di Mario URSINO
Dieci anni fa scompariva il grande critico e filologo Dante Isella (Varese, 1922 – 2007) [fig. 1], grande
studioso della letteratura lombarda, tuttavia non mi pare che sino ad ora sia stata ricordata la sua figura e i suoi studi sui “lombardi in rivolta”, Parini, Porta, Manzoni, Dossi, Gadda, Sereni: I lombardi in rivolta. Da Carlo Maria Maggi a Carlo Emilio Gadda, Einaudi 1984; e, tra i più recenti: Lombardia stravagante. Testi e studi dal Quattrocento al Seicento tra lettere e arti, Einaudi 2005, un notevole compendio di autori lombardi, quali Lancino Curzio, Donato Bramante, G.P. Lomazzo, Bernardo Rainoldi, importante per l’intreccio tra letteratura (dialettale) e arti intorno alla Milano di fine Quattrocento, la Milano di Leonardo e di Bramante al servizio di Ludovico il Moro, sino al Seicento, nonchè del poco noto poeta Fabio Varese ( 1570c.-1630 ), incluso dall’Isella in questi studi, autore del Varon de la lengua de Milan, Como 1606: “Al Varon spetta, nella variegata mappa della nostra dialettologia – ha scritto Isella – il titolo del primo vocabolarietto uscito per le stampe (p. 221).
Gli studi di Dante Isella, come è noto, erano iniziati attraverso la conoscenza delle opere del singolare scrittore lombardo, di cui è divenuto il massimo esegeta, Alberto Carlo Pisani Dossi ( 1849 – 1910 ), autore del celebre Note Azzurre, una ponderosa raccolta di 5794 “note”: “quel mirabolante coacervo menippeo delle Note Azzurre, monumento al frammento narrativo-saggistico…” (Arbasino, 1976), che il famoso scapigliato raccolse tra il 1870 e il 1907 in sedici grandi quaderni dalla copertina azzurro oltremare, conservati nell’archivio privato dello scrittore, presso i suoi eredi (Dosso Cardina, Como), e pubblicate per la prima volta integralmente nel 2010*
[fig. 2], in occasione del Centenario della scomparsa dello straordinario personaggio della cultura lombarda e della politica internazionale al tempo del governo di Francesco Crispi (1818-1901). Difatti Pisani Dossi entrò molto giovane in diplomazia, nel 1871, e svolse con molto scrupolo le missioni assegnatogli durante il governo Crispi. (cfr. Enrico Serra, Alberto Pisani Dossi diplomatico, Franco Angeli, 1987; Le Lettere, 2015). La denominazione della prima colonia del Regno Italiano, Eritrea, fu suggerita al Crispi proprio dal Dossi, durante il suo servizio agli Esteri.
Scherzosamente, Carlo Dossi, quando era ancora diciannovenne, aveva annotato in una memorietta autobiografica la volontà di suo padre di indirizzarlo verso quella carriera:” Secondo mio padre, io ero uscito a questo mondo apposta per la diplomazia. Egli me ne scopriva, credo, la vocazione nelle molte bugie, nelle fandonie, che gli vendevo ad ogni momento…” Sulla figura del Dossi diplomatico, però, pochi sanno quanto scrisse in maniera bizzarra Alberto Savinio (1891-1952): “A rappresentare l’Italia presso il re degli Elleni, la Consulta aveva scelto l’uomo più deperito di tutta la diplomazia italiana […] La magrezza giovanile di Carlo Dossi è documentata in un ritratto di Tranquillo Cremona [fig. 3] […] Dossi m’invitò nella sua villa sopra Como, in località Dosso Pisani [fig. 4]
(i nomi intorno a questo sospiro d’uomo compongono un rebus) che ancora non era finita di costruire ma già arieggiava nelle sue colonne e nei suoi terrazzi tra gli alberi le ville am Meer, dipinte da Böcklin. (Consiglio i lettori di leggere tutta la descrizione di Carlo Dossi di Savinio, in: Ascolto il tuo cuore, città, Milano 1944, pp. 271-272; Adelphi, 1984 ndA). Evidente, comunque, è il rapporto speciale che lega casa-personaggio-opera narrato da un incontro del giovanissimo Savinio con l’anziano e deperito Dossi (poco prima della scomparsa dello scrittore lombardo nel 1910), molto probabilmente nel 1909, quando Savinio, con la madre e il fratello Giorgio de Chirico, viveva a Milano. Molti anni dopo Dante Isella visiterà e frequenterà con assiduità le dimore del celebre scrittore della scapigliatura lombarda, per il suo appassionato studio dell’opera del singolare personaggio della letteratura italiana.
