di Claudio STRINATI
Mario Ursino l’ ho conosciuto quando era ancora giovanissimo e muoveva i primi passi nelle Belle Arti. La sorte ha voluto che ci incontrassimo sul lavoro e subito divenissimo amici leali e fedeli. A lui è capitato di vivere una parabola in tal senso che, tipica in altri tempi, era ormai diventata già desueta al tempo dei suoi esordi.
Mi spiego meglio.
Quando sono entrato io nella carriera delle Belle Arti, nei primi anni settanta del Novecento, si ricordavano ancora delle storie molto belle di colleghi che avevano preceduto, e sovente di molto, la mia generazione e che avevano percorso la carriera con l’antica modalità di una partenza modestissima e marginale fino ad assurgere al rango di Direttori Generali o comunque a incarichi di vertice assoluto, occasioni e opportunità pressochè dimenticate dopo il ‘68.
Tutti ricordavano, ad esempio, la storia di Luigi Salerno, un personaggio destinato a diventare uno dei maggiori storici dell’arte della sua epoca, che era entrato nell’ amministrazione come giardiniere o qualcosa del genere prendendo il primo posto disponibile magari con l’aiuto di qualche parente illustre attivo in quel comparto, per poi, attraverso concorsi interni, promozioni basate certamente sul merito e sulla capacità lavorativa, diventare ispettore delle Belle Arti, poi Direttore e infine Dirigente di alcuni dei più importanti Istituti del Ministero. Ma qualcosa di simile era successa, in quegli anni immediatamente dopo la fine della guerra a tanti personaggi mitici come Federico Zeri, entrato giovanissimo e squattrinato grazie alla benevolenza di celebri dirigenti dell’epoca come Paola della Pergola e Achille Bertini Calosso che avevano cominciato a procurare al giovane meritevole qualche lavoretto marginale specie di catalogazione del patrimonio per poi portarlo alla Direzione della Galleria Spada, che lasciò tra oscuri clamori.
Ursino era entrato nelle Belle Arti dalla porta della carriera amministrativa. Non era inizialmente uno storico dell’arte di ruolo ma poi la sua ferma determinazione, l’ evidente entusiasmo per lo studio specialistico e la ricerca, la passione autentica per la disciplina gli avevano permesso di passare da un ruolo all’altro per diventare un storico dell’arte a tutti gli effetti, riconosciuto e apprezzato fino ad arrivare ad una posizione di assoluto prestigio nell’ ambito della Galleria Nazionale d’ arte moderna.
Lavoravo in Soprintendenza a Roma quando mi resi conto che questo collega, giovane, apparentemente timido e riservato ma in realtà determinato e serio, voleva far parte del gruppo degli storici dell’arte per formulare proposte nuove.
Ebbene tra quelli che già erano attivi in quelle funzioni, io fui tra coloro che con piena convinzione e concreto sostegno accolsero con affetto e stima immediata Mario Ursino a cui la carriera amministrativa stava troppo stretta.
Lo portammo così all’ interno di comitati di studio e commissioni organizzative di mostre e attività culturali varie. Poi, coi suoi meriti, conseguì la qualifica desiderata.
Quindi posso vantarmi di aver partecipato attivamente alla svolta decisiva della carriera di Ursino che nella fase culminante della sua carriera si è posto come protagonista di tante iniziative, quale studioso attrezzato e consapevole, capace di varare progetti di prim’ ordine nella vita dell’ amministrazione per la quale ha sempre lavorato.
Era di tempra tutt’ altro che mite e accomodante.
E’ stato così partecipe anche di memorabili polemiche e financo di scontri, sempre molto civili invero, come quelli con la Fondazione de Chirico, con cui peraltro ha collaborato a lungo con spirito partecipe e rispettoso, ma che lo ha poi visto contrapposto nell’ ambito della problematica del progetto di un Museo de Chirico da realizzarsi con le opere lasciate in eredità dal sommo Maestro alla Fondazione stessa che ne tutela al meglio la memoria.
Per parte sua Mario alla Galleria Nazionale d’arte Moderna è diventato, va riconosciuto, un altro dei degni esperti della figura di de Chirico.
Personalmente ho sempre auspicato che si giungesse a una positiva composizione delle posizioni espresse da Ursino, anche attraverso una Associazione da lui creata, con quelle della Fondazione de Chirico.
Ciò non è avvenuto dato che il destino non ha permesso che il dialogo proseguisse come era vivo auspicio di molti interessati al delicato argomento fino a giungere a una migliore, felice sistemazione di quell’ immenso e prezioso patrimonio che il mondo della cultura ancora attende.
Restano numerosi e competenti scritti di Ursino che di certo continueranno a figurare con merito nelle bibliografie specifiche, anche se talora esprimenti tesi degne di una seria revisione che il compianto studioso so per certo stava elaborando ma che temo non abbia potuto portare a termine.
Credo di poter dire, in ogni caso, che gli è stato concesso di vivere la vita che desiderava, accompagnato da amici veri e dedito all’argomento da lui prediletto, col necessario scrupolo con cui ha onorato la professione.
Claudio STRINATI 15 novembre 2019