Conclusa “Romeartweek”, la rassegna romana d’arte contemporanea; le novità e le proposte in alcune Gallerie.

di Irene CINELLI & Rita RANDOLFI

Romeartweek: visita ad alcune esposizioni tra Pigneto e Tor Pignattara.

Si è conclusa da pochi giorni la nona edizione di Romeartweek, evento annuale dedicato all’arte contemporanea diffuso per tutta la città, con l’obiettivo di offrire una panoramica sulla scena artistica romana  attraverso eventi gratuiti.

Gallerie, musei, fondazioni, spazi indipendenti hanno proposto mostre, performance, incontri mentre alcuni artisti, architetti fotografi hanno aperto al pubblico i loro studi per condividere il proprio lavoro.

Abbiamo visitato alcuni spazi indipendenti in una zona particolarmente vivace della città tra il Pigneto e Tor Pignattara.

Lo studio  DZ4 in via dei Zeno 4 ha ospitato la personale di Federica Bartoli, dal titolo Paesaggio residuo.

1 Federica Bartoli, Clorofilla e salicornia 

Protagonista assoluta delle opere esposte, che racchiudono gli ultimi due anni di attività dell’artista, è la natura, raccontata attraverso carte di grande formato, su cui i colori danzano talvolta con leggerezza, talvolta con energia, restituendo la vitalità del movimento-mutamento continuo, come in Clorofilla e salicornia (fig.1).

L’idea del racconto si percepisce attraverso le piegature di questi grandi fogli che vogliono emulare un libro, il grande libro della natura. Le macchie di colore evocano l’essenza misteriosa della vita e della morte in un’eterna trasformazione, che diventa anche un viaggio interiore nei ricordi, epurati del superfluo.

Talvolta gli elementi della natura sono combinati con la ceramica (fig. 2), per divenire oggetti che danno l’impressione di mutare in continuazione.

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Bellissimi gli album nei quali  l’artista ha cercato di trattenere le emozioni che i fiori, i fili d’erba, le foglie, ma anche corpi umani hanno suscitato in lei: linee, colori si dipanano tra  le pagine e permettono  al fruitore di immergersi nel mondo dell’artista, ma anche nel proprio vissuto in uno scambio empatico di sensazioni che ogni oggetto ha impresso nell’immaginario di ciascuno. Federica,  dopo aver trascorso  otto anni in Toscana a Fosdinovo-Carrara, dove aveva il suo studio nel centro storico del borgo,  è tornata a Roma nel 2006. Qui  lavora  presso gli studi di Arte di Via di Galla Placidia 194, e nel 2015  ha fondato M U T A, insieme  ad un gruppo di artisti romani, di cui fa parte anche Lu Tiberi, che, per questa occasione, ha esposto in via Dionigi Periegete 15 presso P_Ro/Sa studio lab.

Lu lavora con materiali diversi, carta, ceramica, argilla. I suoi  Monotipi si compongono di textures impresse su seta, carte sottili e argilla, forme immediate volutamente approssimative. Fiori d’artificio sono fogli di diverse dimensioni caratterizzati da un tripudio di colori, un inno alla vivacità della natura (fig. 3).

3 Lu Tiberi, Fiori d’artificio
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Le sculture, esili personaggi flessibili, faccette irriverenti, sorridenti o apparentemente distratte,  bamboline danzanti con costumi di carta trasportano in un mondo quasi onirico, in cui ciascuno può riconoscere i suoi sogni o i propri incubi (fig. 4). Interessante l’allestimento dello spazio espositivo in cui l’artista ha collocato le sculture talvolta “musealizzandole”, tal altra riutilizzandole e dunque cambiandone la destinazione, o ancora nascondendole in mezzo ad altri oggetti d’arredo, creando una certa sorpresa nell’osservatore.

