di Nica FIORI
DOMUS AUREA. Gli interventi sulle decorazioni della Sala di Achille a Sciro
La Domus Aurea, la celebre dimora di Nerone realizzata dopo l’incendio del 64, è da molti anni oggetto di un cantiere di restauro che procede a tappe, vista l’estesissima dimensione degli ambienti e dei giardini soprastanti da risanare. Il 15 febbraio 2018 sono stati presentati alla stampa i risultati degli interventi effettuati sulle decorazioni della Sala di Achille a Sciro, sponsorizzati dalla Fondazione Isabel & Balz Baechi, che ha voluto celebrare l’evento con un’esibizione del soprano Sabina Meyer, accompagnata da Simone Colavecchi alla tiorba. È stato emozionante ascoltare “Il lamento della ninfa”, di Monteverdi, nella cosiddetta Sala ottagona della Domus Aurea, che doveva ospitare ai tempi di Nerone spettacoli di attori e musicisti per allietare gli ospiti dell’imperatore. La Fondazione Baechi, che dal 2002 sostiene progetti di conservazione e restauro delle superfici pittoriche, ha messo a disposizione per la Sala di Achille a Sciro 100.000 franchi svizzeri, attivando così, come ha affermato la dott.ssa Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo, “una virtuosa partecipazione di partenariato pubblico-privato, molto proficua per la tutela e la conservazione del patrimonio culturale”.
La villa neroniana occupava un’area vastissima tra il Celio, il Palatino e l’Esquilino, sul modello dei grandi palazzi orientali. Tacito attribuisce la costruzione del lussuoso complesso a due architetti romani, Severo e Celere. Ci informa inoltre che “qua esistevano laghi e pascoli, là boschi vasti e isolati, il tutto adattato con artificio in mezzo a edifici di soggiorno e di ricevimento, ninfei, terme, colonnati”. Tra i pittori che vi hanno lavorato si ricorda Fabullus, che aveva alle spalle una solida conoscenza della pittura greca.
Alla morte di Nerone, avvenuta nel 68, la dinastia Flavia decise di utilizzare l’area della Domus Aurea in modo più utile e di restituire al popolo romano i terreni che gli erano stati confiscati per realizzare l’enorme dimora. Vespasiano incominciò coraggiosamente la distruzione della villa, e avviò la costruzione dell’Anfiteatro Flavio (il Colosseo), un edificio pubblico del quale potessero usufruire tutti.
Per questo di tutte le meraviglie dell’aurea dimora resta ora solo un settore limitato sul Colle Oppio (lungo m 250, largo m 30/60), che si è casualmente salvato perché inserito nelle fondamenta delle Terme di Traiano. È costituito da numerosissimi ambienti dai soffitti altissimi che si affacciano sui giardini digradanti del colle Oppio: privi di porte, di servizi e di riscaldamento, dovevano avere presumibilmente una funzione di rappresentanza più che di dimora vera e propria.
Alla fine del ‘400, nel clima rinascimentale di recupero della cultura classica, le rovine che affioravano cominciarono ad essere esplorate, mediante pozzi e gallerie scavate dall’alto. Numerosi artisti e studiosi di antichità si calarono all’interno delle misteriose “grotte esquiline” e poterono così ammirare i motivi decorativi delle volte. Raffaello, Pinturicchio, Ghirlandaio, e tanti altri, le cui firme tracciate a nerofumo sulle pareti testimoniano ancora oggi il ricordo della loro visita, trassero ispirazione dalle pitture e dagli stucchi neroniani per decorare le logge di cardinali e aristocratici romani. Vennero copiati gli eleganti candelabri, le ghirlande, i viticci, insieme a grifi, chimere, mostri marini e maschere. Nacque così il motivo decorativo delle “grottesche”, sinonimo ben presto di un’ornamentazione bizzarra e capricciosa.
La grandiosità, lo sfarzo, le soluzioni tecniche e l’originalità degli ambienti neroniani sono ora visibili in un percorso guidato, che mostra il consolidamento strutturale delle architetture e i restauri filologici già eseguiti dalla Soprintendenza e quelli in corso. Tra le sale affrescate più note vi è quella di Achille a Sciro, nella cui volta si ha il dipinto centrale che le dà il nome. La scena raffigura l’eroe greco nell’isola di Sciro, presso la corte di Licomede, mentre si toglie le vesti femminili, che la madre gli aveva fatto indossare per evitare che prendesse parte alla guerra di Troia, e prende le armi che Ulisse, travestito da mercante, gli porge per smascherarlo.
Alla sala, di forma rettangolare absidata sul lato nord, si accede dopo un lungo percorso in ambienti che ora ci appaiono tetri e non di rado falsati dai muri di costruzione delle terme traianee. E pensare che un tempo quegli ambienti erano abbagliati dalla luce del sole, captata simbolicamente da lamine d’oro. Lo sfarzo della dimora dell’imperatore che amava identificarsi con il dio Elios (come tale era raffigurato nel Colosso, cui si deve il nome del successivo Anfiteatro Flavio) è ora evidenziato dagli interventi sulle superfici pittoriche, che hanno rivelato l’uso della foglia d’oro e di pigmenti preziosi, come il blu egizio, il cinabro e perfino il purpurissimum. Oltre alla scena di Achille, nella volta si alternano raffinatissimi elementi vegetali, figure isolate, busti femminili alati e quadretti con scene di simposio. Sulle pareti si dispongono complesse architetture prospettiche che racchiudono figure e ripartiture a fondo monocromo, nelle quali erano inserite figurine in stucco.
L’intervento all’interno della sala, preceduto da accurate indagini diagnostiche, ha avuto una durata di cinque mesi. È stato eseguito il consolidamento e fissaggio degli strati preparatori e sono stati poi scelti due tasselli (uno parietale e l’altro sulla volta), sui quali è stata effettuata la pulitura e la reintegrazione pittorica. La pulitura è stata eseguita sia con agenti chimici sia con un’apparecchiatura laser di ultima generazione. Nel tassello parietale, la cui visione era prima compromessa dal calcare pigmentato di granuli brunastri dovuto alla terra di copertura del giardino soprastante, si vede ora una offerente. Nell’altro tassello, che era fortemente degradato da efflorescenze saline e che presentava il sollevamento della pittura, è stato riportato alla luce l’incarnato dei personaggi dando una nuova dignità all’antica pittura raffigurante l’episodio di Achille a Sciro. La cosa che maggiormente ha colpito i restauratori è la presenza nella volta di tanto oro, sullo scudo, sulle vesti e sui capelli dei personaggi raffigurati, anche se da sotto non riusciamo a vederlo: certo l’effetto del prezioso elemento, come pure delle gemme che erano incastonate nelle grottesche, doveva essere spettacolare.
Riguardo al progetto di risanamento dell’area archeologica della Domus Aurea, il funzionario responsabile Alessandro D’Alessio ha dichiarato che per ora è stato messo in sicurezza l’80% delle superfici pittoriche ed entro la fine dell’anno partiranno i lavori per la sistemazione di otto nuovi lotti di giardino “sostenibile”, ovvero con un sistema integrato di protezione (drenaggio, impermeabilizzazione, alleggerimento della massa di terra), per i quali sono stati finanziati dal Mibact 13 milioni di euro.
Nica FIORI Roma febbraio 2018