di Nicosetta ROIO
Si è chiuso il Convegno di Studi quest’anno intitolato La natura morta al tempo di Caravaggio, organizzato grazie alla fattiva partecipazione delle istituzioni locali, in primo luogo il Sindaco Letizia Michelini e il segretario Sergio Consigli, nel Palazzo Museo Bourbon del Monte, Sala Francesco Maria Cardinal del Monte, in Monte Santa Maria Tiberina (PG), dalla Libera Accademia di Studi Caravaggeschi, a cura di Paolo Nucci Pagliaro e Pierluigi Carofano. Pubblichiamo un ampio resoconto firmato da Nicosetta Roio delle due giornate di studio che hanno visto la partecipazione di studiosi di grande rilievo, tra i massimi esperti del tema oggetto di approfondimento.
“La natura morta al tempo di Caravaggio”, due giornate di studi, una mostra ed altro ancora
Confortata dal clima benevolo di una delle più dolci ottobrate degli ultimi anni, anche quest’anno si è svolta la ormai consueta “due giorni” di studi caravaggeschi nelle ospitali sale al pianterreno del Palazzo Museo che sorge nel cuore di Monte Santa Maria Tiberina, la storica dimora dei Marchesi Bourbon del Monte nota per vantare tra i suoi più illustri componenti il cardinale Francesco Maria, tra i primi e più importanti committenti di Michelangelo Merisi da Caravaggio.
Nate da una prima idea di Maurizio Marini, nel corso degli anni le giornate di studio dedicate al sommo pittore lombardo hanno visto via via salire, tra le belle colline coperte da castagni, lecci, faggi e querce, i migliori specialisti d’arte caravaggesca italiani e stranieri, sempre egregiamente accolti dalla generosa ospitalità del Comune di Monte Santa Maria Tiberina, ora guidato dalla giovane e attivissima sindaca Letizia Michelini, ente patrocinatore degli eventi promossi dalla Libera Accademia di Studi Caravaggeschi.
Deus ex machina dell’organizzazione dell’intenso programma è stato ancora una volta l’infaticabile Pierluigi Carofano che ha affidato la direzione del pomeriggio di studi di sabato 21 e la mattinata della domenica 22 ottobre 2017, rispettivamente a Paolo Nucci Pagliaro e Pietro di Loreto, attenti ed equilibrati moderatori di un evento confortato dalla presenza di un pubblico – interessato e, vivaddio, costruttivamente “rumoroso” – che, dopo aver occupato tutti i posti disponibili, non ha mancato di intervenire negli accesi dibattiti conclusivi. Decisamente non trascurabile la mostra collaterale alle due tornate di studio, entrambe intitolate La natura morta al tempo di Caravaggio: i dipinti esposti per l’occasione sono stati studiati da Pierluigi Carofano, Alberto Cottino, Franco Paliaga e Antonio Vignali e l’elegante pubblicazione che correda l’esposizione ospita anche un saggio introduttivo di Albero Cottino e Franco Paliaga sulla natura morta romana (edizione Etgraphiae, Roma–Cartograf, Foligno).
Moltissime le novità messe in evidenza fin dal primo intervento di Cottino (Tra Tommaso Salini e lo pseudo Salini: molti problemi, poche certezze e qualche nuovo spunto), in cui, contrariamente al titolo doverosamente prudente, non sono mancate nuove importanti acquisizioni e chiarimenti intorno alla produzione saliniana di nature morte, specie quelle con “verdure” – solitamente “trascurate” dagli antichi inventari -, non ultima la scritta “Mao fec.” emersa sotto il rintelo di un dipinto con Ortaggi o quella con la problematica data “1608”, la cui non agevole interpretazione è stata spiegata da Simona Sperindei con l’ausilio di appropriate immagini scientifiche.
