di Nica FIORI
I visitatori del Parco archeologico del Colosseo, nell’avvicinarsi in questi giorni alla Curia Iulia, potrebbero rimanere fortemente sorpresi dalla presenza di una statua marmorea del 1873 raffigurante Niccolò Copernico (1473-1543), opera di Tomasz Oskar Sosnowski.
“Cosa c’entra il celebre astronomo polacco con Roma?”, potrebbero chiedersi giustamente, ma entrando nella Curia scopriranno il legame di Copernico con la città eterna, che, come racconta egli stesso nel IV libro del suo trattato De revolutionibus orbium coelestium, risale all’anno santo 1500, quando il giovane studioso osservò l’eclisse di luna nella notte tra il 5 e il 6 novembre, forse da un’altura dell’area dell’attuale parco del Colosseo, come potrebbe essere il Palatino (là dove sarebbero sorti gli Horti Farnesiani), o lo stesso Anfiteatro Flavio.
Ed è proprio una raffigurazione ottocentesca dell’astronomo, che osserva il cielo con uno strumento di fantasia, avendo sullo sfondo il Colosseo, a essere utilizzata come immagine guida della mostra “Copernico e la rivoluzione del mondo”, che intende celebrare il grande scienziato a 550 anni dalla sua nascita.
La mostra, a cura di Alfonsina Russo, Jerzy Miziolek, Francesca Ceci e Daniele Fortuna, è il frutto di una collaborazione tra Italia e Polonia: è stata realizzata, infatti, dal Parco archeologico del Colosseo, diretto da Alfonsina Russo, in partenariato con l’Università di Varsavia, con l’Università Jagellonica di Cracovia e il Museo Astronomico e Copernicano dell’INAF di Roma.
Nella splendida cornice della Curia, nel cuore pulsante della Roma antica, sono in mostra 23 opere di eccezionale interesse, antiche e moderne, enfatizzate da spettacolari proiezioni multimediali, che mirano a esplorare il mondo creato dalla rivoluzione copernicana, le sue radici antiche, l’iconografia solare, il soggiorno di Copernico a Roma nel 1500 e l’ampia influenza della teoria eliocentrica.
Come è stato evidenziato dai curatori nel corso della presentazione, Copernico è stato uno dei più insigni figli dell’Umanesimo, essendo allo stesso tempo un matematico, un astronomo, un amante dei classici, un religioso e un medico.
Jerzy Miziolek ha ricordato che il suo biografo Pierre Gassendi riferisce la notizia che
“i poveri lo veneravano come un essere divino, anche perché egli preparava speciali medicine e le applicava felicemente”.
Gassendi riferisce pure che si dedicò allo studio della prospettiva, interessandosi alla pittura (realizzò anche un suo autoritratto, perduto ma riprodotto sull’orologio della cattedrale di Strasburgo), ma la sua fama è indubbiamente legata alla rivoluzionaria teoria eliocentrica, che cambiò la concezione della Terra e dell’Universo, segnando il passaggio epocale all’età moderna. Per la sua genialità può essere paragonato a Leonardo da Vinci e in effetti il suo diagramma solare, così come l’Uomo vitruviano di Leonardo, è una vera icona del Rinascimento.
Il percorso espositivo prevede sulla sinistra le opere relative all’antichità, a partire dal c.d. Ritratto di Pitagora (erma di personaggio maschile con turbante, copia del I secolo d.C., Musei Capitolini) e da una brocchetta “pitagorica” da Ripacandida (ceramica, V secolo a.C., Museo archeologico nazionale “Massimo Pallottino” di Melfi), che raffigura con un linguaggio schematico un cerchio, interpretabile come la Terra, e su di esso una figura umana e intorno sette astri (il Sole, la Luna e i cinque pianeti all’epoca conosciuti).
Nella concezione astronomica greca si pensava che le stelle e i pianeti fossero fissati su delle sfere simili a orbite, di diversa grandezza, poste una dentro l’altra e aventi al centro la terra e che il movimento dei corpi celesti fosse dovuto al movimento rotatorio delle sfere.
Pitagora intravedeva nelle orbite celesti delle relazioni matematiche che producevano un’armonia celestiale, la cosiddetta “musica delle sfere”, impercettibile all’orecchio umano, ma capace di influire sulla vita terrena.
Già in ambito pitagorico si erano sviluppate idee eliocentriche tramandate in forma di mito con Apollo, dio del Sole, che suona la lira dalle sette corde, e in seguito, con Aristarco di Samo (III secolo a.C.), si era giunti a una teoria eliocentrica, che però fu fermamente rifiutata quando nel II secolo d.C. Claudio Tolomeo elaborò il suo modello geocentrico (con il ricorso a epicicli e deferenti che riuscivano a giustificare tutti i moti dei pianeti, compresi quelli retrogradi rispetto alla volta celeste), che apparentemente sembrava più in linea con l’osservazione diretta e con il principio filosofico aristotelico dell’immutabilità dei cieli. Il cristianesimo poi avallò il sistema cosmologico tolemaico in quanto compatibile con la Bibbia.
