di Francesco MONTUORI
Migranti su About
M.Martini e F. Montuori
Erich Mendelsohn, Bruno Taut, Wassily Kandinski
DALL’ ESPRESSIONISMO ALL’ ASTRATTISMO
Prima parte
A partire dal 1905 e negli anni precedenti la prima guerra mondiale un gruppo di artisti si riunisce attorno alla rivista Die Brücke, Il Ponte, e dà origine al più vasto movimento dell’espressionismo che avrà la Germania come centro vitale. Nucleo iniziale furono quattro studenti di architettura, guidati da Hermann Obrist: Fritz Bieyl Muller, Ernst Ludwig Kirchner, Erich Hechel e Karl Schmidt-Rotluff (fig.1);
Emil Nolde e Max Pechstein entrarono a far parte del gruppo nel 1906, e Otto Mueller si unì ad esso nel 1910. La prima esposizione si tenne nel 1906 a Dresda; in quell’ occasione furono illustrate le premesse ideologiche del movimento nel manifesto Die Brücke, una xilografia di Kirchner che accompagnava la mostra.(fig.2)
Die Brücke, si caratterizzò subito per una decisa contrapposizione alla pittura dell’Ottocento, realista ed impressionista e per un’impostazione antinaturalista e, sul piano politico, per un netto rifiuto degli ordinamenti sociali e culturali dominanti; il gruppo si riconosce in un rifiuto intransigente nei riguardi del ruolo istituzionale che aveva assunto l’architettura ufficiale, votata essenzialmente a soddisfare l’utile e il funzionale come richiedeva la cultura borghese della Germania guglielmina.
Nel 1918, subito dopo la Grande Guerra, si costituisce il Novembergruppe, che chiama artisti ed intellettuali a reagire in modo costruttivo alla catastrofica sconfitta militare. Aderirono al Novembergruppe non solo gli architetti, ma pittori, scultori, letterati, musicisti, uomini di teatro, gran parte dell’intelligenza germanica ed europea e fra questi Wassily Kandinski, El Lissitzky, Prampolini, Kurt Weill, Arnold Schoenberg e gli architetti Hans Scharoun, Bruno Taut, Ludwig Mies van der Rohe, Eric Mendelssohn e Walter Gropius. Insieme fondano il Consiglio del lavoro sull’arte che, nel 1919, come prima importante manifestazione, organizza “La Mostra degli architetti sconosciuti”, una serie di “progetti fantastici” ma di possibile realizzazione, assai critici verso il “gigantismo” delle proposte dei futuristi italiani.
L’utopismo architettonico del Novembergruppe non è una profetica proiezione nell’ipotetico futuro, ma nasce da una precisa ragione polemica: vuole affermare la “spiritualità” dell’architettura contro il funzionalismo architettonico. L’architetto è un artista che deve provocare direttamente i sentimenti più immediati; le sue opere dovranno coinvolgere lo spettatore e suscitare sensibili emozioni, inesprimibili a parole. In ogni opera artistica dovrà essere misteriosamente racchiusa un’intera vita, una vita piena di dolore e di dubbi, di ore d’entusiasmo e di luce.
Il movimento lavora per la convergenza di tutte le arti espressive, artigianato, scultura, pittura nell’architettura; l’architettura assumerà una posizione preminente e simbolica nell’esistenza dell’uomo, e dovrà ricercare l’opera d’arte assoluta e universale. L’architettura è la forma ideale della società; essa sarà dunque l’espressione di una società nuova il cui compito non è solo la semplice trasformazione della natura bensì quello di fare della natura stessa una grande creazione umana.
Scriverà Bruno Taut nella presentazione della Die StadtKrone, La corona della città
“Sia esaltato mille volte lo splendore dell’architettura!….l’architettura assume un ruolo fondamentale nell’esistenza dell’uomo, quello di una finalità artistica che soddisfi le esigenze pratiche in forma artistica”.
