di Alessandra IMBELLONE
Gigante di carta. Helen Frankenthaler a Roma
Ha inaugurato il 30 settembre presso la sede romana di Gagosian in via Crispi, in un interno ristrutturato con eleganza e originalità dal compianto Firouz Galdo (1960- 2012), l’esposizione Helen Frankenthaler. Painting on Paper, 1990-2002. Il catalogo è curato da Isabelle Dervaux in collaborazione con la Helen Frankenthaler Foundation di New York.
La scelta dell’artista, un gigante dell’espressionismo astratto americano, coincide con la grande mostra a lei dedicata a Firenze dalla Fondazione Palazzo Strozzi, che, inaugurata tre giorni prima, costituisce la più ampia retrospettiva mai organizzata in Italia: Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole.
Le due mostre italiane celebrano Helen Frankenthaler (New York, 1928 – Darien, 2011) per l’originalità del suo percorso artistico, che ha ampliato i confini dell’astrattismo alla ricerca di una nuova libertà espressiva.
Con il passaggio dall’Espressionismo astratto al Color Field painting, l’artista americana ha messo a punto una tecnica innovativa, quella del soak-stain o imbibizione a macchia, che prevede l’applicazione della vernice diluita su tele non preparate, creando effetti simili all’acquerello su larga scala.
Un approccio il suo che ha permesso di esplorare nuove relazioni tra colore, spazio e forma, espandendo le possibilità della pittura astratta e ispirando nuove generazioni di artisti.
La rassegna romana mostra al pubblico 18 opere ad acrilico su carta di grandi dimensioni facenti parte dell’ultima produzione di Frankenthaler, dal 1990 in poi, molte delle quali mai esposte prima.
È proprio nell’ultimo decennio della sua attività, del resto, che la pittura su carta – praticata fin dagli anni Cinquanta – divenne il suo principale mezzo espressivo. Dichiarava nel 1996:
“Ho sempre dipinto su carta , ma non pensavo di poterla elevare al formato delle mie tele […] Questa è stata un’evoluzione fondamentale per me”.
“Recently, I’ve worked on paper more than on canvas – scriveva nel 1997 -. However, my goals haven’t changed. I still believe in the imperative of beauty and in working without rules no matter what process is followed”.
Nelle sue opere su carta, coeve a un rinnovato interesse per l’arte dell’incisione, si apprezzano accostamenti cromatici e gestualità pittoriche inediti rispetto alle tele, e una sperimentazione materica – non solo tramite il colore ma anche attraverso le differenti trame della carta fatta a mano – sempre aperta a nuove possibilità. A differenza poi delle sue tele, che Frankenthaler dipingeva a terra così come faceva anche Jackson Pollock, le pitture su carta sono eseguite su grandi tavoli all’interno dello studio.
Fra le opere esposte Contentment Island prende il nome dal quartiere sulla costa del Connecticut che si affaccia sul Long Island Sound, dove l’artista si trasferì nel 1997.
“In alcuni giorni, la linea dell’orizzonte sparisce completamente – osservava -. Il cielo sembra cadere nell’acqua”.
I precedenti Santa Fe XIII e New Mexico richiamano i cieli luminosi e le vedute sabbiose dei paesaggi dell’America sud-occidentale, introiettati all’inizio degli anni Novanta, quando Frankenthaler insegnò al Santa Fe Art Institute.
“It is light that counts above everything – dichiarava in un’intervista del 1979 a proposito della luminosità della sua pittura -. Not colored light, but color that gives off light – radiance”.
Alessandra IMBELLONE Roma 20 ottobre 2024