“Dalle Città invisibili ai Cavalieri inesistenti”. Dall’11 al 25 Novembre Valter Sambucini e Placido Scandurra allo storico “Lavatoio” di Bianca e Filiberto Menna

redazione

Dalle Città invisibili ai Cavalieri inesistenti”

Un percorso poetico ed immaginifico per i 100 anni di Italo Calvino

Placido Scandurra
Valter Sambucini

L’Associazione Culturale “Lavatoio Contumaciale” ideata e fondata nel 1974, dall’artista Tomaso Binga (nome d’arte di Bianca Pucciarelli) e dal marito critico d’arte Filiberto Menna, presenta il lavoro poetico di due artisti, ispirato a Italo Calvino nel suo percorso umano e letterario, tra Metamorfosi digitale e Postmodernismo. La mostra ed il testo critico sono a cura di Carla Guidi e l’ingresso è all’interno del giardino di uno splendido palazzo di edilizia economica del 1926, nel locale di un ex “lavatoio contumaciale” in piazza Perin del Vaga 4 – ROMA

Inaugurazione il giorno 11 novembre ore 18, con la presentazione di Carla Guidi (giornalista) e Claudia Zaccagnini (storica dell’arte). INGRESSO GRATUITO

Servizio TV e stampa a cura di MONOLITE Notizie https://www.monolitenotizie.it/

Durata della mostra dall’11 al 25 novembre 2023; dal martedì al sabato dalle 18 alle 20 – solo su prenotazione, da effettuarsi almeno il giorno antecedente alla richiesta tramite mail a – carlaguidi@libero.it – oppure – info@archiviotomasobinga.it

Per parlare con l’artista Placido Scandurra telefonare al – 327  0281146

Il fotografo e giornalista Valter Sambucini ed il pittore ed incisore Placido Scandurra, presentati in questa occasione insieme, hanno fatto percorsi e scelte diverse nella loro vita, ma avendo quasi la stessa età (quindi esperienze storiche comuni) poi sottili affinità ideologiche nella loro ispirazione creativa – in questa mostra sono andati a costituire due aspetti di un percorso poetico ed immaginifico nel quale una presenza significativa e di riferimento è appunto quella di Italo Calvino. Queste opere quindi rappresentano non solo una dichiarazione ma una proposta ed un proponimento per una vera mutazione antropologica, anzitutto verso una vera emancipazione ed un cambio di mentalità più idonea alla sopravvivenza del nostro Pianeta in tempi tutt’ora oscuri.

Calvino, similmente a Vattimo, non interpreta la “mancanza di realtà” (della quale si accusano i media in epoca di Postmodernismo) in senso distopico, ma in senso eterotopico, come una pluralità dell’esperienza estetica vissuta esplicitamente come tale, che secondo il filosofo francese Michel Foucault va ad indicare

quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano”.

VALTER SAMBUCINI nato a Borgo (Roma) nel 1953, subisce presto l’impatto con un quartiere con la più alta densità abitativa d’Europa, quando da Borgo si trasferisce con i genitori in un caseggiato di nuova costruzione sulla via Tuscolana, quartiere noto per la presenza di Cinecitta ma anche esempio di urbanizzazione selvaggia. Scrittori e registi all’epoca si occuparono dell’argomento, tra questi come non ricordare proprio Italo Calvino nel suo La speculazione edilizia  e Francesco Rosi con il film Le mani sulla città.

Il giovane Valter, innamorato da subito della macchina fotografica regalatagli dal padre, una Kodak compatta, comincia ad interessarsi del paesaggio ma non trascura l’umanità popolare, le manifestazioni sociali. Precoce è stato anche il suo impegno sociopolitico nel sindacato, avendo iniziato a lavorare (durante il periodo scolastico all’ITI Enrico Fermi di Roma) in un piccolo laboratorio fotografico, utilizzando una nuova Reflex della Canon, occupandosi di foto di cronaca per reportage giornalistici che realizzava e pubblicava su Paese Sera e sull’Unità. Sue le foto storiche del 1976, in un rigoroso bianco e nero, riprendono in particolare i famosi murales di Tor di Nona a Roma, luogo caduto in un degrado insostenibile, al quale avevano reagito, insieme ai residenti, gli studenti della facoltà di architettura ed una giovanissima Isabella Rossellini. Erano gli anni delle letture dei libri di Calvino, tra questi Marcovaldo (Torino, Einaudi, 1963) divenuto una serie televisiva Rai nel 1970, per la regia di Giuseppe Bennati, con la collaborazione di Manlio Scarpelli e Sandro Continenza, dove il personaggio principale era interpretato dall’amato Nanni Loy. Valter Sambucini dedica ad un episodio di questa lettura una foto La pioggia e le foglie dove campeggia un antico giocattolo di metallo. E’ un motociclista che porta dietro di sè, non una persona, ma una piantina (vera) che nel racconto viene ritratta come metafora di un disagio tutto umano.