Non è sufficiente la corrispondenza fra forma e contenuto: occorre la corrispondenza ad un contenuto più alto delle semplici necessità materiali. Occorre esprimere liricamente i più intimi sentimenti, le più profonde sensazioni che stanno alla base della comunità a cui è destinata l’opera; alle forme utilitarie si opporranno forme ideali e simboliche.
L’architettura è la nuova città e la nuova natura;
la ricerca stilistica si caratterizzerà allora per:
-nessuna continuità con gli stili del passato, con la cultura eclettica ancora dominante in particolare con il neoclassicismo
-l’uso del segno gestuale che annulli la distinzione fra oggetto e spazio circostante, nel senso di un unico, comune e simultaneo costituirsi del progetto;
-l’identificazione dello spazio architettonico con lo spazio figurativo tipico della ricerca pittorica: centrale è la costruzione in quanto tale, senza condizionamenti dal contesto urbano; fa testo il grattacielo di vetro, a pianta triangolare, immaginato da Mies Van der Rohe sulla Fiedrich-strasse a Berlino nel 1919 (fig.3);
-i segni a caratteri biomorfi: curve, spirali, linee oblique, asimmetrie, volumetrie complesse e polidimensionali;
-l’accentuazione del carattere plastico ed organico delle superfici continue; non giustapposizione di blocchi edilizi, come è ben sintetizzato nella Torre Einstein di Eric Mendelsohn (figg.6 e 7);
-il vetro e il cemento come materiali essenziali: il vetro in quanto immateriale; il cemento perché permette di liberarsi dell’ortogonalità statica e trilitica dei volumi;
-la caratterizzazione cromatica e luministica; l’uso del colore per definire l’autonomia nello spazio della costruzione al fine di accentuarne la contrapposizione al contesto naturale.
–Il movimento espressionista, insieme spirituale ed artistico, parteciperà a quell’ansia di rinnovamento che caratterizza il primo decennio del XX secolo. Esso avrà vita breve: tra le istanze utopiste del Novembergruppe e le prime teorizzazioni del razionalismo architettonico – il Bauhaus verrà fondato nel 1919 – passerà un tempo brevissimo; molti protagonisti del Bauhaus saranno gli stessi del Novembergruppe.
Ma dalla sua fondazione fino a tutto il novecento l’espressionismo rimarrà una ricerca la cui vitalità, inutilmente compressa e continuamente riemergente, si costituisce come contraltare alle strutture teoretiche dell’architettura razionale. Come affermerà Henry Russel Hitchock “l’espressionismo non è mai morto completamente. Entrò in clandestinità e poi sbottò di nuovo.” Rimarrà un segnale della crisi di molti stili involutivi ed in primo luogo del Movimento moderno.
Eric Mendelsohn: il disegno è il progetto
Racconta Louise Mendelsohn, la compagna di vita di Erich “Qual’era il suo procedimento creativo in relazione ad un progetto concreto?” Dopo un completo, minuzioso studio del luogo, Mendelsohn traeva improvvisamente di tasca un piccolo album e disegnava l’edificio in una linea continua, come lo immaginava, tridimensionalmente. Lo definiva un “primo schizzo”, ma era il punta di partenza per il progetto.
“Era per me un’esperienza misteriosa vedere il “primo schizzo” che conteneva ogni cosa, l’intero edificio, l’interno e l’esterno.”
Durante l’anno e mezzo che trascorse sul fronte russo, Mendelsohn continuò a disegnare, per quanto la guerra lo permettesse. Fu in quelle notti che vennero creati i disegni di trincea del 1917 (fig.4)
Eric Mendelsohn si laurea alla Scuola di Architettura di Monaco all’inizio della prima guerra mondiale. Contesta e rigetta ogni collegamento con i decorativismi della scuola di Amsterdam; con gli involucri trasparenti del grattacelo di vetro di Mies Van der Rohe, con le superfici piane e giustapposte di Walter Gropius. Monaco di Baviera era in quel tempo il centro culturale della Germania, la grande fucina dove nuove vie si aprivano nel campo dell’arte; frequenta Kandinsky, Klee, Franz Marc, il gruppo Dada.
