di Carla GUIDI
I “ricAMANTI” di Antonella Cappuccio
L’artista Antonella Cappuccio, con una elegante collezione di originali “arazzi”, apre la stagione degli appuntamenti nella storica Associazione Culturale Lavatoio Contumaciale.
Antonella Cappuccio può vantare una lunga carriera, con una notevole produzione di significative opere, create utilizzando sempre un linguaggio di alta raffinatezza formale. Sintesi visuali che ho chiamato in un mio precedente articolo per questo giornale “narrazioni antropologiche”, per sottolineare quanto le rappresentazioni di figure umane vi abbiano piena cittadinanza (Cfr, https://www.aboutartonline.com/antropologia-visionaria-e-rigenerativa-nella-narrazione-artistica-di-antonella-cappuccio/).
Le narrazioni sono complesse e ricche di riferimenti alla storia dell’arte, soprattutto rinascimentale, ma svuotando, spezzando e ricostruendo in nuove composizioni le immagini citate, ri/assemblandole infine ed arricchendole di valenze diverse. In varie occasioni ho anche definito Antonella Cappuccio artista infaticabile e geniale, volendo sottolineare che queste due qualità non vanno sempre d’accordo con un’epoca in cui sembra che la virtualità vibrante e nomade dell’informatica abbia cannibalizzato ogni struttura di carne e sangue, lasciando al loro posto solo ombre.
C’è da dire infatti che questa artista non ha avuto mai paura della materia, materia pittorica in particolare, né della figurazione che affronta con un’abilità tecnica formidabile, coniugandola ad una capacità comunicativa complessa che lei stessa definisce simbolismo polimorfo. Inoltre non ha avuto nemmeno paura di sperimentare nuovi supporti e l’uso di tecniche diverse dalla pittura (sarebbe un lungo elenco) quindi per attenerci a questo caso e al il tema della mostra in oggetto, gli “arazzi” sono soprattutto una maniera poetica di rivitalizzare un’arte antica alla quale si dedicavano soprattutto le donne. Dobbiamo dire però che dietro questa serie di lavori c’è più di una storia …
La prima è che questi arazzi in mostra sono stati realizzati dall’artista non nel suo studio, dove ha tutti i suoi strumenti tecnico/pittorici, ma a casa durante il lockdown del 2020. Un esilio dove ha ricostruito – con ago e filo, stoffe e sete colorate che aggiungono alla bellezza delle immagini anche la piacevolezza del senso del tatto – il suo cammino naturale ed artistico verso la gioia di vivere, desiderato in modo particolare in un momento difficile ed inimmaginabile per tutt.
La seconda storia è precedente e risale ai tempi di quando esercitava la professione di costumista a via Teulada, conoscendo quindi Giulia Mafai che lavorava nei grandi sceneggiati storici allora programmati per la TV. Aggiungo qui alcune note che le ha dedicato Giulia Mafai, l’amica ritrovata:
“Con l’antica manualità Antonella ha ripreso i fili che aveva abbandonati ritrovando il suo originario mondo, leggende antiche che la seguono fin dall’infanzia e le tengono compagnia. Un pensiero? Un omaggio? Un dono? Questo ed altro arricchiscono del suo vivere poetico, dei suoi sogni, del suo mondo quello che Antonella Cappuccio ci ha aperto, invitando tutti noi a partecipare al banchetto della manualità, del colore e dei tessuti preziosi, dell’arte, facendoci sedere accanto a Ulisse e alle ninfe, alle stelle nella notte di San Lorenzo, alla luna, all’abbraccio degli ultimi amanti”
Queste prime tre immagini sono notturni, la prima è la “rossa” ovvero la bicicletta che attende sotto la luna per riprendere la sua piacevole corsa, la seconda è il suono melodioso di un flauto che risveglia le farfalle notturne ed oltrepassa la notte, raggiungendo chi sogna, addormentato sui propri desideri più segreti. Nella terza immagine la notte di San Lorenzo viene addirittura trasportata da due giovani fanciulle in corsa sulla spiaggia, un sogno nel sogno, le tenebre illuminate dalle stelle sotto il sole d’agosto, un desiderio esso stesso in una sintesi armonica degli opposti.
L’arazzo intitolato Amore MIO è stato scelto per la locandina della mostra per la sua elegante e “complessa semplicità”. C’è una sciarpa di seta che la donna lancia intorno all’uomo amato e desiderato, un nastro infine che gli vela gli occhi perché l’amore acceca, ma gli permette di vedere oltre, oltre le imperfezioni della nostra esistenza umana, per legarsi con all’altra parte di noi perduta, come ci narra Platone in uno dei suoi più noti dialoghi nel Simposio. Infatti dal “sesso, cioè dal taglio” nasce l’amore o almeno quell’attrazione ineluttabile, originata dalla consapevolezza della propria mancanza che scatena il desiderio dell’altro per raggiungere la completezza e l’appagamento. L’amore è libero finché non si sceglie di condividerlo con qualcuno a cui teniamo. Cosa sarebbe la vita senza quegli ideali che ci guidano verso la luce? E cosa sarebbe l’arte senza la ricerca, quella definita dal grande Giulio Carlo Argan nella sua Storia dell’arte italiana:
“L’arte è al livello più alto del pensiero immaginativo, come la scienza al livello più alto del pensiero razionale”.
Seguono questo lavoro altri due arazzi dove c’è l’abbraccio amoroso e intenso degli amanti o il preludio di questo abbraccio come in “La vestaglia con le rose” allusivo alla penombra di un’alcova segreta, inondata dal profumo dei fiori di una primavera quasi sognata.