Tra i reperti antichi in mostra troviamo un cratere a calice a figure rosse del Pittore di Sommavilla (fine V secolo a. C., Complesso monumentale della Pilotta – Museo archeologico nazionale di Parma), che raffigura dei Satiri nudi che danzano all’apparire di Helios, un bassorilievo con Sol invictus (divinità solare identificata con Mitra nella Roma tardoantica) del III secolo d.C. (Centrale Montemartini, Roma), un affresco del I secolo a.C. con Apollo citaredo (Museo Palatino) e una gemma intagliata sempre con Apollo citaredo (I sec. d.C. Museo archeologico nazionale di Napoli): opere queste ultime che sono state scelte per ricordare il sigillo di Copernico, che raffigurava proprio Apollo con la cetra.
Pure dal MANN proviene un mosaico del I secolo d.C. raffigurante l’Accademia di Platone (si notano sette personaggi riuniti ai piedi di un albero e al centro una colonna sormontata da una meridiana), mentre dal Museo archeologico di Pompei proviene lo spettacolare affresco, rinvenuto nella Villa di San Marco a Stabia, che raffigura una sfera armillare con i cerchi che si intersecano entro una cornice quadrata e tre figure femminili che rappresentano l’Estate, l’Autunno e l’Inverno, mentre la quarta Stagione (la Primavera) non si è conservata.
Nella parete davanti all’ingresso della Curia viene approfondito il rapporto di Copernico con Roma, dove, come già detto, giunse nel 1500. Non dimentichiamo che le persone di cultura dell’epoca venivano in Italia per perfezionare i loro studi e lo stesso Copernico, dopo aver studiato all’università di Cracovia, trascorse sette anni tra Bologna, Padova, Ferrara e Roma. A Roma effettuò osservazioni astronomiche e tenne lezioni di matematica. Il dipinto di Wojciech Gerson, intitolato Copernico spiega il suo sistema del mondo a Roma (1876, acquerello, pastello e carboncino su carta, Museo Astronomico e Copernicano dell’INAF, Roma), raffigura l’astronomo tra insigni personaggi del suo tempo (tra cui Leonardo e Michelangelo), alla presenza del papa Alessandro VI.(Fig. 8)
Sono invece relative alla sua osservazione dell’eclisse due illustrazioni del libro di Louis Figuier Vies des Savants illustres de la Renaissance (Vite degli scienziati illustri del Rinascimento), edito a Parigi nel 1868, la cui versione spagnola (1880) ha come copertina l’illustrazione a colori scelta come immagine guida della mostra, ma è altrettanto significativa la stampa in bianco nero di E. Morin, intitolata Copernico osserva a Roma l’eclisse lunare, dove sullo sfondo si vedono costruzioni romane, tra cui l’Arco di Tito.
Non sappiamo se già nel 1500 Copernico avesse in mente il suo sistema eliocentrico, che venne brevemente descritto nel suo Commentariolus del 1510, e infine pubblicato nella sua interezza nel 1543 nel De revolutionibus orbium coelestium, il cui primo esemplare a stampa venne consegnato, secondo la tradizione, nelle mani dello scienziato nel suo letto di morte. In realtà la sua teoria era già conosciuta da alcuni, anche a Roma, in quanto esposta nel 1533 a papa Clemente VII dal suo consigliere teologico Albert Widmanstadt.
Sappiamo che Copernico si era stabilito nella cittadina polacca di Frombork intorno al 1510 e lì, oltre a svolgere i suoi incarichi per il capitolo di Warmia, per tre decenni svolse osservazioni astronomiche, probabilmente – almeno in parte – da una torre della cattedrale. Egli non si affrettò a pubblicare la sua opera, conscio del fatto che essa potesse sconvolgere il comune pensiero del momento, ma fu proprio un cardinale, Nicola Schönberg, oltre all’astronomo austriaco Georg Joachim Rheticus, suo fidato discepolo, a convincerlo a dare alle stampe il suo trattato. Nella dedica al pontefice Paolo III, Copernico specificò che si era assunto “il compito di rileggere le opere di tutti i filosofi antichi”. E dai filosofi antichi, in effetti, ma soprattutto dai suoi calcoli matematici, trasse ispirazione per il suo modello eliocentrico. Scrive Copernico:
“Il sole sedendo in verità come su un trono regale, governa la famiglia degli astri”. E ancora: “In mezzo a tutto sta il Sole. Chi, infatti, in tale splendido tempio, disporrebbe questa lampada in un altro posto o in posto migliore?”.
L’opera di Copernico, anche se osteggiata dalla chiesa e derisa da altri studiosi, guadagnò ben presto approvazione tra alcuni scienziati, tra cui ricordiamo il pisano Galileo Galilei, del quale è presente in mostra un busto realizzato nel 1818 da Domenico Manera, e il tedesco Giovanni Keplero, il quale dimostrò non solo la validità della teoria copernicana, ma anche che i pianeti ruotano intorno al sole con orbite ellittiche, anziché circolari.