Sostenne che
“ le ricerche scientifiche avevano dimostrato che il comportamento dei nostri muscoli, quando sono sottoposti all’espansione e alla contrazione è simile al comportamento dell’acciaio e del cemento armato”.
Erich Mendelsohn aveva trentun’anni quando ritornò dalla guerra e aprì lo studio a Berlino. Il suo primo lavoro, nel 1919, fu la Torre Einstein a Potsdam (fig.5).
Questo progetto era stato discusso prima della guerra, nel 1914 con il professor Finley Freundlich assistente di Einstein all’Istituto di Fisica di Berlino. Il professor Freundlich ebbe l’dea di costruire una torre telescopio allo scopo di iniziare le ricerche di fisica solare. La torre-telescopio era necessaria per poter verificare la deviazione nello spettro solare, prevista nella Teoria della relatività. Si lavorò alla costruzione in piena inflazione: da un giorno all’altro le spese di manodopera e dei materiali si moltiplicarono e improvvisamente il cemento venne razionato. Mendelsohn fu costretto a sostituire il cemento con mattoni per innalzare la torre. Ricorda la moglie Louise
“L’erezione dell’edificio fu un incubo. Mai prima era stato costruito nulla che presentasse così ampie superfici curve….è stato l’episodio più eccitante, più meraviglioso e snervante che io abbia diviso con Erich”.
Eccola infine la Torre sulla collina spaziante dall’alto sui terreni intorno all’osservatorio di Potsdam, su tutti i vecchi edifici, come un monumento ad un mondo nuovo (figg. 6-7)
La Torre fu terminata nel 1921 e rese famoso Erich Mendelson in tutto il mondo. La carica eversiva della Torre Einstein spalancherà una stagione per un’alternativa organica all’egemonia del funzionalismo architettonico.
Bruno Taut, Die Stadtkrone.
Bruno Taut inizia la stesura di “Die stadtkrone”, La Corona della città, nel 1919, dopo un periodo di inattività dovuto alla prima guerra mondiale. Ha realizzato fino ad allora due soli edifici importanti, un Padiglione per l’acciaio a Leipzig nel 1913 (fig.8)
e la Glashaus, una struttura dl vetro per l’esposizione del Deutscher Werkbund di Colonia del 1914 (fig.9).
Dirigerà inoltre a partire dal 1920 la rivista Fruhlicht, che rappresentò, come tutto l’espressionismo, una corrente architettonica ostile al funzionalismo ed al Bauhaus di Walter Gropius:
“A chi sostiene che l’architettura deriva solo dalla funzione, solo dalla tecnica o solo dalla costruzione, si può rispondere con altrettanta sicurezza: l’architettura deriva solo dall’idea, solo dallo spazio, solo dall’istinto del bello e del giocoso”.
Die Stadtcrome è un libro-progetto sull’utopica visione per una nuova città ideale su cui Taut lavora fin dal 1910 ma che svilupperà solo dopa la Grande Guerra, negli anni della sua collaborazione con gli amici del Novembergruppe e nell’Arbeitsrat fur Kunst, un gruppo di lavoro comune fra architetti, pittori, scultori e scrittori, attivo a Berlino fra il 1919 e il 1921.
“Arte e popolo debbono formare un’entità. L’arte non deve essere più lusso di pochi ma deve raggiungere e allietare le masse…. Arbeitsrat considera suo obiettivo, nell’immediato futuro, l’integrazione di questi artisti in un ristretto gruppo di lavoro con lo scopo di sviluppare un progetto utopistico di costruzione”.