Notturno caravaggesco tra natura e allegoria: le Sette opere di Misericordia è il titolo dello studio presentato da Dalma Frascarelli che ha sostenuto il potente valore simbolico dei soli due dipinti del Merisi – la Cattura di Cristo di Dublino e le Sette opere di Misericordia di Napoli – definibili realmente come “notturni” (poiché vi sono presenti dei lumi artificiali che sottintendono come le situazioni siano avvenute al buio), dimostrando come invece i suoi seguaci interpretarono queste sue profonde espressioni simbolico-allegoriche in chiave sostanzialmente scientifica, naturalistica e fenomenica.
Massimo Pirondini ha reso noto un dipinto tondo raffigurante un Salvatore a mezzo busto collocato nella Cattedrale di Reggio Emilia, un quadro finora incredibilmente trascurato dagli studi ma che, seguendo la preziosa indicazione di Francesco Petrucci, si è rivelato essere opera di uno dei maestri del Caravaggio, quel Cavalier d’Arpino che fu attivo anche per la Cappella Toschi del tempio reggiano e che, secondo l’approfondimento del relatore, potrebbe aver realizzato il Cristo addirittura per monsignor Del Monte.
Interessanti riflessioni sulla natura morta lombarda e sulle influenze che quel genere può aver recepito anche della cultura magica, medica e astrologica dell’epoca su Arcimboldo, sono state proposte da Paola Caretta (Considerazioni intorno alle origini della Natura morta lombarda), che ha pure rintracciato un’intrigante biografia di Caravaggio in cui compaiono dettagli in parte sconosciuti – ad esempio sulla sua stretta relazione con Figino e Lomazzo, sulla sua detenzione per omicidio ed anche sul quinquennio trascorso a Venezia – e non sempre contrastanti con quanto a noi già noto attraverso i più antichi biografi del Merisi, particolarità che la studiosa sta approfondendo anche alla ricerca delle fonti che possono aver ispirato l’anonimo compilatore del manoscritto.
Franco Paliaga (Leonardo da Vinci e Caravaggio: la Medusa) ha ripreso le fila dell’affascinante problema che da sempre pone un punto interrogativo sulla relazione che può esserci stata tra la perduta Medusa medicea di Leonardo – menzionata da fonti prestigiose come Vasari e Borghini – e quella non meno famosa di Caravaggio donata al Granduca Ferdinando I da monsignor Del Monte, il tutto esposto affrontando pure il complesso tema delle copie (o repliche?) dalla “rotella” del Merisi, tra cui la redazione cosiddetta Murtola (dal madrigale di Gaspare Murtola del 1606), che per lo studioso potrebbe appartenere alla mano di Jacopo Ligozzi, mentre un più antico disegno raffigurante il medesimo tema della Gorgone tanto caro ai Medici e che rivela il suo stretto rapporto con la nota incisione dell’olandese Cornelis Cort, sarebbe attribuibile invece a Baccio Bandinelli.
Il ricco pomeriggio di sabato 21 ottobre si è concluso con la relazione di Luca Bortolotti (Ai margini del Caravaggismo: un capolavoro ritrovato della pittura romana del ‘600), che ha proposto finalmente le belle immagini di un dipinto riemerso di Angelo Caroselli raffigurante l’“Adultera” (di mano del “Cavaliere Massimi” – ovvero Massimo Stanzione – secondo l’inventario Chigi del 1692), ben conosciuto agli studiosi ma finora disperso, tanto che neppure Marta Rossetti, autrice della ponderosa e recente monografia sul pittore romano, aveva avuto l’opportunità di illustrare l’opera nei modi più convenienti. Il relatore ha notato, tra le altre importanti considerazioni, la dipendenza del dipinto con Cristo e l’adultera di Caroselli (insolitamente ricco di molteplici figure e con il probabile intervento di un pittore quadraturista nel complesso sfondo architettonico), dalla classica compostezza di Nicolas Poussin, che il pittore romano ebbe modo di interpretare nella sua ben nota veste di “copista”.
