di Franco LUCCICHENTI
Ad Agosto sono stato a Singapore, la finestra dell’albergo al 26° piano apriva ad ovest
Al tramonto una selva di grattacieli ritagliava il cielo rosso fuoco. Ho pensato che non più di 60 o 70 anni fa avrei probabilmente visto a perdita d’occhio la meravigliosa foresta fluviale che ricopriva l’arcipelago.
La foresta pietrificata ha cancellato la foresta fluviale. La forza della finanza ha prevalso sulla forza della natura.
Per un nascosto senso di colpa, la Città Stato di Singapore ha fatto recentemente costruire una grandiosa serra ipertecnologica per coprire un pezzo di foresta abilmente piantata su una collina artificiale. Un percorso pedonale sospeso permette una visita alla serra a tutti i livelli. Ogni tanto figure totemiche intagliate nel legno appaiono nascoste nel verde come maschere di un mondo magico perduto. Un parco a tema che mi accendeva nella mente lontani ricordi e remote paure di bambino suscitate dai castelli delle streghe dei vecchi luna park dove si entrava nel buio in un instabile carrello su binari. La Cloud Forest di Singapore esprime senza dubbio un frammento di forza e potenza della biodiversità che abitava una volta il territorio .
E’ evidente che la FORZA della foresta pietrificata modellata dalla finanza vince (quasi) sempre sulla FORZA della natura.
La forza della natura, comunque, nei suoi proteiformi aspetti ha influenzato la forma di molte towers degli ultimi decenni. L’acciaio tenta di temperarsi mediante strane forme vagamente vegetali che aprono a geometrie complesse in un disperato tentativo di esorcizzare peso e materia.
L’architettura “mossa” riverbera sicuramente alcune suggestioni formali dei giganti vegetali che abitano ancora la foresta fluviale.
La intensa urbanizzazione nell’ area portuale dell’arcipelago nasce negli anni sessanta in contemporanea con importanti attività di costruzione in altri paesi anche lontani. Stava emergendo la definitiva cancellazione di ogni ricordo del mondo magico residuale che abitava la foresta dell’arcipelago e abita ancora alcuni luoghi remoti della terra. Nel mondo magico la natura, le cose, gli oggetti materiali erano posseduti o custodivano spiriti buoni, cattivi, indifferenti. Nella mente dell’uomo “primitivo” tutto viveva anche la materia inerte. Pensandoci bene considerando la celebre equazione di Einstein: (Energia=Massa x 300.000 al quadrato) l’idea che la materia inerte fosse abitata da potenti spiriti non era poi così strana.
Esaminando alcuni altri aspetti della ricerca artistica contemporanea, per esempio le cosidette “installazioni”, si vede che presentano cose, forme, luci collocate in ambienti neutri o all’aperto. E’ l’osservatore che dà significato e “spirito” alla materia disposta a caso e anche, pensandoci bene, a molta parte dell’arte post figurativa.
Non sono io sicuramente a scoprirlo, ma molti aspetti del fare arte degli ultimi decenni ci confermano che l’umanità ha una misteriosa nostalgia dell’universo magico che affonda le sue radici nelle remote regioni del paleolitico superiore dove i confini tra natura, materia inerte e uomo erano indefiniti e la magia poteva aiutare a controllare gli eventi e le cose. Uomo terra cielo andavano miscelandosi per strutturare e ampliare il futuro della mente. Oggi la scienza e la tecnica hanno in parte desertificato lo spirito e cancellato gli spiriti. L’arte post figurativa nelle sue numerose forme e declinazioni cerca forse la via per riproporre all’uomo una qualche partecipazione magica al mondo che ha sempre abitato.
Franco LUCCICHENTI Roma settembre 2018