in cui tutto è mirabilmente connesso, il rispetto della vita umana, la dignità del lavoro, la distinzione fra pena e vendetta, la conquista della cittadinanza attiva e, al culmine del percorso, l’anacronismo omicida della pena di morte da consegnare ai rottami della storia, senza se e senza ma. Un’installazione da definire (una sorta di contatore aggiornabile di esecuzioni e condanne, oppure una carta geografica “attiva” del mondo, le linee guida lasciano questo alla creatività dei progettisti) segnalerà, ci spiega l’architetta Francesca Condò, curatrice del progetto museale con il professor Guido Guerzoni, che la nostra emancipazione dalla pena più inumana non è una conquista di tutti. E che ha bisogno di essere difesa, già dalle porte dell’Europa.
Un’esperienza di cammino ed ascolto che, a breve, sarà resa possibile dal progetto di recupero del carcere di Santo Stefano, uno dei maggiori esempi di architettura carceraria a panopticon e, allo stesso tempo, di archeologia penitenziaria. Il progetto, intitolato a Santo Stefano in realtà non può che coinvolgere anche la “sorella” Ventotene, l’isola dei confinati dal fascismo, dove Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrissero il manifesto fondativo dei valori europei.
La gestione dei flussi dei visitatori (a numero chiuso e per otto mesi all’anno come impone la natura dei luoghi) sarà affidata ai ventotenesi, a partire dall’ Infopoint già attivo da mesi nel porto, fino alla piccola flottiglia di natanti per approdare a Santo Stefano. Molti di loro, ventotenesi effettivi o adottivi, già collaborano alla parte storico-narrativa del progetto. Salvatore Braca, con la sua Pandataria film, sta raccogliendo e filmando numerosissime testimonianze sulla vita del carcere ed il suo rapporto con le isole. Un’operazione culturale e storica, emozionante per chiunque abbia sensibilità e cultura, fondamentale per i ricercatori. Paolo Cutolo, direttore della biblioteca di Ventone, aggiungerà alla narrazione le vicende di un’istituzione isolana che fece – e fa – la resistenza dei libri, oggi assieme anche all’editore e libraio Fabio Masi, con la sua “Ultima Spiaggia”.
Filomena Gargiulo, storica e scrittrice, è dietro a gran parte delle ricerche sulle vicende dei luoghi, delle famiglie e degli individui. Ci sono poi gli imprescindibili fratelli Schiano di Colella, Salvatore ed Elena che conoscono, e narrano, pietra a pietra, le vicende del carcere e delle due isole, da quando Augusto ne fece, per primo, terra di confino.
L’operazione non è turistica, per quanto di altissimo livello, e neppure solo divulgativa e, ovviamente, rispettosa di tutti i parametri richiesti per essere inseriti nel circuito museale nazionale (come ha garantito il comitato tecnico scientifico che ha tracciato le linee guida). L’operazione è un lavoro continuamente in corso, che produrrà cultura, educazione ai valori ed arte. Cinque residenze artistiche, destinate a pittori, sceneggiatori, scultori, architetti, in genere a creativi con un’idea da far correre, fanno parte del complesso. Tutta la vita e l’evoluzione della Scuola di alti pensieri, sarà legata alla rete di partenariati che la personalità vulcanica di Silvia Costa è riuscita in due anni ad evocare attorno alla missione di restituire alla comunità non solo un monumento risanato e visitabile, ma una risorsa, ed una fonte di ispirazione “integrale”, per tutti.
Un network di università, centri di ricerca, istituzioni, giuristi, fotografi, intelettuali sostiene l’ossatura della scuola. Il risultato è un ponte fra arte, tecnologia, scienza, ricerca e storia secondo le tre linee guida della New European Bauhaus, voluta dalla commissione europea: sostenibilità, bellezza, inclusività.
Per dirla con le parole di Cristina Loglio, consigliera per le relazioni internazionali del commissariato di governo (nonché altra vulcanica presenza femminile dietro all’exploit del complicatissimo progetto) il visitatore potrà salire “dal nido della Berta alle Nazioni Unite”. Ossia dalla rarissima nidificazione di uccelli migratori da proteggere (sostenibilità) in uno scenario a picco sulla Natura e confinante con gli spazi in cui l’uomo ne crea l’immagine (bellezza) senza limitazioni di accesso (inclusività) per scoprire che tutto questo rientra nella filosofia indicata dalla convenzione di Bonn delle Nazioni Unite. Non sarà un caso che dietro la ripartenza di un’idea ritenuta all’inizio, forse, troppo complessa e sfidante ci sia una massiccia, anche se non esclusiva, presenza femminile. Costa, Loglio, ma anche Condò e l’ingegnera Tatiana Campioni, chiamata , non per la prima volta dai tempi dell’Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, alla sfida di un restauro forte con la struttura ma delicatissimo con la sua storia così che il visitatore non entri in un set ma nel luogo vivo e rianimato. (“Celle arredate di parole”, così è stato detto in conferenza stampa). Il forno del pane, quel che resta della centrale elettrica, i colori delle pareti, i graffiti e il cumulo di reti da contenzione, con il buco in mezzo per chi vi restava legato, nudo, per giorni.
L’accessibilità del tutto, visti i luoghi, è un problema non sottovalutato. Il professor Guido Guerzoni, con il comitato tecnico scientifico, ha affrontato la questione. Non solo si studieranno percorsi “su misura” ma l’itinerario avrà un gemello digitale che, spiega “non sarà una copia della cosa vera”. Sarà un’estensione del luogo da visitare a sua volta, per tutti. Solo tecnologia leggera, sostenibile, non invasiva. Niente campane sonore, visori immersivi, effetti speciali. Lo show sugli orrori della pena è una fiction che non interessa. Il solo smartphone consentirà di essere accompagnati prima, seguiti durante, aggiornati dopo con il minimo dell’interazione necessaria.
Il ministro Dario Franceschini, in un messaggio, ha consegnato al successore un’opera in corso, dice
“capace di trasmettere ai futuri allievi e ai visitatori il senso profondo dei diritti umani e della libertà politica che qui prese vita grazie a Settembrini, Spaventa, Pertini e, a Ventotene, a Ernesto Rossi e Altiero Spinelli”.
Un posto che, ha detto Costa, è destinato ai giovani della Next Generation Ue. E’ la scommessa di Santo Stefano. Mentre il mondo corre alla guerra, lanciare ponti, rinsaldare i passaggi, con il cemento degli Alti Pensieri.
Chiara GRAZIANI Roma 9 Ottobre 2022