di Claudio LISTANTI
L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha recentemente pubblicato Dolci inganni, soavi catene, una raccolta di saggi di Bruno Cagli per ricordare il celebre critico musicale, musicologo e saggista che per lunghi anni è stato Presidente e Sovrintendente della prestigiosa istituzione musicale romana.
Cagli, classe 1937, è scomparso nel novembre del 2018 e a Santa Cecilia ha dedicato buona parte della sua attività operando per l’Accademia in due periodi, dal 1990 al 1999 e, successivamente, dal 2003 fino al febbraio 2015. Proprio in quest’ultimo periodo grazie a Bruno Cagli e al seguente coinvolgimento di Antonio Pappano che dal 2005 ricoprì la carica di direttore musicale dell’Orchestra, l’Accademia di Santa Cecilia è giunta ai vertici del mondo musicale, non solo italiano, ma anche europeo e internazionale, divenendo uno dei punti di riferimento per la proposta e l’interpretazione musicale.
Bruno Cagli è stato anche storico musicale e saggista di notevole acume critico, una attività che intraprese durante tutta la sua vita artistica lasciandoci un vero e proprio tesoro di scritti e di saggi, tra i quali una parte importante sono quelli dedicati a Gioachino Rossini, il musicista che più di tutti è stato fondamentale per la sua vita di storiografo e critico musicale. Dell’opera del compositore pesarese Cagli è stato uno degli esperti di spicco, doti che gli hanno consentito di ricoprire prestigiose cariche in materia come quelle di Direttore artistico della Fondazione Rossini di Pesaro dal 1971 al 2008 e quella di Direttore del Bollettino del centro rossiniano di studi ricoperta ininterrottamente dal 1981.
Per noi romani il nome di Bruno Cagli è anche legato in maniera anche più stretta. Infatti, oltre all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia lo studioso ha condotto altre due tra le più importanti istituzioni musicali della città: il Teatro dell’Opera, del quale è stato Direttore Artistico dal 1987 al 1990, stessa carica che ha ricoperto, ma in due differenti periodi, presso l’Accademia Filarmonica Romana, che ha guidato dal 1978 al 1981 e, successivamente dal 1986 al 1988.
Cagli, quindi, diede nel corso degli anni in cui guidò le istituzioni romane una impronta artistica determinante che ha consentito a tutte di ottenere quel respiro culturale internazionale indispensabile per istituzioni di una capitale europea, una attività chiusa alla grande dallo splendido periodo trascorso alla guida dell’Accademia di Santa Cecilia.
Personalmente vogliamo ricordare anche noi la figura di Bruno Cagli, una personalità che ha contribuito allo sviluppo della nostra passione e della nostra attrazione per la Musica e per l’Arte in generale. Eravamo intorno alla metà degli anni ’70 dello scorso secolo quando seguimmo una serie di lezioni proposte dalla Società Artistico-Operaia, un organismo molto importante per la diffusione capillare della cultura nella città di Roma. Cagli teneva un corso sul mondo musicale romano parallelo agli anni in cui visse Giuseppe Gioachino Belli, altro artista approfondito dal musicologo. Le sue lezioni erano chiare e coinvolgenti per l’uditore, con poche, semplici, parole riuscì a farci immergere nella Roma della prima metà dell’800, restituendoci un quadro tanto chiaro quanto efficace per capire ed approfondire il substrato culturale della città e delle musiche proposte al pubblico che ne seguiva le evoluzioni.
C’è da dire dunque che l’iniziativa intrapresa dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di ricordare Bruno Cagli, uno dei suoi collaboratori più illustri, è senza dubbio da approvare in quanto il contenuto di questa pubblicazione tende a porre ordine ed organicità ad una serie di saggi che per la loro natura, quella di essere collocati all’interno dei programmi di sala di spettacoli d’opera, tendono alla dispersione rendendo problematica l’eventuale ricerca.
Il titolo di questo libro è emblematico per riassumerne il contenuto: Bruno Cagli. Dolci inganni, soavi catene. Antologia di saggi rossiniani 1971-2012. In esso è citato uno dei saggi rossiniani più conosciuti di Cagli che apparve a Pesaro sul programma di sala di Armida di Rossini, uno dei saggi più significativi del musicologo che riuscì ad approfondire i contenuti di un’opera rossiniana che ingiustamente cadde nell’oblio, conseguenza di quel fenomeno che a partire dai primi del ‘900 considerava Rossini come autore, quasi esclusivamente ‘buffo’. Ma nell’ultimo trentennio dello scorso secolo queste valutazioni furono ribaltate grazie a studi ed approfondimenti che hanno portato Giachino Rossini ad essere considerato un operista di grande respiro e di notevole forza drammatica e teatrale.