Domenica mattina 22 ottobre i lavori sono ripresi con la presentazione, attentamente curata da Franco Paliaga e Pierluigi Carofano, di Caravaggio e il comico (Milano, Skira, 2017), un assai interessante testo di Francesco Porzio molto “strutturato”, denso ed approfondito a dispetto delle dimensioni contenute del libro. L’autore, intervenuto personalmente ad interloquire con i due relatori e col pubblico, ha potuto spiegare con grande pacatezza come il suo “saggio lungo” non voglia trarre conclusioni ma mettere assieme una serie di dati e di problematiche sullo stretto legame del giovane Caravaggio con l’antichissima tradizione del comico e del ridicolo, il mondo popolaresco della Val di Blenio, la tradizione bernesca e carnavalesca del XVI secolo, da cui scaturì la nascita del naturalismo e l’inedito scambio proposto dal Merisi tra l’“historia” alta e quella bassa in una sorta di “rottura” dei generi artistici ben codificati come l’arte religiosa.
La bella carrellata di opere di Astolfo Petrazzi è stata il centro dell’intervento di Marco Ciampolini (Nature morte di Astolfo Petrazzi), dedicato alla memoria di Elisabetta Avanzati, pionieristica studiosa del pittore senese. Ciampolini ha apportato notizie documentarie e testimonianze visive che dimostrano come Petrazzi avesse dipinto vasi di fiori, inserti di natura morta ma pure paesaggi all’interno dei suoi quadri di figura, per non tacere delle scene di battaglia che rivelano analogie con lo stile del Borgognone, suo allievo a Siena, restituendo un’immagine dell’artista senese che, a dispetto del suo documentato analfabetismo, fu assai considerato e non solo per i quadri religiosi, tanto da essere particolarmente apprezzato da un suo importante committente, il governatore di Siena Mattias de’ Medici (per cui dipinse, ad esempio, dei trofei di caccia e delle nature morte con strumenti musicali), che lo considerava – per lo meno nella “pittura di genere” – superiore all’artista più famoso di quell’epoca in città, Rutilio Manetti.
Ancora sulla corrispondenza epistolare tra monsignor Paolo Gualdo e il cardinal Ottavio Parravicino è il titolo dell’appassionato intervento di Enrico Lucchese che, partendo dagli studi di G. Cozzi (1961) e di M. Pupillo (1999) ha “riletto” con nuove e attente riflessioni il carteggio tra due personaggi – il cardinale romano Paravicino e l’erudito vicentino Gualdo -che furono al centro di un ben noto episodio che vide la netta presa di distanza dalla pittura caravaggesca di una parte dell’ambiente curiale di inizio Seicento, che considerava Michelangelo Merisi, per voce del Parravicino, artista poco ortodosso e troppo disposto alla contaminazione tra le raffigurazioni sacre e profane.
In conclusione della mattinata di studi ha destato non poche curiosità l’intervento di Emilio Negro dal titolo Caravaggio, Friedrich Nietzsche e Luciano Anceschi: assonanze e relazioni tra musici, pittori, accademici e poeti. Partendo da un’affermazione, finora trascurata dagli studi, di Nietzsche che indicava come nel “campo dell’arte” la musica fu una sorta di “Contro-Rinascimento” poiché ad essa “appartiene la pittura più tarda dei Carracci e dei Caravaggi”, il relatore ha mostrato una serie di profondi ed inediti legami tra alcuni componimenti musicali e poetici con talune pitture caravaggesche.
Per finire non si può non ricordare, in due giornate di studi caratterizzate dalla seria e notevole professionalità di tutti i partecipanti, non disgiunta tuttavia da un clima di amichevole e appassionato confronto, l’accoglienza e la cortesia dello “scalco” Sergio Consigli, che ha apparecchiato deliziosi e golosi intervalli a base di tartufo nero e prodotti rigorosamente locali – Caravaggio mette appetito! -, in un’ambientazione che ha ricordato le osterie, gli ambienti “rabisch” e le nature morte descritti nei dipinti caravaggeschi.
Nicosetta ROIO ottobre 2017