Inmostra sarà esposto anche un abito, cucito dall’artista per raccontare simbolicamente l’antico peccato di Eva; abito da indossare o forse addirittura con il quale assumere sul proprio corpo il desiderio di conoscenza e la ribellione della prima donna, già accusata di una colpa sproporzionata alla sua persona. Un albero del bene e del male con mela e serpente risalta su fondo viola, le sete delle foglie, come tutto il resto, risplendono di colori.
A questo proposito bisognerebbe parlare anche dell’antico rapporto delle donne con la tessitura, il ricamo e le eleganti muliebri manualità domestiche. Però Antonella dovrebbe essere paragonata non alla paziente Penelope – il lato oscuro dell’impaziente Odisseo – quanto, a mio parere, all’orgogliosa e straordinaria Aracne, che sfidava gli dei ricamando le loro storie, non certo esemplari, evidenziandone quindi vizi e debolezze. Ricordiamo che, secondo il mito, quando Athena si sentì sfidata sull’abilità nell’arte di tessere, manifestò per la sua sconfitta, una rabbia non certo idonea alla dea della saggezza, utilizzando tutto il suo potere terrificante di dea per tacitare la geniale fanciulla umana, reinserendola per punizione, nel tradizionale femminino dell’insignificanza oscura ed ostile.
Questo ci fa riflettere, rapportando la storia ad oggi, quanto costi fatica, soprattutto per una donna, dimostrare il proprio valore all’interno di una società complessa e sempre più disarmonica, dove però sembra emerge prepotente il desiderio di una “bellezza” che soddisfi la nostra passione umana e plachi il nostro desiderio d’immortalità.
Le immagini non sono innocue. Esse agiscono su di noi influenzando il nostro mondo psichico, mentre ci illudiamo di dominarle. Tutte vanno però a formare quell’immaginario fluido che viaggia sui nostri media, non ancora simbolico e non ancora un linguaggio irriducibile a quello verbale ma afferente ad uno spazio che D. W. Winnicott chiamava transizionale. Philippe Daverio in un suo splendido libretto si è domandato “Cos’è la Bellezza?” (Ed Solferino 2022) concludendo che
“non è la bellezza che salverà il mondo, o salverà noi: è proprio l’opposto. Il nostro compito è tentare di salvare la bellezza”.
Naturalmente questa “bellezza” invocata da Daverio non riguarda l’accademica rigidità del canone estetico, imposto anacronisticamente in tempi non troppo lontani, ma vive della volontà e libertà di ricreare un mondo visivo, armonico e comunicativo, che ci salvi dal dilagare dell’estetica della distruzione.
Riferendoci poi all’opera i Ric/amanti, che dà il titolo a tutta la serie, li vediamo sdraiati tra foglie di seta e le energie della Natura sono palpabili. Un’ “opera ricamata” nel desiderio che si ritorni al rispetto ed alla valorizzazione di quanto stiamo perdendo, neutralizzando infine la grande rabbia del narcisismo imperante. Massimo Recalcati, lo psicoanalista che non ha bisogno di presentazione, ha pubblicato un prezioso ed intelligente libro che denuncia la constatazione di quanto siamo stati illusi, nell’epoca del Postmoderno al tramonto, che il desiderio coincidesse di fatto con la nostra voracità:
“La spinta verso il Nuovo incenerisce lo Stesso rivelandolo come luogo della morte del desiderio. Il nostro tempo ha fatto diventare una legge universale la tesi di Freud relativa alla comune degradazione della vita amorosa nel nevrotico, caratterizzata dall’incompatibilità tra la tenerezza, capace di durare nel tempo e la corrente sensuale del desiderio, che esige la novità dell’oggetto: se c’è l’amore, non c’è il desiderio; se c’è il desiderio, non c’è l’amore. Eppure sappiamo che esistono alcuni amori nei quali non cessa di ripetersi lo sguardo dell’inizio, nei quali il primo bacio e il primo sguardo continuano ad essere sempre nuovi pur essendo sempre gli stessi. Vi sono amori nei quali si mantiene il bacio”.
(Massimo Recalcati pag 113/114 da Mantieni il bacio – Lezioni brevi sull’amore – Su licenza G Feltrinelli Milano, abbinamento a La Repubblica marzo 2019)
Per concludere, quasi un epilogo, il rapporto d’amore si trasforma in una maternità … Sono creature immerse nella vegetazione, quasi un Eden silente, dove il bambino ha sfumature luminescenti e dorate, che catturano forse gli ultimi o i primi raggi di sole. Un bambino che è già nel futuro, anche se entrambi sono esposti, indifesi ad un sogno a due, abbandonati al torpore in attesa di tempi migliori e della fine del dolore attuale …
Come abbiamo detto le opere sono del 2020 in tempi di pandemia, ma ricordiamo anche la funzione dei sogni di assolvere a diverse funzioni psichiche importanti, tra queste la possibilità di trasformare il pensiero e le emozioni, integrandoli. Un complesso fenomeno psichico che riguarda la comunicazione interemisferica, la costruzione dell’Io ed il problem solving, secondo le ricerche attuali che perfezionano le fondamentali intuizioni di Freud.
Nel sito dell’artista http://www.antonellacappuccio.it si possono vedere le varie fasi della sua produzione artistica, i suoi traguardi professionali e le sue predilezioni poetiche nel tempo, ma si può anche leggere quanto hanno scritto su di lei storici dell’arte e scrittori quali Giorgio Di Genova, Paola Langerano, Dacia Maraini, Gianluigi Mattia, Lorenzo Ostuni, Katriona Munthe, Claudio Strinati, Duccio Trombadori, Marco Bussagli … solo per citarne alcuni.
Tutte le foto dell’articolo sono di © Corrado de Grazia;
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Carla GUIDI Roma 26 Febbraio 2023