Dieter Kopp, tra tradizione e libertà. La mostra al Palaexpo di Roma (fino al 30 Luglio).

di Nica FIORI

Diversi sono gli artisti stranieri che hanno trovato in Roma un luogo d’ispirazione privilegiato, tanto da sceglierla come sede definitiva per il resto della loro vita e sentirsi più romani degli stessi romani.

È questo il caso del tedesco Dieter Kopp (1939-2022), protagonista della mostra “Dieter Kopp. Tradizione e libertà” al Palazzo delle Esposizioni di Roma, in contemporanea con un’altra mostra intitolata “Roma. A Portrait”, nell’ambito del primo festival dedicato alle Accademie e agli Istituti di Cultura stranieri che abbondano nella città.

Anche se il nome di Kopp non è molto famoso, egli è stato un protagonista della pittura romana a partire dagli anni ‘70 del secolo passato e merita di essere celebrato con questa retrospettiva che ne ripercorre gli oltre 50 anni di attività. I suoi dipinti sono caratterizzati da un’atmosfera incantata, sia che si tratti di paesaggi, sia di nudi e di nature morte, generi che ha prediletto e che sono ampiamente documentati nella mostra, curata dal filosofo Giorgio Agamben, amico del pittore, e accompagnata da un pregevole catalogo (edito da Quodlibet), con testi dello stesso Agamben e di Jean Clair, oltre all’autobiografia di Kopp.

1 Dieter Kopp al Palaexpo di Roma

2 Dieter Kopp al Palaexpo di Roma

3b Dieter Kopp nel suo studio in una foto del 1980-81
3. Dieter Kopp Autoritratto a carboncino

L’Autoritratto del 1964, realizzato a carboncino su carta, ci presenta il giovane Dieter all’età di 25 anni, con un’aria trasognata e un gesto della mano che sembra alludere al silenzio, o forse alla malinconia, mentre la foto che chiude il catalogo, del 1980-81, ci mostra il pittore nel suo studio romano, alle pendici di Villa Balestra, intento a dipingere la rigogliosa vegetazione che aveva sotto gli occhi. Per un tedesco come lui, quel mix di flora mediterranea (pensiamo soprattutto ai pini marittimi) e tropicale (le palme presenti in molti giardini romani) doveva avere un fascino particolare, così come la mitezza del clima, che gli consentiva di dipingere all’aperto anche d’inverno, nella sua assolata terrazza.

Tra le due immagini c’è un lungo intervallo di tempo durante il quale l’artista è maturato, anche se, per sua stessa ammissione, la sua non è stata una scelta immediata. Nell’autobiografia racconta, infatti, che aveva dovuto interrompere gli studi all’età di dieci anni, perché ripetutamente bocciato. Per avviarlo al mondo del lavoro, la famiglia decise di mandarlo all’Hofkunstanstalt (Istituto d’arte di Corte) di Monaco come apprendista vetraio e mosaicista.

Attratto dall’arte, Kopp comincia subito a dipingere e nel 1958, finito l’apprendistato, lascia Monaco per Parigi. In quel periodo erano di gran moda quegli artisti, come Van Gogh, i cubisti, Kandinsky, che avevano rifiutato l’accademismo della loro epoca. Anche Kopp ammirava l’arte moderna e si ritrovò a fare “quadri alla Picasso e disegni alla Matisse”. Ma ben presto si rese conto che, per sviluppare uno stile figurativo personale, la sua arte doveva liberarsi dalle mode del momento e, poiché era interessato alla figurazione, doveva cercare altri modelli.

Anni dopo, Kopp scrisse che nei suoi primi dipinti aveva sperimentato con il colore, ad esempio in quadri le cui forme somigliavano al cielo nella Veduta di Toledo di El Greco. E fu proprio grazie a El Greco che Kopp scoprì l’arte del Rinascimento: se, all’inizio del secolo, El Greco aveva fatto da ponte tra l’arte rinascimentale e l’arte moderna, a lui aprì l’universo di Tintoretto, Tiziano, Giorgione, Bellini e Mantegna, artisti che a quel tempo a Parigi erano meno apprezzati di Giotto e dei “primitivi” italiani.

Dopo tre anni, Kopp lasciò Parigi e si stabilì a Firenze, dove frequentò assiduamente il museo degli Uffizi, concentrandosi soprattutto sul disegno per acquisire solide basi tecniche. “Firenze per imparare a disegnare. A parte qualche acquerello, non dipingevo più”, si legge nel suo scritto autobiografico.

Dal 1966 lo troviamo stabilmente a Roma, dove sviluppa la sua tecnica a olio e a tempera, oltre all’acquerello e al prediletto pastello. Negli anni Settanta passa lunghi periodi nelle isole greche di Corfù e Paros. I suoi grandi paesaggi dipinti en plain air sono di quegli anni. Ma non si tratta dei luoghi turistici che uno si aspetterebbe dalle isole, bensì di paesaggi petrosi, a volte totalmente privi di vegetazione e di altre forme di vita, dove regna il silenzio, come in Kolimbithres-Paros del 1973 (olio su tela cm 192 x 310, Collezione privata).