2 – Valter Sambucini “Marcovaldo la pioggia e le foglie”

Tornando agli anni ‘70 la tecnologia aveva già introdotto novità mondiali che avrebbero rivoluzionato il settore delle comunicazioni: la prima e-mail, il primo floppy disk, la prima calcolatrice tascabile. Era la rivoluzione del silicio e Federico Faggin, fisico, inventore e imprenditore italiano trasferito in America, passava alla Intel, che sarebbe poi divenuta un gigante dell’informatica, lanciando il primo microprocessore, il 4004.

Così Valter Sambucini non perde l’occasione di fare un viaggio di studio in USA e Canada per approfondire la rivoluzione informatica in atto ed il percorso evolutivo dei microprocessori, in sempre maggiore complessità e miniaturizzazione. In quegli stessi anni inizia anche a studiare le applicazioni dei personal computer, dall’automazione dei processi di controllo di qualità, sviluppo stampa e cinematografici, esperienza che lo porterà in seguito a stabilire rapporti di lavoro con i maggiori stabilimenti cinematografici italiani quali: Cinecittà, Vittori, Telecolor, diventando poi a lungo consulente per l’automazione dei processi di post-produzione e di controllo della qualità e di stampa.

Laureatosi in ingegneria elettronica nel 1980, all’università della Sapienza di Roma, ha avuto al suo attivo numerose esperienze lavorative sempre nell’ambito della ricerca applicata. Negli anni ’90, a seguito dell’istituzione del Sistema delle Agenzie Ambientali in Italia, ha iniziato ad occuparsi di Ambiente presso l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA). Anche in questo ambito l’immagine è stata presenza costante in senso prettamente tecnico, dalle prime applicazioni con i laser degli anni ‘80 allo sviluppo, nell’ultimo decennio, di metodologie di telerilevamento per l’utilizzo di immagini satellitari ed aree, al fine della caratterizzazione dell’ambiente e del monitoraggio del territorio I suoi interessi riemergendo poi prepotentemente in ambito squisitamente “artistico”, nell’interesse per le manifestazioni popolari e le “mode”, nel loro significato culturale ed antropologico. Le sue foto sono state pubblicate su diverse riviste e quotidiani, mentre le sue ricerche visive sono state esposte in varie occasioni. www.valtersambucini.it

Parte delle sue ricerche fotografiche sono state inserite nel libro di Carla GuidiCittà reali, città immaginarie. Migrazioni e metamorfosi creative nelle società nell’Antropocene, tra informatizzazione ed iper/urbanizzazione (Robin 2019). Tra i vari articoli a corollario è presente un testo di Giorgio Di Genova intitolato proprio i Racconti visivi di Valter Sambucini.

In mostra c’è anche una foto ispirata al Visconte dimezzato – romanzo breve facente parte della trilogia de I nostri antenati, pubblicato da Einaudi nel 1959, che rappresenta la riflessione di Calvino sulla precarietà di un equilibrio instabile delle coscienze in un momento storico di grandi trasformazioni e tragedie umanitarie.

3 – Valter Sambucini “Il visconte dimezzato”

Altra foto in mostra è un omaggio alla Luna e naturalmente al libro di Calvino Le cosmicomiche (Einaudi, Torino 1965) una delle sue opere più conosciute, forse per la caratteristica di realizzare, come in un gioco di bambini, le ambizioni spaziali di quel momento storico che, come in molti speravano, avrebbero spostato in un altrove simbolico le competizioni tra nazioni impegnate nella Guerra Fredda. Ecco come commenta Carla Guidi nel suo scritto critico:

Questo fascino lunare, materno ma anche ferino, viene colto in tutto il suo splendore dal nostro fotografo che ce ne rende l’atmosfera magica in una calda notte estiva, senza la presenza umana però … che sembra aver lasciato lì tutti i suoi miseri strumenti ormai inutilizzabili, perché ormai la luna è tornata fredda presenza lontana e forse deciderà, a causa delle sconsiderate azioni umane, di non donarci più il suo fondamentale intervento su maree, clima e coltivazioni.
4 – Valter Sambucini “Cosmicomiche: la distanza dalla luna”

Tutto questo ci collega infine a “Le città invisibili” (Einaudi, Torino 1972) ovvero immaginate da Calvino, quando lo scrittore decide (rispetto per esempio al Marcovaldo) di esorcizzarle nella loro problematicità e seguire un nuovo modo di fare letteratura, scrivendo alcuni libri che testimoniano il suo nuovo avventurarsi nel mondo della figurazione fantastica ma come un sistema di segni cioè gioco combinatorio, avendo assorbito il fascino dello strutturalismo e della semiologia.