Particolarmente interessante la mostra “In-corpo-rare” nello studio Counterclockwise di Via Leonardo Bufalini 82. Qui gli allievi dell’edizione 2023 di NETFO hanno vestito i panni di foto-terapeuti realizzando progetti diversi intesi come un viaggio  alla scoperta di se stessi e delle risorse positive che ciascuno mette in campo per affrontare la vita. Futurøma di Erjola Tafaj riproduce scorci  della città, analizzati attraverso una sensibilità moderna che si chiede se quei luoghi siano ancora spazi di accoglienza o di decadimento, ambienti in cui ci si incontra  e si vive o da ammirare da lontano (fig. 5).

5 Erjola Tafaj Futurøma

Valentina Sciullo con le sue Connessioni riscopre nel contatto con la natura il valore del solitudine come momento prezioso per conoscersi e riconnettersi con il mondo. Ogni sua fotografia, scattata con la polaroid, è accompagnata da una breve frase poetica scritta dalla stessa fotografa a commento dell’emozione provata in quell’istante che diventa così indelebile nella memoria (fig. 6).  Ed ecco che un papavero scosso da una folata di vento le fa scrivere che “Accogliendo la  fragilità scoprirai la sua luce delicata, ma potente”, un ramo di foglie contro un prato “Coltivo lo stupore e colgo le sue sfumature” e la fotografia di un limone la spinge ad affermare “Il mio cuore spremuto tante volte non è mai diventato aspro”.

6 Valentina Sciullo Connessioni

Barbara Fondi arriva ad una totale e piena accettazione di se attraverso un diario fotografico che prende il titolo di Nel mio corpo io ci abito (fig. 7). Anche qui le immagini sono accompagnate dalle parole che diventano un canto alla vita e alle sue infinite possibilità “Vietato Procastinare, Siate il mago di voi stessi, la lotta interiore procura energia, finché scalcia c’è speranza”.

7 Barbara Fonfi Nel mio corpo io ci abito

Alessandro Gamba induce a una riflessione profonda con il suo “Psicoterapeuta in bilico” trasformando in fotografie il vissuto di un psicoterapeuta che mentre ascolta, prende le distanze o, al contrario, si avvicina al suo paziente e si chiede le conseguenze del suo atteggiamento nella percezione dell’altro (fig. 8).

8 Alessandro Gamba, Psicoterapeuta in bilico

Miriam Alè con Anatomia di un fiore  rielabora attraverso un album di scatti  la precoce perdita del padre, cogliendo anche nella bellezza e nella caducità dei fiori il riflesso del proprio vissuto. Gli autoritratti accanto alle nature morte di fiori raccontano la precarietà, la fragilità del creato che accomuna esseri umani ed elementi naturali (fig. 9).

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Anche Sara Patanè medita  sulla perdita di una persona cara, assente e contemporaneamente presente attraverso  gli oggetti, le fotografie, gli scritti, l’amore, i ricordi. In un’eredità senza testamento la fotografia, che vuole rendere eterno un istante già trascorso, diventa  una terapia contro  la morte: è ciò che rimane, che colma il vuoto interiore. Ogni  scritto, immagine è legato da un filo rosso che rappresenta  quell’amore che unisce per sempre chi resta con chi se ne va.

Infine gli irriverenti creativi dello Studio 54 di via Gabrio Serbelloni a Tor Pignattara, luogo di ritrovo storico degli artisti contemporanei, hanno voluto omaggiare il surrealismo con un nuovo manifesto ed  opere realizzate con le tecniche più disparate allo scopo di stupire, divertire, criticare un pubblico giovanile, sempre più sensibile alle varie forme artistiche (figg. 10, 11).

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Ancora una volta dunque l’iniziativa si rivela un modo efficace per far conoscere al pubblico,   espressioni artistiche interessanti, che rivelano un modo creativo di conoscere ed interpretare la realtà che ci circonda.

Irene CINELLI & Rita RANDOLFI, Roma  10 novembre 2024