4 Kolimbithres – Paros, 1973 Coll. privata, foto di Giorgio Benni

La prima personale a Roma – curata da Antonello Trombadori- risale al 1974 alla Galleria “La Nuova Pesa” ; nel catalogo era presente un testo dell’artista a difesa dell’arte figurativa, che provocò approvazione da parte di alcuni e polemiche da parte di altri.

Seguono altre personali a Roma e a Monaco. Nel 1982, per una mostra alla “Galleria Giulia” di Roma, Kopp pubblica un’altra “dichiarazione” in testa al catalogo, citando la descrizione di Baudelaire del credo dell’artista “positivista”: “Voglio rappresentare le cose come sono, o come sarebbero, se io non esistessi”.

5 Cortile al mattino, 1980-81, coll. privata, foto Giorgio Benni

Kopp ha scritto anche che “nell’arte l’unico tempo che esiste è l’assenza di tempo”. È forse per questo che il critico Jean Clair ha coniato per lui la parola “adsenza”, perché la sua pittura sembra insieme presente e assente.

Ben lontana dalla chiassosità di una certa arte contemporanea, la quieta intensità della sua pittura s’impone grazie a immagini che catturano la nostra attenzione permanentemente, piuttosto che momentaneamente. E quindi, sempre secondo Jean Clair, ci raggiunge, attraverso il tempo, il risultato di un sapere artistico accumulatosi nei secoli.

Scrive Giorgio Agamben a proposito dell’atteggiamento del pittore:

“Non credo che Dieter desse troppa importanza alle polemiche che gli piaceva provocare. Certo non ha avuto il riconoscimento che gli spettava. Credo tuttavia che l’apprezzamento di Balthus e di Jean Clair e la precoce nomina ad accademico di San Luca gli fossero più che sufficienti”.

Una certa vicinanza a Balthus, che a Roma è stato uno dei più brillanti direttori dell’Accademia di Francia a Villa Medici, è visibile nei grandi nudi femminili che troviamo in mostra, tutti immersi in un’atmosfera un po’ straniante. Sono corpi che si offrono allo sguardo come se fossero pronti a essere sacrificati, ma a chi o a che cosa? Le modelle, pur trasmettendo un sottile erotismo, sembrano immerse nel sonno o nei loro pensieri e non si avverte la presenza di chi le ritrae.

6 Nudo giallo e fiori, 1981 olio su tela cm 180×195, coll. privata

Nei primi anni Ottanta, Kopp torna a Parigi per brevi periodi ogni anno. Quello che vede dalla finestra della sua camera diventa il soggetto di una serie di quadri, esposti nella personale alla Galleria dell’Oca a Roma nel 1985, con un testo in catalogo di Giorgio Agamben. Al Palaexpo sono in mostra due dipinti su tela risalenti a uno di quei soggiorni, intitolati Notre Dame (entrambi del 1983-84, Collezione Laureati Briganti).

Recensendo quella mostra del 1985, Vittorio Sgarbi scrisse che i paesaggi di Kopp

“sono paesaggi della mente, sono proiezioni del pensiero, non derivazioni dal reale”, e concluse che “pitture come queste rappresentano la soglia tra l’essere e l’apparire”.
7 Notre Dame, olio su tela cm 73×50, 1983-84, Coll. Laureati Briganti
8 Ciotola cinese 2008 pastello su carta 43,5×53 coll. privata

Nella carriera di Kopp seguono altre mostre personali e collettive. Nel 2000 è Jean Clair che introduce il catalogo della mostra alla Galleria Carlo Virgilio a Roma. Tra le opere esposte ci sono vedute di Roma, nudi, e le emblematiche “ciotole”.

Quelle ciotole, alcune delle quali sono presenti in mostra, hanno fatto parlare più volte di ossessione (un po’ come le bottiglie per Giorgio Morandi), perché riproposte più volte su diverse tovaglie (tra cui il pastello del 2004 nel quale una ciotola cinese campeggia su uno sfondo rosso intenso sopra una tovaglia a quadri), ma in realtà le sue nature morte propongono anche frutti e cipolle (come quelle in mostra ispirate alla pittura secentesca di Zurbarán), come vari sono i paesaggi, anche se predominanti sono certamente quelli romani: tutte opere che evocano una continua ricerca dell’irraggiungibile natura delle cose.

9 Zurbaran 1, 1975-76 olio su legno, Coll. priv. foto Giorgio Benni
10 Villa Balestra 1984, acquerello su carta cm 72×52, coll. Laureati Briganti

Ricordiamo che opere di Dieter Kopp sono presenti nell’Accademia di San Luca, nella BNL Gruppo BNP Paribas, nel Parlamento Europeo (Bruxelles), nel Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO), nel Museo d’Arte Moderna del Vaticano.

Nica FIORI

 “Dieter Kopp. Tradizione e libertà”

Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194. Roma (fino al 30 Luglio)

Orario: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 20.00, lunedì chiuso. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura.

Biglietti: intero € 12,50 ridotto € 10,00; per i ragazzi dai 7 ai 18 anni € 6,00. Ingresso gratuito per i bambini fino a 6 anni. Il biglietto è valido per tutte le mostre in corso.

http://www.palazzoesposizioni.it