di Nica FIORI
Quando pensiamo ai musei romani, tendiamo a dimenticare spesso quelle raccolte, nate con intenti puramente didattici, che non espongono opere originali, ma propongono copie di statue e manufatti antichi o riproduzioni in scala di architetture monumentali. Eppure il Museo della Civiltà Romana (piazza Giovanni Agnelli 10, EUR) è tutt’altro che trascurabile, perché permette di approfondire come pochi altri la conoscenza del mondo romano, nei suoi diversi e complessi aspetti, grazie ai plastici e ai calchi di monumenti e oggetti che vanno dall’età arcaica al tardo impero. È stato concepito per accogliere le opere della grandiosa “Mostra augustea della romanità”, realizzata nel 1937 nel Palazzo delle Esposizioni, per celebrare i 2000 anni dalla nascita di Augusto, e definita a suo tempo “un perfetto manuale di sintesi scientifica e di alta divulgazione”.
Questo museo è chiuso al pubblico già da alcuni anni per una serie di problemi dell’edificio. In attesa della sua ristrutturazione e del futuro riallestimento, possiamo ammirare una selezione significativa dei suoi plastici nella mostra “CIVIS CIVITAS CIVILITAS. Roma antica modello di città”, ospitata nella Grande Aula e nei matronei dei Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali fino al 6 settembre 2020.
Il 20 dicembre 2019 è stata inaugurata la prima sezione della mostra, promossa dalla Sovrintendenza capitolina e curata da Claudio Parisi Presicce e Claudia Cecamore, ma altri plastici verranno restaurati ed esposti nel corso del 2020 lungo il percorso esterno dei Mercati di Traiano, nella via Biberatica. Per tutta la durata dell’esposizione sono previsti eventi culturali e didattici, indirizzati a tutti secondo i criteri dell’accessibilità e dell’integrazione, che contraddistinguono da anni le iniziative comunali.
Le tre parole latine del titolo, Civis, civitas e civilitas, che potremmo tradurre con cittadino, città e civiltà, vengono spiegate dai curatori, che evidenziano la differenza rispetto a parole più o meno simili. Urbs, per esempio, indica la città in senso concreto, mentre civitas è l’insieme dei cittadini, quindi è un termine del diritto romano, più che dell’urbanistica. Civis non è semplicemente il cittadino che condivide gli spazi urbani della sua città, ma è colui che condivide con altri i diritti politici, in opposizione alle diverse categorie di stranieri. Civilitas, infine, indica la società civile, ovvero la conquista culturale come prodotto della socializzazione politica degli uomini.
Al di là della terminologia latina, che può apparire più o meno complessa, questa mostra vuole documentare il carattere prettamente urbano della cultura classica, ovvero la condivisione degli spazi e degli edifici, che insieme alla condivisione delle leggi costituisce in effetti la civitas, il fulcro della civiltà romana. Vengono illustrati, pertanto, i fori e gli edifici delle città dell’Impero, che ricalcano gli esempi romani, attraverso i plastici in gesso, in gran parte realizzati dall’architetto Italo Gismondi per il bimillenario di Augusto. Questi modelli raffigurano lo stato di fatto dei monumenti negli anni Trenta del Novecento, e in parte le loro ricostruzioni: all’intrinseco valore scientifico aggiungono anche il valore di documentazione di monumenti trasformati o scomparsi, soprattutto nei territori teatro di eventi bellici.
Sette sono i macrotemi trattati, accennati con una serie di esempi nella Grande Aula e approfonditi nelle sale laterali e al piano superiore. Si va dagli spazi pubblici (i fori con i capitolia, i templi e le curie) all’acqua nel decoro della città (fontane e terme); dallo spettacolo (teatri e anfiteatri) al trionfo, l’onore e il passaggio (archi trionfali e onorari e porte); dal commercio (mercati) alla memoria individuale, familiare e dello Stato (sepolcri e monumenti) e alle infrastrutture (ponti, acquedotti, cisterne, castelli di distribuzione dell’acqua).
La prima opera che accoglie i visitatori è il plastico in gesso alabastrino del Foro di Augusto,
che sembra voler rimarcare l’importanza del primo imperatore, Augusto, in questo che è il museo dei Fori imperiali. Raffigura al centro il tempio di Marte Ultore (ovvero “vendicatore” dell’assassinio di Giulio Cesare) e ai lati il grandioso porticato, che era decorato nell’attico da una serie di Cariatidi, su modello di quelle celeberrime dell’Eretteo di Atene, intervallate da medaglioni circolari con la testa di Giove Ammone. Particolari questi che ritroviamo a grandezza naturale in un modello ricostruttivo più recente, realizzato in parte in resina, in parte con frammenti originali e con integrazioni in pietra calcarea.
Sempre relativi a Roma sono i plastici del Tempio di Giove Capitolino, del Ponte Fabricio, del Colosseo e dell’area di Porta Maggiore.
Nella stessa Grande Aula troviamo i plastici di due monumenti della Provenza, l’Arco di Orange e la Tomba dei Giulii a Saint Remy, come pure il Mercato di Timgad, in Algeria.
Ma, indubbiamente, ciò che ci colpisce maggiormente per la grande dimensione è il plastico del Foro di Pompei con i suoi numerosi edifici altamente rappresentativi della romanità nelle sue funzioni politiche, religiose e istituzionali.
Tutti i fori delle città romane dovevano avere dei templi delle divinità ufficiali, e in particolare il Capitolium, il cui nome ricalca quello del colle romano dove era adorata la triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), la Curia (il luogo di riunione del Senato o comunque dei maggiorenti) e la Basilica dove era amministrata la giustizia.