Per la ricorrenza del Centenario della scomparsa di Carlo Dossi, dicevo, fu organizzato un Convegno, 15-17 novembre 2010, dal titolo “Lo scrittore, il diplomatico, l’archeologo”, presso l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e all’Università di Milano; relatori Roberto Calasso, Antonio Padoa Schioppa, Alberto Quadrio Curzio, Niccolò Reverdini, Sergio Romano, Cesare Segre. In questo Convegno, purtroppo, mancava il principale esegeta di Carlo Dossi, Dante Isella, scomparso tre anni prima, il miglior allievo di Gianfranco Contini (1912-1990); con l’illustre professore aveva studiato a Friburgo, quando nel 1943 fu esule dall’Italia verso la Svizzera. Egli continuerà i suoi studi a Firenze laureandosi con Attilio Momigliano e Bruno Migliorini, con una tesi, La lingua e lo stile di Carlo Dossi, nel 1947, pubblicata poi nelle raffinate edizioni Ricciardi nel 1958 [fig. 5], ristampata in fac-simile nel 2010.
Di Dante Isella, a proposito dell’origine del suo interesse per Carlo Dossi, fu pubblicata post mortem, nel 2008, una toccante sua memoria, Il figlio di Carlo Dossi, che è stata inserita come presentazione in catalogo di una mostra di incisioni della pittrice Federica Galli (1932-2009). L’esposizione, dal titolo “Il bosco della memoria”, fu tenuta alla Cascina La Forestina di Cisliano (Milano), divenuta poi, se non sbaglio, mostra permanente.
Quindi, quale lettore ed estimatore delle opere di Carlo Dossi, avrei voluto procurarmi il catalogo di Federica Galli con il prezioso scritto di Dante Isella. Non trovandolo in commercio, mi adoperai subito (ripeto, siamo nel 2008) a prendere contatto con “La Forestina” di Cisliano, azienda agrituristica (tenuta e proprietà degli eredi del Dossi, i Reverdini), sede dell’esposizione, con e-mail e telefonate dal mio ufficio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, per farne pervenire almeno una copia per la Biblioteca dell’Istituto. Purtroppo, nonostante reiterate richieste, non riuscii ad ottenere un esemplare, cui tenevo soprattutto per poter prendere visione del testo integrale di Dante Isella su Il figlio di Carlo Dossi, solo a brani pubblicato in un articolo sul “Corriere della Sera”, il 28 gennaio 2008. (Per inciso, il suddetto catalogo non fu e non è reperibile a tutt’oggi né nelle librerie, né sui grandi distributori di libri on line). Passarono gli anni e non ci pensai più.
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L’ultimo articolo di Dante Isella apparve sul “Corriere della Sera” il 2 novembre 2007, giusto un mese prima della sua scomparsa, il 3 dicembre 2007: Passeggiando con Manzoni; qui Isella esprime con la stessa forza evocativa del suo primo incontro con Don Franco Pisani Dossi (1894-1968), anche quelli avvenuti tra letterati del passato, come Luigi Rossari della cerchia del Manzoni, “con il quale condivise fino all’ultimo l’abitudine delle lunghe passeggiate quotidiane, per le vie di Milano, e la passione per gli studi linguistici”; in questo testo, Isella delinea, tra l’altro, la figura del conte Stefano Stampa (1819-1907) [fig. 6],
pittore e fotografo, figlio di Teresa Stampa, seconda moglie del Manzoni, sposata nel 1837. Il Manzoni si affezionò molto a questo figliastro e volle quindi affidare l’educazione del giovane Stefano proprio all’amico delle sue passeggiate, Luigi Rossari. Ecco come Isella descrive la figura di Stefano Stampa: “ Erede di una grande ricchezza, aveva potuto assecondare liberamente la sua passione per la pittura, avendo per maestri il D’Azeglio, e lo stesso Hayez […] Buon paesaggista dilettante […] Gli piacque riprendere uno scorcio del Lago di Varese o i greppi che si inerpicano accalcandosi verso i ruderi del monastero di Luvinate […] Non c’è frequentatore del luogo (divenuto sede di un bellissimo campo da golf ) che non ammiri i prati che dell’antico convento (restaurato negli anni Trenta) scendono allargandosi, tra macchie di arbusti e grandi alberi lungo il pendio del lago. Non visitatore occasionale che possa restare indifferente”.