5 – Valter Sambucini – Città sommersa 2021

Nelle varie foto in mostra di Valter Sambucini su questo argomento spicca Città sommersa dove prevale la specularità inversa, rimandandone belle vibrazioni luminose che acquietano in parte la sensazione di spaesamento. Egli cattura queste rifrazioni deformate dalle sottili increspature riflettenti dell’acqua ferma, riflessi ai quali raramente prestiamo attenzione, forse spaventati da una predizione visiva che frantuma le immagini e le combina in dissociativi caleidoscopi. La fotografia infatti è al tempo stesso uno specchio magico ed una tecnologia, un tentativo di riprodurre la realtà ovvero soprattutto di ricrearla, ma naturalmente sempre un linguaggio che tradisce le scelte del suo autore, permanendo come sembianza affascinante nella quale si può anche annegare.

PLACIDO SCANDURRA nasce a Santa Maria di Licodia (CT) nel 1947, primo di quattro fratelli di una famiglia di contadini, però seguendo un percorso lento ma determinato, raggiungerà infine un successo artistico e culturale. Destinato a Roma per il servizio militare, vi rimarrà studiando e lavorando. Si diploma infatti prima all’Istituto Centrale del Restauro, divenuto un apprezzato restauratore, parteciperà a diverse missioni in Italia ed all’estero, proseguirà poi con i corsi alla Calcografia nazionale di Roma. Infine con il diploma dell’Accademia di Belle Arti, diventerà insegnante di Discipline Pittoriche, riuscendo anche a riunire la famiglia siciliana, genitori e fratelli, portandoli con sé a Roma (a parte il fratello Alfio già residente in Francia) e metterne su una propria. Nella sua vita non è mancata inoltre un’esperienza formativa e spirituale profonda, avendo aderito ad un nuovo tipo di yoga chiamato Sahaja Yoga o Yoga spontaneo, fondato da Shri Mataji Nirmala Devi (1923 – 2011) nota attivista indiana conosciuta a Roma, ma seguita in alcuni viaggi spirituali in India, diventando Sahaja yogi lui stesso.

Esaminando la sua produzione artistica ed il significato profondo della sua poetica, risultano fondamentali i suoi ricordi d’infanzia e le impressioni forti e leggendarie che, una terra antica ed energetica come quella siciliana, ha impresso nel suo personale immaginario. Il riferimento è alle forze telluriche femminili per la presenza, soprattutto nella sua zona di origine, del grande U Mungibeddu oppure semplicemente ‘a Muntagna, la cui cenere rende le piante rigogliose e fruttifere. Il riferimento ai miti greci di questa terra, le simbologie e storie popolari, sono state i soggetti preferenziali dei suoi primi disegni e quadri a olio. Quando l’artista si stabilì a Roma, portava dentro di sé questo bagaglio mitico e spirituale, decidendo di non seguire le mode e gli schieramenti politici del periodo, in nome di una ricerca personale e coerenza interiore, non dimenticando il contesto della Natura, vivendo quindi un intenso rapporto con l’ambiente e le sue già evidenti sofferenze.

Come scrive Carla Guidi nel suo testo critico:

Gli argomenti e le tematiche, all’interno delle quali si cominciò a muovere Placido Scandurra, sembrano schierarsi dialetticamente tra due forme di rappresentazione, in una specie di oscillazione tra la moltitudine dell’umanità l’Anima mundi (collegati come siamo al destino comune della Natura) ed il rapporto con il Daimon ovvero l’Alter ego, il doppio divino, l’intermediario tra gli uomini e gli déi, dotato di un grande potere, ora sublime, ora malevolo, ma sempre misterioso.
Dopo gli insetti, nel repertorio artistico di Placido, sono arrivati gli antieroi, i bagnanti completamente nudi della serie di incisioni e acquarelli di Spiaggia libera o le figurine di Pastorali ispirati alla mitologia greco/romana, con centauri e guerrieri, comparsi nel 1978 e negli anni a seguire, disposti anche loro in lunghe sequenze sovrapposte, ma senza le griglie dei primi, cioè come un’iscrizione figurale ovvero righe animate di un alfabeto visivo. (…) Solo dopo, ma separatamente dalle prime, si sono fatti strada i nuovi Eroi, gli Archetipi, i Cavalieri inesistenti – ispirati dalle letture dei libri di Italo Calvino, i Transformers nell’adattabilità alla complessità del Postmoderno.
6 -Placido Scandurra, Pastorale. 1977 Acquaforte acquerellata, 17×24 cm