Il trionfo della verità è il tema del grande dipinto allegorico di Luigi Mussini (Allegoria della Verità, olio su tela, 1848; Accademia di Belle Arti di Brera, vedi Fig. 10), che ci appare particolarmente interessante perché richiama la Scuola di Atene di Raffaello, nel suo voler proporre gli uomini illustri nelle diverse discipline: in particolare sulla destra notiamo Tolomeo, inginocchiato (in quanto spodestato) davanti a Copernico (vestito di giallo e con il suo cognome sul dorso del volume che ha in mano); accanto all’astronomo polacco è Galileo e, poco più indietro, riconosciamo Isaac Newton e Dante, il cui pensiero astronomico era di tutto rispetto per i suoi tempi. Tra i vari personaggi del dipinto, al centro troviamo l’apostolo Filippo che battezza l’eunuco etiope, secondo il racconto degli Atti degli Apostoli, mentre il personaggio a sinistra, inginocchiato e vestito di rosso, è Giotto. Perfettamente in sintonia con la mostra appare il paesaggio sulla sinistra del dipinto, che mostra il tempio di Venere e Roma, anch’esso facente parte del Parco archeologico del Colosseo.
Quest’opera è esposta sul lato destro di chi entra, insieme ad altre opere di età moderna, la prima delle quali è il grande quadro di Silvio Loffredo del 1973, intitolato Rivoluzione copernicana: una sorta di epifania solare che potrebbe collegarsi al cratere del Pittore di Sommavilla, ma mentre i Satiri antichi accolgono con gioia il Sole, gli uomini raffigurati in questo dipinto sembrano spaventati, tranne Copernico. Come si legge nella guida della mostra, egli
“ha il volto sereno, come a voler rassicurare l’umanità che, nonostante l’enunciata inversione dei ruoli della sua rivoluzione cosmica, tutto sulla Terra continuerà ad andare come sempre è andato”.
Il dipinto più significativo è forse quello dell’importante pittore polacco Jan Matejko (1838-1893), intitolato Copernico conversa con Dio (copia di Z. Fabisiak, olio su tela 1970, Università Jagellonica, Cracovia), che presenta l’astronomo sulla torre di Frombork, circondato dai suoi strumenti di lavoro, mentre ha una sorta di illuminazione, paragonabile a quella di san Francesco d’Assisi quando riceve le stimmate. L’opera venne esposta per la prima volta nel febbraio 1873 nel municipio di Cracovia per ricordare i 400 anni della nascita di Copernico.
Un dipinto di Antoni Gramatyka sembra derivato dal precedente, in quanto raffigura Copernico nel suo studio (olio su tela, 1900, Università Jagellonica, Cracovia). Lo studioso, seduto su una panca, ha in mano un compasso e sembra assorto nei suoi pensieri. Anche questa volta sono presenti libri e vari strumenti di studio, ma non c’è più il cielo stellato come sfondo, anche se s’intravede in parte da una finestra.
Tra le opere polacche è decisamente spettacolare la vetrata policroma, raffigurante Apollo-Sole attorniato da sette pianeti, realizzata da Piotr Ostrowski nel 2017 dal disegno di Stanislaw Wyspianski del 1904 (Museo delle Vetrate, Cracovia). Il dio solare appare con la cetra a tracolla e adombra la figura di Cristo, come pure i celebri Schiavi (o Prigioni) michelangioleschi, conservati al Louvre. L’originalità di questa composizione è dovuta al fatto che i pianeti non sono raffigurati nel loro ordine, ma suddivisi tra quelli maschili (Saturno, Giove, Marte e Mercurio) a sinistra, e quelli femminili a destra. La Terra, pianeta femminile (oltre a Venere e alla Luna) è calpestata da Apollo, essendo stata spodestata dalla sua posizione centrale, che per millenni aveva prevalso su quella che poi si sarebbe dimostrata veritiera.
La mostra, infine, espone altri suggestivi oggetti, tra cui il Globo celeste marmoreo con lo Zodiaco (III secolo, Musei Vaticani), l’Astrolabio piano detto di Galileo (replica di Egnazio Danti) dal Museo Galileo di Firenze, il telescopio di Galileo e un tellurium (modello planetario di tipo copernicano) in legno e ottone, pure dal Museo Galileo di Firenze.
Nica FIORI Roma, 29 Ottobre 2023
“Copernico e la rivoluzione del mondo”
Curia Iulia, Parco archeologico del Colosseo, Roma
21 ottobre 2023 – 29 gennaio 2024
La mostra è compresa nel biglietto di ingresso al Parco archeologico del Colosseo ed è visitabile dal sabato al lunedì, dalle ore 9.30 alle ore 16.00 (ultimo ingresso alle ore 15,30)