Nelle salette laterali troviamo esempi di Capitolium, tra cui quello di Brescia, come pure diverse Curie, tra cui quelle di Sabratha e di Leptis Magna, importanti città della Libia, i cui nomi ricorrono anche nelle sezioni dedicate agli spettacoli, alle terme e agli archi.
Le terme e le fontane monumentali erano indubbiamente grandiose, come è evidenziato da diversi plastici, come quelli delle Terme di Treviri in Germania e dei ninfei di Mileto e di Side in Turchia.
Più modesta d’aspetto, ma di notevole altezza, doveva essere la Meta sudans, una fontana romana di età flavia, che si trovava nei pressi dell’Arco di Costantino e i cui resti erano ancora visibili nelle fotografie ottocentesche e del primo Novecento.
Altrettanto spettacolari erano i teatri, come quello romano di Marcello
e quelli attualmente più conservati di Sabratha e di Aspendos (in Turchia), e gli anfiteatri, come per esempio quello di Nimes, l’antica Nemausus in Francia. Tutti edifici che esprimevano con immediatezza e forza il “segno” nel paesaggio dell’espansione di Roma.
Al piano superiore ci accoglie lungo un matroneo una sequenza impressionante di plastici di archi trionfali, che esprimono tutta l’importanza che veniva data al ricordo delle vittorie di conquista. A Roma un comandante che celebrava il suo trionfo in guerra sfilava lungo le vie della città, fino al tempio di Giove Capitolino, stando in piedi su una quadriga, mentre uno schiavo teneva sospesa una corona sul suo capo. Era preceduto da un corteo che comprendeva i suoi littori, il bottino di guerra e gli animali per il sacrificio finale. Durante la Repubblica il requisito per ottenere il trionfo era la vittoria su un nemico straniero con l’uccisione di almeno 5.000 uomini.
Celebri sono i trionfi di Scipione l’Africano, Lucio Emilio Paolo, Scipione Emiliano, Pompeo, Giulio Cesare e Ottaviano. In età imperiale i trionfi divennero ben presto monopolio della famiglia regnante. Non è un caso che gli archi di trionfo che si conservano nell’Urbe siano dedicati a Tito, Settimio Severo e Costantino. In una sala laterale troviamo gli archi quadrifronti, tra cui quello romano di Giano e quelli di Tripoli, Leptis Magna, Salonicco e nell’altro matroneo importanti porte di città, come quella di Autun in Francia.
La mostra prosegue con l’esposizione di plastici di importanti monumenti sepolcrali, tra cui il Mausoleo di Augusto, il Mausoleo di Adriano, il monumento di Adamclisi in Romania e la Tomba di Annia Regilla, dall’aspetto di tempietto, che ammiriamo ancora a Roma nel parco della Caffarella. L’ultimo tema è quello delle infrastrutture, un po’ meno rappresentate rispetto ad altre tipologie edilizie. Citiamo come opera di grande ingegneria idraulica lo spettacolare Pont du Gard, presso Nimes: un acquedotto a più piani che passa sul fiume Gard.
Il percorso espositivo è scandito ogni tanto dalla voce narrante di un personaggio famoso. Nel caso delle Terme è Seneca, che ci descrive in una lettera a un amico l’animazione fin troppo rumorosa di questo tipo di ambienti, che funzionavano in continuazione e pertanto c’era un continuo via vai di carri che trasportavano la legna da ardere, di schiavi addetti ai lavori e ovviamente dei cittadini che passavano alcune ore tra l’acqua, la sauna e le conversazioni.
Altri personaggi “narranti”, i cui busti sono pure calchi del Museo della Civiltà romana, sono Cicerone, Vespasiano, Erode Attico (il ricchissimo marito di Annia Regilla, che venne accusato della sua morte e dovette difendersi in un processo) e Apollodoro di Damasco, il famoso architetto che progettò il complesso dei Mercati di Traiano, che ospita l’esposizione.
Roma appare ai visitatori della mostra quale modello di comunità (civitas), quanto mai contemporaneo nella sua multiculturalità. È questo un concetto che attraversa tutto l’impero, dove il latino non era certo l’unica lingua (nei paesi orientali si parlava il greco e nelle province più lontane altre lingue), ma l’impero aveva comunque una sua forte identità e la figura dell’imperatore era unificante. Bisognava rispettare il diritto di Roma e il culto ufficiale imperiale, anche se privatamente si professavano altre religioni.
Gli stranieri si sforzavano di diventare romani, ma a un certo punto le cose non funzionarono più tanto bene, date le enormi dimensioni dell’impero e la perdita d’importanza di Roma rispetto all’altra capitale, Costantinopoli, voluta da Costantino a cavallo tra Europa e Asia. Ricordiamo che l’impero Romano d’Oriente sopravvisse a lungo, mentre quello d’Occidente, sotto le pressioni dei Goti e di altri popoli barbarici, cadde nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo e Roma, pur continuando ad avere il suo ruolo di centro del cristianesimo, subì per secoli una progressiva involuzione.
Nica FIORI Roma 12 gennaio 2020
Civis Civitas Civilitas. Roma antica modello di città
Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, Via Quattro Novembre 94 – 00187 Roma
21 dicembre 2019 – 6 settembre 2020
Orario: tutti i giorni 9.30 – 19.30 (La biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietto integrato Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali + Mostra: per i non residenti a Roma € 14, ridotto € 12; per i residenti a Roma €12, ridotto € 10. L’ingresso è gratuito per le categorie previste dalla legge e per i possessori della MIC card
Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)