Anche Scandurra, come Calvino, è sempre stato attirato dalla letteratura popolare in forma di ex voto o di stampe anonime ed illustrazioni di fumetti, con particolare attenzione al mondo delle fiabe, ovvero della mitologia fantastica che si esprime riconducendo l’immagine ad una conoscenza dialettica, frammentata, alla quale non manca l’ironia ed il piacere del gioco. E’ interessante notare questa dinamica tra quelli che egli chiama Archetipi, figure complesse, dotate di un qualsivoglia potere o addirittura feticci ai quali deleghiamo nostre facoltà o pulsioni e la massa scomposta dei perdenti o se vogliamo degli umili, dei senza diritti.

I “cavalieri inesistenti” tra gli altri, appartengono soprattutto alla serie archetipale dell’artista ispirati alla “psicologia analitica” o “psicologia del profondo” dello psicoanalista ed antropologo Carl Gustav Jung che, come sappiamo dal 1912, espose il suo orientamento alla comunità scientifica freudiana ampliando la ricerca analitica dalla storia del singolo alla storia della collettività umana, cioè un inconscio collettivo.

Tra questi personaggi trova posto una rappresentazione della celebre Sibilla Tiburtina, che Carla Guidi ha messo come simbolo sulla copertina di un libro, risultato da interviste telefoniche a Placido durante l’anno 2020 della Pandemia, pubblicato nel 2022 da Robin editore con il titolo Lo sguardo della Sibilla. Dal Daimon all’Anima Mundi: la poetica di Placido Scandurra – con la prefazione del prof. Sergio Rossi – http://www.robinedizioni.it/nuovo/lo-sguardo-della-sibilla

Ecco la schiera di Cavalieri Inesistenti esposti in questa occasione.

Questi personaggi esemplari, a figura intera o come semplice ritrattistica, sono incorniciati da panneggi, tappezzerie e percorsi da cuciture, cicatrici, solcati da tubicini, per un’improbabile circolazione di fluidi. Alcuni sembrano provenire dalla sorgente immortale della Natura stessa, piante, fiori, energie primordiali, allusive al corpo ed alla sessualità, altri invece sono feticci autorevoli, dotati di potere malvagio e falsamente prestigioso.

8 Placido Scandurra, 2016, Cavaliere inesistente, olio su cartone ovale, cm.77×48
9 – Placido Scandurra, 2000-2001, Cavaliere inesistente, olio su tela, cm 70×50

Come non sottolineare questa dedica di Placido Scandurra di molti dei suoi ritratti e composite figurazioni alla figura calviniana del Cavaliere inesistente, il terzo romanzo della trilogia de I nostri antenati (pubblicato da Einaudi nel 1959). Il libro, scritto dopo Il Visconte dimezzato e l’allegoria illuminista del Barone rampante, sembrerebbe rappresentare la riflessione di Calvino sul mancato rapporto tra la realtà e l’uomo contemporaneo, ma per l’artista Placido Scandurra è qualcosa di più. Placido vuole rappresentare soprattutto il lato volontaristico e la percezione di una coscienza che però prende forma artificiale nell’epoca delle morali di comodo e dei rapporti umani aleatori. Non più modi di essere ma esibizione e denuncia di una connivenza ed una complicità più profonda del semplice processo di mercificazione di prodotti artistici o culturali.

I “cavalieri inesistenti” di Placido Scandurra di questa serie, hanno in comune la presenza di un’armatura, anch’essa composita ed assemblata con chiodi ed antenne in evidenza, quasi frammenti cheratinosi di insetti a comporre transformer in metamorfosi continua, feticci carichi di potenza a loro attribuita, come robot animati da sentimenti ambigui e tutti, a differenza del personaggio calviniano, sembrano sfuggire al controllo della razionalità.

Le numerose opere di Placido Scandurra si trovano in collezioni pubbliche e private e si possono visionare insieme ai numerosi testi critici ricevuti nella sua lunga carriera artistica nel sito – www.placidoscandurra.it – Placido è anche socio onorario da più di vent’anni del Centro Internazionale Antinoo per l’Arte/Centro Documentazione Marguerite Yourcenar e quest’anno la dottoressa Howard, direttrice della Société Internationale d’Etudes Yourcenariennes ha pubblicato due incisioni di Placido nel Bulletin n 42 (dicembre 2021) di cui una rappresenta Antinoo e l’altra Adriano.

Roma 5 Novembre 2023