di Francesco MONTUORI
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- Martini e F. Montuori
DONATELLO
Dal 19 marzo 2022 la Fondazione Palazzo Strozzi e i Musei del Bargello presentano Donatello, il Rinascimento, una mostra storica e irripetibile. Donatello à stato uno dei maestri più importanti dell’arte italiana di tutti i tempi al pari di Brunelleschi e Masaccio, Mantegna e Giovanni Bellini e la sua esperienza ha influito profondamente sui protagonisti dell’arte del cinquecento italiano come Raffaello e Michelangelo.
Vengono esposte a Palazzo Strozzi e al Museo Nazionale del Bargello oltre 130 opere provenienti da quasi sessanta musei ed istituzioni di tutto il mondo che celebrano questo grande maestro che, nelle sue opere, ha sperimentato materiali, tecniche e generi e si pone come uno dei fondatori della straordinaria stagione del Rinascimento.
Donato, il quale fu chiamato dai suoi genitori Donatello, nacque a Firenze, probabilmente nel 1383, da Niccolò di Betto di Bardo, tiratore di lana; abitò sempre in modestissime dimore anche quando alla morte, avvenuta il 13 dicembre 1466, la sua fama era ormai diffusa in tutta la penisola.
Scrisse di lui il Vasari nelle Vite degli artisti:
“e dando opera all’arte del disegno, fu non pure scultore rarissimo e statuario meraviglioso, ma pratico negli stucchi, valente nella prospettiva, e nell’architettura molto stimato.”
Divenne allievo del Ghiberti presso la cui bottega lavorò a lungo; nel 1407 si allontana per passare al cantiere del Duomo dove lavora al Battistero di San Giovanni, l’edificio ottagonale di fronte alla cattedrale di Santa Maria del Fiore; la sua prima opera certa è la grande statua del David, oggi al Bargello: una scultura in marmo bianco a tutto tondo dove il David è raffigurato vittorioso, con la fionda appoggiata sulla chioma del gigante Golia.
Mentre Brunelleschi predisponeva il modello della cupola di santa Maria del Fiore, Donatello lavorava al tabernacolo e alla statua di San Giorgio per Orsanmichele. Nel comune viaggio a Roma entrambi apprendono il grande principio che la classicità aveva elaborato: il chiaroscuro plastico, base del movimento. La relazione fra forma e spazio non è un semplice degradare di proporzioni ma genesi in atto, divenire attuale, sintesi dell’azione reale. Nel San Giorgio la statua sembra avanzare oltre la prigione dello spazio: il rapporto fra forma e spazio diviene reciproca integrazione e anticipa nella scultura ciò che sarà la conquista di tutto il Rinascimento italiano.
Brunelleschi era quasi sgomento di quanto si annunciava nell’arte e che avrebbe determinato la posizione di Donatello di fronte al nuovo fondamento che egli poneva nell’espressione artistica, la prospettiva. Donatello stesso deve lentamente prendere coscienza di questa comune intuizione. Come per Brunelleschi la sua formazione umanistica lo portava a ricercare, nella rappresentazione dell’uomo, le premesse e il procedere.
Il decennio 1420-30 rappresenta la piena maturazione dello stile donatelliano. Le commissioni si moltiplicano; la natura dei suoi compiti – monumenti funebri, statue entro tabernacoli, ritratti, – gli poneva il problema di conciliare la violenza chiaroscurale della resa plastica con la limpida armonia dell’architettura rinnovata del suo amico, Filippo Brunelleschi.
Le tombe di papa Giovanni XIII per il Battistero di san Giovanni a Firenze e del cardinale Brancacci per sant’Angelo a Nilo a Napoli erano in lavorazione, nel 1427, nella bottega di Donatello, così come le sculture del Fonte Battesimale di Siena e quella per il monumento funebre di Bartolomeo Aragazzi per il Duomo di Montepulciano che, appena iniziato, sarebbe stato compiuto da Michelozzo.
Si venivano a concretizzare simultaneamente opere di diversa data ma già era compiuta l’opera che pienamente ne dichiarava l’approdo: il tabernacolo per la parte Guelfa, eseguito per Orsanmichele tra il 1423 e il 1425 con la statua di San Ludovico in esso racchiusa. Nel tabernacolo, per la prima volta, una scultura di Donatello appare inserita in perfetta omogeneità stilistica entro un organismo architettonico; così il tabernacolo si lega alla statua nella coerenza di una ricerca stilistica che testimonia dell’evolversi del pensiero donatelliano. L’edicola, realizzata dal Brunelleschi nella cappella Barbadori di Santa Felicita, si permea della sottile animazione chiaroscurale del tabernacolo donatelliano. Ed è questo accento nuovo, impresso allo stile creato dal Brunelleschi, che ci permette di riconoscere in Donatello uno dei grandi creatori dell’architettura rinascimentale.