E’ l’idea della Stadtkrone, la città ideale che Taut condivide con i compagni dell’Arbeitsrat; una città che realizzi
“la speranza di un millennio senza religioni e disparità tra classi, di un socialismo che sia “autentica relazione degli uomini fra loro, fuori da ogni forma di dominazione..”
La nuova città di Bruno Taut è una grande madre capace di ospitare 3 milioni di abitanti conclusa, alla sommità di un colle, da un “incoronamento”, un edificio di cristallo senza alcun utilizzo pratico, ma con una forte funzione spirituale e simbolica. Alla base, in un raggio circolare di 7 chilometri, una città nuova collocata in mezzo alla pianura.
“Si tratta di un’area rettangolare di 800 mt per 500, che viene toccata dalle principali arterie stradali; queste, per motivi sia di traffico che estetici, non arrivano fino al centro, ma si sviluppano secondo una curva molto ampia tangente all’area centrale. Nella parte orientale la ferrovia corre secondo una curva analoga e tra ferrovia e centro si sviluppa la vita commerciale. In questa zona trovano la loro naturale collocazione gli edifici amministrativi, il municipio, ecc.”(fig.10)
I quartieri residenziali sono organizzati secondo lo schema della città giardino: basse case monofamiliari a schiera con un profondo giardino per le coltivazioni. Nella parte alta della città la corona superiore è costituita dalla massa plastica di quattro grandi costruzioni che formano una croce orientata verso il sole. Sono rispettivamente il Teatro dell’opera, il Teatro di prosa, una grande Casa del popolo ed un edificio per le Riunioni popolari; le quattro grandi costruzioni sono espressione concreta e simbolica della massima realizzazione della città (fig. 11)
“La croce di questi quattro grandi edifici è il coronamento superiore dell’area centrale; ma non costituisce, da sola, la vera e propria corona. Sono solo il basamento per una costruzione sublime, quella che, completamente svincolata da ogni limitazione pratica, troneggia su tutto il resto cime architettura pura”.
E’ un palazzo che
“non contiene nient’altro che uno splendido spazio, raggiungibile attraverso scale e passerelle…Una costruzione di cemento armato che si eleva al di sopra del complesso dei quattro edifici e costituisce la struttura dell’architettura di vetro che, risplende nella sua dimensione eccezionale…E’ il palazzo di cristallo, costruito in vetro, il materiale da costruzione che rappresenta nella sua essenza splendente, trasparente e rilucente, qualcosa di più di un semplice materiale comune. Tutti i sentimenti più grandi e sinceri vengono risvegliati quando la luce del sole si riversa sulla costruzione e si divide in infiniti rilessi, moltiplica con i suoi raggi rossi la varietà di colori delle decorazioni policrome e delle opere plastiche. Così l’architettura rinnova il suo magnifico legame con la scultura e la pittura…”(fig.12)
Bruno Taut mette insieme utopia e realismo; fa correre la sua fantasia creativa svolgendo un ampio discorso poetico per immagini ma crede anche nell’attività professionale che affronta con grande impegno, diventando assessore all’urbanistica della città di Magdeburgo e realizzando importanti quartieri operai. Nel primo numero di Fruhlicht scriverà nell’editoriale – Abbasso il seriosismo! –
“Viva il cristallo! Evviva sempre più in alto ciò che è fluido, snello, retto, brillante, smagliante leggero – viva l’eterna architettura!
Immagina la sua utopia, Die Stadtkrone, che prende fantastica e concreta forma in un progetto vero e proprio; ne calcola addirittura le spese, un preventivo sommario per la sua realizzazione: “approssimativamente 45,00 milioni di marchi con l’arrotondamento……”
“Le città diventeranno l’espressione più chiara delle idee sociali e la loro immagine, con una corona sulla sommità, sarà una piramide che simboleggia i valori dell’umanità e un ideale ben definito per tutti i compiti pratici e sociali degli uomini.”
Un’utopia forse ingenua ma piena di entusiasmo!
Francesco MONTUORI Roma 29 marzo 2020