Lo sviluppo di Dolci inganni, soavi catene si deve ad un progetto intrapreso dalla musicologa Annalisa Bini, una studiosa molto apprezzata nell’ambiente musicale, molto esperta nel campo delle composizioni di Gioachino Rossini. Infatti è membro del Comitato scientifico della Fondazione Rossini di Pesaro, oltre ad essere anche membro della Società Italiana di musicologia, dell’International Council of Museum e vicepresidente della IAML-Italia, l’Associazione Italiana delle Biblioteche, Archivi e Centri di documentazione musicali. Inoltre dal 2013 è Accademica effettiva di Santa Cecilia, mentre l’anno successivo è stata nominata membro del Consiglio Accademico.
La Bini, grazie a questa esperienza culturale di grande spessore, è riuscita a condurre un lavoro di studio e di ricerca che ha prodotto un testo monumentale di poco meno di 900 pagine, che focalizzano quanto Cagli sia stato tra gli studiosi determinanti per il recupero e la diffusione delle opere di Rossini soprattutto nel trovare una via per il loro ritorno nel repertorio e nella prassi esecutiva.
La struttura di questa preziosa antologia segue l’ordine temporale della produzione dei saggi proposti ed è suddivisa in sei sezioni.
La prima sezione, Gli esordi, è dedicata agli inizi dell’attività saggistica di Cagli. La Bini, nell’introduzione, mette in evidenza che era orientata a pubblicare estratti della tesi di laurea di Cagli che con ogni probabilità fu discussa nell’anno accademico 1959-1960 presso la facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza di Roma, con relatore Luigi Ronga e correlatore Giovanni Macchia. L’argomento di questa tesi, al momento irrintracciabile, era incentrato sull’attività operistica di Rossini a Napoli, argomento all’epoca pressocché sconosciuto ma che dimostra l’inequivocabile lungimiranza del musicista pesarese per una tematica che in seguito ha avuto, nella musicologia, un enorme sviluppo.
In mancanza della tesi la Bini ripropone un articolo di Cagli su “Paese Sera”, quotidiano nel quale Cagli aveva il ruolo di secondo critico e si firmava come ‘vice’ del critico titolare Piero Dallamano. L’articolo fu scritto a seguito di alcune rappresentazioni del Mosè di Rossini che fu rappresentato nel 1971 al Teatro dell’Opera di Roma (direzione di Bruno Bartoletti con Boris Christoff protagonista) e, presumibilmente, in esso trasfuse parte di quello che scrisse nella tesi poc’anzi citata. Fu un articolo molto apprezzato e, per ammissione dello stesso Cagli, vero e proprio trampolino di lancio per la sua carriera.
Nella seconda sezione, Rossini e il suo tempo, figurano alcuni scritti che affrontano tematiche relative al processo compositivo di Rossini, fonti letterarie, fasi biografiche ma anche rapporti con i gusti e le personalità del tempo. Segue la sezione centrale, quella più cospicua, Il Teatro di Rossini, nella quale sono ripresi saggi provenienti da programmi di sala che accompagnavano le esecuzioni di alcuni capolavori rossiniani. Il materiale in questo caso è sterminato, in quanto esistono per ogni opera diverse presentazioni prodotte per i vari teatri che ospitavano esecuzioni di questi capolavori. Seppur in presenza di stesure diverse le note di Cagli erano sempre basate sul medesimo punto di vista e quindi, per ogni opera, la Bini ha scelto una sola versione comunque esaustiva di queste tematiche. Tra queste, ovviamente, c’è quella intitolata Dolci inganni, soavi catene che ha dato il titolo a questa raccolta.
Significative anche le altre tre sezioni. Musica Sacra, la quarta, pone la lente di ingrandimento sui capolavori sacri di Rossini, Lo Stabat Mater, la Messa di Gloria e la Petite Messe Solennelle che sono tra le pietre miliari per questo genere di musica. Le altre due sezioni hanno come comune denominatore quello di contenere saggi dedicati a specifici aspetti della figura e dell’opera di Rossini. Alla Rossiniana, la quinta sezione, è dedicato ad aspetti del teatro d’opera come il do di petto, mentre la sesta, Rossini e…, ai rapporti di alcuni personaggi famosi con la musica rossiniana come De Chirico e Riccardo Bacchelli.
Non è semplice essere più dettagliati per un’opera ‘ciclopica’ come questa ma pensiamo che quanto esposto possa essere indicativo per gli appassionati di tutta questa materia. Un libro nel complesso molto interessante, per la cui pubblicazione va ringraziata la lungimiranza dei responsabili dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Il volume, molto elegante nell’insieme, grazie anche a diverse immagini relative a manifesti e ritratti dell’epoca di Rossini, può essere non solo strumento di approfondimento per gli addetti ai lavori ma anche stimolante elemento introduttivo per chi desiderasse mettersi all’ascolto di questi grandi capolavori musicali.
Claudio LISTANTI Roma 1 Ottobre 2023