Dante Isella, nel testo evocativo, Il figlio di Carlo Dossi, come accennavo più sopra, descrive il primo felice incontro con il discendente di Carlo Dossi, Don Franco Pisani Dossi; il giovane studioso ebbe allora modo di visitare la bella casa di questo gentilhomme campagnard, la grande biblioteca e le collezioni di “buccheri e anfore della campagna laziale, gli armadi sormontati da cimasa di idoli precolombiani, e appese in alto in un andito di passaggio, una panoplia di armi africane dono di Menelik”, e naturalmente lo studio dello scrittore. Si era nel primo dopoguerra e Isella ricorda così il suo arrivo a Corbetta: “Vi arrivai in bicicletta con un biglietto dello scrittore Carlo Linati (1978-1949 n.d.a.) che gli presentava un giovane studioso dell’opera di Carlo Dossi. Oh l’incanto di quella casa quattrocentesca, di impronta viscontea, sulla strada del paese! Dietro il severo portone la grande pergola di vite lungo tutto il cortile d’accesso [fig. 7]
e a destra, oltre una grande vetrata da cui intravidi un’immensa sala dai bei mobili cinque-seicenteschi, lo scalone agiato con alcuni reperti archeologici incastonati nei muri; […] Sopraggiunse don Franco Pisani Dossi (don per titolo nobiliare, un tempo in uso da noi) e più tardi donna Paola. La grande biblioteca [fig. 8] al primo piano dagli imponenti scaffali […]. Infine, lo studio dello scrittore: una lunga fila di tavoli gremiti di libri […] A terreno, poi, il museo con le tombe preromane ritrovate sul luogo, eccetera eccetera. Il «Vittoriale» lombardo, pensai, di un vero signore […] Uomo d’en plein air, don Franco ne era e ne sarebbe stato sino all’ultimo il depositario e conservatore più rigoroso, disponibile a ogni richiesta d’accesso […]” (Casa Dossi, Vittoriale di campagna, pubblicato postumo in “Corriere della Sera”, 28 gennaio 2008).
Quest’anno dunque ricorre il Decennale della scomparsa di Isella, come detto più sopra, e così ho riletto il testo parziale, qui sopra citato, della visita del giovane Isella alla Casa Pisani Dossi e mi è sorto il desiderio questa volta di andare direttamente a Corbetta, sia per procurarmi finalmente l’introvabile catalogo Il bosco della memoria, che non riuscii ad ottenere in occasione della mostra di Federica Galli nel 2008, come ho ricordato nel corso di questa nota, sia per visitare quella celebre dimora, oggi in proprietà dei discendenti, i pronipoti, i signori Reverdini.
Ebbene, dopo aver prenotato con largo anticipo (il 2 giugno u.s., telefonicamente) il soggiorno presso La Forestina per tre giorni nella prima decade di luglio, con lo scopo preciso di visitare la casa che fu dello scrittore Alberto Carlo Pisani Dossi, pochi giorni prima della partenza mi è stato comunicato che per me, sfortunatamente, la visita non era possibile, per la indisponibilità dei proprietari (in contrasto con quella del loro illustre antenato, disponibile a ogni richiesta d’accesso), per ragioni che non sto qui a commentare, né voglio più ricordare, data la serie di equivoci e malintesi nati durante i diversi contatti telefonici con i signori Reverdini, per cui mi sono visto costretto ad annullare la prenotazione nella loro proprietà, l’agriturismo La Forestina di Cisliano, poco distante da Corbetta, (Milano), essendo venuto meno lo scopo principale della mia visita.
di Mario Ursino
*Le Note Azzurre furono pubblicate postume per la prima volta a cura della vedova del Dossi, Carlotta Borsani nel 1912 [fig. 9]. Era però una versione ridotta, emendata dalle note più spinte. Fu poi il giovanissimo Dante Isella nell’immediato secondo dopoguerra che nella villa al Dosso, sul lago di Como, prende visione dei manoscritti delle “note” e le trascrive con pazienza e cura. Diversi anni dopo, per interessamento di Gianfranco Contini le Note furono affidate alle edizioni Ricciardi; se ne occupò, quindi il famoso banchiere umanista Raffaele Mattioli (1895-1973), che curava i progetti di questa casa editrice fondata dal noto editore napoletano Riccardo Ricciardi (1879-1973). Ma Mattioli, consigliato dai suoi legali, fu costretto a sospendere la divulgazione delle primissime copie già stampate, per timore delle azioni legali che sarebbero sorte per le scabrose notizie che il Dossi si era compiaciuto di scrivere a proposito di intime abitudini inconfessabili di diversi personaggi molto noti, come il Porta, Rossini, il Tommaseo (Nota 4592) e Vittorio Emanuele II (Nota 4595), per le loro assidue frequentazioni di prostitute; e addirittura scrive il Dossi: “Udii accusare Manzoni di pederastia quando era giovine…”, (Nota 3678); né fu risparmiata Lina Crispi, la consorte dello statista, per la sua disinvoltura nel consumare i suoi notevoli appetiti sessuali (Nota 5575). Oggi, invece, grazie alla pubblicazione integrale di Note Azzurre del 2010 nelle edizioni Adelphi a cura di Dante Isella, (e in postfazione il saggio del pronipote del Dossi, Niccolò Reverdini, I quaderni alla prova, nel quale il Reverdini ha ricostruito, sulla base di documenti inediti, la storia della intricata vicenda editoriale), possiamo ora leggere nella sua interezza questo singolare, stravagante Zibaldone lombardo, fiorito nel culmine della stagione della Scapigliatura, con un gusto di estremo umorismo, quale preludio della libera modernità espressiva nella letteratura del secolo ventesimo, in una linea di continuità che giunge fino a Linati, Gadda e oltre.