Nota Luisa Becherucci nel suo scritto sull’Enciclopedia Universale dell’Arte, come nel convito di Erode del fonte battesimale di Siena del 1427 i piani si moltiplicano fino ad estreme lontananze, rispetto al tumultuoso primo piano: le figure si serrano fino a compenetrarsi in masse dove
il dramma dell’orrore rappresentato nella scena diviene dramma della forma, spezzarsi tempestoso di piani, di pieghe convulse, nell’azione di una luce che lo percorre di improvvisi bagliori.
Nel Convito di Erode, ora a Lilla, è la luce che ricostruisce tutto lo spazio delle infinite intensità dello stiacciato. Si annuncia nella scultura di Donatello il tono, sintesi luminosa dello spazio, estremo approdo del Rinascimento fiorentino; più che in Masaccio, la luce in Donatello è vita universale, divenire dell’intero spazio.
Il secondo viaggio a Roma con il compagno Michelozzo avviene dopo che entrambi avevano stipulato il contratto e forse il primo progetto del pergamo per l’ostensione del Sacra Cintola della Madonna nel Duomo di Prato. La Roma classica, maestra di tutto l’Umanesimo, poco ormai poteva suggerire ad un artista al vertice del proprio stile; Donatello guardava ormai alla Roma cristiana del primo medioevo, bizantino e romanico, col suo colore di mosaici e affreschi.
Al ritorno del viaggio a Roma Donatello lavora all’Annunciazione in pietra serena per il Tabernacolo di Orsanmichele; in quello ridda frenetica di putti, dove la forma si esaspera in incredibili scorci, il classicismo ritrova i suoi accenti più originali. La cultura che l’Umanesimo recuperava nella classicità, subisce l’ultimo aggiornamento critico di Donatello che le aveva opposto, fin dagli inizi, la schietta forza di una vitale “naturalità”. Una concezione dell’architettura come tensione, movimento svincolato da ogni razionalità era l’opposto del grande equilibrio brunelleschiano. Ed era inevitabile lo scontro fra i due artisti che a lungo avevano proceduto insieme; la storia dell’epoca ci racconta dell’indignazione del Brunelleschi che vide in Donatello la negazione dell’arte su cui tanto lavorò. Brunelleschi aveva voluto dare forma all’infinito spaziale e scorse in Donatello la negazione alla libera funzionalità dello spazio e della forma.
Nel 1443 Donatello è chiamato a Padova per il monumento al Gattamelata del 1447-1453 dove ripercorre fin dalle origini il suo cammino figurativo. Donatello porta a Padova i germi fecondi del Rinascimento fiorentino, indirizzando così il futuro di tutta l’arte italiana.
Nella chiesa del Santo realizza per il coro il grande crocifisso in bronzo; l’altare della basilica di sant’Antonio fu ideato da Donatello come una gigantesca immagine sacra, dove la statua della Vergine e dei sei Santi si innalzano da un basamento ornato da rilievi; una grande rappresentazione dove Donatello riesce a scolpire, in bassorilievo, almeno cinque piani di profondità; in un groviglio inestricabile delle forme.
Quando Donatello tornò a Firenze, tra il 1454 e il 1456, il clima artistico gli apparve mutato. Nella seconda porta del Battistero il rilievo pittorico del Ghiberti era giunto a tali raffinatezza da riconquistare, negli artisti e nel pubblico, il favore che Donatello gli aveva temporaneamente sottratto.
Si trasferì a Siena dove lavorò al Duomo e realizzò il San Giovanni di casa Martelli, ora al Bargello; lasciò ad altri l’opera che doveva coronare il maggior monumento della città: la porta centrale del Duomo senese. Torna a Firenze; nella Giuditta e Oloferne, realizzata sul finire della carriera, Donatello concepisce una scultura autonoma e libera dalle strutture architettoniche, un gruppo di figure idealmente e materialmente tridimensionali. Dopo la fuga dei Medici nell’anno 1494 l’opera fu tratta fuori dal loro palazzo e posta dinnanzi al palazzo della Signoria con l’iscrizione “exemplum salutis publicae cives posuere,1495”.
Creerà infine la sua ultima opera, i pergami per San Lorenzo. La cultura umanistica non suggerisce, nei putti del fregio, che una primordiale dionisiaca vitalità; la grande conquista della prospettiva rimane un’allusione remota e ormai dimenticata.
Donatello muore il 13 dicembre del 1466.
Francesco MONTUORI Roma 8 Maggio 2022